Magistratura democratica
Osservatorio internazionale

Il free speech e lo sterco del demonio

di Elisabetta Grande
professoressa ordinaria di diritto comparato, Università del Piemonte Orientale

Negli Stati Uniti la cancellazione della libertà di espressione del proprio pensiero, la repressione di ogni dissenso rispetto alla vulgata che proviene dall’alto, in una parola l’imposizione di un pensiero unico autoritario, si sta oggi realizzando con una forza davvero eccezionale. In tanti momenti della storia statunitense il diritto al free speech - pur costituzionalmente garantito dal primo emendamento della Carta fondamentale federale - è stato soppresso; e ciò non solo durante il maccartismo degli anni successivi alla seconda guerra mondiale (sul punto mi si consenta un rinvio a https://www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/i-mobili-confini-della-liberta-di-espressione-negli-stati-uniti-e-il-metro-della-paura_279.php) . Quel che caratterizza l’attuale repressione di qualunque prospettiva differente da quella che si vuole ufficiale - rendendola così eccezionale - è lo strumento con cui apertamente la si ottiene: lo sterco del demonio.

E’, infatti, attraverso il ricatto esplicito da parte dell’amministrazione Trump di bloccare – in un modo o nell’altro - l’afflusso di danaro alle corporation dell’informazione, alle università pubbliche o private e alle televisioni e radio pubbliche, qualora non si autocensurino cancellando il pensiero disallineato, che passa oggi l’imposizione del pensiero unico autoritario.

Il recente caso della sospensione da parte della ABC dello spettacolo del mercoledì sera - durato ben 22 anni - del conduttore televisivo e umorista Jimmy Kimmel - spesso critico di Trump e della sua amministrazione - per aver osato mettere in dubbio che l’assassino di Charlie Kirk fosse un radicale di sinistra, è l’ultimo degli esempi di un siffatto comportamento estorsivo.

La ABC, dal 1995 di proprietà della Walt Disney Corporation, si è infatti subito asservita al volere di Trump e del direttore della Federal Communications Commission, Brendan Carr (uno dei redattori del famigerato Project 2025 dell’Heritage Foundation), non appena i suoi distributori locali – Sinclair e Nexstar - si sono autocensurati, dichiarando che non avrebbero mandato in onda il programma di Kimmel. La ragione di una simile autocensura sta, da un lato, nelle minacce di Carr di togliere loro la licenza di trasmettere qualora avessero dato spazio allo show del conduttore, ma – soprattutto - nella sicura bocciatura da parte della FCC della fusione che Nexstar sta conducendo con la sua rivale Tegna, per la cifra di 6.2 miliardi di dollari. Un’operazione, quest’ultima, che permetterebbe alla Nexstar di creare un vasto conglomerato con 265 stazioni televisive in 44 stati e che richiede l'approvazione della FCC di Carr. Tocca infatti alla FCC autorizzare le fusioni fra corporation multimediali, ciò che le dà la possibilità di imporre quel che altrimenti non potrebbe esigere, ossia una precisa linea di pensiero nei contenuti delle trasmissioni. Solo dopo la protesta di almeno 5 sindacati dei lavoratori di Hollywood in rappresentanza di più di 400.000 lavoratori -fra cui gli sceneggiatori che hanno dichiarato di non volere più lavorare per la società-, quella del pubblico che ha cancellato gli abbonamenti a Disney + e le vacanze a Disney World, nonché l’appoggio a Kimmel del Senatore repubblicano del Texas Ted Cruz -che ha severamente criticato il comportamento estorsivo di Carr- la ABC ha cambiato idea. Non così pare, però, le sue affiliate locali Sinclair e Nexstar. 

