Magistratura democratica
Magistratura e società

Loris Bertocco. Suicidio assistito o condanna a morire?

di Rita Sanlorenzo
sostituto Procuratore generale presso la Corte di cassazione

Oggi, la scelta di Questione Giustizia è diversa.

Dedichiamo lo spazio del sabato, normalmente destinato alle recensioni, alla pubblicazione di un documento già comparso su molti quotidiani e ampiamente ripreso dai media: la lettera-testamento di Loris Bertocco, disabile sin dall’età di 18 anni che dopo lunghi anni di battaglie (contro la malattia, e contro l’insensibilità delle istituzioni), ha chiuso i suoi giorni terreni affidandosi alla pratica del suicidio assistito. Loris racconta di sé, e della sua vita sfortunata ma piena anche di interessi di affetti e di impegno, senza rinunciare ad un ultimo appello per l’approvazione di una legge sul “testamento biologico”, e sul “fine vita”. Ma ha dovuto arrendersi perché non ce la faceva più, senza i mezzi economici per garantirsi il livello di assistenza necessario per condurre un’esistenza dignitosa. Nella resa non ha rinunciato però ad una testimonianza di straziante intensità, e di lucida analisi. Capace di far riflettere anche sotto un profilo più strettamente giuridico.

Intanto, una prima constatazione.

Ogni discussione sul “fine vita” deve muovere da un presupposto granitico, quello della libertà della scelta. E questa libertà non c’è se non è data alternativa. La storia di Loris racconta questa caduta progressiva verso il collo dell’imbuto, questo venir meno (per colpa del suo destino, ma non solo) di margini di accettabilità dell’esistenza. La sua fine, più che un gesto di estrema libertà, suona come l’esecuzione della pena dopo una lunga permanenza nel braccio della morte. Lo scandalo a cui gridano gli oppositori della legge arenata al Parlamento non sta certo nel fatto che in qualche modo Loris abbia trovato il modo di suicidarsi, lo scandalo sta nel fatto che giorno dopo giorno sia stato sospinto verso quell’esito. Già scritto.

Il tema allora è un altro, e riguarda le responsabilità per questa morte.

Che stanno dentro le istituzioni, e corrispondono al rifiuto di corrispondere quel minimo aiuto economico che avrebbe consentito a Loris di ricevere un’assistenza adeguata e di mantenere una qualità di vita accettabile.

Le domande di Loris, che si rivolge direttamente agli amministratori per chiedere loro ragione di questa indifferenza, quando non diffidenza, nei confronti della malattia e della disabilità, magari “dietro l’alibi delle ristrettezze finanziarie”, puntano dritto al nucleo politico della vicenda, ossia la responsabilità di chi nega all’inabile quel “diritto al mantenimento ed all’assistenza sociale” che l’art. 38 della Costituzione sancisce.

E chiamano in causa anche il ruolo della funzione giurisdizionale che all’affermazione dei diritti è preposta: la via giudiziaria per Loris è troppo gravosa, incerta e costosa. Inaccessibile, preclusa. Un handicap che si aggiunge a quello che già lo ha segnato.

Non solo. Tutta la storia di Loris ci interroga a proposito dell’inevitabile solitudine dell’individuo, soprattutto se più debole, quando lo Stato sociale non c’è più, quando si afferma quella sorta di darwinismo sociale che seleziona solo i forti perché per i più bisognosi non ci sono più risorse. La famiglia, prima delle formazioni sociali a cui la Repubblica, secondo la nostra Costituzione, dovrebbe fornire sostegno e protezione, si sgretola e soccombe di fronte ad una condizione insopportabilmente dolorosa e faticosa, se viene lasciata ad affrontare con le sue sole risorse un impegno così pesante.

