Magistratura democratica
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REMS,10 anni dopo: quale bilancio per la Salute Mentale e la Giustizia *

di Pietro Pellegrini
Direttore Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche Ausl di Parma

L’approvazione delle leggi 9/2012 e 81/2014 e la loro piena attuazione ha determinato la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG). Considerata l’entità del problema, la sua durata (gli OPG erano sopravvissuti alla 180) si è trattato di un successo per certi aspetti inatteso. A dieci anni possiamo cercare di comprendere quanto è avvenuto utilizzando l'analisi SWOT (o matrice SWOT: Strengths, Weaknesses, Opportunitiese e Threats) al fine di una pianificazione cogliendo i punti di forza, debolezza, le sfide/opportunità e i rischi. 

L’analisi, esito di numerosi incontri e confronti con la metodologia del Recovery College (che integra saperi professionali, esperienziali di utenti e familiari, di comunità), è qualitativa, sintetica e per punti.

Il bilancio lo trarremo alla fine del nostro convegno con l’apporto di tutti partecipanti espressione di diversi punti di vista. E’ un esercizio consapevole della polisemia infatti ogni punto di forza, contiene la debolezza e viceversa, lo stesso per ciascuna sfida che è sempre anche opportunità e rischio.

A) Punti di forza

1) La collaborazione interistituzionale per una nuova cultura operativa volta a costruire un sistema di cura e giudiziario di comunità. 

E’ importante ricordare che tutto l’impianto si basa sulla Costituzione, sui diritti e un sistema di welfare pubblico e universale che implica la condivisione dei rischi, il dovere di sostenere con le risorse su come affrontarli, la definizione dei pagatori, degli erogatori e dei fruitori, nell’ambito di un patto sociale condiviso.

Ciò è molto distante da una forma di welfare a domanda individuale che ha caratteristiche ed un patto sociale del tutto differente. Il riferimento al tipo di welfare e al patto sociale, culturale e politico che lo sostiene è fondamentale.

La chiusura degli Ospedali Psichiatrici è avvenuta nel clima politico e culturale degli anni 60-70 e di quella che oggi viene definita una grande stagione di riforme e di emancipazione. Riforme nel diritto di famiglia, nella parità di genere, nelle carceri, nel lavoro, scuola, sociale, disabilità, sanità e salute mentale e dipendenze. Riforme volte a creare partecipazione, giustizia, equità nella logica universale e di non lasciare indietro nessuno, di non considerare alcun luogo, carceri, istituti per anziani, centri per migranti al di fuori della comunità. Tutta la normativa di quella stagione è stata oggetto di rivisitazione, non solo per le fisiologiche variazioni sociali e conoscitive, ma per lo più per ragioni politico culturali, tanto da mettere in discussione tante di quelle leggi (aborto, parità di genere, salute mentale). Come è noto la questione degli OPG non è stata affrontata dalla legge 180/1978 e per diverso tempo la loro situazione è rimasta nell’ombra e quasi totalmente dimenticata. Vi è stato un impegno di una parte minoritaria politici, giuristi, psichiatri. Il richiamo delle Corti Europee, la Commissione Marino, l’attenzione del Capo dello Stato Napolitano sono state molto importanti ma la spinta decisiva, a mio parere, è venuto dall’associazionismo, dai movimenti della società civile. In primis Stopopg e Stefano Cecconi che sono stati molto importanti per dare realizzazione alla legge e sostenere, in quella fase, operatori e dipartimenti di salute mentale. Non vi era un modello predefinito di riferimento. Il Decreto del Ministero della Salute 1 ottobre 2012 fissa in modo chiaro le caratteristiche delle REMS. Non viene delineato quello che in realtà di andava via via costruendo, cioè un Sistema di cura e giudiziario di/nella Comunità, cioè che si realizza nel territorio e mediante le risorse dello stesso, di una comunità accogliente, curante ed educante. Ogni visione chiusa, separata, autoreferenziale contrasta con questo impianto.

La chiusura degli OPG è avvenuta in primo luogo grazie alla collaborazione interistituzionale tra psichiatria e giustizia. Si è realizzata (di necessità) in tutto il Paese (grazie anche all’impegno del Commissario Franco Corleone) pur con le differenze regionali a seconda dei sistemi di welfare locali. Lo testimoniano i diversi modelli di REMS. Si è generato un movimento carico di motivazioni, impegno etico e professionale che ha richiesto un avvicinamento tra Psichiatria territoriale e forense.

