Ormai da tempo ferve l'attesa per il varo della riforma, tra l'altro, della composizione e dei metodi elettorali per l'accesso relativi al CSM: le aspettative sono ultimamente cresciute per effetto dell'energico auspicio del suo tempestivo varo persuasivamente espresso dal Presidente della Repubblica. Sul generale tema dei possibili interventi riformatori di natura per così dire esterna sono stati espressi autorevoli e sensibilmente differenti punti di vista sia in seno alla Magistratura associata sia nel mondo accademico e delle professioni. Le riflessioni che seguono muovono, al contrario, da una prospettiva diversa, quella che guarda al modo di funzionamento, dedotto dalla concretezza degli avvenimenti, del Consiglio, tema che verosimilmente non dovrebbe essere toccato, se non in modo marginale, dalle innovazioni normative. Ed infatti, appare prudente non nutrire speranze di miracolosa redenzione dell'Organo da vizi, difetti, storture ripetutamente lamentati all'interno e, soprattutto, all'esterno dell'Ordine giudiziario. Perché, quale che sia il sistema elettorale scelto o il numero dei componenti individuati, la amara realtà è che nei meccanismi regolamentari consiliari e nelle prassi si annidano deviazioni ed disfunzioni guasti, cui occorre porre rimedi. Esse non solo non sono state emendate nel corso del quadriennio che volge alla fine: per alcuni aspetti si sono addirittura esacerbate. Può essere utile fornirne un breve elenco a scopo di prevenzione nel Consiglio che verrà: di molti di questi guasti ho già scritto senza particolare successo in occasione dell'elezione del Vice Presidente dell'attuale Consiglio. Proprio il momento di scelta di questa carica, ossia di chi svolge l'altissima funzione delegatagli dal Presidente della Repubblica, deve essere scandito dalle più solide garanzie di trasparenza attraverso la presentazione diretta o indiretta di una o più candidature accompagnata dalla esposizione delle ragioni e dei titoli che le sostengono e soprattutto dalla enunciazione delle linee programmatiche dell'azione futura su un numero qualificante di temi ( proposta che oltre un ventennio addietro un gruppo consiliare di Magistratura Democratica tentò di far approvare ). Tra tali programmi tematici da rendere espliciti in via preventiva si possono citare i seguenti: l'interpretazione, puramente burocratica o , piuttosto, di impulso, stimolo, richiamo dell'attività consiliare e di conduzione orientata al fine dell'efficienza e della coerenza dell'assemblea plenaria; la concezione dei compiti, la composizione, i limiti, l'apertura del Comitato di Presidenza ai contributi del Consiglio e la previsione dell'allargamento della partecipazione a 2 consiglieri togati ed uno laico; la predisposizione di un progetto annuale degli obiettivi da raggiungere e dei tempi relativi, con speciale riguardo a quelli di copertura di sedi ed uffici di maggior delicatezza; la fissazione di criteri tabellari per la distribuzione degli affari tra i componenti la Sezione disciplinare; la pubblicità a favore dei Consiglieri delle sedute del Comitato di Presidenza dedicate a proposte di nomina ( quali Magistrati Segretari, Direttore dell'ufficio studi: vicenda che di recente ha lacerato l'assemblea plenaria ); la periodica valutazione dell'attualità del regolamento interno e le sue proposte di modifica non avanzate in forma estemporanea, come generalmente avviene, ma su base sistematica; la predeterminazione condivisa con il Consiglio dei criteri di formazione annuale delle Commissioni referenti. La complessità delle attribuzioni e l'importanza delle questioni gestorie impongono un dibattito pubblico circa le candidature proposte e l'assunzione di posizioni individuali chiare senza necessità di ricorso a privati o segreti cenacoli. In questa logica diretta a privilegiare le competenze tecniche e l'indipendenza di giudizio e di azione sembra potersi spiegare il disfavore da più parti manifestato verso candidati di recente provenienza politica. Vi è poi da sciogliere, e la responsabilità è sul punto plenaria, il nodo dell'apparato normativo di origine consiliare da applicare alle nomine ad uffici direttivi e semidirettivi: vi è da chiedersi quanto possa dirsi attuale e resistente alla frequente riprovazione della giustizia amministrativa e di quella di un copioso numero di appartenenti alla Magistratura l'odierno Testo Unico sulla dirigenza e la sua astratta aspirazione alla scelta del miglior