Magistratura democratica
Pillole di CEDU

Sentenze di novembre 2015

di Alice Pisapia , Pier Francesco Poli
* Prof. a contratto di Diritto UE Univ. Dell’Insubria e Avvocato Foro di Milano</br> **Dottore di ricerca in Diritto e Procedura Penale e Avvocato del Foro di Milano
I casi affrontati dalla Corte: revoca della sospensione condizionale della pena (Germania), libertà di espressione e terrorismo (Francia), condizioni di detenzione (Grecia)

Condannata la Germania per aver revocato una sospensione condizionale della penale sulla base della sola confessione di un indagato.

Sentenza della Corte EDU (Quinta sezione) 12 novembre 2015, rich. nn. 2130/2010, El Kaada c. Germania

Oggetto: Sufficienza di una confessione a comportare la revoca della sospensione condizionale della pena – Assenza di sentenza passata in giudicato – Violazione dell’art. 6 par. 2 CEDU – Sussistenza –Importance level 2

Il ricorrente, già gravato di precedenti penali definiti con una sentenza di condanna condizionalmente sospesa, era stato arrestato per furto con scasso ed aveva reso confessione avanti all’autorità giudiziaria senza che fosse presente il suo avvocato. Successivamente, aveva ritrattato la propria confessione. A dispetto di tali circostanze – e senza che fosse ancora stata pronunciata alcuna sentenza nei suoi confronti – la sospensione condizionale concessa per i precedenti reati commessi dal signor El Kaada veniva revocata sulla base della sola confessione resa avanti all’autorità giudiziaria. Lamenta il ricorrente che tale revoca violi la presunzione di innocenza garantita dall’art. 6 par. 2 CEDU in quanto nessuna pronuncia definitiva era stata assunta sul punto dalle Corti tedesche.

I giudici di Strasburgo accolgono il ricorso argomentando sul fatto che la normativa tedesca, che consente di revocare la sospensione condizionale anche in assenza di condanna definitiva, viola la presunzione di innocenza, protetta a livello convenzionale dalla normativa richiamata.

 

Non violano la libertà di espressione garantita dall’art. 10 CEDU alcune restrizioni alla libertà di parola imposte ad un soggetto condannato per terrorismo.

Sentenza della Corte EDU (Quinta Sezione) 12 novembre 2015, rich. nn. 52363/2011, Bidart c. Francia

Oggetto: Soggetto condannato atti terroristici –  Rilascio condizionato al divieto di manifestare la propria opinione in pubblico – Violazione dell’art. 10 CEDU – Insussistenza – Importance level 2

Il ricorrente, ex leader di un gruppo indipendentista, condannato per vari reati connessi al terrorismo, veniva rilasciato su licenza con l’obbligo, tra l’altro, di non diffondere pubblicamente alcun lavoro o produzione audiovisiva avente ad oggetto i reati per i quali era stato condannato. Lamenta che tale obbligo impostogli dall’autorità giudiziaria violerebbe la libertà di espressione, garantita dall’art. 10 CEDU.

La Corte rigetta il ricorso, ritenendo che, nel condizionare il rilascio anticipato del signor Bidart al fatto che questi non commettesse i fatti di cui si era reso protagonista, le autorità nazionali non abbiano violato la disposizione condizionale essendo la misura necessaria in una società democratica, ciò anche in considerazione della gravità dei fatti di reato per i quali il signor Bidart era stato ritenuto responsabile.

 

Condannata la Grecia per le condizioni di detenzione di un cittadino iracheno presso una stazione di frontiera.

Sentenza della Corte EDU (Prima) 5 novembre 2015, rich. nn. 58399/2011, A.Y. c. Grecia

Oggetto: Cittadino iracheno senza permesso di soggiorno – Condizioni di custodia presso una stazione di polizia – Rischio di essere ricondotto in territorio dove poteva essere sottoposto a tortura – Violazione dell’art. 3 CEDU – Sussistenza – Importance level 3

Il ricorrente, cittadino iracheno, veniva fermato nel tentativo di entrare in territorio greco alla frontiera di Tychero ed arrestato per tentativo di ingresso illegale in Grecia. Nonostante la richiesta di asilo presentata e la rappresentazione da parte del signor A.Y. della necessità di lasciare l’Iraq in quanto aveva collaborato con gli Stati Uniti e rischiava pertanto di essere ucciso, lo stesso veniva ristretto presso una struttura locale che era gravemente sovraffollata e ne veniva ordinato il rimpatrio tramite il passaggio dalla Turchia. Successivamente al ricorso presentato grazie all’intervento di alcune organizzazioni, il signor A. Y. Veniva rilasciato e l’ordine di espulsione annullato. Lamenta la violazione dell’art. 3 CEDU per le condizioni di detenzione patite nonché la violazione dell’art. 3 CEDU in combinato con l’art. 13 CEDU per il difettoso funzionamento del sistema di richiesta d’asilo che aveva cagionato, mediante l’ordine di rimpatrio, il pericolo di essere sottoposto a tortura nel proprio Paese d'origine.

La Corte accoglie il ricorso evidenziando in particolare, per quanto concerneva la violazione diretta dell’art. 3 CEDU, che dai recenti controlli di alcune organizzazioni era emerso che presso la struttura di Tychero vi erano cento persone rinchiuse in una superficie di 35 metri quadrati e conseguentemente vi era la prova, non smentita da alcuna allegazione del governo greco, della grave situazione di sovraffollamento integrante una violazione della disposizione convenzionale.

 

25/01/2016
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La Supreme Court del Regno Unito ha fornito, in una propria recente sentenza, un contributo di essenziale rilevanza su questioni il cui intreccio avrebbe potuto portare, se non si fosse saputo individuare l'appropriato filo di cucitura, esiti disarmonici sia nel diritto di common law inglese sia, con anche maggior gravità, nel diritto europeo convenzionale. Si trattava di coordinare il fondamentale principio del giusto processo, fissato dall'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani del 1950, con il più solido dei ragionamenti circa la sufficienza del materiale probatorio raccolto a divenire indice della violazione dello stesso articolo 6. I supremi giudici inglesi si sono collocati saldamente sulla linea della giurisprudenza di Strasburgo, fissando, in un caso dalle irripetibili peculiarità, affidabili parametri che sappiano, come è avvenuto nel caso sottoposto al loro esame, felicemente contemperare l'esigenza di garantire costantemente condizioni di svolgimento dei processi rispettose dei diritti umani con quella, altrettanto meritevole di apprezzamento, di evitare l'abuso del ricorso allo strumento di tutela convenzionale fondato su motivi puramente congetturali e tali, pertanto, da scuotere la stabilità del giudicato, lasciandolo alla mercé di infinite, labili impugnazioni, contrarie allo stesso spirito del fondamentale precetto del giusto processo.

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