Articoli di Questione Giustizia su libertà manifestazione pensiero
Quando Anna Karenina entra in scena, nel romanzo, «dei piccoli anelli di riccioli neri le scappavano fuori sulla nuca e sulle tempie». Analogo gesto, un capello fuori posto, pochi giorni fa in Iran è costato la vita alla ventiduenne Masha Amini, arrestata e uccisa dalla “polizia morale” perché indossava il velo in maniera inappropriata. È stata la scintilla perché in Iran – protagoniste le donne sotto lo slogan “Woman Life Freedom” – divampasse una protesta che non accenna a smettere e che sta ponendo le basi di una rivolta per ottenere un Iran democratico.
Per raccontare i fatti, inquadrarli nella storia iraniana e nelle complesse tematiche del femminismo islamico, dell’esegesi patriarcale del Corano e dei movimenti di rivolta iraniani, descrivere l’obbrobrio della “polizia morale”, Questione Giustizia ha atteso di poter dare la parola alle donne iraniane.
Relazione all'incontro Justice et liberté d'expression - La liberté d'expression des magistrats et ses évolutions récentes sur les réseaux sociaux, organizzato dall'Ecole Nationale de la Magistrature (ENM) e dal Conseil supérieur de la magistrature (CSM), con il sostegno dell'Unione europea, 12 e 13 maggio 2022 - Formazione in presenza, edificio dell'Ecole de Formation du Barreau (EFB), Issy-les-Moulineaux, Francia
Un anno fa, un professore di storia e geografia è stato decapitato da un giovane islamista a pochi passi dal suo collegio: il suo crimine è stato quello di essersi avvicinato al tema della libertà di espressione utilizzando come materiale didattico le caricature di Maometto. Questo evento ci pone di fronte a un dilemma: possiamo scegliere, in nome della pacifica convivenza tra le varie “comunità”, di eufemizzare la portata di certi insegnamenti che potrebbero offendere alcuni studenti e le loro famiglie? Questa concezione della cosiddetta laicità aperta o inclusiva porta a una riduzione della libertà di espressione e di educazione; un'altra strada è possibile: riscoprire il senso della laicità, non come superato catechismo repubblicano ma come strumento al servizio dell'emancipazione degli individui. Riaffermare il primato della libertà di espressione sulle convinzioni religiose è un lavoro che deve essere svolto nella "casa comune" che la Scuola deve ridiventare.
Nel confronto di idee che ha fatto seguito all’orrenda decapitazione dell’insegnante francese Samuel Paty, ha sempre più peso, in Francia come in Italia, la posizione che considera la laicità “alla francese” troppo radicale e provocatoria, e chiede che venga temperata e ridimensionata. Ma il problema che pongono gli interventi francesi e italiani a favore di una laicità soft è che non definiscono in cosa tale laicità meno “aggressiva” dovrebbe consistere e quali misure la realizzerebbero.
Nel contributo qui pubblicato si esamina il c.d. d.d.l. Zan (in materia di omo-lesbo-bi-transfobia) dall’angolo visuale penalistico; si considera pertanto il rilievo costituzionale del bene giuridico protetto con le nuove previsioni incriminatrici, delineando quindi la fisionomia e i contenuti delle fattispecie che si intende introdurre con la novella. Il contributo si chiude con una interessante riflessione sull’uso del diritto penale in chiave antidiscriminatoria.