Magistratura democratica
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Il Governo interviene sulla Corte dei conti: perché preoccuparsi (e per cosa)

di Andrea Carapellucci
magistrato contabile

1. I fatti. Un emendamento “concomitante” ad atti del potere giudiziario

La polemica innescata, nei giorni scorsi, dall’intervento del Governo sui poteri della Corte dei conti è stata segnata da un livello di confusione insolito persino per gli standard del dibattito pubblico italiano. Né i commentatori (compresi i più illustri) né gli esponenti politici, di maggioranza e di opposizione, hanno dimostrato una comprensione sufficiente delle questioni trattate e del loro peso. È quindi opportuno fare chiarezza sui fatti, per poi approfondire l’analisi degli interventi governativi.

Lo scorso 3 maggio viene pubblicata la delibera n. 17/2023 del Collegio del controllo concomitante della Corte dei conti. Nell’ambito dell’attuazione del Pnrr, la mancata aggiudicazione di alcuni contratti di appalto (l’Amministrazione aveva ricevuto solo 35 offerte sulle 40 necessarie) è attribuita dalla Corte all’omessa pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta dell’Unione Europea – adempimento previsto dalla legge – e all’assenza di altre idonee forme di pubblicità. Per la prima volta dalla sua istituzione, il Collegio ravvisa, ai sensi dell’art. 22 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, la presenza di gravi irregolarità gestionali che possono dar luogo a responsabilità dirigenziale[1].

Con delibera n. 18/2023, pubblicata lo stesso giorno, il Collegio accerta invece il mancato conseguimento di uno degli obiettivi intermedi nazionali (e non della milestone europea), con riferimento a un altro progetto del Piano di ripresa e resilienza, in materia di infrastrutture di ricarica elettrica[2].

L’8 maggio, Repubblica titola: Fitto attacca la Corte dei conti sul Pnrr: "Inaudita ingerenza. Così bloccano tutto"[3]. L’irritazione del ministro per gli Affari Europei, le politiche di coesione e il Pnrr viene riferita anche dal Sole24Ore[4].

Il 25 maggio, la Corte presenta il Rapporto annuale sul coordinamento della finanza pubblica. La stampa evidenzia, fra i rilievi critici, quelli sullo stato di attuazione del Pnrr. Il ministro Fitto, in una nota ufficiale, invoca espressamente «un approccio più costruttivo» da parte della magistratura contabile[5].

Dal giorno successivo, 26 maggio, inizia a circolare con insistenza la notizia che il Governo intenderebbe reiterare la misura del c.d. “scudo erariale”, introdotta nella primavera del 2020. Un’analoga iniziativa parlamentare, nel mese di marzo, non aveva ricevuto il sostegno del Governo[6].

Dal 27 maggio la stampa riferisce ampiamente dell’iniziativa, che non viene smentita. Insieme alla proroga dello “scudo erariale”, si parla ora dell’esclusione del Pnrr dall’ambito del controllo concomitante della Corte dei conti[7].

Mentre divampa la polemica politica, il 31 maggio viene ufficialmente presentato alla Camera l’emendamento governativo 1.83, relativo all’art. 1 del disegno di legge (A.C. 1114) di conversione del d.l. n. 44/2023, c.d. “decreto P.A.”, in scadenza il 21 giugno prossimo.

L’emendamento prevede la proroga di un anno dello “scudo erariale” e la limitazione del controllo concomitante, escludendone i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli interventi complementari (PNC).

Approvato in commissione il 1° giugno, dopo una rapida audizione del Presidente della Corte dei conti, richiesta dalle opposizioni, il provvedimento è pronto per il voto in aula. Il 5 giugno, primo giorno non festivo dopo il passaggio in commissione, il Governo pone la questione di fiducia sul testo e il 6 giugno la Camera la approva.

Sono trascorsi sette giorni dalla formale presentazione dell’emendamento, di fatto discusso solo in commissione, in un’unica seduta e in un solo ramo del Parlamento. L’approvazione da parte del Senato della legge di conversione è prevista nei prossimi giorni: l’imminente scadenza del decreto (21 giugno) esclude la possibilità di un’ulteriore staffetta tra le Camere.

La magistratura contabile, riunita in assemblea straordinaria, esprime una ferma condanna dell’iniziativa del Governo. In un comunicato dello stesso 5 giugno, l’Associazione dei Magistrati della Corte dei conti (AMCC) dichiara: «Non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile ma la tutela dei cittadini. La conferma dello scudo erariale, in assenza del contesto di emergenza pandemica nel quale è nato, impedisce di perseguire i responsabili e di recuperare le risorse distratte, facendo sì che il danno resti a carico della collettività. Al contempo, l'abolizione di controlli in itinere, su attività specificamente volte al rilancio dell'economia, significa indebolire i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa».

Anche il presidente dell’ANM, in un’intervista, si dichiara contrario alla misura, evidenziando come la limitazione dei controlli sia utile “solo al Governo stesso” e che la proroga dello “scudo erariale” è del tutto ingiustificata una volta terminata l’emergenza pandemica[8].

L’8 giugno, l’assemblea dell’Associazione nazionale dei Magistrati e degli Avvocati dello Stato in pensione, esprime, con una deliberazione, la propria «viva preoccupazione per la decisione del Governo di limitare le funzioni di controllo concomitante, in nessun caso con effetti impeditivi, sui progetti finanziati a carico delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e di prorogare ulteriormente lo scudo erariale».

