- Perfecto Andrés Ibáñez - Lawfare contro il Procuratore Generale dello Stato (ITA)
- Perfecto Andrés Ibáñez - Lawfare contra el fiscal general del Estado (ES)
1. Introduzione
Il 9 dicembre di quest’anno, un tribunale composto da sette magistrati della sezione penale del Tribunal Supremo ha condannato il procuratore generale dello Stato (Fiscal General del Estado, FGE) in quanto responsabile del reato di rivelazione di informazioni riservate (art. 417 c.p. spagnolo).
La competenza di questo tribunale è stata così determinata poiché l’imputato, in ragione del suo ruolo, beneficiava di un foro speciale. Per questo, l’imputazione e l’avvio del procedimento spettavano a un tribunale di cinque magistrati; la sua fase istruttoria a un magistrato, contro i cui provvedimenti era possibile ricorrere ad un tribunale d’appello composto da tre ulteriori magistrati, tutti afferenti alla sezione del Tribunal Supremo. Infine, una particolarità: il collegio giudicante era formato dagli stessi cinque magistrati che avevano deciso circa l’imputazione più altri due che non erano intervenuti in alcun modo nelle precedenti vicende processuali.
2. I fatti del caso
L’origine remota delle attività processuali risale al 2022 e si concretizza in un’azione dell’autorità tributaria nei confronti di Alberto González Amador (AGA) per una possibile frode nel pagamento dell’imposta sulle società di un ente societario di sua proprietà. Si dà il caso che AGA sia il partner dell’attuale presidente della Comunità Autonoma di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, del Partito Popolare.
Il 2 febbraio 2024, AGA, senza esitazioni, considerando che, essendo ben fondata la sua violazione tributaria di rilevanza penale, egli non aveva possibilità di difendersi, al fine di evitare una possibile sanzione detentiva, tramite il suo avvocato, indirizzava al pubblico ministero una proposta di patteggiamento tramite l’indirizzo di posta elettronica della procura. La proposta comportava l’ammissione di colpevolezza nei due reati contestati e l’assunzione delle corrispondenti responsabilità economiche come mezzo per evitare la pena privativa della libertà personale. I messaggi ricevuti a questo indirizzo di posta elettronica erano accessibili a una pluralità di persone relativamente indeterminata. Il 12 febbraio, il pubblico ministero incaricato del caso ha risposto, nello stesso modo, all’avvocato di AGA comunicandogli che «prendeva nota della volontà del suo cliente di ammettere i fatti».
Nei giorni 12 e 13 marzo, sempre del 2024, tre mezzi d’informazione hanno dato risonanza al caso. Il 12 marzo la presidente della Comunità Autonoma di Madrid ha pubblicato un tweet contro la procuratrice capo della procura provinciale di Madrid, rendendo noto che quest’ultima era stata direttrice generale in un precedente governo socialista. E il 13 marzo, in conferenza stampa, la presidente si presentava pubblicamente come vittima di una operazione di destabilizzazione politica promossa dall’attuale governo socialista. La sera di quello stesso giorno, il capo di gabinetto della presidente comunicava a vari mezzi d’informazione il messaggio del pubblico ministero, datato 12 febbraio, falsandone tuttavia – questo è importante – il contenuto nel senso di attribuire l’iniziativa della proposta di patteggiamento al pubblico ministero e una presunta revoca della stessa ad un ordine del governo, occultando così l’esistenza del messaggio iniziale dell’avvocato di AGA contenente la proposta di patteggiamento. Tutto ciò ha fatto sì che, il giorno successivo, un giornale pubblicasse la falsa notizia secondo cui il pubblico ministero, su iniziativa propria, aveva offerto l’accordo al partner della presidente della Comunità Autonoma di Madrid.
In vista della falsità – l’attribuzione al pubblico ministero dell’iniziativa della proposta di accordo e la sua revoca per ordine del governo – il FGE ha acquisito tutte le informazioni sul caso e ha promosso la pubblicazione di una nota ufficiale (diffusa il giorno 14), spiegando ciò che era realmente accaduto, per difendere la correttezza dell’operato del pubblico ministero.
