1. La relazione (qualificata come Conference room paper) che la Commissione Onu sui territori occupati e Israele[1] ha presentato il 16 settembre 2025 al termine della sua sedicesima sessione mette un punto fermo su una questione cruciale dell’intera vicenda e conclude che le condotte poste in essere dal Paese occupante possono essere qualificate come «genocidio» ai sensi della Convenzione internazionale[2]. Questo rappresenterà un elemento di preoccupazione per molti Paesi. Sicuramente tra questi non vi sarà Israele, che oramai reagisce ai documenti che vengono prodotti a livello a livello internazionale o ignorandoli o accusandoli di parzialità e di preconcetta ostilità (se non di vera e proprio supporto al terrorismo)[3], cosa che viene reiterata a dispetto dei profili personali e professionali dei tre componenti della Commissione[4].
Per tutti gli altri Paesi (e le loro componenti istituzionali e opinioni pubbliche) le conclusioni e le argomentazioni contenute nella relazione pongono un problema molto serio.
Pochissimi oggi contestano che le condotte dell’esercito israeliano a Gaza integrino delitti di crimini di guerra e crimini contro l’umanità[5], ma permane incredibilmente[6] anche nel mondo politico e nei sistemi di informazione occidentali una fortissima ritrosia a dichiarare che i livelli di violenza sistematica posti in essere integrino il delitto di genocidio[7].
Le ragioni che spingono una parte dei governi e del mondo politico a non agire per interrompere e prevenire le violenze in atto nella Striscia di Gaza sono diverse, talora concorrenti[8]. Non piccola parte hanno in questo i legami culturali ed economici con Israele. E, tra questi, i legami che si connettono alla compravendita di armamenti e, soprattutto, di apparti di sicurezza e di intelligence. I livelli tecnologici raggiunti dal complesso militare israeliano sono tra i migliori al mondo ed eccellono nel settore della sicurezza e dei sistemi di intelligence[9] e di essi fanno decisivo impiego alcuni governi occidentali.
Alle tardive quanto inoffensive dichiarazioni politiche che ammoniscono Israele sul fatto che il limite è stato superato[10] si accompagna la prosecuzione degli scambi di armi e sistemi di sicurezza, con una dose elevatissima di ipocrisia, essendo auto-evidente che l’interruzione delle forniture di armi e di supporto logistico[11] renderebbe molto complicata la prosecuzione delle operazioni di Gaza[12]. Cosa che hanno ben compreso i portuali e i lavoratori che bloccano i carichi diretti a Israele.
Ma un tale livello d’ipocrisia, e di auto-assoluzione, diventerà insostenibile a fronte della constatazione che quanto accade a Gaza integra il delitto di genocidio: un delitto che porta con sé uno stigma così forte che gran parte delle istituzioni tedesche (università comprese) ancora oggi hanno difficoltà a confrontarsi lucidamente con le vicende di Gaza. Inoltre, l’eventualità che il sostegno materiale prestato agli autori di un genocidio sia qualificabile come complicità e concorso nel delitto diventerà un problema reale con cui quei Paesi debbono oramai confrontarsi.
In effetti, come affermato dalla Corte Internazionale di Giustizia, tutti gli Stati parte della Convenzione contro il Genocidio – e più in generale tutti gli Stati – sono interpellati direttamente dalla natura di crimine internazionale di quel delitto; essi hanno l’obbligo di fare tutto il possibile per prevenirlo e interromperlo (senza che sia necessario attendere un ordine giudiziale)[13] e possono incorrere in responsabilità qualora «manifestamente abbiano omesso di adottare tutte le misure per prevenire un genocidio che erano in loro potere e che avrebbero potuto contribuire a prevenirlo»[14]. A maggior ragione dopo la relazione del 16 settembre gli Stati debbono col fatto che Corte Internazionale di Giustizia già 26 gennaio 2024 evidenziava nell’operazione militare di Gaza un «serio rischio» di genocidio: non occorreva molto per comprendere cosa questo significasse, se solo si avesse rispetto per i fatti, e vale per tutti gli Stati membri ONU quello che la Commissione afferma con riferimento alla consapevolezza e intenzionalità delle condotte almeno a partire da quella data.
