Magistratura democratica
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L’iter giudiziario nel caso Indi Gregory: iniziali spunti di riflessione dalle pronunce dei giudici inglesi

di Ilario Nasso
giudice del lavoro e della previdenza, Tribunale di Vibo Valentia, dottore di ricerca in Diritto costituzionale, Alma Mater Studiorum-Università di Bologna

Per un istante le balenò in testa il pensiero blasfemo
che non avrebbe avuto molta importanza se il ragazzo fosse morto oppure no.
Le cose non sarebbero cambiate un granché.
Dolore profondo, certo, forse l'amarezza del rimpianto,
i ricordi struggenti, e poi la vita avrebbe ripreso con vigore il sopravvento
e tutte e tre le cose avrebbero significato via via sempre di meno mentre le persone
che avevano amato Adam diventavano vecchie e poi morivano, mettendo fine a tutto.
Le religioni, i sistemi morali, ivi compreso il suo,
erano come cime di una fitta catena montuosa osservate da una grande lontananza:
non ne spiccava una sull'altra né per altezza, né per verità o rilevanza.
A chi spettava il giudizio?

Ian McEwan, La ballata di Adam Henry, Einaudi, 2016.

 

 

 

La drammaticità della vicenda di Indi Gregory complica ogni riflessione, e la sua morte provoca costernazione e senso d'inadeguatezza. 

Eppure, il clamore suscitato dal caso, e l'esigenza di provare a inscrivere il dibattito conseguitone all'interno di una minima cornice giuridica, suggeriscono in punta di piedi il richiamo dei passaggi salienti delle pronunce intervenute sui fatti, in uno a qualche considerazione.

Indi Gregory, di otto mesi, affetta da una patologia mitocondriale con interessamento di plurimi apparati, veniva reputata inguaribile dall'ospedale di Nottingham, presso la cui terapia intensiva era stata ricoverata.

La direzione del nosocomio, in conformità alle disposizioni di diritto interno e concludendo per l'impossibilità di una remissione della bimba dalla malattia (oltreché per la fisiologica insopportabilità a lungo termine del trattamento erogato alla piccola), aveva pertanto chiesto all'Autorità giudiziaria – nel dissenso dei genitori – l'autorizzazione all'interruzione del trattamento stesso (di mera sussistenza in vita), introducendo un procedimento giudiziario in cui sarebbero confluite tre decisioni.

Il 13 ottobre 2023 il giudice della Divisione Famiglia dell'Alta Corte di Inghilterra e Galles (consultabile al seguente link: https://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Fam/2023/2556.html) affermava – fra l'altro – come «With a heavy heart, I have come to the conclusion that the burdens of invasive treatment outweigh the benefits. In short, the significant pain experienced by this lovely little girl is not justified when set against an incurable set of conditions, a very short life span, no prospect of recovery and, at best, minimal engagement with the world around her. In my judgment, having weighed up all the competing considerations, her best interests are served by permitting the Trust to withdraw invasive treatment in accordance with the care plan presented» («Con molto rammarico, sono giunto alla conclusione che il fardello del trattamento invasivo ne superi i benefici. In breve, la significativa sofferenza provata da questa adorabile bambina non è giustificata se confrontata con una serie di condizioni incurabili, una durata di vita molto breve, nessuna prospettiva di recupero e, nella migliore delle ipotesi, un'interazione minima con il mondo circostante. A mio giudizio, dopo aver soppesato tutte le circostanze concomitanti, i suoi migliori interessi sono rispettati consentendo al Trust di rimuovere il trattamento invasivo in conformità con il piano di cura presentato»).

Lo stesso giudice puntualizzava come «The evidence clearly establishes that she experiences significant pain and distress several times a day, and each painful episodes lasts up to ten minutes. It has been observed by Dr E, other clinical team members, the nursing staff and the Guardian, all of whose evidence I accept. The descriptions of her wincing, struggling to breathe, gasping and developing tears in her eyes are vivid. Such pain is caused by her multiple treatment interventions including invasive ventilation, suctioning, use of IV lines, blood tests and the like. It will continue for as long as the interventions continue» («Il materiale probatorio dimostra chiaramente che ella sperimenta dolore e sofferenza significativi più volte al giorno e che ogni episodio doloroso dura fino a dieci minuti. Ciò è stato osservato dal dottor E., da altri membri dell’équipe, dal personale infermieristico e dal Guardian, dei quali recepisco tutte le testimonianze. Le descrizioni di lei che sussulta, fa fatica a respirare, ansima e ha le lacrime agli occhi sono vivide. Tale dolore le è causato dai molteplici interventi terapeutici, tra cui ventilazione invasiva, aspirazione, uso di cateteri IV, prelievi sanguigni e simili. Esso continuerà finché proseguiranno questi interventi»).