La pubblicazione della nota informativa ha fatto sì che AGA querelasse il FGE e la procuratrice capo di Madrid per il delitto di rivelazione di segreto d’ufficio. A questa iniziativa persecutoria si sono associati l’Ordine degli Avvocati di Madrid, varie organizzazioni di estrema destra, e un’associazione di pubblici ministeri, tramite l’esercizio dell’azione popolare. L’associazione di pubblici ministeri ha esteso l’accusa anche ad altri reati.
Il 15 ottobre 2024 il tribunale di cinque magistrati al quale si è fatto riferimento all’inizio ha deciso di imputare il FGE e la procuratrice capo di Madrid, seppure non per la pubblicazione della nota informativa, poiché il suo contenuto essenziale era già stato ampiamente diffuso, ma piuttosto come possibili responsabili della trasmissione nascosta alla stampa di informazioni relative alla situazione processuale di AGA, coperte dal segreto investigativo. Trasmissione che, si affermava chiaramente, avrebbe potuto pregiudicare il diritto alla presunzione di innocenza e il diritto di difesa di AGA. A seguito dell’imputazione veniva designato un magistrato della stessa sezione penale del Tribunal Supremo, quale incaricato dell’istruzione della causa.
3. L’attività del giudice istruttore
Ovviamente non è questa la sede per addentrarsi in un’analisi dettagliata delle vicende della fase istruttoria, ma occorre comunque dar conto di alcune di esse e, in generale, del modo di agire del giudice istruttore.
Questi, posto che si trattava di determinare se, in particolare, qualcuno degli imputati avesse comunicato illegittimamente a qualche mezzo di informazione dati relativi alla situazione processuale di AGA, ha incentrato l’indagine sul controllo delle loro comunicazioni. A questo scopo, oltre all’esame dei telefoni cellulari, egli ha disposto – misura certamente insolita – la perquisizione dei loro uffici. In tal modo, gli agenti della Guardia Civil hanno perquisito entrambe le sedi, clonato indiscriminatamente il contenuto dei computer ed esaminato anche i cellulari degli imputati.
Questo intervento è stato autorizzato – ciò è rilevante – con una decisione stereotipata. In essa si affermava che, vista la gravità dell’intervento, era necessario effettuare un giudizio di proporzionalità che, tuttavia e sorprendentemente, non si è riusciti poi a svolgere. Probabilmente per l’ingiustificabilità della decisione.
Nel caso del FGE, si è verificata la circostanza secondo cui, in un momento vicino a questo intervento – come ha spiegato – egli aveva cancellato dal cellulare il registro delle chiamate, cosa che, ha detto, faceva periodicamente per ragioni di sicurezza.
L’operato del giudice istruttore si è distinto per la sua unilateralità, poiché egli ha fatto propria in via esclusiva l’ipotesi dei querelanti, effettuando ogni attività investigativa richiesta da questi ultimi, negando al contrario l’esecuzione di tutte quelle richieste dalla difesa. In particolare, si è rifiutata l’acquisizione delle dichiarazioni di AGA e persino di sei giornalisti che dicevano di essere venuti a conoscenza da altre fonti delle dichiarazioni presuntamente rivelate dagli imputati. Fonti, queste, che il segreto professionale impediva loro di render note. (Ritengo interessante segnalare che il tribunale d’appello delle risoluzioni del giudice istruttore ha confermato la sua decisione di non sentire i giornalisti, dichiarandone inammissibile la testimonianza in ragione di una presunta affinità ideologica con gli imputati). L’istruttore è persino giunto a contestare all’imputato la sua mancanza di collaborazione nell’acquisizione di prove...a suo carico(!).
Infine, il 9 giugno di quest’anno il giudice istruttore ha dato per concluso il proprio lavoro. La risoluzione emanata a riguardo è stata impugnata dagli imputati, con richiesta di archiviazione del procedimento, di fronte al tribunale d’appello, che l’ha confermata in parte, poiché ha annullato l’imputazione della procuratrice capo di Madrid. Uno dei giudici ha espresso una opinione dissenziente molto coerente, nella quale ha analizzato minuziosamente le risultanze della fase istruttoria e ha chiesto l’archiviazione del FGE.
4. Il dibattimento
Come ho anticipato, questo si è celebrato di fronte a un tribunale composto dai cinque magistrati componenti il tribunale che aveva disposto l’imputazione, più due nuovi magistrati.