2. Vediamo allora quali sono le valutazioni compiute dalla Commissione Indipendente nelle 70 pagine della relazione (un lavoro molto dettagliato, corredato di quasi 500 note).
Per comprendere il percorso compiuto dalla Commissione occorre partire dal testo della Convenzione del 9 dicembre 1948[15], quantomeno dai suoi articoli II e III:
Articolo II
Nella presente convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a. Uccisione di membri del gruppo; b. Lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c. Sottoposizione deliberata del gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d. Misure miranti ad impedire nascite all'interno del gruppo; e. Trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.
Articolo III
Saranno puniti i seguenti atti: a. Il genocidio; b. L'intesa mirante a commettere il genocidio; c. L'incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio; d. Il tentativo di genocidio; e. La complicità nel genocidio
3. Partiamo dai punti principali delle conclusioni:
· «... Gli eventi in Gaza a partire dal 7 ottobre 2023 non sono accaduti isolatamente … Essi sono stati preceduti da decadi di occupazione illegale e di repressione seguendo una ideologia che richiede la rimozione della popolazione Palestinese dalla sua terra e la sua sostituzione» (corsivo mio)[16];
· Ci sono ragionevoli elementi per affermare che «le autorità di Israele e le sue forze di sicurezza hanno commesso e continuano a commettere più condotte illegali» (actus reus) tra quelle previste dagli articoli II e III della Convenzione;
· Il Presidente Herzog, il Primo Ministro Netanyahu e il Ministro della Difesa Gallant hanno reso dichiarazioni di incitamento al genocidio e le (altre) autorità israeliane hanno omesso di agire al fine di punire tali condotte (restano fuori da tale accertamento le posizioni di altri esponenti politici, tra cui i ministri Ben-Gvir e Smotrich, per i quali la Commissione indica che occorrerebbe effettuare accertamenti);
· Per quanto riguarda l’elemento soggettivo del delitto, la volontarietà (mens rea), la sua esistenza può ricavarsi sia dalle dichiarazioni rese sia dall’univoca finalizzazione dei fatti e dei comportamenti tenuti dalle autorità e dall’esercito, potendosi concludere che esiste «la volontà genocidiaria di distruggere, in tutto o in parte, i Palestinesi nella Striscia di Gaza»;
· Da tutto ciò discende «che lo Stato di Israele ha la responsabilità per la mancata prevenzione del genocidio, la commissione di genocidio e la mancata punizione (degli autori) del genocidio contro i Palestinesi nella Striscia di Gaza».
4. Una breve parentesi si impone. Con riferimento alla missione della Global Sumud Flottilla, uno dei principali quotidiani italiani ha più volte affermato che il diritto delle autorità israeliane di bloccare anche con la forza i vascelli deriverebbe dalla circostanza che il blocco navale è legittimo e che tale legittimità si può ricavare dalle conclusioni delle Commissione Indipendente Onu che si occupò dell’“incidente” che nel 2010 comportò la morte di almeno 9 persone dell’equipaggio della nave salpata dai porti turchi e il ferimento di molte altre. Premesso che quella Commissione era incaricata non di valutare eventuali azioni criminali ma di analizzare le soluzioni per prevenire altri incidenti e giunse a conclusioni ben più articolate e complesse della semplificazione fatta propria dal quotidiano, le reiterate decisioni anche giudiziali circa la occupazione illegale della Striscia, che non possono non riverberarsi sulla legalità del blocco navale imposto sulle prospicenti acque territoriali, l’evidenza della commissione di crimini contro l’umanità da parte degli occupanti e, adesso, le valutazioni che stiamo esaminando sull’esistenza di condotte genocidiarie in atto, sono tutti elementi che modificano il quadro giuridico complessivo[17]. Ciò anche a fronte di un chiaro obbligo degli Stati di prevenire e interrompere quelle condotte, di cui il blocco di aiuti medici e alimentari è parte essenziale, come vedremo. Così come nel 2010 e in altri episodi di quest’anno, appare chiaro a tutti che Israele sta ponendo in essere verso le imbarcazioni della Flottilla atti di intimidazione e operazioni illegali, e dunque criminali, in acque internazionali. Queste ennesime violazioni del diritto internazionale, non dissimili dalle azioni di pirateria che la comunità internazionale condanna e contrasta, rischiano di restare immuni da risposte e da sanzioni, così accrescendo in Israele il senso di impunità che si è formato anche dopo le illegali azioni “preventive” compiute in Libano, in Siria, in Iran, in Qatar.
