Magistratura democratica
Pillole di CEDU

Sentenze di settembre 2018

di Alice Pisapia
Prof. a contratto in Diritto dell’UE per l’impresa, Università degli Studi dell’Insubria<br>Prof. a contratto in Diritto europeo della concorrenza, Università degli Studi dell’Insubria<br>Avvocato Foro di Milano
Le più interessanti pronunce della Corte Edu emesse a settembre 2018

La Corte Edu condanna l’Italia per perquisizione arbitraria

Sentenza della Corte Edu (Sezione Prima) 27 settembre 2018, rich. nn. 57278/11 Brazzi v. Italy

Oggetto: Violazione dell’art. 8 par. 2 – perquisizione arbitraria

Il sig. Brazzi è nato in Italia e vive a Monaco di Baviera, risultando iscritto al registro degli italiani che vivono all’estero. Nel 2010 è stato sottoposto ad una verifica fiscale da parte della Guardia di Finanza di Mantova. Nell’ambito di tale procedimento amministrativo, il 6 luglio 2010, la Procura della Repubblica di Mantova ha autorizzato la Guardia di Finanza ad accedere alla casa italiana del ricorrente, al fine di ricercare e sequestrare tutti i documenti o altre prove di violazioni della legislazione fiscale. Con decisione del 13 luglio 2010, la Procura della Repubblica di Mantova ha aperto un’indagine penale nei confronti del ricorrente e ha emesso un mandato di perquisizione della casa del ricorrente per l’esistenza di gravi elementi di colpevolezza per il reato di evasione fiscale. Con il mandato di perquisizione, l’accusa ha ordinato la perquisizione e il sequestro di documenti contabili. Successivamente il pubblico ministero ha chiesto al giudice per le indagini preliminari di archiviare l’inchiesta senza ulteriori azioni e così è avvenuto. Nel frattempo, il ricorrente ha presentato ricorso per Cassazione, denunciando l’illegittimità dell’ordine di perquisizione del 13 luglio 2010, sostenendo che siffatta perquisizione aveva costituito una violazione ingiustificata al diritto al rispetto della sua vita privata, poiché, secondo lui, la verifica della sua situazione fiscale avrebbe potuto essere effettuata con altri mezzi. La Corte di cassazione ha tuttavia dichiarato il ricorso del ricorrente irricevibile.

La Corte Edu ritiene che non vi sia dubbio che la ricerca in questione costituisca «interferenza delle autorità pubbliche» nel diritto alla riservatezza della persona interessata. Tale ingerenza viola la Cedu se non soddisfa i requisiti di cui al par. 2 dell’art. 8. È quindi necessario stabilire se tale interferenza fosse «prevista dalla legge», perseguisse uno o più scopi legittimi e fosse «necessaria, in una società democratica». La Corte ricorda che per sua costante giurisprudenza, le parole «prevista dalla legge» implicano che l’interferenza con i diritti garantiti dall’art. 8 abbia un fondamento giuridico interno, che la normativa in questione sia sufficientemente accessibili e prevedibile, oltreché coerente con lo Stato di diritto.

La perquisizione in questione era basata sugli artt. 247 e ss. cpp. Tali disposizioni legislative non presentano alcun problema in punto accessibilità e prevedibilità. Per quanto riguarda l’ultima condizione qualitativa che deve soddisfare la legislazione nazionale, vale a dire la compatibilità con il principio dello Stato di diritto, la Corte ricorda che, nel contesto delle perquisizioni, viene richiesto che la legislazione nazionale preveda garanzie adeguate e sufficienti contro abusi e arbitrarietà.

Nel caso di specie, la perquisizione è stato ordinata dal procuratore, il giorno di apertura di un’indagine penale nei confronti del ricorrente, a seguito di un tentativo da parte delle autorità inquirenti di condurre ricerche, sempre nello stesso giorno, nell’ambito di una verifica fiscale amministrativa. La perquisizione è quindi stata disposta in una fase particolarmente iniziale del procedimento penale.

A tal proposito, la Corte ha già dichiarato che la perquisizione svolta in una tale fase dovrebbe essere circondata da garanzie adeguate ed efficaci per impedire che venga utilizzata per fornire alle autorità inquirenti elementi su persone non ancora identificate come sospettate di aver commesso un reato (Modestou c. Grecia, n. 51693/13, § 44, 16 marzo 2017).

La Corte rileva che la legge nazionale italiana non prevede un controllo giurisdizionale ex ante sulla legittimità e necessità di questo provvedimento istruttorio. In effetti, non si prevede che il rappresentante dell’accusa, nella sua qualità di magistrato incaricato delle indagini, debba richiedere l’autorizzazione di un giudice o che lo debba informare della decisione di ordinare una perquisizione.

A giudizio della Corte, l’assenza di un controllo giurisdizionale ex ante potrebbe essere sanato dalla realizzazione di un controllo giurisdizionale a posteriori sulla legittimità e necessità della misura. Tuttavia, non è questo il caso, atteso che il procedimento è stato archiviato dal giudice per le indagini preliminari, con la conseguenza che nessun giudice ha esaminato la legalità e la necessità del mandato di perquisizione.

La Corte ritiene pertanto che, in assenza di un controllo giurisdizionale preliminare o di un effettivo controllo ex post della misura controversa, le garanzie procedurali previste dalla legge italiana non sono sufficienti a prevenire il rischio di abuso di potere da parte delle autorità investigative.

