Articoli di Questione Giustizia su diritto penale
Una recensione a R. Caruso, Alla Stazione successiva. La giustizia, ascoltando De André (Edizioni San Paolo, 2023)
La recensione al volume a cura di Adelmo Manna, edito da Wolters Kluwer (2023)
La brevissima storia di una convalida di arresto: per provare a dire che nonostante la coazione alla giurisdizione paraziendalistica non è inevitabile rassegnarsi allo smaltimento degli affari semplici, non è inevitabile rinunciare a essere, come magistrati, persone che incontrano persone.
Questione Giustizia pubblica il documento del Comitato direttivo dell'Associazione italiana dei professori di diritto penale contenente osservazioni critiche sul d.l. 31 ottobre 2022, n. 162
Una prima analisi delle disposizioni del decreto-legge 162/2022 in materia di ergastolo ostativo. Superarlo effettivamente sarà un compito dell’interprete.
Sommario: 1. Trent’anni fa. - 2. Lo stato dell’arte dei rapporti tra giurisdizione e giustizia riparativa. - 3. Cura e giustizia: riflessioni su alcune aporie della giustizia riparativa. - 3.1. Conflitto o ingiustizia? - 3.2. Riconoscimento. - 3.3. L’importanza delle passioni. La vulnerabilità. 3.4. - Empatia e compassione. - 3.5. Comunità e vergogna. - 4. Cura tra giustizia dei tribunali e giustizia riparativa.
Recensione al volume di Roberto Rampioni, edito da Giappichelli (2020)
La discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi è contraria al principio di uguaglianza e, soprattutto, al valore della pari dignità sociale che la Costituzione riconosce a tutti. I delitti contro l’uguaglianza rappresentano la negazione di questo valore. Il contributo ripercorre lo sviluppo legislativo e giurisprudenziale che ha portato alla formulazione degli attuali articoli 604 bis e 604 ter c.p. con uno sguardo alla giurisprudenza sovranazionale e, soprattutto, alle modalità secondo cui una specifica categoria di vittime avverte la discriminazione nei propri confronti.
La relazione del procuratore generale presso la Corte di Cassazione svolta ad Anagni il 10 luglio 2021, in occasione del conferimento del premio Bonifacio VIII. Per una cultura della pace.
E’ sul versante mediatico e della motivazione dei provvedimenti giudiziari che, nel nostro Paese, la presunzione di innocenza può essere contraddetta e vulnerata. E’ questo il filo conduttore del decreto legislativo ancora in itinere, che - in attuazione della Direttiva UE n. 343 del 2016 - mira a rafforzare la presunzione di innocenza dell’indagato e dell’imputato, con l’ambizione di incidere profondamente sul linguaggio di tutte le “autorità pubbliche”, sulla comunicazione degli uffici giudiziari e sulla motivazione delle decisioni interne al processo. Non è facile, oggi, prevedere se le nuove norme daranno il via ad una vera rivoluzione culturale nella rappresentazione delle persone sottoposte ad indagini e a processi o se le innovazioni resteranno una facciata destinata a mascherare malamente la sopravvivenza di inveterati “pregiudizi”. E’ certo però che la genuina adesione all’ispirazione di fondo della nuova normativa non implica la rinuncia a ragionare, anche criticamente, sui differenti aspetti del testo normativo, sulla sua genesi, sulle sue ricadute nei mondi del diritto e dell’informazione.
Gli scenari diametrali aperti dal successo nella raccolta delle firme sono quello della dichiarazione di inammissibilità del quesito e quello dell’abrogazione parziale per via referendaria dell’art. 579 c.p., che aprirebbe problemi interpretativi in particolare sul consenso. Ma di fronte alla complessità del tema della disponibilità/indisponibilità della vita e all’insieme delle norme di riferimento è possibile che né il referendum, né la sola iniziativa legislativa in corso in materia di “morte volontaria medicalmente assistita” siano dirimenti.
Due recenti pronunce di merito sono l’occasione per soffermarsi sugli elementi costitutivi e circostanziali della fattispecie di tortura. Una norma scritta male, densa di problemi interpretativi e non priva di qualche disallineamento rispetto alla normativa sovranazionale.
Il giurista moderno non può interessarsi soltanto delle norme e della loro applicazione o disapplicazione, relegando in secondo piano l’esame del corpo sociale e lo studio delle realtà da cui nasce la criminalità. Al rifiuto di tutte le diverse forme di “uso politico” della criminalità deve accompagnarsi un approccio razionale e pragmatico che individui adeguati strumenti di risanamento sociale e di trattamento del delinquente, dimostrando che lo Stato può ridurre il costo dei fenomeni criminali grazie all’impiego di metodi scientificamente corretti.