5. Tornando alla relazione, prima di procedere una sintesi dei contenuti occorre dire che la Commissione è stata molto chiara nel considerare i collegamenti tra i diversi aspetti e cogliere l’unitarietà del disegno che sta alla base delle singole azioni, escludendo che il genocidio sia rintracciabile su basi solo quantitative.
Ad esempio, ha attribuito significato alla distruzione dei luoghi di educazione, che colpiscono tutta la fascia giovane della popolazione e continuerà a farlo per molte generazioni a venire, con conseguenze pesantissime sulla cultura e sulla stessa identità del Popolo Palestinese. La Commissione ha poi allargato il discorso ricordando un’altra condotta sistematica e intenzionale dell’esercito israeliano: la distruzione dei luoghi simbolo, degli edifici religiosi e del patrimonio culturale di Gaza, ricordandone la rilevanza sia sul piano degli effetti causati sia su quello delle intenzioni di chi la commette. Si tratta, infatti, di una condotta che, con riferimento alle violenze dell’allora Stato Islamico/Isil, fu definita «cultural cleansing» (richiamando il concetto di pulizia etnica), cioè cancellazione della storia e della cultura di un popolo o di una minoranza. In conclusione, cancellazione fisica delle persone, cancellazione del territorio ove esse vivono e cancellazione culturale si sommano per porre fine all’esistenza stessa di una entità collettiva.
6. In estrema sintesi, la Commissione ritiene accertato con sufficiente evidenza che le autorità e le strutture militari israeliane hanno tenuto condotte intenzionali e sistematiche che:
a. Provocano la morte delle persone Palestinesi con modalità che per durata, estensione e caratteristiche (omicidi collettivi) integrano crimini di guerra e il crimine contro l’umanità di «sterminio», anche tenendo conto che le aggressioni avvengono perfino in quelle che le stesse autorità avevano indicato come «zone sicure» e hanno spesso come obiettivo il personale sanitario, oltre a provocare la morte dei primi soccorritori, come avvenuto il 23 marzo 2025. In altri termini, le condotte tenute verso i Palestinesi in quanto tali «sono dirette a uccidere quante più persone possibili…inclusi i bambini»;
b. Provocano serie ferite e danni alle persone Palestinesi e la situazione è resa più grave da due elementi: «la intenzionale politica di distruzione del sistema sanitario di Gaza e l’assedio totale israeliano di Gaza e il blocco degli aiuti umanitari», compresi medicine e strumenti elementari di soccorso. A questo si aggiungono le condotte violente contro i detenuti Palestinesi, che integrano anche gli estremi di tortura, e le sofferenze e i traumi psicologici che includono terribili conseguenze per i bambini destinate a produrre effetti per anni[18]. Pur non essendo di per sé condotte genocidiarie, i continui trasferimenti forzati e la deliberata distruzione dell’ambiente circostante sono strumenti intenzionali per creare una condizione permanente di ansia e di panico, aggravata dal persistere di continui attacchi contro le persone nel corso dei trasferimenti. Grande rilievo viene attribuito alle violenze di genere e a quelle sessuali, spesso accompagnate non solo da condotte umilianti ma dalla intenzione di «punire il gruppo Palestinese in quanto tale»;
c. Considerato che tali condotte si presentano intenzionali e sistematiche, la Commissione conclude che risultano integrate le ipotesi di reato previste dall’art. II, lett. (a) e (b) della Convenzione;
