Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

Ragionevole previsione di condanna e ragionevole prognosi di prescrizione: un’ordinanza del GIP di Siena

di Andrea Natale
giudice del Tribunale di Torino

Pubblichiamo un provvedimento nel quale viene respinta una richiesta di archiviazione del procedimento formulata sul presupposto che il rischio-prescrizione impedisca di formulare una "ragionevole previsione di condanna"

1. Pubblichiamo – in attesa di tornare eventualmente sul tema con commenti più meditati – un’interessante ordinanza emessa dal GIP presso il Tribunale di Siena.

Poche battute per descrivere la vicenda: essa trae origine da una richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico ministero sul presupposto che «considerati i tempi fisiologici del procedimento si concretizza una ragionevole previsione di prescrizione»; di qui – nella prospettazione del PM – l’impossibilità di formulare una «ragionevole prognosi di condanna», con conseguente richiesta di archiviazione.

Si tratta di un orientamento che ha già trovato sponde in alcuni provvedimenti di merito[1] e che riecheggia anche in alcuni contributi di dottrina[2].

 

2. Il GIP non accoglie la richiesta di archiviazione e ordina al Pubblico ministero di formulare l’imputazione, ai sensi dell’art. 409, comma 5, c.p.p.

Il GIP pone come pietra fondante del ragionamento – con dovizia di argomenti per i quali si rimanda alla lettura dell’ordinanza – il principio di obbligatorietà dell’azione penale, inequivocamente scolpito dalla Carta costituzionale e coerentemente interpretato in termini di “dovere” istituzionale dalla giurisprudenza della Consulta (puntualmente richiamata dal GIP). In altri termini: il dettato dell’art. 112 Cost. e degli artt. 50 e 407 bis c.p.p. rappresenta un ostacolo ad archiviazioni fondate unicamente sul presupposto della ragionevole prognosi di prescrizione.

 

3. Che fare, dunque, delle parole usate dal legislatore della riforma, che in più punti ha manifestato l’obiettivo di politica giudiziaria di evitare la celebrazione di processi “inutili”? Come sostenere che – in un processo prossimo alla prescrizione – si possa realisticamente formulare una «ragionevole previsione di condanna»? La «ragionevole previsione di condanna» è una formula che il riformatore ha usato addirittura tre volte: nell’art. 408, comma 1, cpp; nell’art. 425, comma 3, cpp; nell’art. 554 ter, comma 1, cpp. Come non prenderla sul serio?

 

4. L’equivoco in cui sembra incorrere chi aderisce all’orientamento per cui il “rischio prescrizione” autorizza archiviazioni o proscioglimenti per mancanza di una ragionevole previsione di condanna è però svelato – come spesso accade – da una più attenta lettura delle disposizioni.

Gli articoli di legge con cui il legislatore autorizza l’inazione per difetto di una ragionevole previsione di condanna indicano in modo chiaro quali siano i parametri di riferimento da valutare per formulare la prognosi di condanna: per l’art. 408, comma 1, si tratta di valutare «gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari»; per l’art. 425, comma 3, si tratta di valutare «gli elementi acquisiti» (nel corso delle indagini preliminari e durante l’udienza preliminare, nel corso della quale il compendio probatorio è suscettibile di incrementi); per l’art. 554 ter, comma 1, si tratta di valutare «gli elementi acquisiti» (che, nel corso dell’udienza predibattimentale, non sono tuttavia incrementabili, in assenza della mancata attribuzione di poteri officiosi in tal senso al giudice monocratico del “pre-dibattimento”).

In breve: la base cognitiva dalla quale muovere è, evidentemente, il materiale acquisito (da inquirenti e difese) durante le indagini preliminari (eventualmente incrementato in udienza preliminare); la ragionevole previsione di condanna deve muovere dalla valutazione di quel materiale e non di altro.

D’altra parte – evidenzia efficacemente il GIP nel provvedimento qui pubblicato – l’art. 408 c.p.p. è significativamente rubricato «richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato»; il che chiarisce che la regola di giudizio ivi scolpita non può che avere ad oggetto una prognosi da formulare sul merito della notizia di reato e non su elementi ad essa estranei. E, nel chiosare questa osservazione, non si può che evidenziare che le cause di estinzione del reato come motivo di archiviazione sono oggetto di considerazione in altra disposizione di legge (art. 411 c.p.p.) che – non per caso – considera ipotesi di prescrizione già maturata e non solo pronosticata.

