Magistratura democratica
Pillole di CGUE

Ottobre 2013

di Alice Pisapia
Avvocato in Milano e dottore di ricerca in diritto europeo
Le più interessanti pronunce della Corte di Giustizia dell'UE
nell'ultimo mese
Ottobre 2013

Politiche di concorrenza

Aiuti di Stato

Sentenza della CGUE (Settima Sezione) 10 ottobre 2013, causa C-353/12, Commissione Europea c. Italia.

Tipo di procedimento: Ricorso per inadempimento

Oggetto: Aiuti di Stato illegittimo e incompatibile con il mercato interno - Recupero - Mancata esecuzione.

La Commissione chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato FUE. Infatti, non avendo preso tutti i provvedimenti necessari per recuperare l’aiuto dichiarato illegittimo ed incompatibile con il mercato interno dalla decisione della Commissione l’Italia ha violato l’art. 14 del regolamento di procedura (n. 659/1999 del Consiglio). L’aiuto concesso alla Ixfin SpA, società per la produzione e l’assemblaggio di schede e di altri prodotti elettronici, a seguito della crisi del mercato dell’elettronica negli anni ’90 aveva ricevuto nel 2005 una garanzia dalla Repubblica italiana su un prestito di 15 milioni di euro. L’aiuto notificato tardivamente nel 2006 costituiva già una violazione dell’art. 108 TFUE essendo stato concesso in violazione dell’obbligo di standstill.

L’Italia ha invocato a propria difesa l’argomento della assoluta impossibilità di recupero a seguito del fallimento del beneficiario, limitandosi a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche dell’attuazione della decisione di recupero della Commissione. Giurisprudenza consolidata ha statuito che la condizione relativa alla sussistenza di un’impossibilità assoluta di esecuzione non è soddisfatta qualora lo Stato membro convenuto si limiti a comunicare difficoltà siffatte, senza assumere alcuna vera iniziativa nei confronti delle imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza proporre alla Commissione modalità alternative di esecuzione della decisione in questione che avrebbero consentito di superare tali difficoltà (Sentenza 22 dicembre 2010, causa C‑304/09, Commissione c. Italia, in Racc. p. I‑13903, punto 36 e sentenza 21 marzo 2013, causa C‑613/11, Commissione c. Italia, non ancora pubblicata, punto 37).

 

Sentenza della CGUE (Ottava Sezione) 17 ottobre 2013, causa C-344/12, Commissione europea c. Italia.

Tipo di procedimento: Ricorso per inadempimento

Oggetto: Aiuti di Stato incompatibile - Aiuto in favore dell’Alcoa Trasformazioni - Omessa esecuzione entro il termine.

La Commissione chiede alla Corte di condannare l’Italia per mancata attuazione dell’ordine di recupero degli aiuti a Alcoa Trasformazioni, venendo meno agli obblighi derivanti dai Trattati e all’art. 288 TFUE. Lo Stato membro non ha proceduto all’esecuzione della decisione della Commissione entro il termine stabilito. Nel presente caso l’Italia nei rapporti avuti con la Commissione non ha mai fatto valere un’impossibilità assoluta di esecuzione della decisione.

Tutela dei consumatori

Sentenza della CGUE (Terza Sezione) 17 ottobre 2013, causa C-218/12, SLokman Emrek c. Vlado Sabranovic.

Tipo di procedimento: domanda di pronuncia pregiudiziale da Landgericht Saarbrücken - Germania.

Oggetto: Regolamento n. 44/2001 - Competenza in materia di contratti conclusi dai consumatori a distanza - Nesso di causalità tra l’attività commerciale o professionale diretta verso lo Stato membro di domicilio del consumatore via Internet e la conclusione del contratto.

La domanda pregiudiziale, presentata nell’ambito di una controversia in materia di garanzia a seguito della conclusione di un contratto di compravendita di un autoveicolo usato, attiene l’interpretazione dell’art. 15 del regolamento n. 44/2001. Tale articolo dev’essere interpretato nel senso che non postula la sussistenza di un nesso di causalità tra il mezzo, vale a dire un sito Internet, utilizzato per dirigere l’attività commerciale o professionale verso lo Stato membro di domicilio del consumatore e la conclusione del contratto con il consumatore medesimo. Tuttavia, la sussistenza di un simile nesso di causalità costituisce un indizio di riconducibilità del contratto ad un’attività di tal genere. Spetta al giudice del rinvio valutare le circostanze complessive della stipula del contratto. La circostanza che un commerciante ‒ come quello convenuto nel procedimento principale ‒ sia stabilito in uno Stato membro in una zona limitrofa ad un altro Stato membro, in un agglomerato urbano che si estende sui due lati del confine, ed utilizzi un numero di telefono assegnato dall’altro Stato membro mettendolo a disposizione dei suoi potenziali clienti domiciliati in quest’ultimo Stato, così da evitare loro i costi di una chiamata internazionale, può a sua volta costituire un indizio idoneo a dimostrare che la sua attività è “diretta verso” tale altro Stato membro.

 

Spazio di libertà, sicurezza e giustizia

Sentenza della CGUE (Quarta Sezione) 17 ottobre 2013, causa C-291/12, Michael Schwarz contro Stadt Bochum.

Tipo di procedimento: domanda di pronuncia pregiudiziale da Verwaltungsgericht Gelsenkirchen - Germania.

