Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

Focus sul Decreto legislativo 31 ottobre 2024, n. 164 (c.d. Correttivo della riforma Cartabia del processo civile)

Raccogliamo, in un'unica pubblicazione e precedute dalla presentazione del curatore Angelo Danilo De Santis, quattro contributi sulle recenti modifiche apportate dal d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, contenente disposizioni integrative e correttive al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (cd. "riforma Cartabia" del processo civile).

Con un percorso parlamentare più accidentato del previsto, è stato pubblicato nella G.U. n. 264 dell’11 novembre 2024 il d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, contenente disposizioni integrative e correttive al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, recante la riforma del processo civile.

L’opera di modifica e integrazione appare in alcuni casi più profonda, in altri limitata ad una semplice e leggero maquillage.

I quattro contributi che seguono danno conto e analizzano le principali novità che hanno riguardato il rito ordinario di cognizione e quello semplificato, le impugnazioni, il rito in materia di persona, minorenni e famiglia, nonché le ultime evoluzioni della telematizzazione del processo e dell’udienza.

A dispetto della sua rubrica, l’art. 7 («Disposizioni transitorie») del decreto non reca alcuna norma transitoria, intesa come regula iuris terza e speciale, funzionale a garantire il passaggio dalla disciplina precedente a quella successiva, ma si limita a dare indicazioni sulla applicabilità temporale delle nuove norme (v. B. Capponi, Noterella sulla disciplina transitoria del decreto legislativo 31 ottobre 2024, n. 164 (g.u. n. 264 dell’11 novembre 2024), in www.judicium.it del 18 novembre 2024); al 1° comma, recita che «ove non diversamente previsto, le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023». I sei commi successivi riportano le poche eccezioni a tale regola generale.

L’entrata in vigore del decreto, in difetto di diversa previsione, è da intendersi soggetta alla regola generale dell’art. 10 delle preleggi.

A far data dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella G.U., dunque, le norme contenute nel decreto correttivo hanno iniziato ad applicarsi, ma guardando al passato, cioè ai procedimenti introdotti a partire dal 1° marzo 2023 (salvo alcune eccezioni).

Per tutti questi processi, giudici, personale di cancelleria e avvocati dovranno tener conto del conflitto di leggi nel tempo, e cioè del fatto che uno stesso processo sarà regolato da due discipline (quella rinveniente dalla riforma di cui al d.lgs. 149/2022 e quella di cui al correttivo del d.lgs. 164/2024 dal 26 novembre 2024).

Non è difficile preconizzare difficoltà interpretative e possibili errori e fraintendimenti, anche, per esempio, nei casi in cui l’entrata in vigore del correttivo cada nel tempo di decorrenza di un termine processuale o in un momento successivo ad una riserva assunta da un giudice su un’istanza di parte e precedente il suo scioglimento.

Una disciplina transitoria, in grado di rendere coerente e armonico il passaggio “in corsa” da una regola processuale ad un’altra, sarebbe stata quanto mai opportuna.

Angelo Danilo De Santis

[**]

Elisa Bertillo, giudice del lavoro, Tribunale di Civitavecchia
 
Angelo Danilo De Santis, professore associato di diritto processuale civile nell’Università Roma Tre
 
Ginevra Ammassari, avvocata in Roma, dottoressa di ricerca in diritto processuale civile
 
Laura Costantino, avvocata in Roma, dottoressa di ricerca in diritto processuale civile
 
Guerino Biasucci, avvocato in Cassino, dottore di ricerca in diritto processuale civile

23/12/2024
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
Il no alla separazione delle carriere con parole semplici: un tentativo

La foglia di fico della separazione delle carriere, perseguita per via costituzionale, cela l’autentico obiettivo della riforma: l’indebolimento dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici nel loro ruolo di interpreti della legge, in termini conformi a Costituzione e trattati internazionali. Tuttavia, un’analisi delle ragioni a favore della separazione delle carriere ne svela incongruenze e ipocrisie e, persino, un certo anacronismo argomentativo, alla luce delle progressive riforme che hanno cambiato il volto e il ruolo delle indagini preliminari. Mentre l’analisi prospettica dei pericoli sottesi alla separazione delle carriere, dovrebbe mettere sull’allerta i cultori del diritto penale liberale, molti dei quali appaiono accecati dall’ideologia separatista e sordi ai rumori del tempo presente che impongono di inquadrare anche questa riforma nel contesto più generale della progressiva verticalizzazione dei rapporti tra istituzioni democratiche, insofferente ai bilanciamenti dei poteri che fondano la Carta costituzionale.

30/06/2025
Csm separati e formati per sorteggio. Una riforma per scompaginare il governo autonomo

L’iter della riforma costituzionale della magistratura procede verso l’approvazione definitiva, in doppia lettura, del disegno di legge di revisione costituzionale entro il 2025 e lo svolgimento del prevedibile referendum confermativo nel 2026.
Per quanto indesiderabile e foriera di conseguenze negative per le garanzie dei cittadini, la formale e definitiva separazione delle carriere, nei fatti già realizzata, avrebbe potuto essere sancita anche con una legge ordinaria. Ma le mire della maggioranza di governo si sono rivelate ben più vaste e ambiziose di questo risultato, mostrando di avere come ultimo e decisivo bersaglio la disarticolazione e il depotenziamento del modello di governo autonomo della magistratura, voluto dai Costituenti a garanzia “forte” dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati.
La realizzazione di questo obiettivo viene affidata al ripudio del metodo democratico e al ricorso alla sorte per la formazione dei due Consigli superiori separati e dell’Alta Corte, il nuovo giudice disciplinare dei magistrati ordinari. Con una totale inversione di segno rispetto alla Costituzione del 1947, si rinuncia alla selezione derivante dalle elezioni in nome della casualità, si rifiuta il discernimento in favore della cecità di un’estrazione a sorte, si sceglie di cancellare il sistema fondato sulla rappresentanza, ritenuto inutile e dannoso, per far emergere casualmente dal corpo della magistratura i soggetti destinati ad amministrarla. Sostituire il caso all’elezione dei “governanti”, spezzando il nesso democratico tra amministratori  e amministrati, significa porre in essere una enorme rottura culturale, politica e istituzionale con l’esperienza storica del governo autonomo della magistratura e con l’equilibrio tra i poteri disegnato nella Costituzione. Ed è forte il rischio che negli organismi del governo autonomo, nati dal caso e formati in base al principio  per cui  “l’uno vale l’altro”, rivivrà una concezione della magistratura come corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera, cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative.
I cittadini sbaglierebbero a ritenere che l’involuzione corporativa e burocratica determinata dal sorteggio sia un affare interno della magistratura. Consigli superiori sminuiti dall’estrazione a sorte dei loro membri sarebbero più deboli e condizionabili nella difesa dell’indipendenza della magistratura. E di questa minore indipendenza pagherebbero il prezzo i ceti più deboli e le persone prive di potere e di ricchezza. 

10/06/2025