Il che chiarisce che la «ragionevole previsione di condanna» disciplinata dall’art. 408 c.p.p. non ha nulla a che fare con la prescrizione.

 

5. Prima di chiudere, possono essere svolte poche riflessioni conclusive.

Anzitutto, viene in rilievo una considerazione: l’orientamento che accetta la possibilità di archiviare un procedimento per “ragionevole previsione di prescrizione” – oltre a porsi in frizione con i principi costituzionali efficacemente ripresi dal GIP di Siena – sembra tradire una tendenza culturale in cui gli attori della giurisdizione debbono informare sempre più il loro agire ad un’ottica “di risultato”.

E – in questa prospettiva – il “risultato” sarebbe dato solo dalla “condanna” e non invece dal doveroso tentativo di accertare la verità entro i tempi di ragionevole durata del processo. Non ci sembra un bel segnale…

In secondo luogo, l’orientamento qui criticato finisce con il porre l’ordinamento in contraddizione con sé stesso. Le regole processuali sono oramai disseminate di istituti acceleratori – non tutti efficaci per il vero – che mirano a scongiurare una mancata presa di posizione della giurisdizione “sul merito” delle vicende portate alla sua attenzione (basti pensare a tutta la disciplina dei termini delle indagini preliminari, all’art. 407-bis c.p.p., alla disciplina delle avocazioni, all’introduzione di rimedi contro la stasi delle indagini preliminari).

Avallare un orientamento che autorizzi l’inazione fondando la decisione esclusivamente sui tempi di celebrazione del giudizio dibattimentale sarebbe dunque contraddittorio. E la violazione del principio di non contraddizione spesso rivela qualche aporia sistematica.

L’orientamento qui criticato si rivela poi discutibile anche per l’opinabilità del parametro di valutazione che si intende introdurre nella prognosi: come valutare «i tempi fisiologici del procedimento» e come trarre da essi argomento per formulare una ragionevole prognosi di prescrizione? Una risposta “certa” la si può avere solo formulando la richiesta di data udienza.

Né si può trascurare che – con la c.d. riforma Cartabia – nemmeno si può escludere che vi possa essere una riduzione dei “tempi fisiologici del procedimento” che si celebrerà in sede dibattimentale: da un lato, la riduzione dei tempi potrà derivare da un decremento dei flussi in ingresso (grazie alla regola di giudizio della ragionevole previsione di condanna, ove correttamente interpretata); dall’altro lato, l’ampliamento della possibilità di accesso al giudizio abbreviato condizionato – certamente non svantaggiosa per gli imputati – potrà ridurre il numero di dibattimenti da celebrare; dall’altro lato ancora, l’estensione di alcuni meccanismi deflativi o di diversion (come la MAP o come l’estensione del campo applicativo dell’assoluzione per particolare tenuità del fatto) potrà alleggerire il carico gravante sul settore dibattimentale.

Per altro verso, l’orientamento qui criticato sembra offrire una risposta “facile” ad un problema strutturale del nostro sistema giudiziario: l’enorme domanda di giustizia, la scarsità di risorse e la loro irrazionale distribuzione negli uffici giudiziari del Paese.

È una situazione nota a tutti: il nostro è un sistema giudiziario in cui tanto più grave è la situazione di disagio organizzativo di un ufficio giudiziario, quanto maggiore risulta la probabilità che un procedimento penale non giungerà ad una statuizione sul merito (con evidenti ricadute sul rispetto del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge).

Ma l’orientamento qui criticato non risolve questo problema: si limita a “vederlo”, ad accettarlo “come un dato di fatto” (ineluttabile) e, in ultima analisi, a perpetuarlo.