In questa fase, sono state raccolte le dichiarazioni di tutte le persone del pubblico ministero che fossero state in qualche modo coinvolte in ciò che è seguito alla proposta di patteggiamento avanzata dall’avvocato di AGA e di tutte quelle che avessero avuto a che fare con la redazione della nota informativa. E’ stato sentito anche AGA e il capo di gabinetto della presidente della Comunità Autonoma di Madrid. Questi ha ammesso che il suo messaggio del 13 marzo, secondo cui la proposta di patteggiamento sarebbe partita dal pubblico ministero e sarebbe poi stata ritirata su ordine del governo, non aveva altro fondamento che un’intuizione basata sull’esperienza. Letteralmente: era una falsità chiaramente interessata.
I giornalisti di diversi media hanno reso dichiarazioni nello stesso senso. Sei di questi sono stati concordi nell’affermare che avevano ricevuto le informazioni diffuse tramite i loro media ore, in alcuni casi, persino giorni prima che venissero rese pubbliche con la nota informativa del pubblico ministero e che in nessun caso la fonte di tali notizie era stato il FGE. Tutti sono stati inoltre concordi nello spiegare che, tenuti al segreto professionale, non potevano rivelare l’identità di chi li aveva informati.
Occorre segnalare che nel cellulare del FGE vi era traccia di una chiamata da parte di uno degli informatori, nelle ore serali del giorno precedente alla diffusione della nota informativa. Una chiamata della durata di 4 secondi, alla quale egli ha detto di non aver risposto.
Il FGE è stato l’ultimo a rendere le proprie dichiarazioni e lo ha fatto allo stesso modo che di fronte al giudice istruttore, assumendosi la responsabilità della redazione e diffusione della nota informativa e negando recisamente di aver avuto a che fare con la divulgazione non autorizzata di informazioni.
5. La sentenza
Il tribunale ha anticipato ai mezzi d’informazione la sentenza di condanna per il delitto a cui si è fatto riferimento in apertura. Il testo completo della decisione si è fatto attendere per 19 giorni. Due dei membri del tribunale hanno sottoscritto un’opinione dissenziente a favore dell’assoluzione.
Il tribunale considera fondato – con evidente imprecisione – il fatto che la divulgazione non autorizzata di informazioni relative alla situazione processuale di AGA sia stata compiuta dal FGE o, con il suo consenso, da altri del suo entourage.
Questa conclusione cerca sostegno nell’esistenza della chiamata del giornalista alla quale si è fatto riferimento, in quanto essa suggerirebbe una relazione fra i due, e nella ritenuta esistenza di un non meglio definito contatto successivo, finalizzato alla trasmissione delle informazioni in seguito divulgate. Contatto del quale, giova ripetere, non esiste prova alcuna. Detta conclusione si fonda inoltre sul fatto che il FGE avesse cancellato i dati esistenti sul proprio cellulare e sul fatto che, venuto a sapere della fuga di notizie, egli non avesse dato avvio ad alcuna indagine per l’individuazione del responsabile. Si è inoltre considerata come dato incriminatorio l’urgenza con la quale il FGE ha tentato di assumere informazioni una volta venuto a conoscenza delle falsità pubblicate dal capo di gabinetto della presidente della Comunità Autonoma di Madrid.
Allo stesso modo, occorre evidenziare che il tribunale ha ritenuto scarsamente affidabili le dichiarazioni a proprio discarico rese dal FGE e dagli stessi giornalisti. In entrambi i casi – si dice – poiché la loro condotta nel corso del giudizio, pur legittima, avrebbe limitato il principio del contraddittorio. La condotta del primo lo avrebbe fatto essendosi egli rifiutato di rispondere alle domande di alcune delle parti accusatrici, la condotta dei secondi poiché essi avrebbero nascosto le proprie fonti.
La sentenza in esame è stata molto discussa ed è certamente molto discutibile. Prova ne sia la rigorosissima opinione dissenziente sottoscritta da due magistrate, alla quale si è fatto riferimento, la quale in una dettagliata analisi delle risultanze probatorie, chiarisce con tutta evidenza l’estrema insufficienza, o meglio, l’autentica inesistenza di prove a carico.