candidato per l'ufficio a concorso piuttosto che del miglior e più meritevole candidato in assoluto alla luce dell'intera biografia professionale. Ed ancora, indipendentemente dai criteri approntati per lo svolgimento delle prossime elezioni, va respinta la possibilità della formazione di gruppi consiliari corrispondenti a quelli associativi di provenienza, così evitando sia la strisciante prassi di designazione di capi -gruppo con sacrificio delle opinioni individuali sia quella, ancor più pericolosa, dei voti in blocco dei gruppi stessi nei procedimenti di natura concorsuale ( che malignamente si potrebbero assimilare ai voti per Scuole o logge in concorsi pubblici oggetto di indagini o processi penali ).Questo sommario catalogo di future incombenze presidenziali ed individuali, che certamente andrebbe arricchito di ulteriori e benvenute considerazioni, dovrebbe render chiaro che la strada delle riforme legislative, già di per sé tortuosa ed aspramente dibattuta, può al massimo rappresentare una condizione preliminare per la riedificazione dell' affidabilità, efficacia, pubblica estimazione della propria opera di cui il Consiglio nel suo complesso ed i suoi singoli componenti devono godere in misura almeno pari a quella che esigono nei confronti dei Magistrati soggetti alla loro potestà.
Spunti per una riforma interna del CSM
L’iter della riforma costituzionale della magistratura procede verso l’approvazione definitiva, in doppia lettura, del disegno di legge di revisione costituzionale entro il 2025 e lo svolgimento del prevedibile referendum confermativo nel 2026.
Per quanto indesiderabile e foriera di conseguenze negative per le garanzie dei cittadini, la formale e definitiva separazione delle carriere, nei fatti già realizzata, avrebbe potuto essere sancita anche con una legge ordinaria. Ma le mire della maggioranza di governo si sono rivelate ben più vaste e ambiziose di questo risultato, mostrando di avere come ultimo e decisivo bersaglio la disarticolazione e il depotenziamento del modello di governo autonomo della magistratura, voluto dai Costituenti a garanzia “forte” dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati.
La realizzazione di questo obiettivo viene affidata al ripudio del metodo democratico e al ricorso alla sorte per la formazione dei due Consigli superiori separati e dell’Alta Corte, il nuovo giudice disciplinare dei magistrati ordinari. Con una totale inversione di segno rispetto alla Costituzione del 1947, si rinuncia alla selezione derivante dalle elezioni in nome della casualità, si rifiuta il discernimento in favore della cecità di un’estrazione a sorte, si sceglie di cancellare il sistema fondato sulla rappresentanza, ritenuto inutile e dannoso, per far emergere casualmente dal corpo della magistratura i soggetti destinati ad amministrarla. Sostituire il caso all’elezione dei “governanti”, spezzando il nesso democratico tra amministratori e amministrati, significa porre in essere una enorme rottura culturale, politica e istituzionale con l’esperienza storica del governo autonomo della magistratura e con l’equilibrio tra i poteri disegnato nella Costituzione. Ed è forte il rischio che negli organismi del governo autonomo, nati dal caso e formati in base al principio per cui “l’uno vale l’altro”, rivivrà una concezione della magistratura come corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera, cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative.
I cittadini sbaglierebbero a ritenere che l’involuzione corporativa e burocratica determinata dal sorteggio sia un affare interno della magistratura. Consigli superiori sminuiti dall’estrazione a sorte dei loro membri sarebbero più deboli e condizionabili nella difesa dell’indipendenza della magistratura. E di questa minore indipendenza pagherebbero il prezzo i ceti più deboli e le persone prive di potere e di ricchezza.
Il presente contributo intende riflettere sull'impatto della riforma costituzionale Norme sull'organizzazione della giustizia e sull'istituzione della Corte di disciplina sul modello costituzionale di rapporto tra il Consiglio Superiore della Magistratura e il Ministro della Giustizia. Per farlo, si analizzerà sia il testo del disegno di legge costituzionale attualmente all'esame del Parlamento italiano, sia il suo contesto, rappresentato in ultima analisi dallo “Stato costituzionale in trasformazione”.
La recensione al volume di Francesca Biondi (Il Mulino, 2024)