Magistratura democratica
MEDEL

Discorso del Presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo Mattias Guyomar in occasione del 40° anniversario di Medel

di Mattias Guyomar
presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo

Il testo dell'intervento pronunciato dal Presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo Mattias Guyomar in occasione della conferenza per il 40° anniversario della fondazione di Medel - Magistrats européens pour la démocratie et les libertés, tenutasi a Strasburgo il 3 giugno 2025. L'originale francese segue alle traduzioni non ufficiali italiana e inglese. 

Signor Ministro, Signore e Signori Presidenti, 

Gentili invitati, tutte e tutti voi, 

E’ un grande onore essere qui oggi fra di voi. 

Desidero innanzitutto ringraziare la Presidente di MEDEL per il suo invito a partecipare a questa sessione d’apertura. La conferenza che si tiene oggi segna il 40° anniversario della vostra associazione. 

In un un’epoca in cui il sistema della Convenzione, i valori ad essa sottesi e i diritti che essa protegge sono messi in discussione, come la Presidente ha ricordato, il dialogo fra giudici assume una dimensione particolare. 

Si sviluppa oggi un discorso che contrappone i giudici alla democrazia. Dal mio punto di vista, si tratta di un controsenso assoluto. Contribuendo al buon funzionamento dello stato di diritto, i giudici fanno vivere, voi fate vivere, noi facciamo vivere la democrazia, nel rispetto della separazione dei poteri. 

A questo riguardo, desidero ringraziare MEDEL per il suo impegno, MEDEL il cui acronimo comprende quattro termini che richiamano da tempo direttamente la Corte che ho l’onore di presiedere: “magistrati”, “europei” “democrazia”, “libertà”. 

Da 40 anni, la vostra associazione è l’instancabile portavoce della convinzione che tutti i giudici, nazionali, europei e internazionali, sono, nell’esercizio del loro compito di protezione dei diritti umani, i guardiani della democrazia e dello stato di diritto. Convinzione, questa, che agli occhi di qualcuno, ha perso la forza dell’evidenza e che merita di essere ricordata, condivisa, diffusa. In questo contesto, celebro la vitalità e il dinamismo del vostro forum di incontri e di scambi, luogo prezioso di dibattiti fertili e fecondi fra magistrati di tutti i Paesi, che sono oggi qui riuniti. 

Permettetemi di evocare brevemente un altro forum, più istituzionalizzato, di dialogo fra giudici. Nel 2015, su iniziativa della nostra Corte e del suo presidente di allora, Dean Spielmann, veniva creata la Rete delle Corti Superiori. Questa rete, che contribuisce all’avvicinamento fra Corti e giurisdizioni nazionali per mezzo di una piattaforma di condivisione di conoscenze senza pari al mondo, riunisce oggi 111 corti dei 46 Paesi membri del Consiglio d’Europa. Celebriamo quest’anno il suo 10 anniversario con un forum che si terrà presso la Corte il 5 e 6 giugno prossimi. Traduzione funzionale del principio di sussidiarietà, questa rete dimostra in concreto e quotidianamente questo bel concetto di “responsabilità condivisa” forgiato dal mio amico e predecessore, il presidente Jean-Paul Costa. 

E’ nostra responsabilità condivisa contribuire al buon funzionamento dello stato di diritto in Europa. 

Non ricorderò qui i cinque criteri costitutivi dello stato di diritto che sono stati definiti dalla Commissione di Venezia nel 2016, poiché li conoscete bene [legalità, certezza del diritto, prevenzione dell’abuso di potere, uguaglianza davanti alla legge, non discriminazione nell’accesso alla giustizia]. 

Ciò che questi criteri mostrano è che lo stato di diritto si riferisce a sua volta ad un quadro organico, a un contenuto e a un procedimento. La dimensione istituzionale dello stato di diritto corrisponde alla separazione dei poteri. Questa dev’essere assicurata all’interno di un quadro democratico. Il preambolo della Convenzione stabilisce infatti un legame molto chiaro fra la democrazia e la protezione effettiva dei diritti umani, affermando che il mantenimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali poggia essenzialmente su un regime veramente democratico[1]. E’ compito nostro, di ogni giudice, far vivere i diritti umani. 

