Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

Lo sciopero e le nostre buone ragioni

di Stefano Musolino
segretario di Magistratura democratica

Il sistema giustizia e, in questo, lo statuto costituzionale della magistratura stanno attraversando un momento drammatico, perché la contingenza storica vede messi in discussione i capisaldi della autonomia ed indipendenza della magistratura, mentre il servizio giustizia è sempre più inteso e preteso quale strumento servente delle maggioranze parlamentari contingenti. L’allergia verso gli istituti di garanzia e la primazia dei diritti fondamentali si sta risolvendo in manipolazioni dell’organizzazione della magistratura volte a indebolirne il ruolo e la funzione costituzionale, secondo una logica ispirata alla centralizzazione dei poteri che cozza con il sistema di pesi e contrappesi che caratterizza la frammentazione delle competenze istituzionali nel perimetro costituzionale. Si tratta di tendenze che appaiono attraversare tutte le democrazie occidentali nell’ambito di uno scenario confuso che si è modificato rispetto agli analoghi tentativi di aggredire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura svolti nel passato, quando questa godeva di un’amplissima fiducia dei cittadini, mentre il mondo dell’informazione e dei media non era ancora inquinato dalla logica della post-verità. Insomma, l’adesione dell’intero Paese al modello costituzionale era più diffusa e convinta, dentro un panorama internazionale saldamente legato ai principi della democrazia liberale. Oggi, invece, l’insofferenza verso le crescenti disuguaglianze e la percezione di diffusa precarietà, alimentata mediaticamente da fobie sociali, sono strumentalizzate e indirizzate al fine di mettere in discussione lo stato di diritto e gli istituti di garanzia, “narrati” come un impaccio che impedisce al decisore unico di condurre a miglior sorte il Paese. Un’illusione ipnotica, alimentata da una parte di stampa asservita e dall’interessato supporto di pochi, potenti imprenditori che sostengono le derive autoritarie delle democrazie occidentali, grazie alle quali gestire più facilmente e senza ostacoli il loro impressionante potere economico e di influenza decisionale.

In questo contesto, la grave crisi che ha attanagliato l’associazionismo della magistratura sembrava avere attenuato le capacità di resistenza interna, fiaccando l’efficacia comunicativa degli organismi dirigenti. Una sorta di torpore rassegnato pareva essere l’umore dominante. E’ accaduto, invece, che la parte più giovane della magistratura abbia reclamato il diritto a vivere e interpretare il proprio ruolo nello spirito costituzionale, nell’interesse dei cittadini ad avere un servizio giustizia efficiente ed efficace, perché capace di tutelare i diritti di tutti. A più riprese e in più occasioni, gruppi di giovani magistrati hanno sollecitato la convocazione di assemblee, organizzato sul territorio iniziative volte a coinvolgere l’opinione pubblica, immaginato nuove modalità di comunicazione che utilizzassero i social e i canali telematici, reclamato l’avvio di iniziative nazionali per contrastare la pessima riforma costituzionale della giustizia. Questa appassionata e partecipata vitalità associativa - vincendo timidezze e tatticismi - ha consentito una maggiore e più diffusa consapevolezza tra tutti i magistrati che è in gioco il principio cardine dell’esercizio di una giurisdizione indipendente. 

Certo, ancora oggi, dentro l’ANM ci sono percezioni differenti in ordine alla gravità della crisi e, quindi, delle reazioni necessarie a fronteggiarla, ma vi sono anche molti incoraggianti segnali, sintomatici di una matura consapevolezza della natura della sfida e di come questa imponga un impegno visibile, per fare comprendere ai cittadini, con lealtà ed efficacia, quale sia la posta in gioco e cosa rischiano di perdere da una giurisdizione non più indipendente. Sappiamo che non sarà un percorso facile. I fautori della riforma lucrano sulla perdita di credibilità della magistratura e di fiducia in questa da parte dei cittadini. Una decadenza che ha segnato questi ultimi anni, tra gravissimi errori della magistratura, ma anche costanti e sistemiche campagne mediatiche volte a enfatizzare le deficienze del sistema giustizia. Invertire la rotta e recuperare credibilità sono le aspirazioni comuni a tutta la magistratura e costituiscono le sfide di tutti i gruppi che compongono l’ANM. 

Per questo, da tempo, Magistratura democratica evidenzia la necessità per la magistratura di riallacciare il dialogo con la società, scendendo nell’agone comunicativo, scegliendo termini semplici per argomenti complessi, mantenendo un profilo sobrio, aperto all’ascolto e disponibile all’autocritica, esponendosi con coraggio ai confronti più urticanti, avendo fiducia nelle nostre buone ragioni perché capaci di persuadere anche nei dibattiti più ostili.