La necessità di eliminare il controllo concomitante sul Pnrr è stata motivata con argomenti di diversa natura.

Se la linea ufficiale del Governo e della maggioranza sembra essere quella che il controllo concomitante (spesso confuso con il controllo preventivo[9]) rallenterebbe l’esecuzione degli interventi e rappresenterebbe un doppione rispetto ai controlli della Commissione europea, non è possibile ignorare le insistenti insinuazioni del ministro Fitto[10] sul fatto che la Corte avrebbe in qualche modo abusato dei propri poteri, applicando al Pnrr una forma di controllo diversa da quella ad hoc di cui al d.l. n. 77/2021. A queste si è associato il rilievo che il controllo concomitante, previsto fin dal 2009 (in realtà, almeno dal 1994), non era mai stato esercitato prima dell’avvio del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Su tali argomenti si tornerà ampiamente nel prosieguo.

Quanto alla proroga dello “scudo erariale”, i promotori si sono limitati a osservare che si tratta di una misura introdotta dal Governo Conte II e già prorogata dal Governo Draghi, senza entrare in alcun modo nel merito. Da quest’ultima misura, di portata e conseguenze ben più ampie della prima, conviene quindi iniziare.

 

2. La proroga dello “scudo erariale” e le sue conseguenze

Nel sistema italiano, la responsabilità per danno all’Erario è costruita sul modello della responsabilità civile, con la quale convive, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione, frequentemente definito “del doppio binario”[11]. Si tratta di una responsabilità fondata su una clausola generale: qualunque danno cagionato con dolo o con colpa grave determina la responsabilità del soggetto legato all’Amministrazione da un rapporto di servizio. La responsabilità amministrativa ha funzioni prevalentemente risarcitorie[12] e una disciplina che, nelle ipotesi dolose, risulta sostanzialmente indistinguibile da quella civilistica ordinaria[13]. Per questo motivo, oltre che per la maggiore frequenza con cui empiricamente si manifesta, la responsabilità per colpa grave rappresenta il cuore dell’istituto, che costituisce a sua volta il principale ambito in cui si esercita la giurisdizione della Corte dei conti, dopo il ridimensionamento delle controversie pensionistiche[14].

Oltre alla limitazione alla colpa grave – analoga quella prevista dall’art. 2236 cc per le attività professionali, ma estesa anche ai compiti di non speciale difficoltà – la responsabilità erariale colposa esclude la trasmissibilità del debito risarcitorio (c.d. personalità) e vede di regola l’applicazione del potere riduttivo, senza limiti minimi: il giudice contabile può addebitare al responsabile il danno prodotto «in tutto o in parte» (art. 83 R.D. n. 2440/1923), in considerazione di circostanze oggettive e soggettive. Il potere riduttivo avvicina quindi la responsabilità erariale a quella penale (art. 133 c.p. sulla determinazione della pena), facendone emergere la finalità sanzionatoria – in senso premiale – accanto a quella di reintegrazione del patrimonio pubblico.

La responsabilità erariale riguarda, per sua natura, azioni e omissioni, che spesso si presentano intrinsecamente collegate. Non trattandosi, infatti, di una responsabilità per fattispecie, non è fondata su condotte tipiche che possano propriamente definirsi commissive o omissive. Un dirigente pubblico, ad esempio, può essere ritenuto responsabile di un danno per aver contribuito a cagionarlo con un atto illegittimo e, al contempo, per non averne limitato le conseguenze con successivi interventi, contravvenendo ai propri doveri d’ufficio.

Il d.l. n. 76/2020, emanato nella prima fase della pandemia da COVID-19, con l’esplicito obiettivo di mettere al riparo i funzionari che agivano in circostanze emergenziali, introdusse, all’art. 21, una temporanea limitazione di responsabilità. Non consapevole dei problemi sistematici, subito evidenziati dalla dottrina[15], il legislatore ha circoscritto la responsabilità per colpa grave alle sole condotte omissive, rendendo le condotte dannose commissive perseguibili solo a titolo di dolo[16].

La maggioranza delle contestazioni avanzate dalle Procure contabili riguardano, tradizionalmente, ipotesi commissive. La responsabilità per omissione solleva, come noto, numerosi problemi relativi all’accertamento della colpa e del nesso causale, da sempre dibattuti dalla dottrina[17]. In questo specifico ambito, il fatto che l’attività dell’Amministrazione sia procedimentalizzata e che la sua organizzazione complessa rende ancor più problematiche le contestazioni di questo tipo: ogni danno erariale, infatti, vede, accanto a condotte commissive che hanno concorso a determinarlo, un numero elevato di soggetti che, per legge, avrebbero dovuto vigilare su tali condotte e impedire il danno. Da ciò discende, com’è evidente, la potenziale moltiplicazione dei responsabili, con conseguenze indesiderabili sia sul piano della materiale difficoltà dell’accertamento delle responsabilità individuali sia sul piano della ragionevole durata del giudizio. Gli istituti sostanziali e processuali della responsabilità amministrativa consentono, del resto, di tenere conto delle ipotetiche responsabilità concorrenti, anche omissive, per altre vie[18].

Appare quindi evidente l’incompatibilità con la struttura stessa della responsabilità amministrativa della distinzione asimmetrica introdotta dallo “scudo erariale”, che cancella (salvo il dolo) la responsabilità per condotte commissive, confermando invece le regole ordinarie per la responsabilità omissiva.

