Il sostegno all’economia nella crisi da COVID: il versante penale. Le fattispecie applicabili e le indagini
Le misure di sostegno che lo Stato ha varato nel corso dell’epidemia COVID - indispensabili per fronteggiare la crisi economica e sociale - comportano rischi di indebito accesso ai finanziamenti previsti e di illecita appropriazione di risorse pubbliche. Di qui l’esigenza di analizzare i meccanismi delle principali misure economiche messe in campo dallo Stato, di verificare l’applicabilità delle norme penali vigenti alle condotte illecite e di elaborare progetti investigativi adeguati a contrastarle.
Recensione del volume a cura di Luca Fe’ D’Ostiani (Aracne, 2021)
Sommario. – 1. L’esperienza della pandemia. La priorità dell’osservanza – 2. Presupposti epistemici del sistema normativo - 3. Autorità, libertà, autoresponsabilità – 4. Fare i conti con l’inosservanza – 5. Quali prospettive?
Recensione al volume di Roberto Rampioni, edito da Giappichelli (2020)
La discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi è contraria al principio di uguaglianza e, soprattutto, al valore della pari dignità sociale che la Costituzione riconosce a tutti. I delitti contro l’uguaglianza rappresentano la negazione di questo valore. Il contributo ripercorre lo sviluppo legislativo e giurisprudenziale che ha portato alla formulazione degli attuali articoli 604 bis e 604 ter c.p. con uno sguardo alla giurisprudenza sovranazionale e, soprattutto, alle modalità secondo cui una specifica categoria di vittime avverte la discriminazione nei propri confronti.
La relazione del procuratore generale presso la Corte di Cassazione svolta ad Anagni il 10 luglio 2021, in occasione del conferimento del premio Bonifacio VIII. Per una cultura della pace.
E’ sul versante mediatico e della motivazione dei provvedimenti giudiziari che, nel nostro Paese, la presunzione di innocenza può essere contraddetta e vulnerata. E’ questo il filo conduttore del decreto legislativo ancora in itinere, che - in attuazione della Direttiva UE n. 343 del 2016 - mira a rafforzare la presunzione di innocenza dell’indagato e dell’imputato, con l’ambizione di incidere profondamente sul linguaggio di tutte le “autorità pubbliche”, sulla comunicazione degli uffici giudiziari e sulla motivazione delle decisioni interne al processo. Non è facile, oggi, prevedere se le nuove norme daranno il via ad una vera rivoluzione culturale nella rappresentazione delle persone sottoposte ad indagini e a processi o se le innovazioni resteranno una facciata destinata a mascherare malamente la sopravvivenza di inveterati “pregiudizi”. E’ certo però che la genuina adesione all’ispirazione di fondo della nuova normativa non implica la rinuncia a ragionare, anche criticamente, sui differenti aspetti del testo normativo, sulla sua genesi, sulle sue ricadute nei mondi del diritto e dell’informazione.
Gli scenari diametrali aperti dal successo nella raccolta delle firme sono quello della dichiarazione di inammissibilità del quesito e quello dell’abrogazione parziale per via referendaria dell’art. 579 c.p., che aprirebbe problemi interpretativi in particolare sul consenso. Ma di fronte alla complessità del tema della disponibilità/indisponibilità della vita e all’insieme delle norme di riferimento è possibile che né il referendum, né la sola iniziativa legislativa in corso in materia di “morte volontaria medicalmente assistita” siano dirimenti.
Domani la Rivista riapre dopo la pausa estiva. Ma prima di riprendere il flusso delle pubblicazioni dobbiamo dare notizia di una iniziativa. Questione Giustizia ha deciso di chiamare il quotidiano Il Giornale dinanzi al giudice civile per rispondere sia dell’articolo a firma di Luca Fazzo pubblicato il 14 agosto 2021, intitolato «Chiamata alla rivolta. GOLPE DEI MAGISTRATI CONTRO IL GREEN PASS» e sottotitolato «Le toghe rosse di Md: “E’ una misura anticostituzionale, non va applicata. Il rifiuto dei no vax è da proteggere”» sia del successivo rilancio dell’operazione denigratoria con un articolo, sempre a firma di Luca Fazzo, del 15 agosto. E’ un’azione a difesa della verità e della libertà della Rivista e di quanti vi scrivono. Se, infatti, nello scrivere o nel decidere di pubblicare articoli, saggi o documenti, si dovesse paventare l’infinita gamma di possibili falsificazioni attuate a partire da tali pubblicazioni, il risultato sarebbe la scelta del silenzio o dell’autocensura. Prospettive, entrambe, alle quali non intendiamo soggiacere. Di qui la decisione obbligata di agire in giudizio per accertare i fatti. In difesa della libertà di informazione.