Soprattutto rispetto al morire, le conoscenze tecniche, pur senza procurare la guarigione o, quantomeno, la proroga, per quanto breve, di una vita degna di essere vissuta, possono comportare il protrarsi dell’esistenza biologica al di là di quanto un soggetto voglia o immagini possibile. Questo fa sorgere, all’interno della società attuale, istanze che chiedono di investigare se, nel nostro ordinamento giuridico, il diritto alla vita comprenda anche un diritto sulla vita e, quindi, la possibile pretesa di rinunciarvi attraverso l’aiuto di terzi che causalmente determinino la morte e che ruolo, lo Stato, sia chiamato a rivestire intervenendo, in tali ambiti, attraverso divieti, obblighi o permessi.
In tale contesto si colloca l’ordinanza della Corte di assise di Milano che solleva, nel processo che vede imputato Marco Cappato, una questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 cp nella parte in cui incrimina le condotte di aiuto al suicidio in alternativa a quelle di istigazione e, quindi, a «prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito suicida».
Processo Cappato, tra diritto di morire e reato di aiuto al suicidio. La questione è rimessa alla Corte costituzionale
L’entrata in vigore della riforma del sistema penale ha fatto gridare molti operatori alla catastrofe. Ma – posto che non stiamo lasciando alle nostre spalle il migliore dei mondi possibili – è forse il caso di accettare che questa riforma è quella che – alle condizioni date – era possibile realizzare. Il disegno riformatore – pur tra luci e ombre – fa intravedere una qualche possibilità di superamento di alcune delle disfunzioni del sistema penale previgente. Il compito di risolvere le criticità e, soprattutto, di valorizzare gli aspetti positivi della riforma è ora consegnato a operatori ed interpreti; ma non solo: è auspicabile che tutte le istituzioni pubbliche e il mondo del cd. "privato sociale" si sentano coinvolti nell’opera di inclusione sociale che è tra i tratti più caratterizzanti della riforma.
Per descrivere lo stato dell’arte dei lavori legislativi sulla giustizia penale è ormai d’obbligo attingere alle metafore “stanche” che designano un eterno lavorio, il rifacimento dell’appena fatto, la riscrittura del già deciso: la Fabbrica di San Pietro, la tela di Penelope, la fatica di Sisifo et similia. Mentre ci si accinge ad abrogare totalmente il reato di abuso d’ufficio, ignorando le argomentate critiche di larga parte della dottrina penalistica e dei magistrati impegnati sul campo, si propone anche di rimettere mano alla tormentata disciplina della prescrizione, già oggetto di tre interventi riformatori succedutisi nell’arco di pochi anni. L’auspicio di quanti operano nel mondo della giustizia è che la normativa in tema di prescrizione, per la straordinaria rilevanza degli interessi in gioco, cessi di essere terreno di uno scontro pregiudiziale delle forze politiche e divenga oggetto di una soluzione largamente condivisa e perciò destinata – finalmente – a durare nel tempo.
Una recensione a R. Caruso, Alla Stazione successiva. La giustizia, ascoltando De André (Edizioni San Paolo, 2023)
La Convenzione francese sul fine vita - composta da cittadini scelti per sorteggio in base a criteri che fanno della Convenzione un campione rappresentativo della popolazione - rappresenta un interessante esperimento di “democrazia deliberativa”, destinato ad integrare i processi decisionali propri della democrazia rappresentativa. Dando la parola ad una assemblea di cittadini ed ascoltando la loro opinione informata, si è voluto attingere al senso della realtà della gente comune per ricercare soluzioni ragionevoli ad un problema spinoso, superando le pregiudiziali religiose, culturali, ideologiche che possono ostacolare il cammino di norme innovative sull’eutanasia attiva e sull’aiuto al suicidio. All’esperimento francese dovrebbe guardare con interesse il nostro Paese, nel quale - dopo la inevitabile declaratoria di inammissibilità del referendum abrogativo parziale dell’art. 579 c.p. e la mancata approvazione, nella scorsa legislatura, del pur timido testo di legge unificato sulle disposizioni in materia di morte medicalmente assistita – l’iniziativa sul fine vita potrebbe essere rilanciata dall’istituzione di una Convenzione cittadina sul modello francese, chiamata ad informarsi, dialogare e pronunciarsi sull’assistenza attiva a morire.
La recensione al volume a cura di Adelmo Manna, edito da Wolters Kluwer (2023)
Il diritto europeo ed il diritto internazionale assumono ruoli determinanti nella tutela dei diritti fondamentali. La sua applicazione ai diritti dei migranti, tuttavia, viene declinata costantemente in modo restrittivo: il recentissimo DL 2 gennaio 2023 n. 1 ed i successivi provvedimenti applicativi contengono, infatti, alcune misure che si pongono in contrasto, anche secondo un’interpretazione letterale, con la normativa contenuta nelle convenzioni sul “soccorso in mare” e nel codice della navigazione.