Cari colleghi, stimati difensori della giustizia, cari amici,
Eravamo tutti insieme ad Atene quando Medel ha celebrato il suo 30° anniversario. Come vorrei con voi oggi, mentre Medel, celebra il suo 40° anniversario, nella stessa sala, come vorrei respirare la vostra stessa aria, condividere la vostra stessa speranza. La mia voce, invece, giunge da migliaia di chilometri di distanza, da dietro le sbarre di ferro di un Paese in cui i valori democratici perduti, un potere giudiziario governato dalla politica e lo stato di diritto sono stati dimenticati.
Mi trovo da nove anni nella cella di un carcere dal quale posso vedere il mondo solo guardando il cielo da un tetto rettangolare. Nove anni, mentre state celebrando il 40° anniversario qui oggi, io sono al mio 3149° giorno di detenzione… In questi anni, ho perso mia madre e mio padre. Mia moglie lotta da anni per sopravvivere da sola. I miei figli, che erano adolescenti quando sono stato incarcerato, sono adulti, adesso. Della loro crescita, conosco solo i fogli del calendario che sfumano lentamente…
Eppure, nonostante tutto questo dolore, non ho desistito, né ho mai considerato di farlo. Poiché ancora credo nel diritto, nella giustizia e in tutti voi. Per un giudice, l’arma più potente è la sua irremovibile coscienza. Ed io tengo la mia viva insieme alla vostra.
Per anni, ho combattuto per un potere giudiziario indipendente ed imparziale. Ho difeso la giustizia non solo nelle aule di tribunale, ma anche in strada, dai palchi, con la mia penna e con la mia voce. Sono stato fianco a fianco dei colleghi, senza mai arretrare dal fronte dello stato di diritto.
Chi cerca di mettere a tacere la voce della mia coscienza si sbaglia di grosso. Poiché un vero giudice non può essere ridotto al silenzio. La voce della giustizia buca le mura spesse delle celle del carcere, si diffonde attraverso le sbarre di ferro, e riecheggia nei cuori delle persone di coscienza, ovunque.
Cari amici,
La garanzia dell’indipendenza del potere giudiziario non è mai stata un lusso né un privilegio, contrariamente a quanto oggi affermino certi politici, nel tentativo di minare il potere giudiziario e di ridurne la dignità. Queste garanzie sono state stabilite per salvaguardare la sicurezza della società, le libertà individuali e la coesistenza pacifica di idee diverse, e per consentire ai giudici di compiere il proprio dovere in libertà di coscienza. Una decisione presa da un giudice o da un procuratore che sia costantemente minacciato non può essere una manifestazione della giustizia.
Certamente, i giudici non sono al di sopra della legge. Nessuno è immune dalla verifica delle proprie responsabilità (accountability) per le proprie azioni. Tuttavia, come tutti i pubblici ufficiali che rivestano un ruolo costituzionale, i giudici possono essere sottoposti a procedimento solo attraverso procedure giuste e sotto il principio della responsabilità individuale. Altrimenti, in un paese in cui i giudici possono essere imprigionati senza un adeguato procedimento garantito dalla legge e dalla costituzione, nessun cittadino potrebbe sentirsi mai protetto dalla legge.
Purtroppo, questi confini sono stati oltrepassati ormai da tempo. Migliaia di giudici e pubblici ministeri sono stati rimossi dal loro incarico nel giro con il pretesto dello stato di emergenza, senza nessun tipo di garanzia costituzionale o legale, e successivamente arrestati. Tuttavia, non si tratta solo di numeri. Ciò che è accaduto quella notte è stato l’atto finale di una lunga, premeditata campagna di assassinio della reputazione [della magistratura].
E così, proprio come negli Stati Uniti, si sono visti, colleghi arrestati mentre erano in aula e ammanettati con le mani dietro la schiena, giudici rimossi dal proprio incarico accompagnati dalla polizia come atto di intimidazione nei confronti di tutti, foto umilianti trasmesse appositamente alla stampa… Queste immagini non solo avevano l’intento di avvilire i colleghi indagati e arrestati, ma rappresentano simboli che mirano a screditare l’intera magistratura. Dovunque queste si verifichino nel mondo, di fronte a queste azioni che minacciano l’indipendenza della giustizia e erodono nel pubblico il senso della giustizia, rimanere in silenzio significa esserne complici. E un giorno questa bilancia ingiusta peserà tutti.
