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Una base dati condivisa per un dibattito informato sulla giustizia

di Francesco Contini
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Bologna

Da mesi l’amministrazione della giustizia sta affrontando un nuovo ciclo di riforme e, in parallelo, è impegnata a valutare gli interventi effettuati. Il PNRR, e quindi gli impegni presi con la Commissione Europea, richiederanno verifiche circa la riduzione dei tempi di definizione dei procedimenti, ma anche valutazioni di efficacia delle riforme ordinamentali e procedurali. Dovranno essere monitorati anche gli effetti degli investimenti tecnologici ed organizzativi: processo telematico civile e penale e ufficio per il processo in primis.

Il rischio, per non dire certezza, è che il dibattito torni ad essere polarizzato e ideologico; una sfida politica che poco ha a che fare con l’effettivo impatto delle riforme e il buon funzionamento della giustizia. L’utilizzo di dati precisi, affidabili e ufficiali è in genere un antidoto efficace per limitare la deriva ideologica.

La valutazione delle performance organizzative e del sistema giudiziario nel suo complesso è, senza dubbio, un’area in cui l’utilizzo di dati quantitativi è irrinunciabile. In quest’ambito, 30 anni di digitalizzazione hanno permesso una crescita esponenziale dei dati potenzialmente utilizzabili. Infatti, una delle promesse associate alla diffusione delle tecnologie informatiche a livello di gestione dei procedimenti, del personale e delle risorse stanziate ed impiegate è l’accresciuta disponibilità dei dati necessari per progettare e valutare le riforme e avere opinioni informate. Con datawarehouse in funzione sia al Consiglio che al Ministero in grado di estrarre dati direttamente dai sistemi informativi degli uffici, una legislazione che assegna alle pubbliche amministrazioni specifici doveri di pubblicazione dati e politiche di open data adottate e implementate a livello governativo, ci si dovrebbe attendere la disponibilità di una base dati capillare.

Tuttavia, la situazione che oggi si deve osservare in riferimento ai dati di rilevanza organizzativa è peggiore rispetto a quella di dieci anni fa. Considerando la durata dei procedimenti, cioè la sfida principale del PNRR, gli unici dati pubblicati dal Ministero a livello di singolo ufficio e con periodicità costante sono relativi ai flussi dei procedimenti civili (suddivisi per macro e micro-materie) e penali suddivisi per organo competente (GIP/GUP, monocratico, collegiale assise) e per modalità di definizione. Questi dati di flusso permettono di valutare i rapporti tra i procedimenti in entrata e uscita, e quindi capire se un determinato ufficio stia accumulando o riducendo l’arretrato e calcolare il tempo di definizione. Permettono di misurare il grado di raggiungimento degli obbiettivi PNRR, e più in generale l’efficacia del sistema. Non sono sufficienti, tuttavia, per fare le più elementari elaborazioni di tipo organizzativo volte a stimarne l’efficienza del sistema e del singolo ufficio[1]. Non consentono di individuare se il miglioramento o il peggioramento dei tempi di definizione o dell’indice di ricambio sono associati ad una variazione delle risorse impiegate. Non permettono nemmeno di verificare, in modo analitico, l’impatto dell’ufficio per il processo su tempi e arretrato.

Per poter rispondere a queste domande basilari occorre almeno conoscere, per ciascun ufficio giudiziario, il numero di magistrati togati e onorari, di addetti all’ufficio processo e di personale amministrativo. Il dato dovrebbe essere aggiornato ogni anno[2], essere ufficiale e pubblicato in formato elaborabile, come ora avviene nel caso dei dati sui flussi dei procedimenti pubblicati dal Ministero.

Si tratta di dati basilari, a lungo disponibili sul sito del Ministero, ma che dal 2015 non vengono aggiornati[3].

Il Consiglio Superiore, sul proprio sito, pubblica dati sui magistrati in servizio che, a quanto si può leggere, risalgono al 24 dicembre 2018[4]. Le stesse relazioni tecniche sulla base delle quali sono stati definite le nuove piante organiche non riportano questo dato fondamentale[5]. Il paradosso, è che mentre i dati sulle scoperture delle piante organiche sono regolarmente evocati per giustificare le difficoltà operative degli uffici, non esistono fonti ufficiali in grado di mettere questi dati a disposizione del pubblico. Il punto non è voler smentire i magistrati o i dirigenti amministrativi che danno conto delle difficoltà operative dell’ufficio, ma condividere una base dati essenziale per effettuare analisi attendibili e omogenee su aspetti organizzativi fondamentali.

Il problema dell’allocazione delle risorse agli uffici non è secondario. Riguarda anzitutto l’impegno che lo Stato decide di dedicare ai singoli territori per la funzione giustizia e quindi il livello di servizio che intende o può erogare ai cittadini. Ma riguarda anche i singoli magistrati e funzionari. Il riparto delle risorse si traduce, infatti, in carichi di lavoro più o meno “inesigibili” assegnati ai diversi operatori del sistema, e variazioni difficilmente comprensibili anche tra uffici con caratteristiche analoghe. È interesse di tutti chiedere che Ministero e Consiglio rendano pubblicamente disponibili questi dati con regolarità in formati facilmente riutilizzabili.