La magistratura contabile, nell’esprimere fin dall’inizio la propria contrarietà alla misura, ha evidenziato come questa ponga di fronte al dilemma tra rinunciare a perseguire condotte gravemente negligenti che hanno prodotto danni all’Erario e alla collettività o perseguirle prospettandole in forma omissiva, nei confronti degli stessi o di altri presunti responsabili[19].

Chi invoca la “paura della firma” per giustificare le limitazioni di responsabilità dei funzionari pubblici dovrebbe riflettere sui rischi insiti in una stabilizzazione delle norme del d.l. n. 76/2020 (vigenti ormai da tre anni e prorogate per un quarto).

In particolare, il rischio che il giudice contabile finisca per adottare, nei giudizi di responsabilità per omissione, standard probatori e argomenti logici meno rigidi, più vicini a quelli della responsabilità civile e, in particolare, a quelli applicati dalle altre giurisdizioni per accertare la responsabilità degli enti pubblici (si pensi a concetti come la colpa dell’apparato). A ciò conseguirebbe una sostanziale oggettivazione della responsabilità dei funzionari, operata valorizzando le norme pubblicistiche che istituiscono posizioni di garanzia.

Il “doppio binario”, che consente all’Amministrazione di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito dal proprio dipendente, pone un secondo, grave problema. Infatti, a fronte di una condotta commissiva non perseguibile dalla Procura contabile per effetto dello scudo, è inevitabile domandarsi se i vertici dell’ente pubblico danneggiato non incorrerebbero in un’omissione gravemente colposa, fonte di responsabilità erariale, qualora rinunciassero ad agire in sede civile contro il danneggiante.

Per queste e altre ragioni, lo scudo rappresenta una grave anomalia, un corpo estraneo inserito nel sistema delle responsabilità dei pubblici dipendenti, capace di alterarlo in modo irrazionale e non conforme all’art. 28 Cost. Esso incide, peraltro, anche sulla responsabilità dei privati percettori di finanziamenti pubblici, rispetto ai quali è riconosciuta da tempo la giurisdizione della Corte dei conti in caso di malversazione. Come ricordato dal Presidente della Corte nell’audizione parlamentare del 1° giugno scorso[20], i giudizi di responsabilità amministrativa attivati nei confronti dei privati superano, oggi, quelli nei confronti dei pubblici dipendenti.

Anche in questo caso, l’alternativa all’azione pubblica delle Procure contabili è quella ordinaria da parte delle Amministrazioni che erogano i fondi e similmente si pone il problema della responsabilità omissiva per gli amministratori che non abbiano provveduto al recupero.

Se i problemi sopra descritti non si sono ancora manifestati in modo dirompente è solo perché l’azione di responsabilità erariale viene esercitata, nella maggior parte dei casi, a distanza di alcuni anni dalle condotte all’origine del danno. Le Procure contabili agiscono, infatti, prevalentemente all’esito di giudizi penali o civili nei quali l’Amministrazione è stata condannata a risarcire soggetti privati (danno indiretto), o a fronte di reati del pubblico dipendente accertati dal giudice penale, o all’esito di procedimenti amministrativi. In diverse ipotesi, il danno si concretizza solo con lo spirare del termine di prescrizione del credito restitutorio o risarcitorio della P.A., e l’azione erariale è quindi necessariamente esercitata a distanza di molto tempo dai fatti.

Nei tre anni trascorsi dall’introduzione dello scudo, la maggior parte delle citazioni e dei giudizi celebrati dalla Corte ha avuto ad oggetto fatti precedenti all’entrata in vigore del d.l. n. 76/2020. Nel prossimo futuro, tuttavia, gli effetti dello “scudo erariale” inizieranno inevitabilmente a manifestarsi. È quindi essenziale, oltre che coerente con l’originaria intenzione del legislatore, che le norme del d.l. n. 76/2020 restino un’eccezione, applicabile per un periodo di tempo limitato (per quanto esteso).

Ciò non esclude, naturalmente, una complessiva revisione degli istituti della responsabilità erariale, che traggano spunto dalle soluzioni più recentemente adottate dal legislatore in materia di responsabilità medica (ove sono previsti massimali per il danno addebitabile al responsabile) e nell’ambito del nuovo Codice dei contratti pubblici (che contiene una più circoscritta definizione della colpa grave, recependo peraltro la giurisprudenza maggioritaria)[21]. Altre modifiche sono state proposte dalla dottrina, come l’obbligatorietà dell’applicazione del potere riduttivo e il suo ancoraggio a precisi criteri normativi. È essenziale comprendere, tuttavia, che solo una responsabilità risarcitoria, basata su di una clausola generale che contempli la colpa grave, consente di contemperare la tutela delle finanze pubbliche alle esigenze di funzionamento dell’Amministrazione.

Un suo snaturamento, come quello operato scudo, rappresenta invece nient’altro che il viatico per la sua abolizione, da promuoversi, magari, attraverso la strumentalizzazione della giurisprudenza della Corte EDU[22] in materia di bis in idem: nel caso di specie, tra giudizio penale e “nuovo” giudizio contabile, circoscritto alla responsabilità per dolo, che frequentemente discende proprio da un reato.

 

3. Il sistema dei controlli sul Pnrr e l’eliminazione del controllo concomitante della Corte dei conti

L’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è sottoposta a controlli di diverso tipo: controlli interni delle Amministrazioni pubbliche coinvolte nell’attuazione, controlli amministrativi da parte di specifiche strutture della P.A. (in particolare, ma non esclusivamente, la Ragioneria generale dello Stato), controlli della Commissione europea, controlli affidati alla Corte dei conti e ad autorità amministrative indipendenti come l’ANAC.