D’altra parte, l’emissione della nota informativa promossa dal FGE era persino obbligatoria, al fine di smentire la grave, falsa accusa mossa alla procura e al governo di una condotta che, se si fosse davvero verificata, avrebbe dovuto essere valutata come delittuosa. Senza contare che, al momento della loro diffusione, le informazioni relative alla situazione processuale di AGA (quale possibile autore di due reati di frode relativa a imposte societarie) erano di dominio pubblico, anche perché egli stesso aveva acconsentito a che fossero diffuse, avendole trasmesse al capo di gabinetto della presidente della Comunità Autonoma di Madrid e a un giornalista.
Con riferimento alla divulgazione non autorizzata, è certo che le informazioni che ne hanno costituito l’oggetto fossero accessibili fin dal principio ad un folto gruppo di persone nell’area del pubblico ministero. Inoltre, il messaggio di posta elettronica dell’avvocato di AGA con la proposta di patteggiamento, del 2 febbraio 2024, ricordato all’inizio, era stato inoltrato anche all’Avvocatura dello Stato.
Quanto alla chiamata del giornalista al FGE considerata dal tribunale come fornita di effetti incolpatori, come si è detto, vi è la prova che essa ha avuto una durata di 4 secondi esatti. Il tempo imprescindibile per far sapere automaticamente a colui che ha effettuato la chiamata che questa non avrebbe avuto risposta, come in effetti è stato. Da qui il tribunale ha dedotto che dovesse essersi verificato un altro contatto successivo, ma si tratta di una conclusione contra reo totalmente gratuita, non essendovi alcun dato probatorio al riguardo. D’altro canto, lo stesso giornalista ha spiegato che l’obiettivo di questa chiamata senza risposta era stato quello di verificare le informazioni che gli erano giunte circa la situazione processuale di AGA, cosa perfettamente plausibile, poiché come dimostrato, esse già circolavano diffusamente.
Per altro verso, occorre considerare le dichiarazioni concordanti rese dai professionisti dell’informazione, appartenenti a diversi media e della cui professionalità non c’è da dubitare; rese, peraltro, sotto giuramento dinanzi al tribunale. Inoltre, dal fatto pienamente legittimo che essi si siano avvalsi della riservatezza delle proprie fonti, come nel proprio caso ha fatto il FGE avvalendosi del diritto al nemo tenetur, entrambi costituzionalmente garantiti, non può derivarsi alcun effetto di portata incriminatrice.
Lo stesso può dirsi della cancellazione da parte del FGE delle informazioni relative alle proprie comunicazioni telefoniche, nel pieno esercizio del proprio diritto a mantenerle segrete, dalla quale non è lecito trarre nessuna conseguenza negativa, salvo che si introduca contra reo (come ha fatto il tribunale) l’assunto che egli l’abbia compiuta perché aveva qualcosa di illegale da nascondere. Ponendolo così di fronte alla necessità di fornire prova di un fatto negativo, ignorando che, fin dal Digesto, negativa non sunt probanda.
Alla luce di quanto esposto, è chiaro che l’ipotesi accusatoria accolta dal tribunale si fonda su un sustrato probatorio certamente insufficiente, o meglio, inesistente. E ciò in effetti poiché non esiste alcun dato che inequivocabilmente permetta di addebitare al FGE la divulgazione non autorizzata di informazioni, e poiché il contenuto di esse era già accessibile ad un’ampia pluralità di persone, come confermato nelle dichiarazioni rese dai giornalisti. Della condotta del tribunale che ha emesso la sentenza può dirsi lo stesso che di quella del giudice istruttore: ha agito con una sola ipotesi, quella degli accusatori, cercando di darne conferma.
Inoltre, e infine, nelle condotte delle persone coinvolte, vi è un dato che più di tutti è rivelatore e che emerge comparativamente, in termini di qualità dei valori sottostanti. In effetti, ciò che fonda la condotta ben provata di AGA, del capo di gabinetto della presidente della Comunità Autonoma di Madrid e di quest’ultima è il proposito di occultare la condizione di trasgressore delle norme tributarie e della condizione processuale del primo, avviato verso una sicura condanna penale. Mentre il comportamento del FGE è stato quello, obbligato, di tentare di ristabilire la verità sull’operato della procura, che essi avevano interessatamente umiliato. Da ciò discende l’impossibilità di vedere in quella il benché minimo segno di concreta antigiuridicità. Un aspetto, questo, che è stato purtroppo ignorato dal tribunale che ha emesso la sentenza di condanna.