I migliori risultati si sono avuti laddove la collaborazione è stata praticata e resa proficua. Ciò è avvenuto quando le relazioni sono state impostate, rispettando le differenze dei mandati, sul dialogo, l’ascolto reciproco, l’accomodamento ragionevole di contraddizioni o interessi e visioni contrastanti. Questo ha valorizzato i diversi punti di vista, le debolezze, le fragilità, la comune umanità, le peculiarità di ciascuna istituzione portando a risultati assai compositi quindi ricchi di elementi nuovi e sfumature.

Il valore della sperimentazione e la necessità di inventare nuove prassi, pur con strumenti giuridici datati vista la mancata modifica del codice penale, ha comunque permesso di dare senso alle misure giudiziarie tenendo conto delle condizioni della cura, basandosi sulle migliori e aggiornate conoscenze tecniche e scientifiche. Cura fondata sulla motivazione, la volontarietà e la partecipazione responsabile della persona. Il rapporto cura e misura giudiziaria è cruciale.

Preoccupano le visioni, anche della Corte Costituzionale (sentenza 22/2022 e ripresa nella 76/2025) della misura di sicurezza detentiva come ancipite, cioè contenente al suo interno un obbligo coercitivo alle cure. Ciò in contrato con le leggi 180, 18/2009 e 219/2017. Lo stesso la c.d. sanitarizzazione delle misure di sicurezza nella misura in cui questa viene a coincidere con la cura. Le autonomie dei mandati, pur con finalità convergenti, è a mio avviso fondamentale. In questa logica vanno viste come residuali le misure di sicurezza detentive e l’accesso alle REMS. Il numero chiuso, abituale in sanità ha portato la giustizia alla necessità di trovare altre soluzioni nell’ambito di una continuità di percorsi che comunque devono vedere una separazione tra cura e misura giudiziaria. La REMS è una “residenza” e non un ospedale, quindi è strutturalmente connessa con un territorio, sia per i servizi sanitari, che per tutte le altre necessità. Non è autosufficiente ed è quindi di necessità una struttura aperta, permeabile all’esterno, connessa.

La REMS è una struttura temporanea e di transizione e quindi ha ereditato alcune soluzioni organizzative e strutturali specie per la sicurezza in atto negli OPG, inoltre ha dovuto promuovere nuove prassi con norme invariate visto che non sono stati riformati e adeguati nemmeno nel linguaggio i c.p. e c.p.p. Questo rappresenta una situazione aperta di transizione e può essere un punto di forza o di potenziale regressione.

 

2) Rapporto cure e misure giudiziarie

Nella collaborazione interistituzionale è diventato fondamentale e può essere molto fecondo una chiarezza del rapporto cure e misure giudiziarie deve rispettare le autonomie di ciascuna istituzione nella creazione di un sistema di cura e giudiziario di comunità. Deve essere questo l’orientamento comune, lasciando carcere e REMS come soluzioni assolutamente residuali e comunque sempre di comunità.

A questo proposito teniamo conto che nel territorio le persone seguite dall’Area Penale Esterna con diverse misure alternative al 15 settembre 2025 erano 100.377 e vi sono inoltre circa 100 mila persone nella condizione di c.d. “liberi sospesi”. Se teniamo conto dei 63. 167 detenuti negli Istituti di Pena (dato del 31 agosto 2025) siamo vicini alle 260 mila persone. Giusto per avere una dimensione del fenomeno ricordo che le persone in REMS sono circa 600 e circa 7.000 sono seguite nel territorio.

La collaborazione interistituzionale ha cercato di mettere al centro la persona, le sue relazioni e il suo rapporto con la comunità. Prendersi cura e restare accanto condividendo le difficoltà. Al contempo la misura giudiziaria, declinata secondo l’art. 27 della Costituzione è andata ben oltre le finalità special-preventive della misura di sicurezza o espiative della pena, ma si è ampliato lo spazio delle misure trattamentali, rieducative e di reinclusione sociale (con UEPE) a forme di mediazione, conciliazione e riparazione (possibile) coinvolgendo anche vittime e loro familiari e quando indicato il contesto sociale grazie al D.lgs 150/2021 (Riforma Cartabia). 

L’attenzione è passata dai luoghi (la stessa chiusura degli OPG) ai percorsi trattamentali e di cura e in ultima analisi si sta spostando sui Progetti di Vita. Si è così sviluppato un rapporto polisemico tra cura o meglio le diverse forme del prendersi cura (educativa, sociale, sanitaria, di comunità) e misura giudiziaria (pena, funzione retributiva, ri-educativa, re-inclusione sociale, riparativa)[1].