Un primo elemento essenziale alla comprensione della vicenda è il seguente: il legislatore non ha introdotto, per il Pnrr, nuove tipologie di controllo da parte Corte dei conti, ma si è limitato a disciplinare l’applicazione al Piano di controlli già esistenti.

Il decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, che disciplina la governance del piano, prevede all’art. 7 che la Corte eserciti il tradizionale controllo sulla gestione di cui all’art. 3 della legge n. 20/1994, il quale, ai sensi della medesima legge, non è necessariamente successivo, ma può svolgersi anche in corso di gestione. Le Sezioni riunite in sede di controllo presentano, semestralmente, un referto alle Camere sull’esito di tali controlli.

Il decreto-legge fa espressamente salvi (art. 3, comma nono) i controlli «sugli atti, i contratti e i provvedimenti di spesa» previsti dalla legislazione vigente, tra i quali spicca il controllo preventivo di legittimità sugli atti, che la Corte esercita attraverso la propria Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, oltre che attraverso le Sezioni regionali.

Il controllo concomitante, espressamente disciplinato dalla legge Brunetta del 2009 (art. 11, l. n. 15/2009), rappresenta una variante del controllo sulla gestione in itinere (già contemplato dalla l. n. 20/1994), che si caratterizza per la particolare finalità di individuare «in contraddittorio con l'amministrazione, le cause di gravi irregolarità gestionali ovvero gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione».

Nel 2020, quando l’emergenza pandemica impose di ricorrere a poderosi interventi pubblici di sostegno all’economia e al suo rilancio, il Governo (Conte II) ravvisò in questa particolare tipologia di controllo uno strumento particolarmente adatto alle nuove forme di intervento pubblico e inserì, nel corpo del d.l. n. 76/2020, la seguente disposizione: la Corte dei conti avrebbe svolto (obbligatoriamente) il controllo concomitante di cui alla legge Brunetta (una variante di quello sulla gestione della legge n. 20/1994) sui «principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell'economia nazionale».

Il Pnrr, varato l’anno successivo, rappresenta senza dubbio il principale piano di rilancio dell’economia nazionale e, per questo motivo, la Corte dei conti ha doverosamente attivato questa forma di controllo sul piano, affidandola a un neocostituito Collegio in seno alla Sezione incaricata del controllo sulla gestione.

In sintesi, nel complesso quadro di controlli sull’attuazione del Piano, la Corte ha ritenuto opportuno, nell’esercizio della propria autonomia organizzativa, di svolgere il controllo concomitante attraverso una struttura autonoma rispetto a quella incaricata del controllo sulla gestione, alla luce delle diverse finalità dei due controlli: il primo, rivolto principalmente al rispetto dei tempi di realizzazione del Piano, il secondo all’economicità, efficienza ed efficacia della gestione.

Da ciò, alcune conclusioni.

Nonostante la volontà del Governo, reiteratamente espressa dal ministro Fitto, di vedere applicati al piano solo i controlli di cui al d.l. n. 77/2021, quest’ultimo non può essere interpretato nel senso di escludere altre forme di controllo, che anzi sono fatte espressamente salve.

In assenza dell’emendamento governativo che esclude il controllo concomitante sul Pnrr, la Corte era giuridicamente obbligata a svolgerlo, ai sensi del d.l. n. 76/2020, non essendo dubitabile che il Piano rappresenti uno dei «principali piani, programmi e progetti (…) di rilancio dell’economia nazionale».

Il controllo concomitante non è un controllo preventivo, come quello sugli atti, che pure è quotidianamente esercitato dalla Corte anche con riguardo al Pnrr. La sua finalità è quella di accelerare lo svolgimento degli interventi, facendo emergere tempestivamente i problemi che possono compromettere, fra l’altro, il rispetto dei tempi previsti.

Nessun potere sanzionatorio è attribuito alla Corte, a cui è consentito solo segnalare alle Amministrazioni coinvolte la presenza di gravi irregolarità che possono integrare la responsabilità dirigenziale. L’accertamento di tali responsabilità è rimesso all’Amministrazione, che non è neppure formalmente obbligata (anche se sul punto le opinioni sono discordi) ad attivare il procedimento sanzionatorio.

La critica secondo la quale il controllo concomitante sarebbe rimasto lettera morta fino all’attivazione del Pnrr può essere facilmente confutata. Il controllo concomitante, prima del d.l. n. 76/2020, era una semplice variante del controllo sulla gestione, esercitato discrezionalmente dalla Corte, sulla base della periodica programmazione delle proprie attività. Dopo il d.l. n. 76/2020, è diventato obbligatorio nei confronti di piani quali il Pnrr. Non si comprende, quindi, come si possa sostenere che la decisione di sottoporre a controllo concomitante il Piano rappresenterebbe una sorta di accanimento nei confronti del Piano o dell’attuale Governo. Se il legislatore avesse voluto escludere il controllo concomitante a favore del solo controllo sulla gestione (che può svolgersi anche in itinere, come sopra illustrato), avrebbe potuto farlo nel d.l. n. 77/2021. È un fatto, invece, che l’attuale Governo abbia deciso di intervenire solo all’indomani di due delibere sgradite.