Lo stato di diritto richiede una separazione, ma anche un equilibrio ed una complementarità fra poteri. Nella sentenza della Grande Camera Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e altri c. Svizzera[2] (la “sentenza sul cambiamento climatico”), la Corte, che per la prima volta ha constatato una violazione a causa dell'insufficiente azione contro i cambiamenti climatici, è esplicita su questo punto: «un intervento giurisdizionale, compreso quello della Corte, non può sostituire le misure che devono essere adottate dai poteri legislativo ed esecutivo, né costituirne un surrogato. Tuttavia, la democrazia non può essere ridotta alla sola volontà maggioritaria degli elettori e dei rappresentanti eletti, a scapito delle esigenze dello Stato di diritto. La competenza delle giurisdizioni interne e della Corte è quindi complementare a tali processi democratici».

Sembra ancor più importante sottolineare questa complementarità nel momento in cui si sviluppano, in tutti i Paesi e lungo tutto il campo politico, degli approcci che mettono in discussione lo stato di diritto, presentato come un ostacolo al rispetto della sovranità popolare. 

Occorre aggiungere la dimensione materiale dello stato di diritto, che rinvia al riconoscimento e al rispetto dei diritti fondamentali – fondamentali perché sono posti a fondamento di ogni società democratica e, per questo, indisponibili dalle maggioranze contingenti, quei diritti che traducono le esigenze alle quali lo stato di diritto deve conformarsi poiché esse sono consacrate nel profondo della persona umana. 

Infine, la sua dimensione funzionale, che comporta una parte formale (corrispondente all’esigenza di qualità e accessibilità della legge), si traduce nella garanzia dei diritti e in particolare nella garanzia contro l’arbitrarietà. In questa misura, il giudice gioca un ruolo fondamentale. 

Non è possibile concepire il primato del diritto senza l’accesso alla giustizia, che suppone il diritto al giudice[3] e, oggi in Europa, il diritto ai giudici: il giudice ordinario, il giudice costituzionale (avendo l’avvento della giustizia costituzionale nella seconda metà del XX secolo permesso lo sviluppo dello stato di diritto in Europa), i giudici europei (Corte europea dei diritti dell’uomo e Corte di giustizia dell’Unione Europea). Tutti insieme, come giudici, dobbiamo vigilare sulla coerenza dei nostri interventi. 

In questo contesto, l’esigenza di giudici indipendenti tanto sul piano istituzionale quanto su quello individuale costituisce la garanzia indispensabile della democrazia e dello stato di diritto. A questo proposito, si segnala che la Corte, in questi ultimi anni sempre più frequentemente destinataria di ricorsi da parte dei giudici nazionali che chiedono, quali titolari dei diritti consacrati nella Convenzione, di far valere, al di là delle loro persone, l’indipendenza del potere giudiziario, ha assunto le proprie responsabilità giudiziarie sviluppando una giurisprudenza relativa a questa indipendenza. 

In particolare, nelle sue sentenze Oleksandr Volkov c. Ucraina, Baka c. Ungheria [GC], Denisov c. Ucraina [GC], o ancora Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo [GC], esaminando la conformità di procedimenti riguardanti giudici ricorrenti nel proprio paese, che lamentavano fra l’altro delle violazioni del loro diritto a un tribunale indipendente e imparziale, alla luce di quanto richiede l’art. 6 par. 1 della Convenzione, la Corte ha fatto convergere le dimensioni personale e istituzionale di tale questione. 

La Corte ha ugualmente emesso un numero importante di decisioni[4] riguardanti le riforme giudiziarie che hanno avuto luogo in Polonia. Fra queste, è particolarmente importante la sentenza della Grande Camera nella causa Grzęda c. Polonia, nella quale la Corte ha giudicato illegittima la fine anticipata di un incarico giudiziario.