Questo ha aperto la questione della volontarietà/obbligatorietà sia per quanto attiene la cura ma anche per quanto attiene la misura giudiziaria che vada oltre alle mera limitazione della libertà. La residualità del Trattamento Sanitario Obbligatorio per la cura e la detenzione in carcere per la misura giudiziaria, pone in primo piano la necessita di costruire relazioni, basate su accoglienza, ascolto, gentilezza, compassione per costruire insieme motivazione, responsabilità, speranza. La visione oggettivante, reificante, viene sostituita da una visione dinamica, relazione, fondata su una reciprocità del prendersi cura.

In questo quadro concettuale, si è costruita anche una più articolata concezione della sicurezza che da un lato ha visto una proficua collaborazione con le Forze dell’Ordine (altro punto molto punto molto positivo e in questo ambito, cioè quella Esecuzione penale esterna, si può vedere come impiegare le professionalità della Polizia Penitenziaria) e dall’altro ha reso protagonista la persona, responsabilizzandola verso sé e gli altri. Sicurezza come prodotto relazionale complesso, fondata su elementi positivi piuttosto che sul controllo, basata sull’autocontrollo, lo sviluppo della capacità di verbalizzazione e di dialogo, su un impegno al fare, accompagnato e sostenuto, quindi mediante opportunità di sperimentarsi in relazioni nuove, di formazione e lavoro ed al. attraverso una comunità che si prende cura. Ciò contrasta isolamento, separatezze, i vissuti di vuoto, noia, disforia, depressione, e crea lentamente fiducia e speranza.

Sicurezza come esito di un processo complesso fondato sulla valutazione di rischi/benefici, sulla capacità di preservare le parti funzionanti della persona e di lavorare sui punti critici. Questo può portare a patti e piani operativi condivisi. La partecipazione e il dialogo vengono prima di ogni sorveglianza sanitaria (a sua volta basata su consenso e autocura) ed ogni altro aspetto relativo alla privazione/limitazione della libertà intesa come accettazione di un limite (limen come confine) che può essere essenziale per la crescita e la generazione di senso e speranza. Una visione quindi positiva del “No”, della frustrazione inseriti in percorsi accompagnati per superare l’impulsività, l’onnipotenza infantile, il vuoto progettuale, il tutto subito, la disperazione.

In questo quadro si può collocare, come elemento di realtà, l’impegno a rispettare l’insieme di prescrizioni volte alla prevenzione di nuovi reati. Azione che viene quindi ad incentrarsi sulla responsabilità della persona, l’attenzione alle relazioni familiari prima che su controlli, coercizione, custodia.

Tutto questo può avvenire grazie alla collaborazione e al dialogo che si compone di relazioni di cura sanitaria, sociale, ma anche con la magistratura, avvocatura, UEPE, Forze dell’Ordine. Ciò permette di sviluppare le capacità di ogni istituzione di leggere i fenomeni con strumenti diversi, di dare senso e comporre prima al loro interno e tra loro la rappresentazione, consapevole e inconsapevole, della persona, della sua famiglia, della sua situazione sociale ed esistenziale. La povertà vitale, economica, educativa, relazionale e morale rappresenta il fattore fondamentale, alla base dell’isolamento, solitudine e perdita di speranza.

Questo dialogo è premessa per un patto multiplo con la persona e il suo contesto sociale (quindi peer, utenti esperti, associazioni ecc.) e rappresenta l’elemento più prezioso e da preservare.

Psichiatria, giustizia, persona e contesti significativi, relazionali e sociali sono essenziali per un dialogo paritario che, nel rispetto delle specifiche competenze, può portare a maturare nuovi approcci, a generare soluzioni specie se si basa sull’esserci nello spazio e nel tempo, nell’ascolto non giudicante che sa andare oltre per immaginare/sognare un’altra prospettiva, un altrove, un futuro, partendo dalle difficoltà teoricamente molto semplici da rilevare e da modificare (documenti, lavoro, casa) ma che rischiano di essere macigni insormontabili. Come noto, le misure alternative alla detenzione e l’inserimento lavorativo danno risultati molto significativi in termini di prevenzione delle recidive nei reati.

Occorre essere presenti e reperibili, dare sicurezza nella risposta (e non fantasmi magari persecutori) per non aggiungere altre oscurità, buchi neri in universi poco conosciuti e talora inquietanti e apparentemente incomprensibili. E’ il tema del proscioglimento, dell’incapacità di intendere e volere, della pericolosità sociale, della misura di sicurezza che si traduce in qualcosa di incomprensibile, di un giudizio non su un fatto-reato ma sulla persona, la sua pericolosità sociale. Questo non aiuto l’elaborazione del reato il cui vissuto è sempre presente nel mondo interno. La persona ha bisogno della parola della legge, è un elemento normativo di riconoscimento, chiarezza, di umanizzazione che apre a possibilità di elaborazione.