Oggetto: Passaporto biometrico - Impronte digitali - Regolamento n. 2252/2004 - Fondamento giuridico - Diritto al rispetto della vita privata - Diritto alla tutela dei dati personali - Proporzionalità.

La presente domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Schwarz e la città di Bochum in merito al diniego da parte di quest’ultima di rilasciare all’interessato il passaporto senza il contemporaneo rilevamento delle impronte digitali, per memorizzarle nel passaporto stesso. Occorre esaminare se il rilevamento delle impronte digitali e la loro conservazione nei passaporti, così come previsto dal regolamento n. 2252/2004 costituiscano un pregiudizio ai diritti al rispetto della vita privata (art. 7 della Carta) e alla tutela dei dati personali (art. 8 della Carta). In caso affermativo, occorre successivamente verificare, se siffatto pregiudizio possa essere giustificato.

Il rispetto del diritto alla vita privata alla luce del trattamento dei dati personali si riferisce ad ogni informazione che riguardi una persona fisica identificata o identificabile (Sentenza 9 novembre 2010, causa C‑92/09 e C‑93/09, Volker und Markus Schecke e Eifert, in Racc. p. I‑11063, punto 52 e sentenza 24 novembre 2011, causa C‑468/10 e C‑469/10, ASNEF e FECEMD, in Racc. p. I‑12181). Le impronte digitali rientrano in tale nozione dato che contengono obiettivamente informazioni uniche su persone fisiche. La Corte constata quindi che il prelievo e la conservazione di impronte digitali da parte delle autorità nazionali costituiscono un pregiudizio ai diritti al rispetto della vita privata e alla tutela dei dati personali.

Analizzando quindi il profilo inerente alla giustificazione del suddetto pregiudizio, la Corte rileva che i diritti riconosciuti dagli artt. 7 e 8 della Carta non appaiono come prerogative assolute, ma devono essere presi in considerazione in rapporto alla loro funzione nella società. L’art. 52 della Carta ammette limitazioni, purché tali limitazioni siano previste dalla legge e rispettino il contenuto essenziale dei diritti e che, nel rispetto del principio di proporzionalità, esse siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. Il prelievo e la conservazione delle impronte digitali sono idonei a raggiungere gli obiettivi perseguiti dal regolamento ovvero impedire l’ingresso illegale di persone nel territorio dell’Unione. L’unica reale alternativa al rilevamento delle impronte digitali richiamata nel corso del procedimento dinanzi alla Corte consiste nella cattura dell’immagine dell’iride dell’occhio. Orbene, nulla nel fascicolo sottoposto alla Corte indica che quest’ultimo procedimento sia meno pregiudizievole ai diritti riconosciuti dagli articoli 7 e 8 della Carta rispetto al rilevamento delle impronte digitali.

 

Sentenza della CGUE (Seconda Sezione) 10 ottobre 2013, causa C-86/12, Adzo Domenyo Alokpa e a. c. Ministre du Travail, de l’Emploi et de l’Immigration.

Tipo di procedimento: domanda di pronuncia pregiudiziale da Cour administrative - Lussemburgo.

Oggetto: Cittadinanza dell’Unione - Diritto di soggiorno di un cittadino di un paese terzo ascendente diretto di cittadini dell’Unione in tenera età - Cittadini dell’Unione nati in uno Stato membro diverso da quello di cui possiedono la cittadinanza che non hanno mai esercitato il loro diritto alla libera circolazione - Diritti fondamentali.

La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia in merito alla decisione di negare alla sig.ra Alokpa, cittadina togolese, un diritto di soggiorno in Lussemburgo e il conseguente ordine di lasciare il territorio dello Stato membro. Nel 2006 la sig.ra aveva presentato domanda di protezione internazionale ricevendo decisione negativa. In seguito, la sig.ra ha presentato una domanda diretta alla concessione di uno status di tolleranza, concessole nel 2008 e non prorogato nel 2010. Nel frattempo l’interessata aveva dato alla luce due gemelli ed essi dovevano fruire di cure tenuto conto della loro nascita prematura. I figli della sig.ra Alokpa sono stati riconosciuti, al momento della formazione degli atti di nascita, dal sig. Moudoulou, cittadino francese. Essi possiedono la cittadinanza francese e hanno beneficiato del rilascio di un passaporto e di una carta nazionale d’identità francesi. Il diritto di soggiorno dei familiari di un cittadino dell’Unione si limita agli ascendenti diretti che sono a carico di quest’ultimo, la sig.ra Alokpa non soddisferebbe tale condizione. Tuttavia, i figli della sig.ra Alokpa non soddisferebbero le condizioni relative alla libera circolazione non avendo mai lasciato il Lussemburgo.

In una situazione come quella in esame nel procedimento principale, gli articoli 20 TFUE e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che è possibile per uno Stato membro negare a un cittadino di un paese terzo un diritto di soggiorno sul suo territorio quando tale cittadino abbia a proprio carico esclusivo figli in tenera età, cittadini dell’Unione, i quali sin dalla nascita soggiornano con lui in tale Stato membro senza possederne la cittadinanza e senza aver esercitato il proprio diritto alla libera circolazione. Spetta al giudice del rinvio verificare che un siffatto diniego non privi tali cittadini dell’Unione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione.

11/11/2013
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