Vi è poi un’ultima questione, già sottolineata, particolarmente degna di considerazione, che rende certo discutibile la legittimità del collegio giudicante in questo caso. Ed è il fatto che, come si è detto, il tribunale è stato per la maggior parte composto da coloro che avevano fatto parte di quello che ha deciso sull’imputazione. Una circostanza, questa, che porta necessariamente a dubitare della sua oggettiva imparzialità. Accade così che, come scriveva a ragione Francesco Carnelutti, «Non si può aprire un procedimento contro qualcuno senza una certa dose di convinzione circa la sua colpevolezza».
Un altro dato, in questo caso in diritto, va inoltre nella medesima direzione. La condanna è stata emessa per il reato di cui all’art. 417 comma 1 del Codice Penale, una norma collocata nel titolo “Dei delitti contro la Pubblica Amministrazione”, della quale il Pubblico Ministero, organo di rilevanza costituzionale, non fa parte.
D’altro canto, e infine, occorre considerare che il FGE è stato giudicato dal Tribunal Supremo in prima e unica istanza, cosicché è preclusa ogni revisione della sentenza da parte di altro tribunale afferente alla giurisdizione ordinaria.
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1. Preliminar
Con fecha 9 de diciembre de este año, un tribunal integrado por siete magistrados de la Sala Segunda (penal) del Tribunal Supremo ha condenado al fiscal general del Estado (FGE) como autor de un delito de revelación de datos reservados, del art. 417,1º del Código Penal.
La competencia de esta instancia ha estado determinada porque el imputado, por razón del cargo, gozaba de un fuero especial. Por eso, la imputación y el inicio de la causa correspondió a un tribunal de cinco magistrados; la instrucción a un magistrado, de cuyas resoluciones cabía recurrir ante un tribunal de apelación, compuesto por tres magistrados diferentes, todos de la misma Sala Segunda del Tribunal Supremo. Al fin, con una particularidad: la sala de enjuiciamiento estuvo formada por los mismos cinco magistrados que decidieron sobre la imputación más otros dos que no habían tenido ninguna intervención en las precedentes vicisitudes procesales.
2. Antecedentes
El origen remoto de las actuaciones data de 2022, y se concreta en una actuación de la autoridad fiscal dirigida contra Alberto González Amador (AGA) por la posible defraudación en el pago del impuesto de sociedades de una entidad mercantil de su propiedad. Se da la circunstancia de que AGA es el compañero sentimental de la actual presidenta de la Comunidad Autónoma de Madrid, Isabel Díaz Ayuso, del Partido Popular.
El día 2 de febrero de 2024, AGA, sin duda, por considerar que, al estar bien acreditada su infracción fiscal constitutiva de delito, carecía de defensa, para eludir una posible pena de prisión, a través de su abogado, se dirigió al ministerio público con una propuesta de conformidad (“pattegiamento”) remitida a la dirección de correo electrónico de la fiscalía. La propuesta implicaba el reconocimiento de la autoría de dos delitos y la asunción de las responsabilidades económicas correspondientes como forma de eludir la pena privativa de libertad. Los mensajes recibidos en esa dirección de correo electrónico eran accesibles a una pluralidad relativamente indeterminada de personas. El 12 de febrero el fiscal encargado del caso respondió, por la misma vía, al abogado de AGA diciéndole que “tomaba nota de la voluntad de su cliente de reconocer los hechos”.
En los días 12 y 13 de marzo, siempre de 2024, tres medios informativos se hicieron eco del caso. El día 12 de marzo la presidenta de la Comunidad de Madrid publicó un tuit contra la fiscal-jefe de la Fiscalía Provincial de Madrid, informando de que esta había sido directora general en un anterior gobierno socialista. Y el día 13, en rueda de prensa, la presidenta se presentó públicamente como víctima de una operación de desestabilización política promovida por el actual gobierno socialista. En la tarde de ese mismo día, el jefe de gabinete de la presidenta comunicó a varios medios el mensaje del fiscal del caso, de 12 de febrero, si bien —esto es importante— falseando su contenido en el sentido de atribuir la iniciativa del pacto al ministerio público y una supuesta retirada del mismo por orden del Gobierno, ocultando así la existencia del mensaje inicial del abogado de AGA con la propuesta de conformidad. Esto dio lugar a que, al día siguiente, un diario publicase la falsa noticia de que el fiscal, por propia iniciativa, había ofrecido un pacto al compañero sentimental de la presidenta.