Nella pratica l’impianto del doppio binario è in crisi e si sta cercando di superarlo. La collaborazione interistituzionale, di fronte alla pluralità dei bisogni e delle risorse, risulta più adeguata rispetto paradigma alla complessità e alle molteplici forme del “prendersi cura”.

Le culture tra magistratura di cognizione e sorveglianza, tra psichiatria clinica e forense stanno vedendo un positivo riavvicinamento.

Quindi la collaborazione interistituzionale non solo è il motore che ha consentito di chiudere gli OPG inventando sul campo stili di lavoro, adattando strumenti ed al., ma è anche per affrontare i problemi attuali. 

Si tratta di superare gli OPG non solo come luoghi ma come metodo. Un impianto anacronistico sia sotto il profilo medico scientifico che giudiziario. Ogni politica che tenda a riportarlo in vita, a vedere una magistratura che dispone e gli altri compresa la psichiatria che eseguono, va in una direzione contraria sia al trattamento rieducativo, all’inclusione che alla cura sanitaria. Con fatica e molti mezzi si può imporre la limitazione della libertà ma non altri percorsi educativi, lavorativi e sanitari. Questi passano inevitabilmente per la relazione con la persona, il suo mondo interno, i vissuti, le paure, speranze. L’applicazione della legge 81 e soprattutto la recente sentenza n. 76/2025 della Corte Costituzionale mettono in primo piano la necessità dell’ascolto della persona da parte di ciascuna istituzione, nella propria autonomia e per lo specifico mandato.

Occorre quindi continuare nella costruzione di team multi istituzionali, che lavorino insieme come ormai avviene in ogni ambito scientifico e tecnico.

Questo patrimonio immateriale costituisce una infrastruttura essenziale non solo per dare applicazione alla legge 81 ma a tutte le atre questioni aperte.

 

3) Sistema di cura e giudiziario di comunità

Il sistema di salute mentale di comunità è stato essenziale per la chiusura degli OPG. Le REMS sono risultate fondamentali nella prima fase ma devono restare residuali ed essere parti organiche dei Dipartimenti di Salute Mentale. Questi nel territorio seguono circa 7000 persone con misure giudiziarie. E’ questo il core operativo della riforma ed è quindi molto importante sostenere il sistema territoriale sia culturalmente che con adeguate risorse di personale ed economiche. Poco prima della legge 81 le persone con libertà vigilata erano circa 2.000 e nell’arco di 12 anni sono passate a 5.235 al 15 settembre 2025[2]. Si stima che circa il 70% sia ospite di Residenze/Comunità con un impegno economico, stimato intorno ai 400 milioni di Euro/anno. Al momento per pazienti con misure giudiziarie sono impegnati circa il 25% dei posti residenziali, con conseguenze sulle possibilità di accoglienza di altri utenti dei DSM.

Si tratta di un impegno crescente, sia sotto il profilo professionale sia di budget economico, perché ogni nuovo progetto richiede un investimento rilevante (dai 20-30 mila euro/anno con Budget di Salute a 60-80 mila Euro/anno per strutture residenziali. L’impegno è altresì in crescita per la lunga durata della misura giudiziaria, con un effetto sommatoria e di spinta ad espansione del sistema.

Un altro punto di forza è dato di Punti Unici Regionali (PUR) e dalle Unità di Psichiatria Forense da realizzare in ogni DSM che sostengano i Centri di Salute Mentale e la loro capacità di promuovere i PTRI mediante adeguati finanziamenti favorendo anche l’utilizzo del Budget di Salute per creare alternative alle REMS e alle Residenze e favorire così la piena re-inclusione sociale delle persone, che possono essere cittadini responsabili e produttivi.

Solo in questo modo si può mantenere attivo il motore del sistema ed evitare che si ripresentino in altra forma gli OPG, con libertà vigilate prorogate sine die (“ergastoli bianchi”) nelle residenze. In questo è fondamentale la partecipazione di Utenti Esperti, Associazioni, Volontari, Garanti, Enti locali, comunità nel suo complesso. Servono risorse, in primis di personale (per reintegrare gli organici serve circa 1 miliardo di euro), per sostenere la residenzialità per misure giudiziari e per attivare strumenti nuovi, come Budget di Salute e riconvertire il sistema residenziale sociosanitario.