Il Presidente della Corte dei conti ha evidenziato, nel corso della recente audizione parlamentare, come le forme di controllo concomitante pongano, da sempre, il problema della cogestione, minando così l’indipendenza del controllore. Il tema è dibattuto da tempo, ma non ha impedito, in passato, di immaginare forme di controllo concomitante ancora più incisive di quelle esistenti: nel 2021, il d.d.l. n. S. 2185 prevedeva che la Corte dei conti potesse addirittura nominare un commissario ad acta per sostituire le Amministrazioni competenti, resesi responsabili di gravi irregolarità e ritardi. La Corte manifestò la propria contrarietà alla proposta[23].

Il disegno di legge portava la firma dei Senatori Candiani, D’Alfonso, Malan, Pagano, Fazzolari, De Petris e Romeo, alcuni dei quali (compreso il primo firmatario) appartenenti all’attuale maggioranza parlamentare.

 

4. Profili di incostituzionalità e di contrarietà al diritto dell’Unione europea delle nuove norme

La stampa riferisce[24] delle perplessità del Presidente della Repubblica sull’intervento governativo. Aver inserito norme ordinamentali in sede di conversione di un decreto-legge, che peraltro non riguardava in alcun modo le funzioni della Corte dei conti, è infatti considerato problematico alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale[25].

I dubbi di costituzionalità e di contrarietà al diritto dell’Unione europea delle norme in questione riguardano, peraltro, anche il loro contenuto di merito. Senza pretesa di completezza, alla luce di quanto illustrato in precedenza è possibile elencare i profili più critici.

Lo Stato italiano è obbligato a garantire agli interessi finanziari dell’Unione una tutela analoga a quella che riserva ai propri (art. 325, par. 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea).

Con l’entrata in vigore delle nuove norme, gli interventi del Pnrr, finanzianti da fondi comunitari, non saranno più assoggettabili al controllo concomitante, a differenza degli altri «principali piani, programmi e progetti (…) di rilancio dell’economia nazionale». Si tratta, naturalmente, di una sola forma di controllo fra le molte esistenti, ma è difficile immaginare una norma che discrimini in modo più esplicito gli interessi finanziari dell’Unione da quelli di uno Stato membro.

La disciplina dei controlli sulla finanza pubblica, inoltre, non è più interamente rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario. La riforma del c.d. pareggio di bilancio in Costituzione ha previsto infatti (art. 5 della l. cost. n. 1/2012) che le “verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica” siano disciplinate dalla legge rinforzata di cui all’art. 81, sesto comma della Costituzione[26].

La vigente legge n. 243/2012, adottata con le maggioranze speciali previste dalla disposizione costituzionale, attualmente non disciplina i controlli della Corte dei conti e si limita a rinviare alla «legge dello Stato» (ordinaria) i controlli della Corte sugli enti (territoriali e non) diversi dallo Stato.

Si tratta di una scelta discutibile, data la non disponibilità dell’oggetto della legge rinforzata da parte del legislatore, alla luce delle norme costituzionali. Per quanto attiene al controllo concomitante, esso è disciplinato da leggi ordinarie anteriori alla riforma costituzionale (art. 3 l. n. 20/1994; art. 11 l. 15/2009) e viene ora limitato ricorrendo alla decretazione d’urgenza. (Non è corretto affermare che il controllo concomitante sarebbe stato introdotto con decreto-legge, perché il d.l. n. 76/2020, come visto, si è limitato a renderlo obbligatorio per i piani di rilancio dell’economia nazionale come il Pnrr).

Per quanto attiene allo “scudo erariale”, la giurisprudenza della Consulta è chiara nell’indicare che le proroghe normative devono essere limitate nel tempo e ragionevoli (da ultimo: Corte Cost. n. 19/2023). In questo caso, è indubbiamente venuta meno la ragione che aveva visto l’introduzione dello scudo, cioè la pandemia, come attestato sia dalla fine dello stato di emergenza nazionale sia dalle dichiarazioni dell’OMS. Quanto alla norma in sé, è certamente sospettabile di irragionevolezza (art. 3 Cost.) e di incompatibilità con l’art. 28 Cost., ai sensi del quale «I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative»: come si è illustrato, infatti, le condotte gravemente negligenti non sono perseguibili per il solo fatto di assumere forma commissiva. Si può quindi immaginare un danno a fronte del quale l’autore materiale non sia responsabile, per effetto dello scudo, a differenza del soggetto tenuto a controllare il suo operato.

 

5. «Più pareri e meno sentenze»: la risposta sbagliata alla crisi dell’Amministrazione italiana

L’insofferenza per il ruolo della Corte dei conti è stata manifestata, di recente, da numerose parti, non solo con riferimento al Piano di ripresa e resilienza o alla responsabilità amministrativa.

La riforma costituzionale del 2012 e la sua attuazione hanno determinato, nell’ultimo decennio, l’irrigidimento dei vincoli finanziari, soprattutto per gli enti territoriali, accompagnati da nuove forme di controllo e di responsabilità (per la maggior parte riconducibili al d.l. n. 174/2012[27]).

La Corte dei conti può oggi imporre all’ente locale la dichiarazione di dissesto finanziario (c.d. dissesto guidato), condizione alla quale è associata una peculiare fattispecie di responsabilità (responsabilità da dissesto). È chiamata a intervenire nelle procedure di pre-dissesto approvando o meno i piani di riequilibrio degli enti locali e monitorandone l’esecuzione. Ha inoltre il potere di precludere l’attuazione di programmi di spesa agli enti locali nell’ambito dei controlli c.d. finanziari, volti a preservare gli equilibri di bilancio.