 


 
[1] GUP Tribunale di Patti, sentenza ex art. 425, comma 3, c.p.p. del 27 gennaio 2023, leggibile a questo link: https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2023/03/gup-patti-sentenza.pdf

[2] Per es., con riferimento all’analoga regola di giudizio prevista per l’udienza preliminare, cfr. G. Della Monica, Il filtro della ragionevole previsione di condanna, in Archivio penale, n. 2/2023, pp. 19-20, leggibile a questo link: https://archiviopenale.it/File/DownloadArticolo?codice=fedc3ff5-7dd9-4d39-890f-6d08415498ce&idarticolo=40553; v. anche R. Belvederi, Artt. 408 e 425 c.p.p.: il nuovo criterio applicabile all’archiviazione delle notizie di reato e alle sentenze di non luogo a procedere, in Diritto, Giustizia e Costituzione (10.1.2023), leggibile a questo link: https://www.dirittogiustiziaecostituzione.it/artt-408-e-425-c-p-p-il-nuovo-criterio-applicabile-allarchiviazione-delle-notizie-di-reato-e-alle-sentenze-di-non-luogo-a-procedere-di-raffaele-belvederi/; contra – a proposito della analoga regola di giudizio prevista per l’udienza preliminare – F. Alvino, Il controllo giudiziale dell’azione penale: appunti a margine della “riforma Cartabia”, in Sistema Penale n. 3/2022, p. 32, leggibile a questo link: https://www.sistemapenale.it/pdf_contenuti/1646862231_alvino-2022a-controllo-giudiziale-azione-penale-riforma-cartabia.pdf 

30/11/2023
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Seminario di presentazione del volume La riforma costituzionale della magistratura
a cura di Redazione

Magistratura democratica e Questione giustizia presentano il volume dedicato a La riforma costituzionale della magistratura, 20 novembre 2025, ore 15.30, Roma, Corte di Cassazione, Aula Giallombardo

05/11/2025
The institutional extremism of the Meloni Government. The revenge of the “marginalised”?

Per rispondere alle richieste di conoscenza dell’attuale situazione italiana che provengono da magistrati e giuristi stranieri, pubblichiamo in inglese il testo del Controvento firmato da Nello Rossi intitolato L’estremismo istituzionale del governo Meloni. Una rivincita degli “esclusi”?. Il testo italiano si può leggere qui.


An astute “orderly accounts” economic policy and the Prime Minister’s political tightrope between ideological sympathies for Trump’s administration and her intention not to lose touch with the EU on the Ukraine crisis have earned Meloni’s government a public image of moderacy and refuted many of the worries and apocalyptic forecasts that had emerged on the eve of its inauguration. This public image was only insignificantly touched by Giorgia Meloni’s statements that followed the assassination of Charlie Kirk, when, forgetful of her role as all Italians’ Prime Minister, she did not hesitate to hold the Italian left accountable for imaginary current threats and exclusively responsible for the hatred, conflicts and victims of the “Years of Lead”. However, a closer observation of the government’s institutional policy makes its measured, well-balanced and cautious image fade away and make way for deliberate inflexibility and for choices grounded on institutional and constitutional revanchism. These traits do not come directly from fascism (in facts, Meloni’s government is utterly a-fascist), but rather from the deeply authoritarian cultural foundations of Giorgio Almirante’s Italian Social Movement (Movimento Sociale Italiano, MSI) of the 1970s and 1980s. That culture of the “marginalised” from the elaboration of the constitutional pact – which Brothers of Italy inherited – is the inspiration for the constitutional reforms sponsored by the government: though acting in the political context of democratic competition, those “outcasts” have always perceived themselves as “estranged” from the values and the cultural and institutional balances enshrined in the Constitution and have always opposed the Resistance and the political forces that cooperated to build a democratic republic in Italy. The genealogy of constitutional reforms and the policy of law pursued by the government allows to clearly identify the legacy of the past, the elements of an intentional continuity with the ideas and institutional proposals expressed by the First Republic’s far-right and the resentment against some of the most specific features of our Constitution. This institutional and constitutional extremism – which contradicts the assumed moderation of the incumbent government and raises deep concerns on the future hold of the democratic framework – is all the more disquieting as it expresses the will of the “marginalised pole” to take revenge on the Constitution and the institutional history of the Republic and to overturn the founding rules and principles of Italy’s republican democracy. An analysis of the constitutional reform bills – organisation of the judiciary and premiership system – and of the government’s criminal law and immigration policy allows to describe the revanchism-related aspects of the political agenda pursued by the right-wing majority.