 

B) Sfide 

1) Legislativa

E’ per il Parlamento che dovrebbe trovare il coraggio di completare la riforma superando il doppio binario, la non imputabilità, la “posizione di garanzia” dello psichiatra. Rivedere le leggi sulle droghe e sulle migrazioni. Numero chiuso negli Istituti di Pena (Pdl “Misure alternative alla detenzione in carcere nel caso di inadeguata capienza dell’istituto di pena”, Magi ed al.), Misure alternative.

Assicurare l’unitarietà dei diritti ed evitare che vi siano persone senza documenti, casa, reddito. Come noto, il diritto alla salute è costituito da una pluralità di diritti e non solo al solo accesso alla sanità. 

Molti problemi nelle REMS ma anche nei DSM derivano da un mancanza di diritti e di risposte, quali detenzione o il ricovero in REMS, altamente costosi e inadeguati per chi ha bisogno di casa, lavoro, progetti di Vita in grado di realizzarsi come persona e di emanciparsi da condotte antigiuridiche.

 

2) Migliorare la collaborazione interistituzionale (Protocolli, PUR, Formazione) e ampliare in modo strutturato gli interlocutori: Enti locali, Prefetture, Avvocatura e Garanti, Associazioni e Utenti Esperti. Protocolli e formazione congiunta stabile in ogni Regione/Distretto.

Per evitare che ogni persona e professionista non si trovi nella solitudine, nell’abbandono, nell’impotenza occorre completare le collaborazioni, i percorsi e la rete delle REMS secondo le programmazioni regionali. In quell’ambito devono essere visti i problemi preservando il principio della territorialità. Più che il numero dei posti rileva il loro utilizzo, il senso che vengono ad avere nei percorsi. Distribuzioni regionali: ad esempio Umbria e Sicilia occidentale non hanno REMS. Un’eccessiva distanza dai DSM di competenza per i pazienti come (REMS nazionali o macroregionali) aumenta i rischi di abbandono e come evidenziano altre esperienze, come quella inglese possono portare a diversi problemi REMS a diverso livello di protezione (alta, media, bassa).

 

3) La sfida è costruire una presa in cura di comunità.

Per questo servono relazioni con famiglie e contesti mediante l’adozione di strumenti nuovi in grado di valutare Bisogni/Risorse, Diagnosi sociali (Codici Z del ICD 10)[3] e cogliere le potenzialità evolutive (ad es. abbiamo promosso la Scala di Parma[4]). Vanno declinati in questo senso anche i Regolamenti delle REMS.

L’appropriatezza non è tanto il frutto di una valutazione tecnica riduzionistica (che rischia di portare ad evidenziare l’inguaribilità-inemendabili? magari da gestire in luoghi specifici ma è l’esito di un articolato processo relazionale gruppale, multi-istituzionale, contestuale e dinamico. Con questo approccio si possono trovare soluzioni anche nei casi più difficili in quanto si prendono in considerazione tutti i fattori biologici, psicologici, sociali, ambientali, economici e culturali. Cioè i determinanti sociali della salute e quindi dei diritti visti tutti insieme. Serve un approccio psicopatologico non solo categoriale ma dimensionale, fenomenologico, psicodinamico, (autismo, attenzione ai vissuti, al mondo interno) in grado di cogliere le condizioni delle persone superando approcci categoriali e risposte psicofarmacologiche, comportamentali e basate su coercizione, custodia e restraint

 

4) Costruire un metodo per affrontare i problemi aperti che mi limito ad elencare:

- Codice Rosso, relazioni di genere, maltrattamenti in famiglia. Interrogano sulla qualità, la genesi di questi reati. Il Codice Rosso nei DSM sta determinando un aumento delle richieste di informazioni, documentazione e crescente domanda di interventi per segnalazioni, “allarmi”, richieste urgenti.

Su questo punto vi deve essere chiarezza sul modello ad adottare. Come si è visto deve essere in grado di mantenere in ambiti di correttezza, cura e misura giudiziaria. Non va in questa direzione, ad esempio, il recente il Ddl Ancorotti[5] che prevede l’introduzione della “figura dello psichiatra ovvero psicologo forense nei procedimenti penali relativi ai casi di violenza di genere” e un accertamento sanitario temporaneo obbligatorio anche in deroga agli artt. 33,34,35 della 833/1978. Il Ddl non tiene conto delle esperienze nazionali e internazionali già sviluppate in questo ambito che indicano una strada specifica.

- Uso di Sostanze e Personalità (superare la non imputabilità) che creano difficoltà in ogni ambito compreso quello detentivo.

- Adolescenti e giovani e internet. Ritornare all’impostazione del c.p. minorile (448/1988)

- Migranti e persone senza tetto, soli abbandonati con il rischio di una loro deriva giudiziaria e psichiatrica.