La parallela introduzione del giudizio di parifica del rendiconto delle Regioni ha moltiplicato le questioni di legittimità costituzionale delle leggi regionali, sollevate dalla Corte nei confronti di leggi di spesa prive di copertura finanziaria o eccedenti le competenze legislative regionali[28]. Una recente controversia, che ha visto protagonista la Regione Siciliana, si è recentemente conclusa con la mancata parifica di una spesa di circa 130 milioni di euro, che renderà necessarie consistenti variazioni di bilancio[29].

Il presidente della Regione Liguria Toti, intervenendo nella polemica in corso, ha affermato: «Sono convinto che il Governo dovesse intervenire sulla Corte dei conti a prescindere dal Pnrr, perché il sindacato della Corte dei Conti sulle scelte politiche, di cui il giudice naturale è l'elettore, risulta ormai troppo evidente e talvolta invadente»[30]. Ha quindi fatto riferimento ai rilievi della Corte nell’ambito del giudizio di parifica del rendiconto regionale ligure, ove sono stati formulati rilievi sull’economicità della scelta di recapitare a domicilio i farmaci ai residenti anziani. 

Il Sottosegretario all’Economia Freni ha esplicitamente invocato, in un’intervista[31], una Corte che faccia «più pareri e meno sentenze». L’auspicio è quindi quello di una magistratura che affianchi l’Amministrazione nel difficile compito di perseguire l’interesse pubblico rispettando la legge, consigliandola e proteggendo dirigenti e funzionari dal rischio di incorrere in responsabilità. (Ci si può chiedere se tale ruolo sia compatibile con le attribuzioni di una magistratura, o rappresenti piuttosto un inutile doppione dell’Avvocatura dello Stato).

La crisi dell’Amministrazione italiana, fiaccata da un quindicennio di tagli lineari, dal decennale blocco del turn-over e, più di recente, dalla prevedibile impossibilità di coprire le carenze di organico accumulate con migliaia di procedure concorsuali contemporanee per centinaia di migliaia di posti, ha trovato nel Pnrr un’occasione particolarmente drammatica di emersione.

Se il conseguimento degli obiettivi del Piano è oggi e messo in discussione dallo stesso Governo[32], ciò si deve in primo luogo, anche se non esclusivamente, alla dimostrata incapacità degli apparati pubblici di realizzare i progetti nel periodo previsto, nonostante la disponibilità delle risorse finanziarie.

A questa crisi conclamata conseguono, com’è inevitabile, appelli ad eliminare ogni forma di ostacolo al conseguimento dei risultati: la necessità dei controlli, considerati “lacci e lacciuoli” alla pari di ogni adempimento burocratico, viene quindi messa in discussione.

Un esempio significativo del nuovo “spirito del tempo” è dato dal Codice dei contratti pubblici recentemente emanato.

Per decenni, le leggi di contabilità generale dello Stato avevano dettato una normativa dei contratti pubblici incentrata sulla tutela dell’interesse dell’Amministrazione ad acquisire beni e servizi sul mercato alle condizioni economiche più favorevoli. Dopo una prima codificazione all’insegna dell’apertura alla concorrenza (nel 2006) e un secondo Codice (2016) fortemente influenzato dalla stagione della normativa anticorruzione (si pensi ai poteri riconosciuti all’ANAC), il nuovo codice è espressamente ispirato al “principio del risultato”. L’interesse alla realizzazione dell’opera, all’acquisto del bene o del servizio, torna quindi centrale, anzi sopravanza quello tradizionale di ottenere le migliori condizioni economiche possibili.

In questa nuova fase, sembra inevitabile che anche il ruolo della magistratura contabile sia destinato a cambiare.

La messa in discussione della regola del pareggio strutturale a livello europeo, con la riforma del patto di stabilità e crescita in corso di elaborazione, produrrà, probabilmente, conseguenze sulle attribuzioni e i poteri della Corte dei conti. È difficile immaginare, infatti, che un sistema di controlli che trova il proprio fondamento nella riforma costituzionale di undici anni, figlia del Fiscal Compact, fa possa sopravvivere inalterato a un’evoluzione delle regole europee[33].

Proprio per questa ragione è necessario distinguere, fra le attribuzioni della magistratura contabile, quelle – relativamente nuove – ascrivibili al suo ruolo di “giudice dei bilanci”, consacrato dalla giurisprudenza costituzionale dell’ultimo decennio[34], da quelle tradizionali di tutela dell’Erario, del patrimonio pubblico, dei beni pubblici e del corretto utilizzo delle risorse della collettività.

Se le prime, infatti, rispondono a esigenze specifiche, sorte in conseguenza dell’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e storicamente connesse a una specifica fase del suo sviluppo (quella segnata dalla crisi del debito del 2011-2012 e dal Fiscal Compact), le seconde trovano fondamento nella Carta del ‘48 e – prima ancora – nell’esigenza di qualsiasi Stato costituzionale di fornire al Parlamento e agli elettori gli strumenti per controllare l’operato dell’esecutivo.

Il controllo di cui all’art. 100 Cost., affidato a una magistratura, e la responsabilità amministrativa affidata alla giurisdizione contabile (art. 103 Cost.), appartengono alla seconda categoria ed è nei confronti di queste attribuzioni tradizionali che si è mosso il Governo con gli emendamenti in questione.

Nel 1852, Camillo Benso di Cavour invocava l’istituzione di una Corte dei conti sul modello francese e belga facendo riferimento all’«assoluta necessità di concentrare il controllo preventivo e consuntivo in un Magistrato inamovibile». Una necessità già avvertita allora, agli albori dello Stato di diritto liberale, e senz’altro ancora attuale, in una moderna democrazia pluralista che voglia rimanere tale.