27/10/2025
Persona, comunità, Stato alla luce della riforma Meloni-Nordio

Il principio personalista è pacificamente annoverato tra i princìpi supremi della Costituzione, non derogabili neppure con procedimento di revisione costituzionale. Effetti di sistema su di esso possono rinvenire dalla riforma costituzionale della magistratura. La separazione delle carriere risulta allo stato adiafora rispetto al disegno costituzionale, come del resto già riconosciuto dalla Corte costituzionale, ma, tenuto conto dell’ambiente processuale concreto in cui viene a calarsi, sortisce un effetto contrario a quello voluto dal revisore costituzionale, con un rafforzamento del pm che non giova, e anzi è di ostacolo, all’auspicato incremento della terzietà del giudice, specie delle indagini preliminari. La duplicazione dei csm e la loro composizione affidata al sorteggio appaiono prive di efficacia sul fenomeno del “correntismo” ma ne annullano la rappresentatività dei magistrati in violazione del principio elettivo, che appare di carattere supremo. La stessa Alta Corte di giustizia per i soli magistrati ordinari dà l’idea di un giudice speciale non in linea con il divieto costituzionale. Queste criticità rischiano di indebolire l’immunità delle persone da pene ingiuste in conseguenza dell’alterazione dell’equilibrio tra persona, comunità e Stato. Piegata impropriamente a risolvere problemi contingenti e specifici, la riforma non ha il dna della “legge superiore”, presbite e perciò destinata a durare nel tempo. Data la sua prevedibile inefficacia relativamente ai fini dichiarati, essa ha valore simbolico e mira piuttosto ad aggiustare il trade-off tra giustizia e politica in senso favorevole a quest’ultima. 

22/10/2025
L’estremismo istituzionale del governo Meloni. Una rivincita degli “esclusi”?

Una accorta politica economica dei “conti in ordine” e l’equilibrismo della presidente del Consiglio tra le simpatie ideologiche per l’amministrazione Trump e la volontà di non perdere contatto con l’Unione europea sulla crisi ucraina, hanno guadagnato al governo Meloni un’immagine di moderazione, smentendo molte delle preoccupazioni e delle apocalittiche previsioni emerse alla vigilia del suo insediamento. Una immagine che è stata solo marginalmente scalfita dagli interventi di Giorgia Meloni successivi all’omicidio Kirk, nei quali, dimenticando di essere la presidente del Consiglio di tutti gli italiani, non ha esitato ad addebitare alla sinistra italiana immaginarie minacce presenti ed esclusive responsabilità per gli odi, gli scontri e le vittime degli anni di piombo. Quando però si mette sotto la lente di ingrandimento la politica istituzionale del governo, l’immagine di misura, di equilibrio, di cautela svanisce e cede il posto ad un dichiarato oltranzismo ed a scelte improntate all’estremismo ed al revanscismo istituzionale e costituzionale. Tratti, questi, che non provengono dal fascismo (per molti aspetti il governo Meloni è infatti compiutamente afascista) ma dall’humus culturale profondamente autoritario del Movimento Sociale Italiano degli anni 70 e 80 guidato da Giorgio Almirante. Ad ispirare le riforme costituzionali propugnate dal governo è infatti la cultura – ereditata dal partito di Fratelli d’Italia - degli “esclusi” dall’elaborazione del patto costituzionale, i quali, pur collocando la loro azione politica nell’alveo della competizione democratica, si sono sempre sentiti “estranei” ai valori ed agli equilibri culturali ed istituzionali cristallizzati nel testo della carta fondamentale e si sono posti come avversari della Resistenza e delle forze politiche che hanno cooperato alla costruzione nel Paese della Repubblica democratica. La genealogia delle riforme costituzionali e della politica del diritto perseguita dal governo consente di cogliere nitidamente le eredità del passato, gli elementi di voluta continuità con le idee e le proposte istituzionali dell’estrema destra della prima Repubblica e l’ostilità verso alcuni degli istituti più caratterizzanti della nostra Costituzione. Questo oltranzismo istituzionale e costituzionale - che smentisce i giudizi sulla moderazione dell’attuale governo e suscita vive preoccupazioni sulla tenuta futura del quadro democratico – è tanto più inquietante in quanto esso è frutto di una volontà di rivincita sulla Costituzione e sulla storia istituzionale repubblicana del “polo escluso”, esprimendo la volontà di capovolgere regole e principi fondanti della democrazia repubblicana. L’analisi dei progetti di riforma costituzionale – assetto della magistratura e premierato – e della politica del governo sul versante del diritto penale e dell’immigrazione consente di illustrare gli aspetti di revanscismo della linea politica perseguita dalla maggioranza di destra.