A questo proposito, diversi studi pubblicati negli ultimi anni da Ministero e Consiglio utilizzano i dati a cui si è fatto riferimento in questo articolo. Si tratta, ad esempio, dei rapporti sull’efficienza giudiziaria dei tribunali civili in Italia pubblicati dal CSM nel 2018 e 2019[6] o ai recenti studi sull’efficienza della giustizia pubblicati congiuntamente da Ministero della Giustizia e Banca d’Italia[7].

Questi lavori non solo utilizzano dati come il personale togato, onorario e amministrativo assegnato al tribunale nelle diverse annualità considerate dallo studio, ma anche rilevazioni sul riparto dei magistrati tra civile e penale, tassi di impugnazione ed esiti dei ricorsi, e numero di depositi telematici in ciascun ufficio. Con alcune eccezioni, come il rapporto CSM sul numero di giudici assegnati al civile e al penale del 2016, si tratta di dati che non sono di dominio pubblico e non vi è motivo per cui non lo siano.

Come tutti sappiamo, il nuovo ciclo di riforme che sta per investire la giustizia italiana ha caratteristiche nuove: risorse aggiuntive, ma anche obiettivi chiari di riduzione dei tempi, ed erogazione dei fondi europei vincolati al raggiungimento dei risultati in tempi predefiniti. Non si può quindi sbagliare. La tempestiva valutazione ex ante ed ex post degli interventi proposti dalle commissioni ministeriali richiede, come minimo, la disponibilità dei dati sulle risorse assegnate agli uffici e il loro riparto tra civile e penale. Questo però, è solo un interesse contingente.

Più in generale, una valutazione informata e non ideologica del piano di riforme predisposto o in via di predisposizione, sul piano ordinamentale, civile e penale, richiede un utilizzo sistematico e metodologicamente corretto di dati statistici ed organizzativi. Richiede valutazioni ex ante ed ex post che saranno sicuramente fatte da Ministero e Consiglio, ma che devono essere rese pubbliche e verificabili con la pubblicazione non solo dei risultati dell’analisi, ma anche dei dati che ne stanno alla base. Infine, attraverso una condivisione di questi dati passa anche quello che gli anglosassoni chiamano accountability, che in prima approssimazione significa dar conto ai cittadini e agli utenti del modo in cui si sono utilizzate le risorse, dei risultati raggiunti e del rispetto di standard elevati di qualità di servizio.

È quindi doveroso uno sforzo per mettere a disposizione dati statistici di dettaglio non solo su flussi e risorse ma anche sugli esiti dei procedimenti penali, su progressioni in carriera, su turnover, trasferimenti e passaggi di funzioni, solo per citare alcuni temi dibattuti in questo momento. Se la disponibilità di dati non è garanzia di un dibattito informato, è almeno un prerequisito. Tenere i dati nel cassetto, come sta accadendo da troppo tempo, o renderle disponibili solo ad alcuni non aiuta né gli sforzi di riforma né la gestione corrente: preclude discussioni e analisi informate e spinge, inevitabilmente, verso scontri ideologici.

 
[1] I più elementari indicatori di efficienza in ambito giudiziario sono il numero di procedimenti definiti per unità di personale, e il costo per caso.

[2] Com’è noto, una buona prassi sarebbe poi la pubblicazione dei dati relativi al personale calcolate in tempo pieno equivalente (o full time equivalent FTE), in modo da neutralizzare gli effetti di trasferimenti, contratti part time, congedi etc.

[3] I dati sono disponibili a questo link https://webstat.giustizia.it/Analisi%20e%20ricerche/Forms/AllItems.aspx 

[4] http://appinter.csm.it/situffgiud/situffgiud.dll/EXEC/0/50EDE401672AD836B3F4E540  Tuttavia, da controlli effettuati, i dati dei magistrati in servizio presso gli uffici cambiano con una certa frequenza facendo pensare ad un progressivo aggiornamento dei dati riportati dal sito. Non vi sono però indicazioni che chiariscano il livello di aggiornamento dei dati.

[5] Pongono parziale rimedio a questa lacuna i siti di alcune Corti d’appello, in cui sono pubblicati i dati relativi al personale in servizio e alle scoperture di organico degli uffici del distretto. Tuttavia, si tratta di dati locali, che difficilmente possono essere utilizzati per effettuare comparazioni tra distretti o a livello nazionale.  

[6] M. Filomeno, I. Rocchetti. L’efficienza giudiziaria dei tribunali in Italia. Consiglio Superiore della Magistratura, Ufficio Statistico (Roma: Consiglio Superiore della Magistratura, 2018). https://www.csm.it/documents/21768/137951/L%27efficienza+giudiziaria+dei+Tribunali+in+Italia/0abdb522-5540-9dab-0b1d-6ce3c4557281M. Filomeno, I. Rocchetti. L’efficienza giudiziaria dei tribunali civili in Italia. Anno 2018. Consiglio Superiore della Magistratura, Ufficio Statistico (Roma: Consiglio Superiore della Magistratura, 2019). https://www.csm.it/documents/21768/137951/L%E2%80%99efficienza+giudiziaria+dei+Tribunali+civili+in+Italia+-+Anno+2018/ce36f18e-0476-3aef-df8f-478e13d670c9 

[7] M. Cugno, S. Giacomelli, L. Malgieri, S. Mocetti, G. Palumbo, La giustizia civile in Italia: durata dei processi, produttività degli uffici e stabilità delle decisioni, in Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), no. 715 (2022): 42. https://webstat.giustizia.it/Analisi%20e%20ricerche/QEF_715.pdf  

23/02/2023
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