Qui la Corte ha precisato di dover «essere particolarmente attenta alla protezione degli appartenenti al corpo giudiziario contro le misure che possono minacciare la loro indipendenza e autonomia (par. 302). 

Più in generale, se cerco di caratterizzare i rapporti che legano la nozione di stato di diritto – che la sentenza Golder qualifica come «caratteristica del patrimonio spirituale comune degli Stati membri del Consiglio d’Europa», «del quale l’arbitrio è negazione» aggiunge, nel 2016, la sentenza Al Dulimi c. Svizzera- la Convenzione europea e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, evidenzio che lo stato di diritto è contemporaneamente la premessa da rispettare per gli Stati che vogliano aderire al Consiglio d’Europa e ratificare la Convenzione, e la pietra angolare del sistema della Convenzione, la sua «stella polare», per riprendere i termini dell’ex presidente della Corte Robert Spano. 

Lo stato di diritto è così al tempo stesso: 

- l’orizzonte della Convenzione, che costituisce uno degli strumenti giuridici per la sua realizzazione; 

- una delle condizioni per l’effettiva attuazione dei diritti protetti dalla Convenzione ai quali gli Stati nella loro sovranità hanno deciso di sottoporsi. Senza stato di diritti, senza giudice, la Corte non può far vivere la Convenzione.

- Una bussola interpretativa della Convenzione, come ha spiegato Síofra O’Leary, prima presidente donna della Corte, affermando che «dopo Golder, la Corte ha utilizzato lo stato di diritto come strumento interpretativo per lo sviluppo delle garanzie sostanziali sancite dalla Convenzione». Lo stato di diritto è un contenuto. 

Nel mio intervento, ho insistito sul ruolo e sulla responsabilità condivisa delle istituzioni degli attori pubblici ed in particolare dei giudici. Nell’anno in cui festeggiamo il 75º anniversario della Convenzione europea, è particolarmente importante ricordare che ciò che ci accomuna tutte e tutti sono i diritti umani e che è compito di ciascuna e ciascuno di noi di far vivere la democrazia e lo stato di diritto affinché prevalgano gli ideali di pace e di giustizia.

Nessun dubbio che i vostri dibattiti saranno testimonianza di tutto ciò. 

Purtroppo, i miei impegni non mi permettono di restare con voi per l’intera giornata, ma sono molto lieto di constatare che un certo numero di giudici della Corte partecipa oggi alle vostre sessioni. Li ringrazio per questo.

Ringrazio ancora una volta MEDEL per il suo impegno nel far vivere la Convenzione e i valori umanistici su cui essa si fonda.

Auguro a tutte e a tutti una giornata di discussioni stimolanti e foriere di speranza.

Viva l’Europa! Viva le libertà!

 
[1] La Corte ha precisato nella sentenza Partito Comunista Unito di Turchia e altri c. Turchia (2008) che «la democrazia appare come l’unico modello politico previsto dalla Convenzione e, di conseguenza, l’unico compatibile con essa».

[2] 53600/20, § 412, 9 aprile 2024.

[3] Nella sentenza Golder c. Regno Unito del 21 febbraio 1975, la Corte europea afferma che « il primato del diritto non può praticamente esistere senza la possibilità di accedere ai tribunali».

[4] Xero Flor w Polsce sp. z o.o c. Polonia, che riguardava nomine irregolari alla Corte costituzionale polacca; il caso Advance Pharma Sp. z o.o c. Polonia, che riguardava la mancanza di indipendenza della Corte suprema della Polonia; il caso Tuleya c. Polonia, che riguardava il sistema disciplinare applicabile ai giudici, che minava la loro indipendenza.

 

***

Mr. Minister,

Madam Presidents and Mr. Presidents,

Dear guests, dear all,

It is a great honour to be here with you today.

