Fascicolo 1-2/2025
La riforma costituzionale della magistratura
Sommario
Editoriale
Editoriale. La riforma costituzionale della magistratura. Il testo approvato, le perduranti incognite, i naturali corollari
Con l’approvazione in Senato del testo del ddl costituzionale “Meloni-Nordio” sull’ordinamento giurisdizionale, l’itinerario della riforma costituzionale della magistratura sembra segnato.
A meno di incidenti di percorso e di improbabili ripensamenti della maggioranza di governo, la doppia spoletta Camera/Senato prevista dall’art. 138 della Costituzione si concluderà nel corso del 2025 o all’inizio del 2026 e si giungerà, nella primavera del 2026, al referendum confermativo.
Un referendum voluto da quanti si sono dichiarati contrari alla revisione costituzionale, ma invocato anche da coloro che hanno intenzione di suggellare la “riforma” con il successo ottenuto in una campagna referendaria da vivere come un’ordalia.
Sono molte le lacune del testo approvato dal Senato e le “incognite” sull’impianto finale del governo della magistratura: il “numero” dei componenti togati dei due Consigli; le “procedure” da adottare per il loro sorteggio; le modalità di votazione in Parlamento dell’elenco dei membri laici dei due Consigli e le maggioranze richieste; l’assetto della giustizia disciplinare dei magistrati e l’esclusività o meno, in capo al Ministro della giustizia, del potere di iniziativa disciplinare.
Imponente è poi la cascata di corollari scaturenti dalla “validazione” del teorema riformatore.
L’incertezza sul destino ultimo del pubblico ministero, sul quale già si dividono, nelle fila della destra, farisei e parresiasti; la diminuita legittimazione e forza istituzionale dei Consigli separati e sorteggiati; gli effetti riflessi della scelta del sorteggio per la provvista dei Csm sui Consigli giudiziari e su tutto il circuito di governo autonomo della magistratura: ecco solo alcuni degli aspetti dell’ordinamento della magistratura che verranno rimessi in discussione dalla revisione costituzionale.
Sul vasto campo di problemi posti dalla riforma era necessaria una riflessione ampia e approfondita,
Ed è quanto Questione giustizia ha cercato di fare in questo numero doppio, 1-2 del 2025, straordinariamente denso, ricco di contributi di accademici, magistrati, avvocati, che si propone anche come il background da cui far emergere messaggi semplici, chiari e persuasivi da trasmettere ai cittadini nel corso dell’eventuale campagna referendaria.
Parte prima - La riforma costituzionale: penultimo atto
Il no alla separazione delle carriere con parole semplici: un tentativo
La foglia di fico della separazione delle carriere, perseguita per via costituzionale, cela l’autentico obiettivo della riforma: l’indebolimento dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici nel loro ruolo di interpreti della legge, in termini conformi a Costituzione e trattati internazionali. Tuttavia, un’analisi delle ragioni a favore della separazione delle carriere ne svela incongruenze e ipocrisie e, persino, un certo anacronismo argomentativo, alla luce delle progressive riforme che hanno cambiato il volto e il ruolo delle indagini preliminari. Mentre l’analisi prospettica dei pericoli sottesi alla separazione delle carriere dovrebbe mettere sull’allerta i cultori del diritto penale liberale, molti dei quali appaiono accecati dall’ideologia separatista e sordi ai rumori del tempo presente, che impongono di inquadrare anche questa riforma nel contesto più generale della progressiva verticalizzazione dei rapporti tra istituzioni democratiche, insofferente ai bilanciamenti dei poteri che fondano la Carta costituzionale.
Csm separati e formati per sorteggio. Una riforma per scompaginare il governo autonomo
L’iter della riforma costituzionale della magistratura procede verso l’approvazione definitiva, in doppia lettura, del disegno di legge di revisione costituzionale entro il 2025 e lo svolgimento del prevedibile referendum confermativo nel 2026.
Per quanto indesiderabile e foriera di conseguenze negative per le garanzie dei cittadini, la formale e definitiva separazione delle carriere, nei fatti già realizzata, avrebbe potuto essere sancita anche con una legge ordinaria. Ma le mire della maggioranza di governo si sono rivelate ben più vaste e ambiziose di questo risultato, mostrando di avere come ultimo e decisivo bersaglio la disarticolazione e il depotenziamento del modello di governo autonomo della magistratura, voluto dai Costituenti a garanzia “forte” dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati.