Questa stessa forza ricattatoria, determinata dal privilegio concesso alla FCC di approvare le fusioni fra società dell’informazione, già lo scorso luglio aveva colpito un’altra grande rete televisiva: la CBS, che insieme ad ABC, NBC e Fox fa parte delle quattro principali reti televisive americane in chiaro, le così dette "Big Four". In quell’occasione la paura che un’altra importante fusione potesse non andare in porto a causa della politicizzazione della FCC -che come le altre agenzie federali nell’era Trump si è trasformata da agenzia indipendente in agenzia al servizio dell’esecutivo sulla base della executive unitary theory di cui si è altre volte discusso (https://www.questionegiustizia.it/articolo/rule-of-law-trump) - aveva convinto la CBS a defenestrare un altro famosissimo umorista, anche lui spesso critico di Trump. Si tratta di Stephen Colbert, conduttore di una trasmissione serale in onda da più di 30 anni (https://www.nytimes.com/2025/07/17/business/stephen-colbert-late-show-ending.html). La Paramount, casa madre della CBS, controllata dall’ultramiliardario Larry Ellison, stava infatti per chiudere un accordo di fusione con la Skydance Media, società di produzione cinematografica fondata nel 2010 dal di lui figlio, David. Al di là delle diverse giustificazioni fornite dalla società, era questa la ragione per la quale la CBS aveva dapprima accettato di transare una lite con Trump per 16 miliardi di dollari -nonostante le ottime chances di vittoria in giudizio- e aveva poi interrotto il rapporto con l’umorista critico del potere in carica. Poche settimane dopo quel licenziamento, Paramount e Skydance si univano con il beneplacito di Brendan Carr per formare la Paramount Skydance, che oggi - con buona pace di ogni regola di anti trust- mira a nuove importantissime fusioni nel campo del cinema e della televisione. Le ambizioni acquisitive - per cifre che ruotano intorno agli 80 miliardi di dollari - riguardano in particolare la Warner Bros. Discovery, il conglomerato mediatico che controlla gioielli come HBO Max, lo studio cinematografico Warner Bros. e la CNN. Va da sé che la censura di ogni pensiero critico dell’amministrazione Trump non potrà che continuare, in un clima in cui la cattura delle menti da parte del potere si fa sempre più aggressiva.

I soldi e il ricatto consistente nell’interrompere l’erogazione di fondi federali necessari per il funzionamento di corsi e di programmi di ricerca stanno, com’è noto, alla base altresì della completa débacle delle Università statunitensi di fronte alla richiesta dell’esecutivo di intervenire sui contenuti dei programmi di insegnamento, in particolare – e per ora- quando riguardino la diversità, l’inclusione e l’eguaglianza o la questione palestinese. La lettera che l’Università di Berkeley, California (proprio l’Università in cui nel 1964 aveva vittoriosamente preso le mosse il Free Speech Movement) ha inviato a 160 suoi docenti - fra cui la famosissima filosofa Judith Butler - per far sapere loro che i rispettivi nomi sono stati inviati all’amministrazione federale nell’ambito di una indagine che li vedrebbe responsabili della violazione del Titolo VI del Civil Rights Act (che vieta ogni discriminazione basata sulla razza, colore o origine nazionale), perché la loro posizione critica nei confronti del governo di Israele configurerebbe un comportamento antisemita, è più che eloquente.

I tagli finanziari alle televisioni e radio pubbliche, poi -incominciati a marzo con il licenziamento di più di un terzo dei giornalisti di Voice of America, il servizio ufficiale radiotelevisivo del Governo federale degli Stati Uniti che trasmette in tutto il mondo, da Trump rinominato Voice of radical America - hanno raggiunto il clou a luglio, quando il Congresso repubblicano -a stretta maggioranza- ha messo in atto il programma di cancellazione dei media pubblici indipendenti già pianificato ne The Mandate for Leadership del Project 2025, così come annunciato da Trump fin dall’inizio del suo mandato. A metà luglio la NRP e la PBS -rispettivamente il servizio radiofonico e quello televisivo pubblico interni - si sono, infatti, visti tagliare il budget di 1.1 miliardi (https://www.axios.com/2025/07/18/npr-pbs-funding-senate), ciò che ha significato la messa in discussione della sopravvivenza di una grande quantità di radio e televisioni locali che sui fondi federali contano per rimanere in vita.

E’ questo il quadro di una pesantissima invasione nel campo delle idee e del pensiero da parte del potere in carica, che mira a formare e conformare le menti al proprio volere e punto di vista. E’ un piano culturalmente ambizioso, che da ultimo ha perfino messo in campo una nuova educazione civica nelle scuole, le quali per godere dei fondi federali – aumentati da ultimo di 137 milioni, grazie a una decisione presidenziale che li ha sottratti ai programmi per le minoranze e per la formazione degli insegnanti - dovranno in quei corsi promuovere il “patriottismo” (https://www.nytimes.com/2025/09/17/us/politics/trump-civics-education-maga.html?smid=nytcore-android-share). 

Si tratta di un programma di cattura autoritaria del consenso, che passa in grande misura attraverso come e su cosa la collettività viene formata e informata, in un momento in cui le ragioni del dissenso si presentano sempre più serie e pericolose per Trump. Dalle deportazioni di massa che scuotono per la loro brutalità e illegalità molti fra gli americani che pur alle stesse erano inizialmente favorevoli, al sostegno finanziario e militare del governo all’efferato massacro dei gazawi che indigna sempre più persone, fino alla guerra che è ormai in atto contro il Venezuela per ottenere quel cambio di regime che impedisca alla Cina di entrare nel cortile di casa degli Stati Uniti, i motivi del dissenso crescono e con essi le ragioni per alimentare il patriottismo e reprimere le voci critiche… e lo sterco del demonio è assai utile per raggiungere l’obiettivo.

24/09/2025
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