En vista de la difusión de esta falsedad —la atribución de la iniciativa de la propuesta de pacto al fiscal y su retirada por orden de gobierno— el FGE recabó toda la información sobre el caso y promovió la publicación de una nota oficial (difundida el día 14), explicando lo realmente sucedido, a fin de defender la corrección del modo de operar del ministerio público.
La publicación de la nota informativa dio lugar a que AGA promoviera una querella criminal contra el FGE y la fiscal-jefe de Madrid, por el delito de revelación de secretos. A esta iniciativa de persecución se sumaron el Colegio de Abogados de Madrid, varias organizaciones de extrema derecha, y una asociación de fiscales, en uso de la acción popular. La asociación de fiscales extendió la acusación también a otros delitos.
Con fecha 15 de octubre de 2024 el tribunal de cinco magistrados al que se ha aludido al principio decidió imputar al FGE y a la fiscal-jefe de Madrid, si bien, no por la publicación de la nota informativa, debido a que lo esencial de su contenido ya había sido ampliamente difundido, sino como posibles responsables de la filtración subrepticia a la prensa de los datos relativos a la situación procesal de AGA, cubiertos por el secreto de las actuaciones. Difusión que, se afirmaba escuetamente, podía perjudicar el derecho a la presunción de inocencia y el derecho de defensa de AGA. A consecuencia de la imputación, se designaba a un magistrado de la propia Sala Segunda del Tribunal Supremo, como encargado de la instrucción de la causa.
3. La actuación del instructor
Obviamente, aquí no cabe entrar en un análisis pormenorizado de las vicisitudes de la instrucción, pero sí hay que dejar constancia de alguna de las producidas y, en general, del modo de actuar del juez instructor.
Este, puesto que, se trataba de determinar si, en particular, alguno de los imputados había trasladado ilegítimamente a algún medio de comunicación los datos relativos a la situación procesal de AGA, centró la investigación en el control de sus comunicaciones. Para ello, aparte del examen de los celulares, dispuso —una medida ciertamente insólita— el registro de sus despachos oficiales. De este modo, ambas dependencias fueron allanadas por los agentes de la Guardia Civil, que clonaron indiscriminadamente el contenido de los ordenadores; y examinaron también los celulares de los imputados.
Esta actuación fue acordada —es relevante— en una resolución estereotipada. En ella afirmaba que, por razón de la gravedad de la intervención, era necesario hacer un juicio acerca de la proporcionalidad que, sin embargo y sorprendentemente, no llegó a realizarse. Seguramente por lo injustificable de la decisión.
En el caso del FGE se dio la circunstancia de que, en un momento próximo a esta actuación —como explicó—, había borrado del celular el registro de sus comunicaciones. Algo que, dijo, hacía periódicamente por razones de seguridad.
El modo de operar del instructor se distinguió por su unilateralidad, pues hizo suya en exclusiva la hipótesis de los querellantes, realizando toda la actividad investigadora reclamada por ellos, mientras se negó a practicar las solicitadas por la defensa. En particular, se negó a oír en declaración a AGA e incluso a seis periodistas que dijeron ser conocedores por otras fuentes de la información supuestamente revelada por los imputados. Fuentes que el secreto profesional les impedía revelar. (Creo interesante señalar que el tribunal de apelación de las resoluciones del instructor confirmó la decisión de este de no escuchar a los periodistas, descalificándolos como testigos, por su supuesta afinidad ideológica con los imputados). El instructor, llegó incluso a reprochar al imputado su falta de colaboración en la aportación de prueba…de cargo(!).
Finalmente, el instructor, el 9 de junio de este año dio por concluido su trabajo. La resolución emitida al respecto fue recurrida por los imputados, en solicitud del sobreseimiento de la causa, ante el tribunal de apelación, que la confirmó en parte, pues dejó sin efecto la imputación de la fiscal-jefe de Madrid. Uno de los magistrados formuló un muy consistente voto particular, analizando minuciosamente las aportaciones de la instrucción, Y reclamando el sobreseimiento del FGE.
4. El juicio oral
Como he anticipado, se celebró ante un tribunal integrado por los cinco componentes del tribunal que había acordado la imputación, más dos nuevos magistrados.