Per questo ci siamo fatti carico di attivare sul territorio le nostre migliori sensibilità, per individuare percorsi e proposte capaci di rimettere al centro del dibattito i temi che riguardano la giustizia da una prospettiva diversa dalla narrazione monocromatica con cui è stata sin qui rappresentata nel dibattito pubblico. Questo ha condotto alle proposte che i nostri candidati al CDC ANM hanno rivolto al CDC in carica e alle iniziative assunte dai nostri eletti nell’ultima sessione del Comitato che hanno condotto a deliberare le forme di protesta da svolgere in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario e l’indizione dello sciopero dei magistrati. Un successo che dimostra come si possa fare politica associativa pur senza essere chiamati a comporre la GEC ANM, confidando, piuttosto, nella capacità di ascolto, nell’elaborazione di un pensiero collettivo capace di generare nuove visioni e prospettive, tradotte, poi, in efficaci iniziative. Una concreta dimostrazione di quell’associazionismo senza potere, perché interessato solo alla discussione e al confronto, che andiamo predicando quale primo presupposto per un’autentica riforma della magistratura.

La mobilitazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario e l’indizione dello sciopero sono, dunque, due momenti fondativi di una stagione nuova in cui la magistratura è chiamata a prendere la scena nel dibattito sulla giustizia, restando fedele alle sue caratteristiche istituzionali (prima di tutto sobrietà e capacità di ascolto), avviando una serie di iniziative capaci di introdurre nel dibattito pubblico una maggiore consapevolezza dei diritti ed equilibri istituzionali che la riforma costituzionale della giustizia mette in crisi, incidendo sulla reale possibilità di tutela dei diritti fondamentali.

Dentro questa stagione, dentro questa ANM unitaria, irrorata dalla linfa appassionata della sua componente più giovane, Magistratura democratica sarà ancora protagonista. 

24/01/2025
Altri articoli di Stefano Musolino
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
Seminario di presentazione del volume La riforma costituzionale della magistratura
a cura di Redazione

Magistratura democratica e Questione giustizia presentano il volume dedicato a La riforma costituzionale della magistratura, 20 novembre 2025, ore 15.30, Roma, Corte di Cassazione, Aula Giallombardo

05/11/2025
Persona, comunità, Stato alla luce della riforma Meloni-Nordio

Il principio personalista è pacificamente annoverato tra i princìpi supremi della Costituzione, non derogabili neppure con procedimento di revisione costituzionale. Effetti di sistema su di esso possono rinvenire dalla riforma costituzionale della magistratura. La separazione delle carriere risulta allo stato adiafora rispetto al disegno costituzionale, come del resto già riconosciuto dalla Corte costituzionale, ma, tenuto conto dell’ambiente processuale concreto in cui viene a calarsi, sortisce un effetto contrario a quello voluto dal revisore costituzionale, con un rafforzamento del pm che non giova, e anzi è di ostacolo, all’auspicato incremento della terzietà del giudice, specie delle indagini preliminari. La duplicazione dei csm e la loro composizione affidata al sorteggio appaiono prive di efficacia sul fenomeno del “correntismo” ma ne annullano la rappresentatività dei magistrati in violazione del principio elettivo, che appare di carattere supremo. La stessa Alta Corte di giustizia per i soli magistrati ordinari dà l’idea di un giudice speciale non in linea con il divieto costituzionale. Queste criticità rischiano di indebolire l’immunità delle persone da pene ingiuste in conseguenza dell’alterazione dell’equilibrio tra persona, comunità e Stato. Piegata impropriamente a risolvere problemi contingenti e specifici, la riforma non ha il dna della “legge superiore”, presbite e perciò destinata a durare nel tempo. Data la sua prevedibile inefficacia relativamente ai fini dichiarati, essa ha valore simbolico e mira piuttosto ad aggiustare il trade-off tra giustizia e politica in senso favorevole a quest’ultima. 

22/10/2025
L’estremismo istituzionale del governo Meloni. Una rivincita degli “esclusi”?