Ancora, il 23 ottobre 2023 un diverso magistrato – questa volta della Corte d'Appello di Inghilterra e Galles (la cui decisione è reperibile qui: https://www.bailii.org/ew/cases/EWCA/Civ/2023/1262.html) – nel respingere l’appello dei genitori rilevava come «Nothing in the material before us shows that even if there had been further expert evidence, it would make any difference to the best interests decision made by the judge. The information before the judge was clearly more than sufficient for him to reach the decision he did and more than adequate to enable him to consider the case with the care necessarily required in any case involving the proposed withdrawal of medical treatment. […] The fact that the evidence recognises there were uncertainties in relation to Indi's condition does not mean that further evidence was necessary. There are always, and inevitably will be, questions which remain unanswered in cases involving these vanishing rare mitochondrial diseases. The evidence that Indi's condition is incurable and that the medical intervention is causing her significant pain and distress is nonetheless clear and compelling» («Niente nel materiale a nostra disposizione dimostra che, anche se ulteriori prove da parte di esperti fossero state presentate, ciò avrebbe fatto qualche differenza per la decisione del giudice presa [sul presupposto del] miglior interesse. Le informazioni a disposizione del giudice erano chiaramente più che sufficienti per consentirgli di assumere la decisione presa e più che adeguate a permettergli di considerare il caso con l'attenzione necessariamente richiesta in ogni ipotesi comportante la proposta di sospensione del trattamento medico. […] Il fatto che l’istruttoria abbia riconosciuto vi fossero incertezze in relazione alle condizioni di Indi non significa fossero necessarie ulteriori prove. Ci sono sempre, e inevitabilmente ci saranno, domande senza risposta nei casi coinvolgenti queste evanescenti malattie mitocondriali rare. La prova che la condizione di Indi è incurabile e che l'intervento medico le sta causando dolore e sofferenza significativi è tuttavia chiara e convincente»).

Il 2 novembre 2023, infine, interveniva l'ulteriore decisione dell'Alta Corte di Inghilterra e Galles, (accessibile qui https://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Fam/2023/2753.html), significativa anche al fine di valutare l’opportunità del coinvolgimento italiano nella vicenda.

Il giudice dell’Alta Corte avrebbe chiarito come «There is nothing to suggest that IG’s prognosis would be beneficially altered by the Italian hospital’s treatment. On the contrary, it may well prolong pain and suffering if and to the extent that it incorporates invasive procedures which in my judgment are not in IG’s best interests, and should not be sanctioned» («Non c’è nulla che suggerisca come la prognosi di IG possa essere modificata in modo positivo dal trattamento dell’ospedale italiano. Al contrario, esso potrebbe prolungare il dolore e la sofferenza se e nella misura in cui incorporasse procedure invasive che a mio giudizio non sono nel migliore interesse di IG e non dovrebbero essere approvate»).

Alla luce degli estratti delle rispettive decisioni (al cui testo integrale comunque si rinvia, anche per la comprensione delle richieste e delle deduzioni di tutte le parti, delle proposte di prova compiute nel corso dei processi, e della valutazione circa la loro ammissibilità e rilevanza), è chiaro l’approccio fatto proprio dalle diverse istanze giurisdizionali succedutesi nel trattare la vicenda.

Rimandando a prossimi contributi che sull’argomento saranno pubblicati su questa Rivista, il sistematico riferimento, provenuto dalle Corti, al best interest of the child – concetto trasversalmente applicabile ai diversi ambiti d'intervento dei giudici minorile, tutelare e della famiglia – compendia sia la sottolineatura circa l'importanza dell'esercizio della genitorialità in modo non egemonizzante né padronale nei confronti dei figli sia la doverosità della conduzione – con quella lucidità certo non esigibile da parte di genitori affranti nella propria impotenza, eppure irrinunciabile per ogni istituzione decidente, sia essa di matrice elettorale o giudiziaria – un bilanciamento d'interessi funzionalizzato a perseguire la migliore soluzione praticabile per il minore: quand'anche destinata a risolversi in una cosiddetta scelta tragica, dolorosa ma ineludibile.

L’estrema concessione della cittadinanza italiana alla minore inglese – da parte di uno Stato dotato di una legislazione particolarmente restrittiva in materia – tradisce, poi, una sorta di rivendicato suprematismo giuridico.

Essa, infatti, è sembrata esprimere l'intendimento paternalistico secondo il quale sarebbe spettato (proprio e solamente) all'Italia distrarre al proprio Paese una minore ivi ospedalizzata, associandola repentinamente all'unica Comunità nazionale reputata – insindacabilmente e dai suoi stessi governanti – idonea a prendersi cura della sofferenza di lei.

La medesima scelta, dunque, è parsa rimuovere le conseguenze simboliche derivanti da un gesto altrettanto simbolico (non essendo la titolarità della cittadinanza un requisito d'accesso alle prestazioni erogate dal Servizio sanitario della Repubblica), pur nel contesto di rapporti internazionali in cui il l'implicito e il linguaggio non verbale costituiscono forme tipiche di gestione (ed eventuale deterioramento) delle relazioni intersoggettive, equipollenti a quelle espresse (quando non più eloquenti).

Non resta, allora, che l’auspicio di una maggiore serenità collettiva di giudizio: imprescindibile in situazioni tanto angosciose, ma compromessa da strumentalizzazioni, manipolazioni e assolutizzazioni.

15/11/2023
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