d. Provocano condizioni di vita pesantissime che privano le persone dei beni assolutamente essenziali (cibo, acqua, elettricità, carburante, medicinali e assistenza) e distruggono le potenziali risorse per sopravvivere un tempo esistenti[19]; esse integrano, intanto, il delitto di sterminio di parte della popolazione e sono dirette a provocare la distruzione dei Palestinesi, così che può concludersi che queste «calcolate condizioni di vita» forniscono prova dell’intento di genocidio, come da art. II, lett. (c) della Convenzione;
e. A questo deve aggiungersi l’attacco intenzionale ai presidi sanitari e all’approvvigionamento di strumenti e medicinali indispensabili per le donne in stato di gravidanza, per il parto e per il sostegno ai bambini appena nati. La politica di aggressione verso tutto quello che serve alla riproduzione e alla fertilità delle persone Palestinesi e la distruzione dei presidi sanitari e di chi opera in essi non può che essere considerata consapevole e intenzionale, quantomeno dopo i provvedimenti adottati dalla Corte Internazionale di Giustizia nel marzo e nel maggio 2024, e funzionale all’obiettivo di giungere alla distruzione dei Palestinesi a Gaza. Tutto questo va, infatti, esaminato alla luce del fatto che i Palestinesi sono «intrappolati» a Gaza e sono nei fatti privi di “zone sicure”, con la conseguenza che a causa della sistematicità delle condotte e degli attacchi senza sosta intere generazioni sono sotto attacco e la prospettiva è quella della distruzione di tutta la popolazione. In questo quadro va collocata la distruzione degli istituti scolastici, intesa tanto a privare la popolazione di luoghi sicuri ove stavano cercando rifugio quanto a minare la identità dei Palestinesi come popolo;
f. Tutto questo integra l’ipotesi prevista dall’art. II, lett. (c) della Convenzione;
g. Provocano attraverso la violenza una forte pressione sulle persone perché «diventino incapace di procreare o decidano di non farlo». Gli attacchi agli edifici, alle persone e alle strutture sanitarie hanno avuto ripercussioni gravissime sulle 540.000 donne e ragazze in età fertile ed è per questo che assume rilievo l’attacco che ha distrutto la clinica Al-Basma IVF, il principale presidio per la fertilità nella Striscia, e con essa i circa 5.000 potenziali nuovi nati. Anche in questo caso si tratta di condotte che violano l’art. II, lett. (c) della Convenzione.
7. Così ritenute sufficientemente acclarate le condotte di natura genocidiaria, la Commissione passa ad affrontare il tema dell’esistenza del dolo specifico che deve sorreggere il genocidio quale delitto ulteriore rispetto ai crimini di guerra e contro l’umanità che molte delle condotte già integrano. Premesso che l’intenzione genocidiaria appartiene alle persone che compiono le singole condotte, la responsabilità dello Stato può intervenire quando quelle condotte «sono attribuibili allo Stato».
Procedendo con ordine, la Commissione prende le mosse dalla circostanza che anche la Corte Internazionale di Giustizia ha ritenuto che il gruppo Palestinese sia un «gruppo protetto ai sensi dell’art. II della Convenzione»[20] e che tale qualifica spetti anche alla parte di Palestinesi che, nella misura di più di due milioni, vivono a Gaza (decisione del 26 gennaio 2024).