En él se recibió declaración a todas las personas del ministerio público relacionadas de algún modo con las actuaciones que siguieron a la propuesta de conformidad del abogado de AGA y a las relacionadas de alguna forma con la redacción de la nota informativa. Se oyó también a AGA y al jefe de gabinete de la presidenta de la Comunidad de Madrid. Este admitió que lo afirmado en su mensaje del día 13 de marzo, en el sentido de que la propuesta de conformidad había partido del fiscal y sobre su retirada por orden del Gobierno, no tenía otro fundamento que su intuición basada en la experiencia. Literalmente: era una falta a la verdad claramente interesada.
Asimismo, declararon periodistas de distintos medios. Seis de estos coincidieron en afirmar que habían recibido la información difundida a través de sus medios horas e incluso, en algún caso, días antes de la difusión de la nota informativa del ministerio público, y que en ningún caso la fuente había sido el FGE. Todos coincidieron asimismo en explicar que, obligados por el deber de secreto profesional, no podían revelar la identidad de su comunicante.
Es de señalar que en el celular del FGE había constancia de la llamada de uno de los informadores, en horas de la tarde del día anterior a la difusión de la nota informativa. Llamada, de cuatro segundos de duración, que aquel dijo no haber atendido.
El FGE fue el último en declarar y lo hizo en los mismos términos que ante el instructor, asumiendo la responsabilidad de la redacción y emisión de la nota informativa, y negando taxativamente haber tenido nada que ver con la filtración.
5. La sentencia
El tribunal adelantó a los medios de información el fallo condenatorio por el delito de que se ha dejado constancia al inicio. El texto completo de la resolución se demoró diecinueve días. Dos de los integrantes del tribunal suscribieron un voto particular favorable a la absolución.
El tribunal considera acreditado —con patente imprecisión— que la filtración de los datos relativos a la situación procesal de AGA fue realizada por el FGE del Estado o por alguien de su entorno con su consentimiento.
Esta conclusión busca apoyo en la existencia de la llamada del periodista a la que se ha hecho alusión, como sugestiva de una relación entre ambos y en la supuesta existencia de un impreciso contacto posterior, para transmitirle la información luego divulgada. Contacto del que, hay que insistir, no existe dato alguno. También se funda en el hecho de que el FGE hubiera borrado la información existente en su celular; y en la circunstancia de que, al tener conocimiento de la filtración, no hubiese desarrollado ninguna investigación dirigida a identificar al responsable. Se ha valorado asimismo como dato incriminatorio la urgencia con la que el FGE trató de recabar información una vez conocidas las falsedades publicadas por el jefe de gabinete de la presidenta de la Comunidad Autónoma de Madrid.
Asimismo, hay que poner de relieve que el tribunal ha considerado que las manifestaciones exculpatorias del FGE e igualmente las de los periodistas presentarían algún déficit de fiabilidad. En ambos casos —se dice— porque sus actitudes en el juicio, aun siendo legítimas, limitaron el juego del principio de contradicción. Las del primero al negarse a responder a las preguntas de algunas de las acusaciones, las de los segundos por la ocultación de las fuentes.
La sentencia a examen ha sido muy cuestionada y es ciertamente muy cuestionable. Lo acredita el muy riguroso voto particular discrepante de la sentencia suscrito por dos magistradas al que se ha hecho alusión, que, en un análisis pormenorizado del material probatorio, pone claramente de manifiesto la extrema insuficiencia, más bien, auténtica inexistencia de prueba de cargo.
De otra parte, ocurre que la nota informativa promovida por el FGE fue incluso de obligatoria emisión, para desmentir la falsa grave imputación a la Fiscalía y al Gobierno de una conducta que, de haberse producido, merecía la consideración de delictiva. Sin contar con que, en el momento de su difusión, los datos relativos a la situación procesal de AGA (como posible autor de dos delitos de defraudación en el impuesto de sociedades) eran ya de amplio conocimiento público. Incluso porque él mismo había consentido su difusión, al transmitírselos al jefe de gabinete de la presidenta de la Comunidad de Madrid y a un periodista.
Por lo que se refiere a la filtración, hay constancia cierta de que los datos objeto de la misma habían sido accesibles desde el principio a un numeroso grupo de personas, dentro del área del ministerio público. Además, el correo electrónico del abogado de AGA con la propuesta de confinidad, de 2 de febrero de 2024, evocado al principio, había sido remitido también a la Abogacía del Estado.