La realizzazione di questo obiettivo viene affidata al ripudio del metodo democratico e al ricorso alla sorte per la formazione dei due Consigli superiori separati e dell’Alta Corte, il nuovo giudice disciplinare dei magistrati ordinari. Con una totale inversione di segno rispetto alla Costituzione del 1947, si rinuncia alla selezione derivante dalle elezioni in nome della casualità, si rifiuta il discernimento in favore della cecità di un’estrazione a sorte, si sceglie di cancellare il sistema fondato sulla rappresentanza, ritenuto inutile e dannoso, per far emergere casualmente dal corpo della magistratura i soggetti destinati ad amministrarla. Sostituire il caso all’elezione dei “governanti”, spezzando il nesso democratico tra amministratori e amministrati, significa porre in essere una enorme rottura culturale, politica e istituzionale con l’esperienza storica del governo autonomo della magistratura e con l’equilibrio tra i poteri disegnato nella Costituzione. Ed è forte il rischio che negli organismi del governo autonomo, nati dal caso e formati in base al principio per cui “l’uno vale l’altro”, rivivrà una concezione della magistratura come corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera, cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative.
I cittadini sbaglierebbero a ritenere che l’involuzione corporativa e burocratica determinata dal sorteggio sia un affare interno della magistratura. Consigli superiori sminuiti dall’estrazione a sorte dei loro membri sarebbero più deboli e condizionabili nella difesa dell’indipendenza della magistratura. E di questa minore indipendenza pagherebbero il prezzo i ceti più deboli e le persone prive di potere e di ricchezza.
Magistratura e politica dalla finestra del Csm. I progetti di revisione costituzionale e la pratica di delegittimazione della magistratura
L’Alta Corte disciplinare secondo il progetto di riforma costituzionale
L’introduzione di un organo di giustizia disciplinare per i magistrati separato dal Consiglio superiore della magistratura è una costante che ha ispirato tutte le proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario: l’Alta Corte disciplinare concepita dalla riforma costituzionale in atto concentra su di sé vari elementi tutti coerenti al disegno di comprimere sino a quasi annullarle le prerogative di indipendenza e di autonomia riservato ai magistrati. Del tutto ignote restano le intenzioni a proposito della riscrittura del codice disciplinare e della attribuzione del potere di iniziativa ad un organo diverso dal ministro, necessario contraltare al controllo della politica sull’attività giurisdizionale. La garanzia dell’art. 111 Cost. resta comunque il baluardo insuperabile per la verifica della conformità a diritto delle sentenze disciplinari.
Parte seconda - Le analisi e le riflessioni pubblicate su "Questione giustizia"
1. Uno sguardo di insieme
Dalla separazione delle carriere al giusto processo
Lo sciopero e le nostre buone ragioni
Politica, magistratura e riforme. Le strutture profonde della crisi
Il dibattito sulle riforme costituzionali in atto sembra svilupparsi sulla sola “struttura superficiale” della crisi tra politica e magistratura, anziché toccarne la “struttura profonda”, che deve individuarsi nelle trasformazioni e involuzioni dell’idea stessa di democrazia costituzionale e nella “complessità” del diritto moderno, determinata dalla coabitazione di fonti nazionali e sovranazionali, dal “diritto giurisprudenziale” e dall’“ermeneutica del diritto”.
Per ricreare le condizioni di un necessario dialogo si propongono dunque tre punti di discussione: la consapevolezza che la crisi è determinata principalmente da fattori esogeni, rispetto alla magistratura, che la riforma non tocca; i rischi della rottura del principio costituzionale di unità della magistratura e le garanzie che dovrebbero comunque accompagnarla; le degenerazioni del “correntismo” e gli strumenti per superarlo.
La riforma della magistratura, il potere e la democrazia
Politica, giustizia e dibattito sullo statuto del pubblico ministero in Francia e in Italia
Csm e Ministro della giustizia: modello costituzionale e prospettive di riforma tra testo e contesto
Il presente contributo intende riflettere sull’impatto della riforma costituzionale «Norme sull’organizzazione della giustizia e sull’istituzione della Corte di disciplina» sul modello costituzionale di rapporto tra il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia. Per farlo, si analizzerà sia il testo del disegno di legge costituzionale attualmente all’esame del Parlamento italiano, sia il suo contesto, rappresentato in ultima analisi dallo “Stato costituzionale in trasformazione”.
2. I diversi aspetti della riforma
Il sorteggio per i due Csm e per l’Alta Corte disciplinare. Così rinascono corporazione e gerarchia
Nella scelta del sorteggio per la provvista dei membri togati dei due Csm separati e dell’Alta Corte disciplinare c’è qualcosa che va oltre il proposito di infliggere una umiliazione alla magistratura. È il tentativo di far rivivere una concezione della magistratura come “corporazione” indifferenziata, nella quale non sono ravvisabili – e comunque non sono legittime – diverse idealità e diverse interpretazioni degli interessi professionali. È solo in quest’ottica infatti che si può ritenere che ciascuno degli appartenenti al “corpo”, anche se scelto a caso, possa rappresentarlo nella sua interezza e decidere in suo nome. In questa visione della magistratura si esprime una logica di “restaurazione” che mira a cancellare e a smentire il percorso culturale, ideale e istituzionale compiuto dalla magistratura negli ultimi cinquant’anni, appiattendola sull’unica dimensione di un corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative.