La Commissione osserva che l’esame non deve riguardare separatamente le singole condotte (la cui intenzionalità rileva per i singoli crimini di guerra o contro l’umanità), ma analizzare la situazione complessiva, ivi comprese le condotte precedenti e successive, al fine di valutare l’esistenza del dolo specifico proprio del delitto di genocidio. A tal fine, come affermato in passato dalla Corte Internazionale di Giustizia, per ricavare l’esistenza del dolo specifico dall’insieme delle condotte «è necessario e sufficiente che questa sia l’unica inferenza che possa ragionevolmente ricavarsi dalle condotte in questione». Su questa base, la Commissione ha ritenuto di valutare assieme sia le dichiarazioni e le «manifestazioni di volontà» provenienti dalle autorità e da singoli attori israeliani sia le prove fattuali (natura sistematica delle condotte, contesto generale, condotte illegali collegate alle prime, livello dei danni causati e loro sproporzione, sistematica aggressione alle vittime in quanto appartenenti al gruppo, l’utilizzo di atti e linguaggi non necessari).
A. Le dichiarazioni di rappresentanti delle autorità israeliane (a livello ministeriale, parlamentare, militare...) sono esaminate con puntualità nei paragrafi da 162 a 176 e risultano inequivoche nel disumanizzare i singoli Palestinesi e l’intera popolazione, nel fomentare l’odio, nell’invocare la distruzione e il trasferimento forzato della intera popolazione Palestinese in quanto tale. Tali dichiarazioni, rese da un ampio numero di autorità israeliane costituisce un elemento significativo del dolo specifico che caratterizza le condotte tenute.
B. Analogamente, le condotte dei militari e delle forze di sicurezza, le loro caratteristiche e le dichiarazioni che le accompagnano denotano con chiarezza un intento genocidiario. Se è vero Israele ha sostenuto che l’azione militare in Gaza ha tre obiettivi legittimi (auto-difesa in risposta al 7 ottobre 23; neutralizzazione di Hamas per evitare il ripetersi di attacchi; assicurare il rilascio degli ostaggi), la Commissione aveva già rilevato che i fatti dimostrano l’esistenza di finalità di vendetta e di punizione collettiva. Adesso, premesse alcune citazioni di dichiarazioni di autorità israeliane che chiariscono il contesto e gli obiettivi dell’azione condotta dall’esercito in Gaza[21] e considerati i criteri fissati dalla Corte internazionale di Giustizia, la Commissione ha proceduto ad analizzare singolarmente e nel loro insieme le condotte rilevanti (paragrafi da 177 a 218): a) Uccisioni e ferimenti di singole persone e gruppi di persone accompagnate, per parte israeliana, da false spiegazioni e infedeli narrative e dalla mancanza di investigazione serie e produttive verso i casi di evidente abuso; b) distruzione spesso irreversibile delle strutture educative e religiose e del patrimonio culturale che non rappresentano legittimi obiettivi militari; c) assedio totale, carestia e blocco di aiuti umanitari, compresi gli aiuti sanitari, anche in violazione delle ripetute disposizioni della Corte Internazionale di Giustizia, essendo innumerevoli gli episodi che denotano l’esistenza di un preciso piano per rendere invivibile la situazione in Gaza, in ciò ricompresi il voto con cui il Parlamento israeliano nell’ottobre 2024 ha disposto la cessazione dell’apporto di UNRWA e il successivo affidamento della gestione degli aiuti alla società GHF, così riportando ogni approvvigionamento alla popolazione intrappolata nella Striscia (e soggetta a continui trasferimenti forzati) sotto l’esclusivo controllo di Israele, in una prospettiva evidente di distruzione del gruppo Palestinese; d) distruzione del sistema sanitario, compresi edifici, ambulanze, strumentazioni essenziali; uccisione, ferimento, arresto e violenze nei confronti di medici e operatori sanitari[22]; divieto di lasciare Gaza per moltissime persone gravemente ammalate; e) violenze sessuali e su base di genere, del tutto inutili e sproporzionate rispetto all’obiettivo dichiarato di sconfiggere Hamas; f) attacchi mirati contro i bambini in molteplici forme, compreso l’uso di armi da fuoco in occasione delle file per ricevere cibo[23], così che si può concludere che «la vasta e sistematica presa di mira dei bambini è parte di una strategia per distruggere la continuità biologica e la futura esistenza del gruppo Palestinese a Gaza, e quindi parte dell’intento di distruggere i Palestinesi a Gaza»;
C. L’esistenza di incitamenti pubblici e diretti alla commissione di genocidio costituisce delitto come previsto dall’art. III, lett. (c) della Convenzione e deve essere valutata nel contesto in cui le dichiarazioni vengono rese, considerando anche il linguaggio usato e recepito, nonché il pubblico a cui sono rivolte. Ricorrendo a questi criteri, l’esame delle dichiarazioni rese da esponenti governativi e militari importanti portano a concludere con evidenza che tutta la popolazione di Gaza viene indicata come co-responsabile dell’eccidio del 7 ottobre 2023, messaggio che per i soldati ha significato il poter agire sapendo che «non c’è nessun innocente» e che l’obiettivo era «distruggere Gaza». Se ne deve concludere, secondo la Commissione, che quelle «dichiarazioni non solo permettevano al personale delle forze di sicurezza di continuamente ignorare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale, ma spingevano i soldati a uccidere e ferire i Palestinesi di Gaza come vendetta per l’attacco del 7 ottobre 2023 in Israele». Inoltre, lo Stato di Israele ha violato l’art. IV della Convenzione che obbliga gli Stati a punire coloro che commettono incitamento.