En cuanto a la llamada del periodista al FGE tomada en consideración por el tribunal a efectos inculpatorios, como se ha dicho, hay constancia de que su duración fue de exactamente cuatro segundos. El tiempo imprescindible para hacer saber de forma automática al comunicante que su llamada no sería atendida, como en efecto no lo fue. El tribunal ha inferido de aquí que debió existir otro contacto posterior, pero se trata de una conclusión contra reo absolutamente gratuita, pues no hay ningún dato probatorio al respecto. Por otra parte, el mismo periodista ha explicado que el propósito de esa llamada frustrada había sido el de tratar de contrastar la información sobre la situación procesal de AGA que le había llegado, algo perfectamente plausible, puesto que, como consta, estaba ya circulando ampliamente.
De otra parte, hay que considerar las manifestaciones concordes de los profesionales de la información, pertenecientes a distintos medios y de cuya profesionalidad y seriedad no tiene por qué dudarse; prestadas, además, bajo juramento ante el tribunal. Además, del hecho plenamente legítimo de que estos se hubieran amparado en el secreto de las fuentes como, en el caso del FGE en su derecho al nemo tenetur, ambos constitucionalmente garantizados, no puede seguirse ningún efecto de transcendencia incriminatoria.
Lo mismo puede decirse del borrado de la información relativa a sus comunicaciones telefónicas por parte del FGE, en uso de su derecho a mantenerlas en secreto, del que no cabe extraer ninguna consecuencia negativa, salvo que se introduzca de forma contra reo (como ha hecho el tribunal), la premisa de que si lo hizo fue porque tenía algo ilegal que ocultar. Poniéndole así ante la necesidad de ofrecer la prueba imposible de un hecho negativo, desconociendo que, desde el Digesto, negativa non sunt probanda.
A tenor de lo expuesto, es claro que la hipótesis acusatoria acogida por el tribunal tiene un sustrato probatorio ciertamente deficiente, inexistente, más bien. En efecto, porque no consta dato alguno inequívoco que permita poner la filtración a cargo del FGE, y porque el contenido de esta había sido accesible a una pluralidad abierta de personas, lo que tiene confirmación en lo declarado por los periodistas. De la actitud del tribunal sentenciador puede decirse lo mismo que de la del instructor: ha operado con una sola hipótesis, la de las acusaciones, tratando de confirmarla.
Además, y, en fin, hay un dato sumamente revelador que resulta de la comparación, en términos de calidad de los valores subyacentes, en las conductas de los implicados. En efecto, pues lo que acredita la bien comprobada de AGA, del jefe de gabinete de la presidenta de la Comunidad de Madrid y de esta misma, es el propósito de ocultación de la condición de infractor fiscal y del estatuto procesal del primero, abocado a una segura condena penal. Mientras que la actuación del FGE fue la obligada de tratar de restablecer la verdad acerca de la actuación de la Fiscalía, vilipendiada interesadamente por aquellos. Por eso la imposibilidad de ver en ella el menor atisbo de antijuridicidad material. Algo lamentablemente ignorado por el tribunal autor de su condena.
Existe una última cuestión, ya apuntada, muy digna de consideración, que hace ciertamente cuestionable la legitimidad del juzgador en este caso. Es que, como se ha dicho, el tribunal ha estado mayoritariamente integrado por los componentes del mismo que decidió la imputación. Una circunstancia que obliga a dudar de su imparcialidad objetiva. Pues sucede que, como escribiera Francesco Carnelutti cargado de razón: “No se puede abrir el proceso contra alguien sin una cierta dosis de convicción de su culpabilidad”.
Concurre, además, otro dato, este de derecho, ciertamente relevante. Es que la condena se ha producido por el delito previsto en el art. 417,1 del Código Penal, un precepto situado dentro del título “De los delitos contra la Administración Pública”, de la que el Ministerio Fiscal, órgano de relevancia constitucional, no forma parte.
Por otra parte, y en fin, hay que tener en cuenta que el FGE ha sido juzgado por el Tribunal Supremo en juicio de una única instancia, lo que impide que la sentencia condenatoria pueda ser revisada por otro tribunal dentro de la jurisdicción ordinaria.
Versione italiana a cura di Sara Cocchi