Si avvicina la scadenza del giugno 2021 fissata dalla Corte costituzionale per la sua pronuncia sul “carcere per i giornalisti” dopo la sollecitazione rivolta al Parlamento ad intervenire, entro un anno, sul tema della diffamazione a mezzo stampa. Dall’approssimarsi di questa data e dagli spunti offerti dalla cronaca traiamo l’occasione per affrontare due questioni estremamente attuali: le querele e le azioni civili dei magistrati per notizie ritenute false e diffamatorie e il cahier de doléances dei giornalisti per la vigente disciplina della diffamazione a mezzo stampa.
Il vaglio giurisdizionale sulle accuse relative alle falsità nelle c.d. autodichiarazioni COVID-19 costringe a riflettere su principi fondamentali, come il principio di legalità in materia penale, quello di sussidiarietà e sul diritto a non auto-incriminarsi; non ultimo, la questione impone di ragionare sull’utilità o meno della risposta penale verso un simile fenomeno.
Il rapido succedersi di disposizioni normative anche in materia penale mette a dura prova l’interprete chiamato oggi a valutare le notizie di reato relative alle violazioni delle misure dettate per fronteggiare il rischio sanitario derivante dall’epidemia da Coronavirus dopo la Delibera del Consiglio dei Ministri del 31.1.2020, con cui è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale.
Si pongono dunque diversi temi di riflessione cui l’interprete deve dare risposta in riferimento ai casi che possono prospettarsi, alla luce dei principi costituzionali e senza tralasciare le esigenze di contrasto della pandemia.
La sentenza del Tribunale di Milano di condanna di un intervistatore della trasmissione televisiva Le Iene riconduce alla fattispecie di violenza privata la «coartazione alla comunicazione» con cui si forza una persona a rispondere a domande mentre una videocamera la riprende
Al centro di un incrocio strategico per contrastare la criminalità mafiosa e terrorista, il regime del “carcere duro” è senza dubbio un istituto giuridico al centro di forti polemiche. Occorre rivalutarne criticamente l’attualità, l’utilità, la tenuta nel corso del tempo.
Le misure di sostegno che lo Stato ha varato nel corso dell’epidemia COVID - indispensabili per fronteggiare la crisi economica e sociale - comportano rischi di indebito accesso ai finanziamenti previsti e di illecita appropriazione di risorse pubbliche. Di qui l’esigenza di analizzare i meccanismi delle principali misure economiche messe in campo dallo Stato, di verificare l’applicabilità delle norme penali vigenti alle condotte illecite e di elaborare progetti investigativi adeguati a contrastarle.
Il 24 marzo 2021 la Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni di cui agli artt. 4-bis e 58-ter dell’ ordinamento penitenziario nella parte in cui escludono che il condannato all’ergastolo, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416-bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni ivi previste, che non abbia collaborato con la giustizia, possa essere ammesso alla liberazione condizionale. Sotto la formula tecnica si nasconde la questione della legittimità dell’ergastolo ostativo. Pubblichiamo, in proposito, la riflessione di Giovanni Fiandaca. Non si tratta soltanto della recensione a E. Dolcini, F. Fiorentin, D. Galliani, R. Magi, A. Pugiotto, Il diritto alla speranza davanti alle Corti. Ergastolo ostativo e articolo 41-bis, Giappichelli, Torino, 2020. Il commento al volume diventa occasione per una meditazione a tutto tondo sulla pena perpetua e sul regime differenziato del 41-bis.
Qui di seguito, la recensione ad una importante riflessione critica – svolta a più voci e con una pluralità di approcci – sulla riforma della legittima difesa
Recensione a V. Manes e M. Caianiello, Introduzione al diritto penale europeo. Fonti, metodi, istituti, casi, Giappichelli Editore, Torino 2020. Un libro che risponde al bisogno di organicità e sistematicità di una materia viva e incandescente, senza imbrigliarla in schemi stereotipati.
Un appello di studiosi di diritto e procedura penale per una rinnovata attenzione al carcere
Nel contributo qui pubblicato si esamina il c.d. d.d.l. Zan (in materia di omo-lesbo-bi-transfobia) dall’angolo visuale penalistico; si considera pertanto il rilievo costituzionale del bene giuridico protetto con le nuove previsioni incriminatrici, delineando quindi la fisionomia e i contenuti delle fattispecie che si intende introdurre con la novella. Il contributo si chiude con una interessante riflessione sull’uso del diritto penale in chiave antidiscriminatoria.
La recensione a M. Bortolato, E. Vigna, Vendetta pubblica. Il carcere in Italia, Laterza, 2020, diventa occasione per un’analisi a tutto tondo delle ideologie e delle visioni della penalità