8. Da quanto precede la Commissione trae, infine, la conclusione che anche lo Stato di Israele va ritenuto responsabile del delitto di genocidio. Non solo l’esistenza di chiare catene di comando pone in collegamento evidente le intenzioni, gli ordini e le dichiarazioni dei leader politici e militari con le condotte delle forze armate e degli apparati di sicurezza, ma la scelta dei leader di non mutare politica dopo l’evidenza di condotte criminali e i provvedimenti adottati dalla Corte Internazionale di Giustizia, unita alla mancanza di interventi per reprime e punire le violazioni evidenti commesse sul campo (oggetto ora di giustificazione ora di incitamento), sono tutti indicatori che concorrono alla responsabilità dello Stato per il delitto di genocidio, art. III, lett.(c).
9. La Commissione conclude anche questa volta il proprio lavoro con «raccomandazioni» volte a interrompere le azioni illegali e a prevenirne di nuove. Se è inutile qui esaminare le raccomandazioni rivolte allo Stato di Israele, oramai preda nelle sue istituzioni di spinte ossessive e incapace di qualsiasi dialogo, tra gli inviti rivolti agli altri Stati troviamo: … b) cessare le forniture di armi e di carburante per i jet quando si sospetti che possano essere usati per il genocidio; c) assicurarsi che individui e compagnie nazionali non concorrano al genocidio né si producano in incitamento; d) facilitare le investigazioni e i procedimenti e prendere iniziative (incluse sanzioni) verso lo Stato di Israele e persone o compagnie autrici di reato; e) cooperare con la Corte Penale Internazionale (CPI) e la sua Procura.
Infine, la Commissione raccomanda al procuratore della CPI di considerare nella investigazione in corso anche il delitto di genocidio e di esaminare la posizione delle persone nominate nel corso della relazione[24].
10. Nonostante il divieto di ingresso alla stampa indipendente in Gaza e l’uccisione di oltre 200 giornalisti, la Commissione ha potuto esaminare centinaia di documenti e testimonianze; l’evidenza dei fatti e delle valutazioni della Commissione non fa che confermare quello che ogni persona di buon senso aveva capito da tempo ed ha il pregio di confutare puntualmente sul piano giuridico e culturale le posizioni di coloro che con argomentazioni le più varie escludevano l’esistenza degli estremi del genocidio. E’ probabile che molti adesso metteranno in discussione il valore e la portata della relazione, ma i fatti sono testardi e il loro significato si impone, come ben hanno compreso sempre più larghi settori di opinione pubblica che, in dissenso dalle posizioni dei loro governanti, sentono di non poter più tacere e né tollerare l’indicibile. E’, questo, un sentimento che si connota di oggettiva rilevanza politica. In un’epoca di disorientamento e diffusa sfiducia, i valori e gli obiettivi della pace, del rispetto della persona e della giustizia stanno fortunatamente diventando punti di riferimento e ragione di impegno per molti.