 
[1] Corte conti, delib. n. 17/2023/CCC, disponibile in www.corteconti.it (URL: https://www.corteconti.it/Download?id=1fe4c30d-e505-4ae7-bfcd-9f3b28843dd3).

[2] Corte conti, delib. n. 18/2023/CCC, disponibile in www.corteconti.it (URL: https://www.corteconti.it/Download?id=9590086a-a3d9-40b3-81a5-317de3ba8dc9).

[3] G. Colombo, Fitto attacca la Corte dei Conti sul Pnrr: "Inaudita ingerenza. Così bloccano tutto", in La Repubblica, 8 maggio 2023, pag. 1.

[4] M. Perrone, Fitto alla Corte dei conti: ecco perché sbagliate su Pnrr, sanzioni e dirigenti, in Il Sole24Ore, 7 maggio 2023, pag. 1.

[5] Fitto: il Pnrr è sfida per Paese, da Corte dei Conti ci aspettiamo approccio costruttivo, in Il Sole24Ore, 27 maggio 2023.

[6] Si v. i dossier relativi al disegno di legge di conversione del d.l. n. 13/2023, relativo alla governance del Pnrr (ora conv. in l. 21 aprile 2023, n. 41), S.564 e A.C.1089, disponibili su: https://www.camera.it/leg19/126?leg=19&idDocumento=1089.

[7] M. Perrone, G. Trovati, Pnrr: stretta sui controlli della Corte dei conti, in Il Sole24Ore, 27 maggio 2023, pag. 1.

[8] L. Milella, Santalucia: “Esecutivo illiberale. Toghe contro Nordio pronte allo sciopero”, in La Repubblica, 5 giugno 2023, pag. 6.

[9] Si v., a titolo di esempio, l’articolo di D. Cacopardo, Corte dei conti, un polverone, pubblicato su Italia Oggi il 7 giugno (pag. 4).

[10] Il 6 giugno, sul profilo Facebook ufficiale del ministro (https://www.facebook.com/fittoraffaele/?locale=it_IT) è comparso un post nel quale si legge: «la previsione del controllo concomitante non nasce per il PNRR (che all’epoca neppure esisteva). Per i fondi del Piano, invece, la disciplina sul controllo della Corte è da rinvenirsi nel DL Draghi n. 77 del 2021 che, senza richiamare mai il controllo concomitante, affida alla Corte il controllo sui fondi nella modalità del controllo successivo sulla gestione e non del controllo concomitante, con criteri di cooperazione e coordinamento con la Corte dei Conti europea. È questa la legge che il Governo intende attuare (…)». Da ultimo, il ministro ha ribadito le sue considerazioni il 9 giugno 2023, nel corso del convegno dal titolo Pnrr. Il controllo: motore del rilancio del Paese, organizzato dall’Osservatorio per le risorse pubbliche della Corte dei conti e dall’Università Cattolica di Milano.

[11] Anche la recente legge Gelli-Bianco in materia di responsabilità dei sanitari (l. 8 marzo 2017, n. 24) contempla e disciplina, accanto all’azione erariale, l’azione di rivalsa ordinaria davanti al G.O., prendendo atto del “doppio binario”. In proposito si v. V. Tenore, Lo stato della giurisdizione della Corte dei conti tra “doppio binario”, “ne bis in idem” e questioni varie in materia di responsabilità e pensioni, in Rivista Corte conti, 2021, 3, 3.

[12] Il dibattito sulle funzioni della responsabilità amministrativa non può essere disgiunto da quello sulle funzioni della responsabilità civile, per la quale oggi si riconosce, com’è noto, la coesistenza di più funzioni accanto a quella risarcitoria. Cesare Salvi rammenta, in proposito, come «L’aspetto riparatorio non è sufficiente ad esaurire la spiegazione dell’istituto (…) L’esigenza di riparare il danno ingiusto non è sufficiente: occorre altresì la sussistenza di una ragione ulteriore che ne giustifichi la traslazione a un soggetto diverso dalla vittima» (La responsabilità civile, III^, ed., Milano, 2019, 3). Sul tema si v. anche A. Gambaro, Le funzioni della responsabilità civile tra diritto giurisprudenziale e dialoghi transnazionali, in Nuova giur. civ. comm., 2017,10, 1405.

[13] L’accertamento della responsabilità a titolo di dolo preclude, per giurisprudenza consolidata, l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito. Ai sensi dell’ar.t 1 l. n. 20/1994, inoltre, l’indebito arricchimento di eredi e aventi causa, conseguente all’illecito arricchimento del responsabile determina la trasmissibilità del debito risarcitorio, in luogo della parziarietà e intrasmissibilità che caratterizzano la responsabilità erariale per colpa grave.

[14] La Corte ha giurisdizione sulle controversie relative alle pensioni direttamente a carico del bilancio dello Stato. Le riforme della previdenza pubblica e la fisiologica diminuzione del numero dei reduci del secondo conflitto mondiale hanno fortemente ridotto le controversie pensionistiche riservate alla giurisdizione contabile.

[15] Si v. A. Benigni, Prima lettura del d.l. n. 76/2020 tra formante legislativo e lettura costituzionalmente orientata, in Riv. Corte conti, 2020, 5, 1; L. D’Angelo, Il “nuovo” dolo erariale nelle prime decisioni del giudice contabile (nota a Corte conti, Sez. I App., 2 settembre 2020, n. 234), in Lexitalia.it, 2020.

