Verso la fine della pena come retribuzione? In occasione dei settecento anni dalla nascita di Dante Alighieri
La relazione del procuratore generale presso la Corte di Cassazione svolta ad Anagni il 10 luglio 2021, in occasione del conferimento del premio Bonifacio VIII. Per una cultura della pace.
Presentazione del volume di Leonardo Terrusi, edito da Cacucci (2022) per la collana Biblioteca di cultura giuridica diretta da Piero Curzio
La sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Locri nei confronti di Domenico Lucano ed altri imputati ha sollevato forti reazioni nell’opinione pubblica, cui hanno fatto seguito variegate prese di posizione da parte di singoli magistrati e della magistratura associata: è l’occasione per svolgere alcune riflessioni in ordine sparso su critica ai provvedimenti giudiziari, comunicazione istituzionale, sensibilità culturali dei magistrati, senso della sanzione penale. Senza certezze precostituite, ma proponendo un punto di vista.
Recensione al volume di Roberto Rampioni, edito da Giappichelli (2020)
La discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi è contraria al principio di uguaglianza e, soprattutto, al valore della pari dignità sociale che la Costituzione riconosce a tutti. I delitti contro l’uguaglianza rappresentano la negazione di questo valore. Il contributo ripercorre lo sviluppo legislativo e giurisprudenziale che ha portato alla formulazione degli attuali articoli 604 bis e 604 ter c.p. con uno sguardo alla giurisprudenza sovranazionale e, soprattutto, alle modalità secondo cui una specifica categoria di vittime avverte la discriminazione nei propri confronti.
La relazione del procuratore generale presso la Corte di Cassazione svolta ad Anagni il 10 luglio 2021, in occasione del conferimento del premio Bonifacio VIII. Per una cultura della pace.
Recensione a Naturae – La valle dell’annientamento – III Quadro, messo in scena dalla Compagnia della Fortezza, diretta da Armando Punzo
E’ sul versante mediatico e della motivazione dei provvedimenti giudiziari che, nel nostro Paese, la presunzione di innocenza può essere contraddetta e vulnerata. E’ questo il filo conduttore del decreto legislativo ancora in itinere, che - in attuazione della Direttiva UE n. 343 del 2016 - mira a rafforzare la presunzione di innocenza dell’indagato e dell’imputato, con l’ambizione di incidere profondamente sul linguaggio di tutte le “autorità pubbliche”, sulla comunicazione degli uffici giudiziari e sulla motivazione delle decisioni interne al processo. Non è facile, oggi, prevedere se le nuove norme daranno il via ad una vera rivoluzione culturale nella rappresentazione delle persone sottoposte ad indagini e a processi o se le innovazioni resteranno una facciata destinata a mascherare malamente la sopravvivenza di inveterati “pregiudizi”. E’ certo però che la genuina adesione all’ispirazione di fondo della nuova normativa non implica la rinuncia a ragionare, anche criticamente, sui differenti aspetti del testo normativo, sulla sua genesi, sulle sue ricadute nei mondi del diritto e dell’informazione.
Gli scenari diametrali aperti dal successo nella raccolta delle firme sono quello della dichiarazione di inammissibilità del quesito e quello dell’abrogazione parziale per via referendaria dell’art. 579 c.p., che aprirebbe problemi interpretativi in particolare sul consenso. Ma di fronte alla complessità del tema della disponibilità/indisponibilità della vita e all’insieme delle norme di riferimento è possibile che né il referendum, né la sola iniziativa legislativa in corso in materia di “morte volontaria medicalmente assistita” siano dirimenti.
Due recenti pronunce di merito sono l’occasione per soffermarsi sugli elementi costitutivi e circostanziali della fattispecie di tortura. Una norma scritta male, densa di problemi interpretativi e non priva di qualche disallineamento rispetto alla normativa sovranazionale.