Ancora. Nel progressivo venir meno degli ausili per Loris una svolta, ancora in negativo, si registra quando nel 2005 cessa l’opportunità di avvalersi degli obiettori di coscienza, che pure avevano fornito un notevole aiuto. Davvero fa riflettere questo snodo, soprattutto se messo a confronto con le attuali discussioni a proposito delle difficoltà di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, e con il dilagare ormai incontrollato di stages gratuiti che spesso si trasformano in occasione di sfruttamento, e non di formazione. Perché non ragionare ad un ripristino di tale impiego? All’indubbio vantaggio per le famiglie dei disabili si accompagnerebbe un approccio qualificante con il lavoro sociale per i giovani ancora in cerca di una strada, ed in molti casi una concreta possibilità per un arricchimento sul piano umano, assieme al doveroso (anche se ormai non più scontato) riconoscimento economico.

Queste sono solo alcune delle sollecitazioni emerse dalla lettura di un documento così intenso e vitale, nonostante l’imminenza della fine. Come operatori del diritto, e di giustizia, abbiamo molto su cui riflettere. Il compito della Rivista è, anche in questo caso, quello di offrire ai suoi lettori un’occasione di discussione e di confronto.

A Loris crediamo sarebbe piaciuto.

14/10/2017
Altri articoli di Rita Sanlorenzo
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
Fine vita: il suicidio assistito in Europa e la palude italiana

A fronte dell’infinito confronto, esistenziale e filosofico, sui temi della libertà di vivere e della libertà di morire, è emersa in Europa una nuova domanda sociale: quella di una libertà del morire che sia tutelata dall’ordinamento giuridico non solo come “libertà da” e come espressione di autodeterminazione ma anche come un vero e proprio “diritto sociale” che assicuri l’assistenza di strutture pubbliche nel momento della morte volontaria. In questi ultimi anni, in alcuni Paesi europei sono stati compiuti significativi passi verso un nuovo regime del fine vita mentre in altri vi sono cantieri aperti ormai ad un passo dalla positiva chiusura dei lavori. Il Regno Unito sta approvando una nuova legge destinata a superare il Suicide Act del 1961. In Germania la Corte costituzionale, con una decisione del 2020, ha affermato che esiste un diritto all’autodeterminazione a morire ed a chiedere e ricevere aiuto da parte di terzi per l’attuazione del proposito suicidario. In Francia una nuova normativa, in corso di approvazione, è stata preceduta e preparata da un importante esperimento di democrazia deliberativa come l’istituzione di una Convention Citoyenne Cese sur la fin de vie, formata per sorteggio e chiamata a fornire un meditato e informato parere sul fine vita. La situazione del nostro Paese resta invece caratterizzata da una notevole dose di ipocrisia e da un altrettanto elevato tasso di confusione istituzionale. La radicale negazione dell’esistenza di un diritto a morire proveniente dalla maggioranza di governo coesiste infatti con il riconoscimento di diverse possibilità legittime di porre fine volontariamente alla propria vita in particolari situazioni: rifiuto delle cure, sedazione profonda, suicidio assistito in presenza delle condizioni previste dalle pronunce della Corte costituzionale. Dal canto suo il legislatore nazionale è stato sin qui paralizzato da veti e contrasti ed appare incapace di rispondere alla domanda, che sale con crescente intensità dalla società civile, di tutelare il diritto “doloroso” di porre fine ad una esistenza divenuta intollerabile. In questa situazione stagnante la domanda sociale di libertà del morire si è trovata di fronte solo l’arcigna disciplina del fine vita dettata dagli artt. 579 e 580 di un codice penale concepito in epoca fascista. Da questo impatto sono scaturite le forme di disobbedienza civile consistenti nel prestare aiuto, sfidando le norme penali, a chi in condizioni estreme aspirava ad una fine dignitosa. E, a seguire, i giudizi penali nei confronti dei disobbedienti e le questioni di legittimità costituzionale sollevate nel corso dei processi dai giudici che hanno innescato i numerosi interventi della Corte costituzionale, sinora decisivi nel disegnare la disciplina del fine vita. Da ultimo un tentativo di superare l’inerzia del parlamento è stato compiuto da due Regioni - Toscana e Sardegna - che hanno approvato leggi sul fine vita, individuando come requisiti per accedere all’assistenza al suicidio quelli previsti dalla sentenza della Corte costituzionale nella sentenza n. 242 del 2019 e disegnando procedure per ottenere la prestazione assistenziale richiesta. La reazione del governo è consistita nell’impugnare la legge regionale toscana ritenuta esorbitante dalle competenze regionali e lesiva di competenze esclusive dello Stato. Reazione non priva di qualche fondamento giacchè la prospettiva di regimi del fine vita differenziati su base regionale appare criticabile sotto il profilo giuridico e non certo desiderabile nella pratica, ma singolare quando provenga dal uno Stato che sinora si è dimostrato incapace di dettare una normativa rispondente alle istanze di riconoscimento di libertà e di diritti sul fine vita che provengono dalla società italiana. 