Quale separazione delle carriere vuole la maggioranza di governo? Ciò che muta sotto la crosta del déjà vu
Quale separazione delle carriere vuole davvero la maggioranza di governo? L’incertezza sugli effettivi intendimenti della destra è, allo stato, più che giustificata. La Camera dei deputati è infatti impegnata nell’esame di proposte di riforma costituzionale presentate da numerosi parlamentari e dal Governo, accomunate dal titolo “separazione delle carriere” ma profondamente diverse tra di loro, in quanto espressione di logiche politiche e istituzionali divergenti e, per più versi, antitetiche. L’unico dato chiaro e indiscutibile è che, tanto nelle proposte di iniziativa parlamentare quanto nel disegno di legge del governo, la vecchia etichetta della separazione delle carriere è apposta su pacchetti che, almeno agli occhi dei proponenti, contengono merci ben più ricche e preziose: un complessivo riassetto costituzionale del giudiziario e la riscrittura dei rapporti tra poteri dello Stato. La radicale differenza dei percorsi istituzionali possibili per raggiungere questa meta ambita merita, però, un’analisi attenta, che guardi oltre i luoghi comuni. Da un lato, l’iniziativa legislativa parlamentare rivendica “più politici” e “più politica” nel governo autonomo della magistratura, puntando sull’aumento sino alla metà della componente laica dei Consigli superiori della magistratura. Sul versante opposto, il ddl del Governo affida a meccanismi di sorteggio, in vario modo calibrati, la provvista dei Consigli superiori di giudici e pubblici ministeri nonché dell’Alta Corte disciplinare, giocando la carta della rinascita, in seno alla magistratura, della corporazione, in grado di gestire tramite ciascuno dei suoi membri, anche scelto a caso, gli elementari interessi della categoria. Inoltre, l’opzione per il sorteggio secco dei membri togati, grazie al quale “l’uno vale l’altro”, avrà l’effetto di cancellare negli organi del governo autonomo non solo le differenze ideali e culturali tra magistrati, ma anche tutti i criteri in grado di dar vita a una rappresentanza adeguata del loro corpo: la parità di genere, il rispecchiamento delle diverse realtà territoriali, le distinzioni sulla base delle funzioni svolte. Raffrontare attentamente i due progetti riformatori e le loro logiche ispiratrici; comprendere su quali di essi e con quali prospettive di successo si orienterà la maggioranza di destra; misurare la loro distanza dall’originario modello costituzionale: sono i temi affrontati in questa riflessione, che rispecchia inevitabilmente le incertezze e le incognite di una situazione in divenire.
La giustizia disciplinare dei magistrati. Natura del procedimento, ruolo e organizzazione della Procura generale della Corte di cassazione. Quali prospettive a seguito dell’istituzione dell’Alta Corte disciplinare?
Ancora di recente, la giurisprudenza amministrativa ha ribadito che, in ragione della natura giurisdizionale del procedimento disciplinare sin dalle sue fasi iniziali, ne restano riservati gli atti. La Procura generale della Corte di cassazione, titolare del potere di iniziativa disciplinare, ha strutturato il servizio in modo da poter operare secondo schemi trasparenti una quanto più efficiente opera di filtro capace di selezionare le notizie di rilievo disciplinare: ha, d’altro lato, ritenuto di dare pubblicità ai criteri secondo i quali si perviene alla archiviazione della notizia, dando pubblicità alle “massime” più significative, in grado di orientare i magistrati, ed i cittadini, circa le linee interpretative seguite. Quali di questi approdi sono stati considerati dal legislatore che si propone di riformare l’art. 105 della Costituzione? La lettura dello scarno testo della norma come si vorrebbe riformata solleva interrogativi, riflessioni critiche, serie perplessità.
Separazione della carriere e riforma costituzionale della magistratura: 20 domande per un confronto e un dibattito aperto
La riforma costituzionale della magistratura ordinaria è tema tanto importante da richiedere, con senso di responsabilità da parte di tutti, un dibattito serio e approfondito, capace di ascoltare le ragioni dell’altro e le rispettive obiezioni e proposte. Una simile riforma, per quanto possibile, dovrebbe essere in qualche misura condivisa o trovare, quanto meno, punti di compromesso; non essere imposta sulla base del dato della maggioranza parlamentare.
La Costituzione è la nostra legge fondamentale e non si può fare e disfare, ad ogni cambio di maggioranza. Se il suo impianto originario è ancora vigente, è perché è storicamente il frutto di una dialettica e di compromessi politici improntati ad ampia condivisione. Ecco perché, a mio avviso, il dibattito in corso sulla riforma del Titolo IV andrebbe ricondotto su altri binari, evitando contrapposizioni e toni eccessivi.