Ricordate: l’oppressione è temporanea. La paura è transitoria. Ma la luce della giustizia sorgerà, prima o poi. Questa luce non illumina solo le aule di tribunale, ma anche le coscienze. Poiché noi, come giudici, non emettiamo solo decisioni: siamo anche testimoni della coscienza di una società.
Esattamente in questo momento, l’esistenza di Medel e di tutte le altre associazioni che difendono l’indipendenza della magistratura è per tutti noi motivo di speranza per il futuro.
Poiché Medel non è solo l’organizzazione di un “mestiere” come gli altri; è una incrollabile bussola etica per il potere giudiziario per il potere giudiziario per conto di tutte le professioni e tutti i cittadini. I fondatori di Medel non hanno solo stabilito un’associazione professionale; hanno costruito un “ideale umano” finalizzato a supportare la rule of law ovunque nel mondo. I rappresentanti di oggi continuano a portare avanti e a nutrire quell’idea. In luoghi nei quali la magistratura non può parlare, voi diventate la nostra voce. Non state solo portando avanti un’associazione, state tenendo viva la coscienza condivisa di tutta l’umanità.
Le azioni di minaccia dell’indipendenza del potere giudiziario recentemente emerse in vari paesi in tutto il mondo ci mostrano che quello che sta accadendo in Turchia non è un problema solo per coloro che vivono in Turchia. Quel che è accaduto qui è una prova a cui ogni paese democratico e ogni professionista del diritto, indipendentemente dalle proprie opinioni, deve guardare attentamente e da cui occorre imparare. Chi oggi resta in silenzio di fronte all’ingiustizia e all’erosione del potere giudiziario, un domani avrà incoraggiato il verificarsi in altre parti del mondo di disastri ancor più grandi. Per questo, è urgente e inevitabile accrescere la consapevolezza [su tutto ciò] e formare una “coalizione a difesa dell’indipendenza del potere giudiziario”, che includa tutti i settori, dalle università agli ordini forensi, alle organizzazioni di magistrati e alle istituzioni internazionali.
A questo punto, non stiamo solo parlando di erosione dell’indipendenza del potere giudiziario, ma di declino generale dei valori democratici e di dignità umana calpestata. E difendere questa dignità condivisa dell’umanità è, soprattutto, il dovere di noi professionisti del diritto.
Siamo stati e tutt’ora siamo testimoni di come la magistratura sia stata messa a tacere nella vigenza dello stato di emergenza in varie parti del mondo. Non è una coincidenza, questa. E’ una delle più essenziali strategie dell’autoritarismo, quella di screditare e neutralizzare il potere giudiziario, il cui compito è limitare il potere dell’esecutivo all’interno del perimetro della legge.
Questo pericolo sta emergendo non solo nella nostra regione, ma anche nelle più avanzate democrazie del mondo. Negli Stati Uniti, ci sono stati momenti nei quali il presidente ha emesso degli executive orders facendo uso di poteri straordinari, spingendosi oltre i limiti del potere esecutivo, e le corti sono state oggetto di pressioni affinché arretrassero sotto il pretesto della “sicurezza nazionale”. Fortunatamente, alcuni giudici hanno resistito a tali pressioni e hanno compiuto il loro dovere. Neppure le tradizioni democratiche pluridecennali sono immuni da una simile minaccia. Questo ci mostra una verità evidente: se i giudici non difendono i propri diritti e poteri, nessuno difenderà il potere giudiziario.
La magistratura deve andare a testa alta anche in tempi di crisi. Specialmente in questi momenti. Poiché i giudici non emettono solo verdetti, lasciano una traccia per la storia. La vostra penna non serve solo a scrivere sentenze, è una bussola che indica la direzione democratica di una società. Se stiamo tutti in silenzio, la storia e il futuro resteranno in silenzio con noi.
Ecco perché dico: quando la magistratura rimane in silenzio, prevalgono i potenti. Ma quando essa parla, le persone rette diventano potenti. E noi vogliamo un futuro nel quale ciò accada.
Proprio come Zola gridava «J’accuse!», oggi io dico: viviamo in temi in cui il silenzio è il crimine più grande ed io accuso coloro che rimangono in silenzio.