19/11/2025
Fine vita: punti fermi e nuovi bilanciamenti tra etica, diritti e tutela penale

Il presente elaborato trae spunto dalle recenti pronunce della Corte costituzionale e affronta il problema dei rapporti tra il diritto penale e le questioni legate al c.d. fine vita; concentrandosi, in particolar modo, sulle fattispecie di aiuto o istigazione al suicidio e omicidio del consenziente

20/03/2025
La legge n. 16/2025 della Regione Toscana sulla procedura di accesso al suicidio medicalmente assistito, tra inerzia del legislatore statale e assetto delle competenze legislative regionali. Osservazioni a prima lettura

Il 14 marzo 2025 è stata promulgata la legge della Regione Toscana n. 16/2025 che, per prima in Italia, disciplina le modalità organizzative per l’accesso alle procedure di suicidio medicalmente assistito. Nel silenzio del legislatore statale, però, l’intervento di quello toscano giunge all’esito di un percorso caratterizzato da numerosi ostacoli, analogamente a quanto registrato in altri contesti territoriali. L’esigenza di garantire maggiore “certezza” nelle procedure per l’accesso e l’esecuzione delle richieste di suicidio medicalmente assistito, conformi alle condizioni fissate dalle sentenze della Corte costituzionale n. 242/2019 e n. 135/2024, si muove nelle strette maglie di un articolato sistema di riparto della competenza legislativa tra Stato e Regioni. Non a caso, anche la deliberazione in esame è stata sottoposta, su istanza delle opposizioni consiliari, al vaglio del Collegio regionale di garanzia statutaria, conclusosi con un giudizio di infondatezza. Pur di fronte alle inevitabili problematicità, la legge rappresenta un passo fondamentale nella direzione di un pieno ed effettivo riconoscimento dell’autodeterminazione nel fine vita.

15/03/2025
La stanza accanto

Affrontare il tema della morte reimmergendosi nella vita. Riflessioni sul film di Pedro Almodóvar (2024)

21/12/2024
La convenzione francese sul fine vita. La democrazia deliberativa per superare un’impasse?

La Convenzione francese sul fine vita - composta da cittadini scelti per sorteggio in base a criteri che fanno della Convenzione un campione rappresentativo della popolazione - rappresenta un interessante esperimento di “democrazia deliberativa”, destinato ad integrare i processi decisionali propri della democrazia rappresentativa. Dando la parola ad una assemblea di cittadini ed ascoltando la loro opinione informata, si è voluto attingere al senso della realtà della gente comune per ricercare soluzioni ragionevoli ad un problema spinoso, superando le pregiudiziali religiose, culturali, ideologiche che possono ostacolare il cammino di norme innovative sull’eutanasia attiva e sull’aiuto al suicidio. All’esperimento francese dovrebbe guardare con interesse il nostro Paese, nel quale - dopo la inevitabile declaratoria di inammissibilità del referendum abrogativo parziale dell’art. 579 c.p. e la mancata approvazione, nella scorsa legislatura, del pur timido testo di legge unificato sulle disposizioni in materia di morte medicalmente assistita – l’iniziativa sul fine vita potrebbe essere rilanciata dall’istituzione di una Convenzione cittadina sul modello francese, chiamata ad informarsi, dialogare e pronunciarsi sull’assistenza attiva a morire. 

04/05/2023
Luci e ombre del garantismo penale nell’esplorazione di un civilista

Recensione al volume di V. Roppo Garantismo. I nemici, i falsi amici, le avventure, Baldini & Castoldi, 2022

10/09/2022