[16] «Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto [17.7.2020] e fino al [30 giugno 2024] la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità di cui all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta.  La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente» (art. 21, comma secondo del d.l. n. 76/2020, conv. in l. n. 120/2020 e ss. mm.).

[17] Sulla causalità omissiva come causalità in senso improprio o figurato si v. G. Licci, La metafora della causalità giuridica, Napoli, 2011, 220 ss. Sulle peculiarità della colpa omissiva si v. ancora C. Salvi, op. cit., 173.

[18] Nel giudizio di responsabilità amministrativa non è consentita la chiamata di terzo per iniziativa del giudice o del convenuto: essa, infatti, sottrarrebbe ai soggetti citati in corso di causa i benefici derivanti dalla partecipazione alla c.d. fase preprocessuale, nella quale la Procura può addivenire all’archiviazione senza intervento del giudice. La giurisprudenza riconosce, però, la possibilità di ridurre, anche d’ufficio, il danno imputabile ai convenuti sulla base dell’accertamento, in via incidentale e senza effetti giuridici su terzi, della concorrente responsabilità di soggetti non coinvolti nel giudizio.

[19] Sulla evoluzione dell’istituto nella direzione della responsabilità per omissione si v., di recente, C. Pinotti, La responsabilità amministrativa: problematiche attuali e prospettive future, in Atti del convegno “Il ruolo della Corte dei conti al servizio della collettività nell’evoluzione delle sue funzioni”, Torino, 11-12 ottobre 2022, in Rivista della Corte dei conti, Quaderno n. 2/2022, 95 ss.

[20] La registrazione dell’audizione è disponibile a questo link: https://comunicazione.camera.it/archivio-prima-pagina/19-31560

[21] In proposito si v. le riflessioni di G. Bottino, Le contraddizioni nelle pieghe del Codice appalti, in Il Sole24Ore, 10 giugno 2023, pag. 12.

[22] Si v. F. M. Longavita, Il divieto del bis in idem e la responsabilità erariale, in Bilancio, Comunità, Persona, 2019, 1, 33.

[23] Audizione del Procuratore Generale della Corte dei conti al Senato della Repubblica, I^ commissione, 2 dicembre 2021, disponibile all’URL: https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/422/109/dott._Angelo_CANALE_-_Procuratore_Generale_Corte_dei_conti.pdf

[24] L. Bisignani, Mattarella tifa per la Corte dei conti. L’emendamento su controlli contabili al Pnrr rischia di essere rigettato, in Il Tempo, 11 giugno 2023, pag. 1.

[25] Si v. ad esempio Corte Cost. n. 220/2013 e n. 22/2012. Con la più recente sentenza n. 1/2023, la Corte ha censurato l’introduzione in un decreto-legge di norme totalmente estranee al suo contenuto in sede di conversione.

[26] «Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale» (art. 81, sesto comma, Cost.).

[27] Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (conv. con mod. in l. 7 dicembre 2012, n. 213), recante «Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali (…)».

[28] Quella della Corte dei conti è divenuta, nel 2022, la seconda giurisdizione per numero di questioni di legittimità costituzionale in via incidentale sollevate: si v.  Corte Costituzionale, Relazione sulla giurisprudenza costituzionale 2022, pag. 81: https://www.cortecostituzionale.it/annuario2022/pdf/Relazione_Giurisprudenza_costituzionale_2022_23_marzo_2023.pdf

[29] La controversia ha visto pronunciarsi, oltre alla Corte dei conti in diverse delle sue articolazioni, la Corte Costituzionale e la Suprema Corte di Cassazione, in una sorta di “tempesta perfetta” che non è assurta al livello di scontro istituzionale solo per l’elevata tecnicità delle questioni sottese. Si v., per una sintetica ricostruzione dei fatti: Corte conti, SS.RR. giur. in s.c., sent. 1° marzo 2023, n. 9, in www.corteconti.it

[30] Agenzia ANSA, 1° giugno 2023, 16:17: Pnrr: Toti, Governo doveva intervenire sulla Corte dei Conti.

[31] M. Perrone, G. Trovati, In Italia i controlli migliori. La Corte dei conti non può arrivare a cogestire il Pnrr, in Il Sole24Ore, 4 giugno 2023, pag. 1.

[32] Si v. la Relazione semestrale sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, pubblicata il 31 maggio 2023 (URL: https://www.lavoripubblici.it/documenti2023/lvpb2/relazione-semestrale-pnrr-31052023.pdf).

[33] Sul tema, si v. le considerazioni di L. Caso, Pareggio di bilancio strutturale a rischio obsolescenza, in Il Sole24Ore, 23 marzo 2023.

[34] Si v., tra gli altri, A. Carosi, La finanza pubblica allargata nella prospettiva del diritto del bilancio nazionale ed europeo, in Democrazia e bilancio pubblico. Atti del secondo convegno nazionale di Contabilità pubblica, Venezia 28-29 novembre 2019, Napoli, 2019; E. Cavasino, La dimensione costituzionale del “diritto del bilancio”. Un itinerario di giurisprudenza costituzionale: dalla sentenza n. 196 del 2018 alle nn. 18 e 105 del 2019, in Bilancio, Comunità, Persona, 1, 2019; S. Pajno, Principi, regole e clausole generali del diritto costituzionale del bilancio, in Bilancio, Comunità, Persona, 2021, 1, 123.

14/06/2023
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