Ma voi non restate in silenzio. Ecco perché non solo vi ringrazio, ma vi vedo nelle pagine dell’onore della storia.
Cari amici,
Oggi voi state a fianco di coloro che, nel corso della storia, hanno pagato il prezzo della giustizia e della libertà. La vostra lotta, dunque, non solo è legale, ma è anche storica e morale.
Albert Camus dice che l’uomo è un essere ribelle. Da qui, da queste quattro mura, alzo la testa al cielo e mi rivolgo a voi e a tutti coloro che mi ascoltano: questa è la rivolta della speranza, della solidarietà e del diritto contro l’oppressione, l’ingiustizia e la discriminazione. Gli sforzi compiuti in passato da Medel e la consapevolezza che ciascuno dei partecipanti a questo evento porta con sé mi ricordano in ogni momento questa nobile sfida.
La vostra solidarietà non è solo il supporto ad una persona, è un respiro di giustizia che viene dato alla vita stessa. Come collega che non può essere con voi oggi, sentire questo respiro da migliaia di chilometri di distanza è una gioia indescrivibile.
Il mio rispetto, i miei auguri e la mia gratitudine vanno ai suoi fondatori, agli attuali rappresentanti e a tutti gli amici che hanno contribuito a far sentire la mia voce insieme a vostri stimati ospiti.
Spero un domani di incontrarvi da persona libera.
Murat Arslan
In copertina, un ritratto di Murat realizzato dal giudice belga Dominique de Haan.
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Dear Colleagues, Esteemed Defenders of Justice, Dear Friends,
We were all together in Athens when MEDEL celebrated its 30th anniversary. Today, as MEDEL celebrates its 40th anniversary, how I wish I could be in the same hall with you, breathing the same air, sharing the same hope. But my voice is coming from thousands of kilometres away, from behind the iron bars of a country where lost democratic values, a judiciary at the command of politics and the rule of law have been forgotten.
For nine years I have been in a prison cell where I can only see the world by looking at the sky from a rectangular roof. Nine years, while you are celebrating your 40th anniversary here today, it is my 3149th day in prison... During this time I lost my mother and father. My wife has been struggling to survive alone for years. I have two children, but I can neither see them nor talk to them. My children, who were teenagers when I was imprisoned, are now adults. The only thing I know about them growing up is that the calendar leaves are slowly fading away...
Yet despite all this pain, I have not given up nor have I ever considered it. Because I still believe in the law, in justice, and in all of you. A judge’s most powerful weapon is an unyielding conscience. And I keep mine alive within yours.
For years, I fought for an independent and impartial judiciary. I defended justice not only in courtrooms, but also on the streets, from podiums, with my pen and with my voice. I stood shoulder to shoulder with colleagues, never retreating from the front lines of the rule of law.
Those who seek to silence the voice of my conscience are gravely mistaken. Because a true judge cannot be silenced. The voice of justice pierces through the thick concrete walls of prison cells, seeps through iron bars, and echoes in the hearts of conscientious people everywhere.
Dear Friends,
The guarantee of judicial independence has never been a luxury or a privilege, contrary to what some politicians today claim in an attempt to undermine the judiciary and diminish its dignity. These guarantees were established to ensure a society's security, individual freedoms, and the peaceful coexistence of diverse ideas, and to enable judges to carry out their duties with a free conscience. A decision made by a judge or prosecutor who is under constant threat cannot be a manifestation of justice.
Of course, judges are not above the law. No one is immune from accountability for their actions. But like all officials who hold special constitutional roles, judges can only be tried through fair procedures and under the principle of individual responsibility. Otherwise, in a country where judges can be imprisoned without proper legal and constitutional process, no citizen can ever feel legally protected.
Unfortunately, these boundaries have long been crossed in Turkey. Thousands of judges and prosecutors were dismissed overnight under the guise of a state of emergency, without any constitutional or legal safeguards and later arrested. But this is not merely a matter of numbers. What happened that night was the final act of a long, calculated campaign of character assassination.
And then; just like in the U.S., colleagues taken from the bench in reverse handcuffs, judges removed from their posts accompanied by police as an act of intimidation to all, humiliating photos deliberately distributed to the press… These images are not only meant to demean the prosecuted and arrested colleagues, but serve as symbols aimed at degrading the entire judiciary. Wherever it happens in the world, remaining silent in the face of such practices which threaten judicial independence and erode the public’s sense of justice means being complicit in them. And one day, this unjust scale will weigh everyone.