[1] La Commissione Internazionale Indipendente d’inchiesta sui Territori Palestinesi Occupati, compresa Gerusalemme Est, e Israele fu istituita dal Consiglio dei Diritti Umani ONU nel Maggio 2021. Da allora ha pubblicato tre rapporti e alcuni conference room paper, cui si aggiunge l’attuale, oltre ad altri documenti.
[2] Come chiarito dalla Commissione, le condotte poste in essere dopo il 7 ottobre 2023 si pongono in continuità esponenziale con la realtà dei decenni precedenti. Il terribile pogrom compiuto da Hamas, che certamente comporta delitti internazionali per i quali i suoi capi (in gran parte non più in vita) sono stati oggetto di mandato di arresto da parte della Corte Penale Internazionale (CPI), non rende legittima la reazione che da quasi due anni le autorità israeliane sta conducendo e non esclude le finalità genocidiarie che la Commissione stessa accerta e motiva.
[3] In più di una occasione Israele, supportata dagli Usa, ha sollecitato la cessazione del lavoro della Commissione e rappresentanti israeliani hanno accusato la stessa di parzialità. I più recenti commenti parlano addirittura di collateralismo con Hamas.
[4] La Presidente è la dr.ssa Navi Pillay (sudafricana, giudice della Corte Suprema del suo Paese, giudice della CPI, Presidente del Tribunale per il Rwanda e commissaria della Commissione Internazionale contro la pena di morte); sono poi membri: il dr. Miloon Kathari (architetto indiano, Special Rapporteur ONU per il diritto a un’abitazione dignitosa, docente universitario e attivista per i diritti umani) e il dr. Chris Sidoti (avvocato australiano, docente universitario, Commissario per i Diritti Umani, componente della Commissione per la Riforma del diritto australiano).
[5] A pag.3 del documento che analizziamo si indicano i crimini individuati nei documenti precedenti: sterminio, tortura, sequestro, violenza sessuale, trasferimento forzato, carestia come strumento di guerra, etc. Per alcuni di essi la CPI ha emanato un ordine di arresto nei confronti del PM Netanyahu e altri.
[6] Il pensiero va alla posizione negazionista delle istituzioni turche rispetto all’evidenza del genocidio perpetrato contro la popolazione armena nel corso della Prima Guerra Mondiale.
[7] Da mesi ascoltiamo commenti che invitano a «non impiccarsi alle parole», così svilendo l’importanza del termine genocidio ed evitando di confrontarsi con esso. E’ un’impostazione che nessun giurista e nessun esperto di relazioni internazionali può accettare, essendo evidente che i termini giuridici hanno una specifica pregnanza. I delitti di crimine di guerra e crimine contro l’umanità possono essere commessi come conseguenza di abusi individuali o collettivi, con una volontà che non va oltre le condotte criminali (i bombardamenti di ospedali, mercati, scuole… commessi dalla Federazione Russa in Siria, al pari dei bombardamenti odierni di obiettivi civili in Ucraina, non andavano oltre lo scopo di terrorizzare la popolazione e di “vincere la guerra”), mentre il genocidio ha tutt’altra natura e una finalizzazione che utilizza i crimini di guerra e contro l’umanità e altre condotte violente per finalità di aggressione e di sterminio di un gruppo o di una sua parte.
[8] L’utilizzo strumentale che viene fatto in molti Paesi del risorgente concetto di “sicurezza nazionale” richiederebbe un’anali molto più attenta di quanto avvenuto finora.
[9] Ne sono conferma numerose vicende recenti, da quella dei cercapersone venduti a Hezbollah e fatti esplodere simultaneamente alla vendita dei sistemi di infiltrazione Paragon a governi occidentali (e ben noti per gli abusi commessi in Italia), per non dire della sistematica intercettazione di tutte le conversazioni in corso nei territori occupati e la gestione della relativa e immensa mole di dati con l’intelligenza artificiale. Né può dimenticarsi che l’aereo spia dell’Esercito italiano impiegato nei recentissimi episodi di violazione dello spazio aereo europeo da parte di aerei russi rappresenta una punta avanzata del sistema difensivo europeo e, da quanto si è letto sugli organi di stampa, è dotato di strumentazione e sistemi prodotti da aziende israeliane.