Una accorta politica economica dei “conti in ordine” e l’equilibrismo della presidente del Consiglio tra le simpatie ideologiche per l’amministrazione Trump e la volontà di non perdere contatto con l’Unione europea sulla crisi ucraina, hanno guadagnato al governo Meloni un’immagine di moderazione, smentendo molte delle preoccupazioni e delle apocalittiche previsioni emerse alla vigilia del suo insediamento. Una immagine che è stata solo marginalmente scalfita dagli interventi di Giorgia Meloni successivi all’omicidio Kirk, nei quali, dimenticando di essere la presidente del Consiglio di tutti gli italiani, non ha esitato ad addebitare alla sinistra italiana immaginarie minacce presenti ed esclusive responsabilità per gli odi, gli scontri e le vittime degli anni di piombo. Quando però si mette sotto la lente di ingrandimento la politica istituzionale del governo, l’immagine di misura, di equilibrio, di cautela svanisce e cede il posto ad un dichiarato oltranzismo ed a scelte improntate all’estremismo ed al revanscismo istituzionale e costituzionale. Tratti, questi, che non provengono dal fascismo (per molti aspetti il governo Meloni è infatti compiutamente afascista) ma dall’humus culturale profondamente autoritario del Movimento Sociale Italiano degli anni 70 e 80 guidato da Giorgio Almirante. Ad ispirare le riforme costituzionali propugnate dal governo è infatti la cultura – ereditata dal partito di Fratelli d’Italia - degli “esclusi” dall’elaborazione del patto costituzionale, i quali, pur collocando la loro azione politica nell’alveo della competizione democratica, si sono sempre sentiti “estranei” ai valori ed agli equilibri culturali ed istituzionali cristallizzati nel testo della carta fondamentale e si sono posti come avversari della Resistenza e delle forze politiche che hanno cooperato alla costruzione nel Paese della Repubblica democratica. La genealogia delle riforme costituzionali e della politica del diritto perseguita dal governo consente di cogliere nitidamente le eredità del passato, gli elementi di voluta continuità con le idee e le proposte istituzionali dell’estrema destra della prima Repubblica e l’ostilità verso alcuni degli istituti più caratterizzanti della nostra Costituzione. Questo oltranzismo istituzionale e costituzionale - che smentisce i giudizi sulla moderazione dell’attuale governo e suscita vive preoccupazioni sulla tenuta futura del quadro democratico – è tanto più inquietante in quanto esso è frutto di una volontà di rivincita sulla Costituzione e sulla storia istituzionale repubblicana del “polo escluso”, esprimendo la volontà di capovolgere regole e principi fondanti della democrazia repubblicana. L’analisi dei progetti di riforma costituzionale – assetto della magistratura e premierato – e della politica del governo sul versante del diritto penale e dell’immigrazione consente di illustrare gli aspetti di revanscismo della linea politica perseguita dalla maggioranza di destra.

26/09/2025
The institutional extremism of the Meloni Government. The revenge of the “marginalised”?

Per rispondere alle richieste di conoscenza dell’attuale situazione italiana che provengono da magistrati e giuristi stranieri, pubblichiamo in inglese il testo del Controvento firmato da Nello Rossi intitolato L’estremismo istituzionale del governo Meloni. Una rivincita degli “esclusi”?. Il testo italiano si può leggere qui.


An astute “orderly accounts” economic policy and the Prime Minister’s political tightrope between ideological sympathies for Trump’s administration and her intention not to lose touch with the EU on the Ukraine crisis have earned Meloni’s government a public image of moderacy and refuted many of the worries and apocalyptic forecasts that had emerged on the eve of its inauguration. This public image was only insignificantly touched by Giorgia Meloni’s statements that followed the assassination of Charlie Kirk, when, forgetful of her role as all Italians’ Prime Minister, she did not hesitate to hold the Italian left accountable for imaginary current threats and exclusively responsible for the hatred, conflicts and victims of the “Years of Lead”. However, a closer observation of the government’s institutional policy makes its measured, well-balanced and cautious image fade away and make way for deliberate inflexibility and for choices grounded on institutional and constitutional revanchism. These traits do not come directly from fascism (in facts, Meloni’s government is utterly a-fascist), but rather from the deeply authoritarian cultural foundations of Giorgio Almirante’s Italian Social Movement (Movimento Sociale Italiano, MSI) of the 1970s and 1980s. That culture of the “marginalised” from the elaboration of the constitutional pact – which Brothers of Italy inherited – is the inspiration for the constitutional reforms sponsored by the government: though acting in the political context of democratic competition, those “outcasts” have always perceived themselves as “estranged” from the values and the cultural and institutional balances enshrined in the Constitution and have always opposed the Resistance and the political forces that cooperated to build a democratic republic in Italy. The genealogy of constitutional reforms and the policy of law pursued by the government allows to clearly identify the legacy of the past, the elements of an intentional continuity with the ideas and institutional proposals expressed by the First Republic’s far-right and the resentment against some of the most specific features of our Constitution. This institutional and constitutional extremism – which contradicts the assumed moderation of the incumbent government and raises deep concerns on the future hold of the democratic framework – is all the more disquieting as it expresses the will of the “marginalised pole” to take revenge on the Constitution and the institutional history of the Republic and to overturn the founding rules and principles of Italy’s republican democracy. An analysis of the constitutional reform bills – organisation of the judiciary and premiership system – and of the government’s criminal law and immigration policy allows to describe the revanchism-related aspects of the political agenda pursued by the right-wing majority.

26/09/2025