Firstly, I would like to thank Madam President of Medel for her invitation to join this opening session. Today’s conference marks the 40th anniversary of your association. 

At a time when the Convention system, its underlying values and the rights it protects are questioned, as Madam President recalled, the dialogue between judges takes on a special significance. 

In these days, a discourse opposing judges and democracies has unfolded. From my point of view, it is an absolute contradiction. By contributing to the proper functioning of the rule of law, judges, you, we, bring democracy to life, while respecting the separation of powers. 

To this regard, I would like to thank Medel for its engagement, Medel whose acronym covers four terms long connected with the Court I have the honour of presiding: magistrates/European/democracy/liberties.

For 40 years, your association has been the tireless voice of the conviction that all judges, national, European and international, in the exercise of their mission as protectors of human rights, are the guardians of democracy and of the rule of law. A conviction which, to the eyes of some, has lost the strength of evidence and which deserves to be recalled, shared, disseminated. In this context, I wish to emphasize the vitality and dynamism of your exchange and meeting forum, a precious place for fruitful and fertile debates among magistrates from all countries, who convened here today. 

Allow me to briefly mention another, more institutionalised, forum for dialogue between judges. In 2015, at the initiative of our Court and its then President, Dean Spielmann, the Network of Superior Courts was established. 

This network, which contributes to bring the Court and national jurisdictions closer by means of a knowledge-sharing platform like no other in the world, brings together 111 courts from the 46 Council of Europe member states. This year, we celebrate its 10th anniversary with a forum which will take place on 5-6 June at the Court. Functional translation of the principle of subsidiarity, this network shows concretely on a daily basis the great concept of “shared responsibility” coined by my friend and predecessor, President Jean-Paul Costa. 

It is our shared responsibility to contribute to the proper functioning of the rule of law in Europe. 

I will not recall here the five cornerstone criteria of the rule of law defined by the Venice Commission in 2016, as you all know them very well [legality, legal certainty, prevention of abuse of power, equality before the law, non-discrimination in access to justice]. 

What these criteria show is that the rule of law refers simultaneously to an institutional framework, a body of principles, and a process.

The institutional dimension of the rule of law corresponds to the separation of powers. This shall be ensured within a democratic framework. The Convention’s preamble stipulates a very clear link between democracy and the protection of human rights, while affirming that upholding human rights and fundamental freedoms essentially lays upon a truly democratic political regime[1]. It’s up to us judges, to every judge, to bring human rights to life.

The rule of law requires a separation as well as a balance and complementarity between powers. In the Grand Chamber decision Verein KlimaSeniorinnen Schweiz et autres c. Suisse[2] (the “climate change case”), the Court, which for the first time found a violation due to insufficient action against climate change, is explicit on this point: «Judicial intervention, including by this Court, cannot replace or provide any substitute for the action which must be taken by the legislative and executive branches of government. However, democracy cannot be reduced to the will of the majority of the electorate and elected representatives, in disregard of the requirements of the rule of law. The remit of domestic courts and the Court is therefore complementary to those democratic processes». 

It seems all the more important to highlight this complementarity at a time when, in all countries and all across the political field, narratives are developing that question the rule of law by presenting it as an obstacle hampering respect for popular sovereignty. 

One must add the material dimension of the rule of law, which refers to the recognition of and respect for fundamental rights – fundamental as they are the ground for every democratic society and, for this reason, are not at the disposal of the majorities of the moment, these are the rights that translate those needs to which the rule of law must conform itself, as they are enshrined at the very essence of the human being. 

Finally, its functional dimension, which entails a formal part (corresponding to the need for quality and accessibility of the law), translates itself into the safeguard of fundamental rights and in particular into that against arbitrariness. 

It is in this respect that the judge plays a pivotal role. 