Remember: Oppression is temporary. Fear is momentary. But the light of justice will rise sooner or later. That light illuminates not only courtrooms, but also consciences. Because we, as judges, do not merely render decisions; we also bear witness to the conscience of a society.
The existence of MEDEL and all other associations that defend judicial independence is, at precisely this point, a source of hope for all of us for the future.
Because MEDEL is not merely the organization of an ordinary “profession”; it is an unwavering ethical compass for the judiciary on behalf of all professions and all citizens. Those who founded MEDEL did not just establish a professional association; they built a “human ideal” dedicated to upholding the rule of law everywhere in the world. Today’s representatives continue to carry and nurture that ideal. In places where the judiciary cannot speak, you become our voice. You are not only sustaining an association you are keeping alive the shared conscience of all humanity.
The practices threatening judicial independence that have emerged in various countries around the world in recent times show us that what is happening in Turkey is not just a problem for those living in Turkey. What is happening here is a test that every democratic country and every legal professional, regardless of their views, must watch closely and learn from. Those who remain silent today in the face of injustice and the erosion of the judiciary will, tomorrow, have emboldened even greater disasters to unfold in other parts of the world. For this reason, it is urgent and inevitable to raise awareness and form a "coalition for the defense of judicial independence" one that includes all sectors, from universities and bar associations to judicial organizations and international institutions.
At this point, we are not only talking about the erosion of judicial independence, but about the overall decline of democratic values and the trampling of human dignity. And defending this shared dignity of humanity is, above all, the duty of us legal professionals.
We have seen and are still witnessing how the judiciary has been silenced under states of emergency in different parts of the world. This is no coincidence. Discrediting and then neutralizing the judiciary, whose duty is to limit the power of the executive within the framework of the law, is one of the most fundamental strategies of authoritarianism.
Not just in our region, but even in the world’s most advanced democracies, this danger is emerging. In the United States, there have been moments when the president has issued executive orders using extraordinary powers, pushing the limits of the executive branch, and courts have been pressured to retreat under the pretext of “national security.” Fortunately, some judges resist these pressures and fulfill their duties. Even decades-long democratic traditions are not immune to this threat. This shows us one clear truth: if judges do not defend their own rights and powers, no one will defend the judiciary.
The judiciary must stand tall even in times of crisis. Especially then. Because judges do not just deliver verdicts they leave a record for history. Your pen is not only for writing judgments it is a compass that sets a society’s democratic direction. If we fall silent, history and the future will fall silent with us.
That is why I say: When the judiciary is silent, the powerful prevail. But when the judiciary speaks, the righteous become powerful. And we want a future where the righteous are powerful.
Just as Zola cried out, “I accuse!”, today I say: we are living through times when silence is the greatest crime and I accuse those who remain silent.
But you are not silent. That is why I do not merely thank you I see you in the pages of history’s honor.
Dear Friends,
Today, you stand with those who, throughout history, have paid the price for justice and freedom. Your struggle, therefore, is not only legal it is also historical and moral.
Albert Camus says that man is a rebellious being. From here, from inside the four walls, I raise my head to the sky and call out to you and all who hear me: This revolt is the revolt of hope, solidarity and law against oppression, injustice and discrimination. The past efforts of MEDEL and the awareness carried by every courageous individual participating in this event remind me again and again of this honorable defiance.
Your solidarity is not merely support for one person it is a breath of justice given to life itself. As a colleague who cannot be among you today, feeling that breath from thousands of kilometers away is an indescribable joy.
My respect, greetings and gratitude to its founders, its current representatives and all the friends who have contributed to making my voice heard together with your esteemed guests...
Hope to meet you in free tomorrows...
Murat Arslan
cover photo: a portrait of Murat Arslan by Dominique de Haan, judge in Belgium
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Chers collègues, éminents défenseurs de la justice, chers amis,
Nous étions tous réunis à Athènes lorsque MEDEL célébrait son 30e anniversaire. Aujourd’hui, alors que MEDEL fête ses 40 ans, comme j’aimerais pouvoir être dans la même salle que vous, respirer le même air, partager le même espoir. Mais ma voix vous parvient de milliers de kilomètres, depuis derrière les barreaux d’un pays où les valeurs démocratiques ont été perdues, où la justice est soumise au pouvoir politique, et où l’État de droit a sombré dans l’oubli.