[10] Il valore simbolico e fortemente politico del riconoscimento dello Stato di Palestina non comporta che i medesimi Stati e le loro industrie interrompano davvero i rapporti commerciali e militari con Israele.
[11] Fra l’altro, per restare all’Italia, fonti giornalistiche indipendenti hanno reso noto che gli aeroporti militari italiani in tempi recenti hanno fornito appoggio ad aerei militari israeliani e che le nostre forze di sicurezza hanno vigilato su decine e decine di soldati israeliani che dopo la missione svolta a Gaza (terra di crimini di guerra, quantomeno) venivano mandati a ritemprarsi in hotel o resort del nostro Paese.
[12] Si veda il successivo punto 9 dedicato alle Raccomandazioni.
[13] Già nel 1970 la Corte Internazionale di Giustizia affermò tale principio nel caso Barcelona Traction.
[14] Pronuncia della Corte nel 2007 nel caso Bosnia and Herzegovina contro Serbia e Montenegro.
[15] La Convenzione è stata introdotta nel nostro ordinamento con la Legge 9 ottobre 1967, n. 962.
[16] Se è indispensabile che le operazioni militari e le condotte di genocidio cessino immediatamente e che la popolazione civile possa ricevere gli aiuti essenziali, alla luce del regime di apartheid ancora presente in Gaza e Cisgiordania dobbiamo essere consapevoli del fatto che le conseguenze legate all’occupazione illegale e alle discriminazioni non cesseranno senza una soluzione politica coerente, esattamente quella che Israele dichiaratamente non intende raggiungere.
[17] Quanto appena detto ha evidenti conseguenze anche sulla posizione di quelle autorità israeliane secondo cui gli equipaggi della Flottilla dovrebbero essere qualificati come “terroristi”, posizioni che marcano ancora una volta la follia che caratterizza le situazioni di guerra e i fondamentalismi di ogni natura.
[18] Alcuni testimoni hanno riferito alla Commissione che a causa delle violenze cui hanno assistito, delle perdite di familiari e amici, dei trasferimenti continui … i loro bambini hanno come unico pensiero quello di riuscire a sopravvivere.
[19] La sistematica distruzione degli edifici residenziali strade, dei giardini e dei luoghi pubblici, che va oltre ogni immaginabile esigenza militare, si accompagna all’altrettanto sistematica distruzione dei giardini e delle piantagioni, in un evidente disegno di rendere la terra inabitabile ai Palestinesi per decenni a venire.
[20] «[T]he Palestinians appear to constitute a distinct national, ethical, racial or religious group».
[21] Si tratta di dichiarazioni del Pres. Hergoz, del PM Netanyahu, del Gen. Khalifa, del Col. Eshel e altri, tra cui vanno annoverate dichiarazioni che invocano il sostegno e la guida di Dio nell’azione militare, che rievocano il destino degli Amalechiti e la loro totale distruzione narrata nella Bibbia, che valorizzano la vendetta e la sua funzione di ammonimento per tutti.
[22] Non possiamo dimenticare che in una recente trasmissione televisiva il responsabile italiano di una struttura sanitaria di Gaza ha riferito che il personale sanitario deve continuamente cambiare alloggio e rifugio ed evita di indossare camici bianchi fuori dalla clinica per non diventare obiettivo di attacchi mirati.
[23] Sulle violenze intenzionali contro i bambini, i paragrafi 214-218 sono particolarmente puntuali.
[24] Notizie di stampa danno per scontato che, non casualmente, l’Amministrazione statunitense sta per allargare all’intera CPI le sanzioni già applicate a parte dei giudici, dei procuratori e del personale.