Come farlo? Provando ad ascoltare le ragioni di tutti – della politica, della magistratura, dell’avvocatura, dell’accademia, della società civile –, a non delegittimare l’altro e a discutere, per quanto riguarda noi giuristi, sulla base delle norme e dei principi, non degli schieramenti (politici o professionali).
Tenterò allora, quale docente universitario a tempo pieno, di dare a titolo personale un contributo al dibattito attraverso alcune domande, che non hanno la pretesa di fornire delle risposte ma solo quella di stimolare una riflessione, con l’auspicio che le criticità presenti, a mio parere, in diverse disposizioni del disegno di legge di riforma costituzionale, possano essere affrontate, discusse e (se ritenute sussistenti) risolte con opportuni emendamenti.
Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri o riscrivere i rapporti tra poteri?
Oltre la separazione delle carriere di giudici e pm. L’obiettivo è il governo della magistratura e dell’azione penale
Se per “separazione delle carriere” dei giudici e dei pubblici ministeri si intende una netta divaricazione dei percorsi professionali e la diversità dei contesti organizzativi nei quali vengono svolti i rispettivi ruoli professionali, allora bisogna prendere atto che, a seguito degli interventi legislativi degli ultimi venti anni e segnatamente della recente legge n. 71 del 2022, la separazione si è sostanzialmente consumata. E infatti le quattro proposte di legge di revisione costituzionale presentate in questa legislatura alla Camera dei deputati e in discussione dal 6 settembre di quest’anno, e quella presentata in Senato, pur formalmente intitolate alla “separazione delle carriere”, hanno obiettivi sostanziali che vanno ben oltre la creazione di due itinerari professionali differenti con diversi accessi e distinti “governi” delle professioni. Esse mirano a ridefinire, a vantaggio del potere politico, i complessivi equilibri di governo della magistratura, a cancellare la valenza costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale e ad annullare il principio per cui i magistrati si distinguono solo in base alle funzioni svolte.
Nel nuovo ambiente istituzionale creato dalle riforme dell’ordinamento giudiziario, molte delle argomentazioni tradizionalmente addotte a favore o contro la separazione delle carriere hanno ormai perso attualità ed effettiva rispondenza alla realtà. Così che, nel dibattito pubblico che accompagnerà l’iter della progettata revisione costituzionale, occorrerà chiarire all’opinione pubblica quale sia la reale posta in gioco e quali le implicazioni di modifiche costituzionali che vanno ben oltre l’assetto e gli equilibri propri del processo penale, per investire il complessivo rapporto tra il potere politico e il giudiziario.
3. I confronti
Il Convegno telematico dell’Università di Verona
La Giustizia tra due Costituzioni
Il Seminario promosso da “Appello Segre”
Per l’indipendenza della magistratura. Sintesi degli interventi svolti al seminario promosso da “Appello Segre”, 10 febbraio 2025
Parte terza – Le audizioni parlamentari
Senato della Repubblica, Commissione Affari Costituzionali. Audizione informale del 6 marzo 2025
Il ddl Nordio e le altre proposte di riforma costituzionale dell’assetto giurisdizionale
Commissione Affari costituzionali – Audizioni informali ddl n. 1353, 20 febbraio 2025
Audizione informale dinnanzi alla Commissione Affari costituzionali del Senato, 25 febbraio 2025
Le osservazioni che seguono riguardano essenzialmente il disegno di legge costituzionale d’iniziativa della Presidente del Consiglio Meloni e del Ministro della giustizia Nordio (n. 1917), che è composto da 8 disposizioni, che modificano gli artt. 87, 102, 104, 105, 106, 107 e 110 della Costituzione.
Il disegno di legge costituzionale interviene prevalentemente su tre aspetti:
1) la separazione delle carriere, con la corrispondente creazione di un doppio Consiglio superiore, uno per la magistratura giudicante, l’altro per la magistratura requirente;
2) la riforma del sistema elettorale dei due Consigli superiori, con l’introduzione del sorteggio;
3) l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare.
Sui progetti di legge costituzionale per la separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura. Audizione alla Camera dei deputati
I progetti di legge costituzionale per l’attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura, pur mossi dall’intenzione di perseguire il principio liberale del potere che frena il potere, pongono le basi per lo sviluppo di un ordine requirente, autonomo e indipendente, funzionalizzato al risultato della vittoria nello scontro forense e in grado di minare i principi del costituzionalismo liberale a causa della forza centrifuga, rispetto al sistema dei poteri, che deriva dalla funzionalizzazione dell’istituzione a quel risultato. I progetti di legge costituzionale contengono, inoltre, previsioni ulteriori rispetto alla separazione delle carriere, che vengono sottoposte ad analisi critica alla luce dei principi fondanti l’ordinamento della magistratura nella vigente Costituzione.