Creare alternative. Ad esempio un tentativo è costituito dal Decreto 24 luglio 2025, n. 128 Regolamento recante le disposizioni in materia di strutture residenziali per l'accoglienza e il reinserimento sociale dei detenuti. Purtroppo il finanziamento (7 milioni di Euro) è assai modesto e ne potranno beneficiare circa 300 persone e per soli 8 mesi di permanenza. Un tempo molto limitato per creare inclusione lavorativa e abitativa. L’ultima sfida è quella della formazione dei professionisti, dello studio e ricerca in questo ambito.

 

C) Punti di debolezza

1) Mancanza di risorse sanitarie, sociali e giustizia. Scarso o assente coordinamento operativo, ed una visione parcellare e non unitaria dei diritti. Sensazione di abbandono, inutilità, burn out, prese di posizione unilaterali, differenze di vedute, conflitti non composti.

Personale: Demotivazione, burn out, sovraccarico degli operatori e timori per la “posizione di garanzia”. Scarsa attrattività del sistema. Carenza di personale medico e infermieristico in ambito sanitario e magistrati e operatori della giustizia. Ritardo/ mancanza di Progetti Terapeutici, diritti e quindi nelle dimissioni dalle REMS. Lentezza nella costituzione dei PUR, Equipe Forensi. Regolamenti REMS, carte dei Servizi, PTRI carenti.

Valutazioni peritali, superficiali, incomplete, non coordinate con i DSM.

 

2) Scarso sostegno territoriale e domiciliare, mancanza di budget di salute e cultura e pratica della recovery 

Distribuzione delle strutture e delle REMS. Inappropriatezza nell’utilizzo dei Servizi di Diagnosi e Cura e REMS.

Permanenze in regime di ricovero per problemi sociali o giudiziari. L’utilizzo delle Residenze e Comunità Terapeutiche per utenti in libertà vigilata o altre misure giudiziarie va visto all’interno di percorsi costruiti con i DSM e il sistema di welfare di comunità.

Altrimenti la sfida delle dimissioni dalle REMS non si realizzerà e lentamente si avrà un progressivo aumento dei pazienti abbandonati, soli. Anche la situazione degli Istituti di pena (sovraffollamento, detenzione sociale ecc.) rischia di cronicizzare se rimane irrisolta la questione dei diritti sociali e se non si attua una strategia di comunità che promuova i diritti e la responsabilità.

 

3) Clima sociale e culturale

La conseguenza è la compromissione dei percorsi, del turn over nelle strutture con rischi di un ampliamento del sistema residenziale con permanenze a lungo termine delle persone in una logica più contenitiva che emancipativa. Ciò rischia di compromettere la fruibilità delle Residenze psichiatriche da parte di altri utenti non autori di reato.

Graduazioni dei diritti e fino a non assicurare i diritti di cittadinanza

Se non vengono costruiti legami con il territorio per una presa in cura di comunità, tutto il progetto rischia di non essere efficace. Vi è anche il rischio che i progetti si blocchino con vissuti di impotenze e le strutture vadano verso processi di deterioramento, inutilità.

 

4) Carenza di dati epidemiologici

Questo è fondamentale per avere contezza delle persone con misure giudiziarie seguita sul territorio, per aver una corretta tenuta delle liste di attesa per le REMS e dei detenuti sine titulo. Limiti di rilevazione per la mancanza di un Osservatorio nazionale, l’incompletezza del sistema informativo SMOP e l’assenza di uno territoriale. Nonostante questo come evidenzieranno altri contributi, il problema della lista di attesa è concentrato in 4-5 regioni e lì dovrebbe trovare soluzione senza investimenti in REMS nazionali/sovraregionali o altre strutture per valutazione e assessment.

Risorse adeguate ed un migliore coordinamento e sincronia tra le istituzioni potrebbe superare liste di attesa e le detenzioni sine titulo.

Dare applicazione alle misure alternative e alla sentenza 99/2019 della Corte Costituzionale per rispondere ai bisogni delle persone e ridurre il sovraffollamento degli Istituti di Pena.

 

D) Rischi

1) Regressione ad un sistema fondato sulla custodia e quindi su contenitori e non sui diritti e i percorsi delle persone. Rischio di neo istituzionalizzazione sostenuto dal giustizialismo penale, panpenalismo, visioni correzionali. Impoverimento delle politiche sociali.