Depuis neuf ans, je suis enfermé dans une cellule de prison d’où je ne peux voir le monde qu’en levant les yeux vers un bout de ciel encadré par un toit rectangulaire. Neuf années. Alors que vous célébrez aujourd’hui le 40e anniversaire de MEDEL, c’est mon 3149e jour d’incarcération... Durant cette période, j’ai perdu ma mère et mon père. Ma femme lutte seule pour survivre depuis des années. J’ai deux enfants, mais je ne peux ni les voir, ni leur parler. Adolescents à l’époque de mon emprisonnement, ils sont devenus adultes. Et tout ce que je sais de leur croissance, ce sont les feuilles du calendrier qui s’effacent, une à une...
Et pourtant, malgré toute cette douleur, je n’ai jamais renoncé, ni même songé à le faire. Car je crois encore au droit, à la justice, et en vous tous. L’arme la plus puissante d’un juge est une conscience inébranlable. Et je garde la mienne vivante à travers la vôtre.
Pendant des années, j’ai lutté pour une justice indépendante et impartiale. J’ai défendu la justice non seulement dans les tribunaux, mais aussi dans la rue, à la tribune, par ma plume et ma voix. J’ai combattu aux côtés de mes collègues, sans jamais reculer, en première ligne de l’État de droit.
Ceux qui cherchent à faire taire la voix de ma conscience se trompent lourdement. Car un véritable juge ne peut pas être réduit au silence. La voix de la justice traverse les murs épais des cellules, filtre entre les barreaux de fer, et résonne dans le cœur des êtres de conscience partout dans le monde.
Chers amis,
Les garanties de l’indépendance judiciaire n’ont jamais été un luxe ou un privilège, contrairement à ce que certains politiciens prétendent pour affaiblir la justice et en diminuer la dignité. Ces garanties existent pour protéger la sécurité de la société, les libertés individuelles et la coexistence pacifique des idées, et pour permettre aux juges d’accomplir leur mission avec une conscience libre. Une décision rendue par un juge ou un procureur sous la menace constante ne peut être une décision de justice.
Bien entendu, les juges ne sont pas au-dessus des lois. Personne n’est à l’abri de devoir rendre compte de ses actes. Mais, comme tout détenteur d’un rôle constitutionnel spécifique, les juges ne peuvent être jugés que dans le respect des procédures équitables et selon le principe de responsabilité individuelle. Autrement, dans un pays où les juges peuvent être emprisonnés sans respect du droit et de la Constitution, aucun citoyen ne peut se sentir juridiquement protégé.
Hélas, ces limites ont été franchies depuis longtemps en Turquie. Des milliers de juges et procureurs ont été révoqués en une nuit sous prétexte d’état d’urgence, sans aucune garantie constitutionnelle ou légale, puis arrêtés. Mais ce n’est pas qu’une question de chiffres. Ce qui s’est produit cette nuit-là fut l’aboutissement d’une campagne méthodique de diffamation.
Et puis… comme aux États-Unis, des collègues menottés dans le dos, des juges arrachés à leurs fonctions escortés par la police comme un avertissement adressé à tous, des photos humiliantes diffusées intentionnellement dans la presse… Ces images n’avaient pas seulement pour but d’humilier les personnes arrêtées, mais bien de rabaisser l’institution judiciaire dans son ensemble. Où qu’elles se produisent dans le monde, se taire face à de telles pratiques qui menacent l’indépendance de la justice et sapent la confiance du public revient à y consentir. Et un jour, cette balance injuste pèsera contre tous.
Souvenez-vous : l’oppression est passagère. La peur est éphémère. Mais la lumière de la justice finit toujours par se lever. Cette lumière n’éclaire pas que les tribunaux, elle éclaire aussi les consciences. Car nous, les juges, ne rendons pas seulement des décisions : nous sommes les témoins de la conscience d’une société.
L’existence de MEDEL et de toutes les associations qui défendent l’indépendance de la justice est à ce titre une source d’espoir pour l’avenir.