26/09/2025
La riforma costituzionale della magistratura. Il testo approvato, le perduranti incognite, i naturali corollari

Con l’approvazione in Senato del testo del ddl costituzionale “Meloni-Nordio” sull’ordinamento giurisdizionale, l’itinerario della riforma costituzionale della magistratura sembra segnato. 
A meno di incidenti di percorso e di improbabili ripensamenti della maggioranza di governo, la doppia spoletta Camera/Senato prevista dall’art. 138 della Costituzione si concluderà nel corso del 2025 o all’inizio del 2026 e si giungerà, nella primavera del 2026, al referendum confermativo. 
Un referendum voluto da quanti si sono dichiarati contrari alla revisione costituzionale, ma invocato anche da coloro che hanno intenzione di suggellare la “riforma” con il successo ottenuto in una campagna referendaria da vivere come un’ordalia. 
Sono molte le lacune del testo approvato dal Senato e le “incognite” sull’impianto finale del governo della magistratura: il “numero” dei componenti togati dei due Consigli; le “procedure” da adottare per il loro sorteggio; le modalità di votazione in Parlamento dell’elenco dei membri laici dei due Consigli e le maggioranze richieste; l’assetto della giustizia disciplinare dei magistrati e l’esclusività o meno, in capo al Ministro della giustizia, del potere di iniziativa disciplinare. 
Imponente è poi la cascata di corollari scaturenti dalla “validazione” del teorema riformatore. 
L’incertezza sul destino ultimo del pubblico ministero, sul quale già si dividono, nelle fila della destra, farisei e parresiasti; la diminuita legittimazione e forza istituzionale dei Consigli separati e sorteggiati; gli effetti riflessi della scelta del sorteggio per la provvista dei Csm sui Consigli giudiziari e su tutto il circuito di governo autonomo della magistratura: ecco solo alcuni degli aspetti dell’ordinamento della magistratura che verranno rimessi in discussione dalla revisione costituzionale. 
Sul vasto campo di problemi posti dalla riforma era necessaria una riflessione ampia e approfondita.
Ed è quanto Questione giustizia ha cercato di fare in questo numero doppio, 1-2 del 2025, straordinariamente denso, ricco di contributi di accademici, magistrati, avvocati, che si propone anche come il background da cui far emergere messaggi semplici, chiari e persuasivi da trasmettere ai cittadini nel corso dell’eventuale campagna referendaria. 

23/07/2025
Il no alla separazione delle carriere con parole semplici: un tentativo

La foglia di fico della separazione delle carriere, perseguita per via costituzionale, cela l’autentico obiettivo della riforma: l’indebolimento dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici nel loro ruolo di interpreti della legge, in termini conformi a Costituzione e trattati internazionali. Tuttavia, un’analisi delle ragioni a favore della separazione delle carriere ne svela incongruenze e ipocrisie e, persino, un certo anacronismo argomentativo, alla luce delle progressive riforme che hanno cambiato il volto e il ruolo delle indagini preliminari. Mentre l’analisi prospettica dei pericoli sottesi alla separazione delle carriere, dovrebbe mettere sull’allerta i cultori del diritto penale liberale, molti dei quali appaiono accecati dall’ideologia separatista e sordi ai rumori del tempo presente che impongono di inquadrare anche questa riforma nel contesto più generale della progressiva verticalizzazione dei rapporti tra istituzioni democratiche, insofferente ai bilanciamenti dei poteri che fondano la Carta costituzionale.

30/06/2025