It is not possible to conceive the supremacy of the law without access to justice, which postulates the right to a judge and, today, the right to judges: ordinary judges, constitutional judges (the advent of constitutional justice along the XX century having paved the way to the development of the rule of law in Europe), European judges (European Court of Human Rights and Court of Justice of the European Union). All together, as judges, we must watch over the consistency of our interventions[3]

In this context, the existence of independent judges from both the institutional and the individual profile, represent the essential guarantee of democracy and of the rule of law. In this respect, the Court, which – we must note – it is more and more consulted by national judges, asking, in their quality of holders of rights enshrined in the Convention, to assert, beyond their individual situation, the independence of the judicial power, has taken on its judicial responsibilities by developing a case law concerning such independence. 

Notably, in its decisions Oleksandr Volkov v. Ukraine, Baka v. Hungary [GC], Denisov v. Ukraine [GC], or again Ramos Nunes de Carvalho e Sá v. Portugal [GC], by examining the conformity of procedures where judges were acting as plaintiffs in their own countries, claiming among other things, violations of their right to an independent and impartial tribunal, with reference to art. 6 par. 1 of the Convention, the Court reconnected the individual and institutional dimensions of this issue. 

The Court equally rendered a considerable number of decisions[4] concerning the reforms of justice that took place in Poland. Among these, the Grand Chamber decision Grzęda c. Poland, in which the Court ruled that the early termination of a judicial appointment is illegal, is of particular relevance. 

Here the Court specified that it had to be «must be particularly attentive to the protection of members of the judiciary against measures that can threaten their judicial independence and autonomy» (par. 302). 

In a more general fashion, if I try to outline the relationship between the notion of rule of law – which the Golder decision qualifies as «the characteristics of the common spiritual heritage of the member states of the Council of Europe», «of which arbitrariness is complete opposite», as the decision Al Dulimi v. Switzerland added in 2016- the European Convention as well as the Strasbourg Court case law, I notice that the rule of law is at the same time the precondition that the States wanting to join the Council of Europe and ratify the Convention shall respect, and the cornerstone of the Convention system, its “North Star”, to quote the terms used by the former Court President Robert Spano. 

Therefore, the rule of law is simultaneously:

- The horizon represented by the Convention, which constitutes one of the legal instruments for its realisation;

- One of the conditions for the effective implementation of the rights protected by the Convention, which the member states have sovereignly accepted to submit themselves. Without the rule of law, without judges, the Court cannot bring the Convention to life. 

- One the Convention’s interpretive compasses, as Síofra O’Leary, the first woman president of the Court, explained stating that: «after Golder, the Court has used the rule of law as an interpretive tool for developing the substantive guarantees stipulated in the Convention». The rule of law is a content. 

All along my presentation, I have stressed the role and shared responsibility of institutions, public actors and judges in particular. In this year when we celebrate the 75th anniversary of the European Convention, it is particularly important to recall that human rights is what we all have in common and that it is up to everyone to bring democracy and the rule of law to life, in order for the ideals of peace and justice to prevail. 

No doubt that your discussions will testify this. 

Unfortunately, my schedule does not allow me to stay with you all day, but I am very happy to see that some of the Court judges will take part in your sessions today. Let me thank them for that. 

I once again thank MEDEL for keeping the Convention and the humanist values on which it is founded alive.

I wish you all a day of enriching and hopeful discussions.

Long live Europe! Long live the liberties!


 
[1] The Court clarified in the judgment United Communist Party of Turkey and Others v. Turkey (2008) that «democracy appears as the only political model envisaged by the Convention and, therefore, the only one compatible with it».

[2] 2 53600/20, § 412, 9 April 2024.

[3] In the judgment Golder v. the United Kingdom of 21 February 1975, the European Court stated that «the rule of law scarcely exists without the possibility of access to the courts».

[4] Xero Flor w Polsce sp. z o.o. v. Poland, which concerned irregular appointments to the Polish Constitutional Court; Advance Pharma Sp. z o.o. v. Poland, which concerned the lack of independence of the Polish Supreme Court; Tuleya v. Poland, which concerned the disciplinary system applicable to judges, undermining their independence.

 

 

 

09/07/2025
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