Car MEDEL n’est pas l’organisation d’un simple « métier » ; c’est une boussole morale inébranlable pour la justice, au nom de toutes les professions et de tous les citoyens. Ceux qui ont fondé MEDEL n’ont pas simplement créé une association professionnelle : ils ont bâti un idéal humain consacré à la défense de l’État de droit partout dans le monde. Et ceux qui les ont succédés continuent à porter et nourrir cet idéal. Là où la justice ne peut parler, vous devenez notre voix. Vous ne faites pas que faire vivre une association, vous maintenez vivante la conscience partagée de l’humanité.
Les atteintes à l’indépendance judiciaire apparues récemment dans plusieurs pays nous montrent que ce qui se passe en Turquie n’est pas seulement un problème turc. C’est un test que chaque État démocratique et chaque professionnel du droit, quelle que soit son opinion, doit observer de près et comprendre. Car ceux qui gardent le silence aujourd’hui face à l’injustice et à l’effondrement du système judiciaire préparent, demain, des catastrophes plus grandes encore.
Il est donc urgent et nécessaire de renforcer la conscience collective et de créer une « coalition pour la défense de l’indépendance judiciaire », rassemblant universités, barreaux, organisations judiciaires et institutions internationales.
Nous ne parlons plus seulement d’une crise de la justice, mais d’un déclin généralisé des valeurs démocratiques et d’une atteinte profonde à la dignité humaine. Et c’est à nous, juristes, qu’il revient en premier lieu de défendre cette dignité commune.
Nous avons vu, et nous voyons encore, comment l’appareil judiciaire peut être réduit au silence dans les états d’exception. Ce n’est pas un hasard. Décrédibiliser et neutraliser la justice, dont la mission est de limiter le pouvoir de l’exécutif, est l’une des premières stratégies du pouvoir autoritaire.
Ce danger surgit même dans les démocraties les plus établies. Aux États-Unis, certains présidents ont abusé de pouvoirs extraordinaires sous couvert de sécurité nationale, poussant les tribunaux à reculer. Heureusement, certains juges ont résisté. Aucune démocratie, même ancienne, n’est à l’abri de cette menace. Cela nous enseigne une vérité claire : si les juges ne défendent pas leurs propres droits, personne ne le fera à leur place.
La justice doit tenir bon, surtout en période de crise. Car les juges ne rendent pas que des jugements, ils laissent une trace dans l’histoire. Leur plume n’est pas qu’un instrument juridique, elle est la boussole démocratique d’une société. Si nous nous taisons, c’est l’Histoire qui se taira avec nous.
C’est pourquoi je dis : quand la justice se tait, ce sont les puissants qui dominent. Mais quand la justice parle, ce sont les justes qui deviennent puissants. Et nous voulons un avenir où ce sont les justes qui sont puissants.
Comme Zola s’écriait « J’accuse ! », moi aussi, aujourd’hui, je dis : nous vivons une époque où le silence est le plus grand des crimes. Et j’accuse ceux qui se taisent.
Mais vous, vous ne vous taisez pas. Et pour cela, je ne vous dis pas seulement merci — je vous vois dans les pages d’honneur de l’Histoire.
Chers amis,
Aujourd’hui, vous êtes aux côtés de ceux qui, à travers les âges, ont payé le prix de la justice et de la liberté. Votre combat est donc à la fois juridique, historique et moral.
Albert Camus disait que l’homme est un être révolté. Depuis ici, depuis l’enfermement de quatre murs, je lève les yeux vers le ciel et je vous appelle, vous et tous ceux qui m’entendent : cette révolte est celle de l’espérance, de la solidarité et du droit contre l’oppression, l’injustice et la discrimination. Les actions passées de MEDEL et la conscience éveillée de chaque individu courageux présent à cet événement me rappellent sans cesse la noblesse de cette résistance.
Votre solidarité n’est pas un simple soutien : elle est un souffle de justice insufflé à la vie elle-même. En tant que collègue privé de liberté, ressentir ce souffle depuis des milliers de kilomètres est une joie indescriptible.
Ma gratitude, mes salutations et mon respect aux fondateurs, aux représentants actuels, et à tous les amis qui ont contribué à faire entendre ma voix, aux côtés de vos invités de marque...
Dans l’espoir de vous retrouver dans des lendemains de liberté…
Murat Arslan
Photo de couverture : un portrait de Murat Arslan par Dominique de Haan, juge en Belgique