In questa direzione rischiano di andare alcune delle proposte del Piano Attuativo Salute Mentale 2025-30 secondo il quale le Articolazioni Tutela Salute Mentale (ATSM) dovrebbero avere una dotazione pari al 5-10% dei detenuti passando da 320 a oltre 3.000-6000 posti. Anche il ddl Zaffini per quanto attiene TSO, sicurezza suscita preoccupazione. Ancora occorre segnalare la crisi della giustizia minorile accentuatasi dopo l’approvazione del c.d. Decreto Caivano: Negli Istituti Penali per Minori si è passati da una presenza media di 320 nel 2021 a 556 del 2024. In questi ambiti è fondamentale la presa in cura educativa, sociale e di comunità.

Rischi di regressione a false passate certezze e involuzione neomanicomiale, neocustodiale del sistema con gravi conseguenze per le persone ma anche per la necessità di risorse (per creare 6.000 posti di ATSM occorre circa

Si profila una contro-riforma psichiatrica e giudiziaria portata avanti con una “copertura scientifica” la quale sembra voler promuovere un adeguamento della psichiatria italiana a quella internazionale, occidentale (contenzioni secondo procedure ecc.) con il rischio di portare ad una forma di psichiatria dell’obbedienza giudiziaria e di sudditanza al potere saldando pratiche restraint e coercitive ancora presenti in larga parte degli SPDC (e in molte REMS riportate al centro del sistema magari con la polizia penitenziaria) alle istanze giustizialiste e custodiali. L’incontro tra le tante psichiatrie e i modelli di giustizia possibili può avvenire solo all’interno di una cultura dei diritti e della deistituzionalizzazione.

Rischi di involuzione dei diritti: non solo per i migranti, marginali ma via via per tutti i cittadini come ad esempio sul fine vita e suicidio assistito per il quale la proposta di legge non rispetta l’autodeterminazione e addirittura esclude il Servizio Sanitario Nazionale.

 

2) Aumento della distanza tra carcere, REMS e comunità e servizi sia per mancanza di risorse sia per i timori degli operatori di fronte al rischio (posizione di garanzia) sia per il crescere di atteggiamenti escludenti, abbandonici, di indifferenza e persino razzisti.

Raddoppio dei posti REMS come proposto dal Consiglio Superiore della Magistratura[6] riproponendo concetti assai discutibili e sostanzialmente non scientifici quali gli “enemendabili”[7]. Nessuna persona è al di fuori del contesto umano e di tutti, in diverse forme, ci si può prendere cura. L’intrattabilità psicoanalitica della psicopatia (Stone, 2007)[8] non significa impossibilità di trattamento. Certo non tanto con psicofarmaci ma con altri strumenti psicosociali. Per evitare incomprensioni, rimpalli, evitamenti e abbandono, come per altro accade anche con l’uso di sostanze, occorre esplicitazione delle conoscenze e delle prassi possibili.

La differenziazione delle REMS per livelli di protezione/sicurezza può aumentare il vallo con i servizi territoriali e rendere più difficili le dimissioni. (Es. esperienza inglese).

Per aumentare l’appropriatezza dei percorsi e dell’utilizzo delle REMS non servono le UVAP (Unità di Valutazione Assistenziale e Prognostica) ma formazione, anche congiunta, dei professionisti della salute mentale e della giustizia.

 

3) Abbandono o trascuratezza dell’intero sistema e sua lenta dissoluzione con abbandono dei malati (in particolare i più gravi. Violazione dei diritti delle persone e burn out e drop out degli operatori. REMS da strutture di cura a mini OPG.

 

Conclusioni 

Fino a pochi anni fa Franco Corleone ha rappresentato il processo di chiusura degli OPG “una rivoluzione gentile” che era in attesa di una riforma organica del cp. Ora teme la restaurazione in altre forme dell'OPG e il ritorno al manicomio. Una nostalgia del manicomio e di istituzioni che diano almeno formalmente certezze, dove idealmente confinare il male e la follia. Un processo illusorio e impossibile.

Nonostante questi fondati timori, credo che la Costituzione e la 180 siano beni comuni a tutti che vanno praticati e attivamente difesi. Con l’ottimismo della volontà, mi piace pensare ad una fase di assestamento che però richiede una linea, investimenti e sostegni per affrontare le nuove sfide e per superare le contraddizioni e le pratiche residuali ereditate dall'OPG ma anche intrinseche alla materia.

Non condivido una narrazione di fallimento, emergenziale per le liste di attesa e le detenzioni sine titulo pur di fonte a sentenze (Sy contro Italia). La situazione richiede un analisi più approfondita e complessa, regione per regione. Come ho detto la collaborazione interistituzionale e i DSM sono il motore della riforma, che ha visto anche un forte protagonismo degli Enti del Terzo Settore e degli stessi utenti superando ogni forma di paternalismo in favore di rapporti paritari.