La Corte quindi conclude che, anche se la misura contestata aveva una base legale nel diritto interno, il diritto nazionale non ha offerto al ricorrente garanzie sufficienti contro abusi ed arbitrarietà prima o dopo ricerca. Di conseguenza, il ricorrente non ha beneficiato di un «controllo effettivo» come previsto dallo Stato di diritto in una società democratica.

***

Le intercettazioni di massa del Regno Unito violano la Cedu

Sentenza della Corte Edu (Sezione Prima) 13 settembre 2018, rich. nn. 58170/13, 62322/14 e 24960/15 Big Brother Watch e altri v. Regno Unito

Oggetto: Regimi di sorveglianza − intercettazioni di massa − rispetto per la vita privata − libertà di espressione

La Corte Edu ha condannato il Regno Unito per il sistema di intercettazioni di massa disposto dalle autorità britanniche e rivelato da Edward Snowden ex consulente della NSA (National Security Agency) americana.

Diversi soggetti hanno fatto ricorso alla Corte Edu con riferimento al Regulation of Investigatory Powers Act, in vigore dal 2000 che costituisce la base giuridica dell’attività di sorveglianza. I ricorrenti hanno lamentato la violazione dell’art. 8 (rispetto della vita privata e familiare) dell’art. 10 (libertà di espressione in campo giornalistico) e dell’art. 6 (equo processo) della Cedu.

Più in particolare, la questioni sottoposte alla Corte sono state tre: 1) il generalizzato ed indiscriminato impiego di tecniche di intercettazione di dati; 2) la condivisione di tali dati tra governi; 3) la richiesta ai service providers di fornire dati sensibili dei propri clienti.

In riferimento all’art. 8, la Corte Edu ha ritenuto che, in via generale, le intercettazioni di massa non sono in sé contrarie alla Cedu, in particolare in ragione delle esigenze di sicurezza nazionale. Pur esistendo un margine di apprezzamento relativo agli schemi di sorveglianza che un governo può adottare, gli Stati parti della Cedu sono tenuti a rispettare i parametri fissati bel caso Weber and Saravia v. Germany. Pertanto, deve essere assicurata la supervisione di un organo indipendente e competente per la selezione delle intercettazioni e per il processo di ricerca A giudizio della Corte, nel caso di specie la selezione dei soggetti da sorvegliare non è stata caratterizzata da una valutazione indipendente ed adeguata.

Con riferimento al regime di condivisione di dati di intelligence con altri governi, i giudici di Strasburgo hanno invece escluso che, sulla scorta delle norme nazionali vigenti, abbia avuto luogo una violazione dell’art. 8 della Cedu.

Sotto il profilo del diritto alla libertà di espressione, la Corte ha riconosciuto che il Regulation of Investigatory Powers Act non contiene norme che proteggano adeguatamente le fonti giornalistiche e il materiale giornalistico riservato, che è quindi stato indiscriminatamente acquisito dai sistemi di intelligence. Più in particolare, la Corte ha evidenziato che anche se le intercettazioni non avevano l’obiettivo di rivelare le fonti dei giornalisti, esisteva un rischio potenziale sul mantenimento della confidenzialità delle fonti. L’acquisizione di materiale confidenziale ha implicato gravi ripercussioni sulla libertà di espressione, protetta dalla Cedu.

Infine, con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 6 Cedu, la Corte, atteso che l’Investigatory Power Tribunal (IPT) − Tribunale creato appositamente dal Regulation of Investigatory Powers Act − agisce in piena autonomia ed indipendenza, ha escluso la violazione del diritto ad un equo processo.

07/12/2018
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Sadio c. Italia,  n. 3571/17, sentenza del 16 novembre 2023, e AT ed altri c. Italia, ricorso n. 47287/17, sentenza del 23 novembre 2023. Ancora due condanne (una di esse, anzi, doppia e l’altra triplice) per l’Italia in tema di immigrazione, con specifico riferimento alle condizioni di un Centro per richiedenti asilo in Veneto e di un Centro di Soccorso e Prima Accoglienza in Puglia.

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La Supreme Court del Regno Unito ha fornito, in una propria recente sentenza, un contributo di essenziale rilevanza su questioni il cui intreccio avrebbe potuto portare, se non si fosse saputo individuare l'appropriato filo di cucitura, esiti disarmonici sia nel diritto di common law inglese sia, con anche maggior gravità, nel diritto europeo convenzionale. Si trattava di coordinare il fondamentale principio del giusto processo, fissato dall'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani del 1950, con il più solido dei ragionamenti circa la sufficienza del materiale probatorio raccolto a divenire indice della violazione dello stesso articolo 6. I supremi giudici inglesi si sono collocati saldamente sulla linea della giurisprudenza di Strasburgo, fissando, in un caso dalle irripetibili peculiarità, affidabili parametri che sappiano, come è avvenuto nel caso sottoposto al loro esame, felicemente contemperare l'esigenza di garantire costantemente condizioni di svolgimento dei processi rispettose dei diritti umani con quella, altrettanto meritevole di apprezzamento, di evitare l'abuso del ricorso allo strumento di tutela convenzionale fondato su motivi puramente congetturali e tali, pertanto, da scuotere la stabilità del giudicato, lasciandolo alla mercé di infinite, labili impugnazioni, contrarie allo stesso spirito del fondamentale precetto del giusto processo.

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