Nelle fasi di crisi e di riposizionamenti occorre avere presente come, per la salute mentale con particolare riferimento alle persone autrici di reato, sia fondamentale la relazione tra la cultura e politica, i diritti, il patto sociale e tipo di società, di democrazia. Alla politica si chiede il coraggio della riforma, di rendere possibile l’impossibile: garantire a tutte le persone la pienezza dei diritti e doveri.

Al contempo è essenziale mantenere e rafforzare il lavoro interistituzionale e la centralità del territorio cui fare afferire adeguate risorse evitando quindi investimenti per aumentare le ATSM e limitando quelli necessari a completare la rete territoriale, anche delle REMS in vista di una loro ulteriore evoluzione in sistemi di cura e giudiziari di comunità. Preoccupano invece le REMS chiuse, custodiali, isolate. Esse possono funzionare solo se ricche di connessioni, se creano capacitazione e protagonismo delle persone, sempre inserite in comunità, solo come ambiti della cura ma esse stesse in grado prendersi cura e produrre salute, benessere e sicurezza.

Nel rapporto tra psichiatria e giustizia mi piace ricordare il monito di Franco Basaglia secondo il quale, laddove la Giustizia e la Psichiatria si fondono si realizza un “abbraccio mortale”. Questo depone per una autonomia dei mandati di cura e giudiziario, anche al fine di bilanciamento ragionevole tra la “cura” della persona e la “sicurezza” della collettività. Nel rapporto tra psichiatria e potere è fondamentale che la psichiatria non sia orientata alla sudditanza, obbedienza, ma conservi sempre una spinta alla liberazione, emancipazione, rivoluzione, deistituzionalizzazione e libertà e sia in grado di stare accanto alle persone, al loro dolore, alla loro sofferenza, che così diviene comune e quindi affrontabile.

«E’ necessario cambiare la realtà della situazione che si denuncia, e nello stesso tempo è importante dar voce alle persone perché prendano coscienza della situazione»[9].

 


 
[1] Pellegrini P., Percorsi Giudiziari: le condizioni per la cura. Il Vaso di Pandora, 25 febbraio 2025, https://vasodipandora.online/percorsi-giudiziari-condizioni-per-la-cura/

[2] Ministero della Giustizia, https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14_1.page?contentId=SST1472248, https://www.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/Adulti_in_area_penale_esterna_15.09.2025_G.pdf

[3] Quaderno di Parma 10/2024 La casa come primo luogo di cura. Servizi di comunità e prossimità; https://www.ausl.pr.it/azienda/quaderni_parma/casa_della_persona_come_primo_luogo.aspxQuaderno%20di%20Parma%2010/2024

[4] Pelizza L., Paulillo G., Maestri D., Paraggio C., De Amicis I., Mammone E., Scarci M, Leuci E., Pupo S., Pellegrini P., Psychometric properties of the Parma Scale for the treatment evaluation of offenders with mental disorder: A new instrument for routine outcome monitoring in forensic psychiatric settings in International Journal of Law and Psychiatry, Volume 84, September–October 2022, 101828 https://doi.org/10.1016/J.IJLP.2022.101828

[5] DDL S. 1517 “Introduzione della figura dello psicologo forense e modificazioni al codice di procedura penale e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza contro le donne e di genere”.

[6] Consiglio Superiore della Magistratura 22 gennaio 2025 «ha preso atto» – e dunque condiviso- il «documento predisposto dalla Commissione mista per i problemi della magistratura di sorveglianza relativi alle problematiche connesse alle REMS», redatto il 12 novembre 2024. Consultabile al link: https://www.sistemapenale.it/pdf_contenuti/1739137556_documento-finale-rems.pdf

[7] Calcaterra, Pellegrini, Secchi, La triste sorte degli “inemendabili (ma davvero esistono?) e il forte bisogno di ritorno ai manicomi, in Sistema penale 10 febbraio 2025 (https://www.sistemapenale.it/it/scheda/la-triste-sorte-degli-inemendabili-ma-davvero-esistono-e-il-forte-bisogno-di-ritorno-ai-manicomi).

[8] Stone M., Pazienti trattabili e non trattabili. I disturbi di personalità, Raffaello Cortina Editore, 2007.

[9] Basaglia F., Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina, ed. 2018. 

[*]

Relazione svolta alla conferenza Azioni e resistenza nell’epoca della complessità. Ripensare l’imputabilità: proposte di riforma e futuro delle REMS (Genova 3-4 ottobre 2025)

29/11/2025
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