Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

Nuovi percorsi per la magistratura onoraria?

di Gaetano Campo
giudice presso il Tribunale di Vicenza

Due recenti interventi, la sentenza n. 41/2021 della Corte costituzionale, e l’audizione alla Commissione Giustizia del Senato della Ministra della Giustizia Marta Cartabia, offrono lo spunto per una ricognizione dei temi che più da vicino riguardano la stessa collocazione istituzionale della magistratura onoraria, tra le funzioni di supporto alla magistratura ordinaria, con l’inserimento nell’ufficio per il processo, come delineato dalla riforma Orlando, e l’assunzione di un ruolo autonomo nell’amministrazione diretta della giustizia. Senza dimenticare il percorso che si sta svolgendo per il  riconoscimento di tutele che discendono dall’attribuzione al magistrato onorario della qualità di “lavoratore”, come  desunta dal diritto eurounitario.

La collocazione della magistratura onoraria all’interno dell’ordine giudiziario è al centro del dibattito politico e istituzionale, segnato da numerosi interventi, di giudici di merito nazionali, della Corte di Giustizia UE e della Corte Costituzionale, che contribuiscono a riscriverne e aggiornarne la figura.

Due sono i temi di riflessione, che hanno chiara incidenza anche sull’organizzazione degli uffici giudiziari e sul lavoro quotidiano che siamo chiamati a svolgere.

Il primo attiene ai compiti che l’ordinamento assegna alla magistratura onoraria. La recente sentenza della Corte Costituzionale n. 41/2021, pubblicata il 17 marzo, indica la strada da percorrere in termini piuttosto chiari. Nell’esaminare la questione di costituzionalità degli articoli da 62 a 72 del decreto legge n. 69/2013, convertito con legge n. 98/2019, che hanno istituito la figura del giudice aggregato presso le corti d’appello, la Corte ne afferma l’incostituzionalità per contrasto con la previsione dell’art. 106, secondo comma, della Costituzione. La Corte, come ha fatto in altre occasioni, pronuncia una sentenza additiva ed inserisce nella normativa censurata un termine finale, entro il quale il legislatore è chiamato ad intervenire. Questo termine è individuato nella data prevista dal D. Lgs. n. 116/2017 (cosiddetta legge Orlando, di riforma della magistratura onoraria) per la sua completa entrata in vigore (31 ottobre 2025).

La Corte Costituzionale conferma così, a pochi mesi dalla sentenza n. 267/2020, la sua significativa partecipazione al dibattito politico e parlamentare di modifica della riforma Orlando e lo fa riconducendo la figura del magistrato onorario ai compiti assegnati dalla Costituzione. È particolarmente rilevante il passaggio contenuto nel punto 19 della motivazione, laddove la Corte, nel chiarire la portata dell’art. 106, secondo comma, della Costituzione, traccia «un perimetro invalicabile della magistratura onoraria, identificata nella figura del giudice monocratico di primo grado» e riduce a casi eccezionali e in via di supplenza la partecipazione a funzioni collegiali di tribunale. Analoghe considerazioni si trovano in altri passaggi della motivazione, ad esempio nel punto 17 («Si è meglio delineata così la figura di magistrato onorario già prevista dalla Costituzione (art. 106, secondo comma), compatibile con la regola generale che vuole che le nomine dei magistrati abbiano luogo per concorso (art. 106, primo comma): è quella di un giudice singolo, perché monocratico di primo grado, che solo in via eccezionale e transitoria, può comporre i collegi di tribunale»), tutti caratterizzati dall’attribuzione alla magistratura onoraria di funzioni giurisdizionali, sia pure solo monocratiche e di primo grado.

La lettura di questo intervento della Corte Costituzionale porta a ricondurre la magistratura onoraria alla sua funzione storica, che la Corte opportunamente ricostruisce a partire dal paragrafo 7, quella di esercizio della funzione giurisdizionale, nei casi previsti dall’ordinamento e con i limiti precisati.

Pressoché contestuale alla sentenza è l’intervento della ministra della Giustizia in sede di audizione parlamentare alla Commissione Giustizia del Senato, il giorno 18 marzo.

La Ministra, illustrando le linee degli interventi normativi e ordinamentali che guideranno le scelte governative sull’utilizzo dei fondi del Recovery Fund, riscrive l’organizzazione dell’ufficio per il processo, escludendone la partecipazione dei giudici onorari e delineandolo come ufficio di supporto dell’attività del giudice ordinario. In questo senso si muove l’idea, esposta dalla Ministra, di partecipazione all’ufficio per il processo, diretta alla creazione di una nuova figura, quella dell’assistente del giudice, individuato per età, (giovani laureati o in possesso di titolo ulteriore, su questo occorrerà attendere maggiori dettagli) e con un periodo di presenza di tre anni. Ovviamente una figura con queste caratteristiche comporterà l’impossibilità di una delega di funzioni giurisdizionali, come quelle stabilite dall’art. 10, commi 11 e 12, D. Lgs. n. 116/2017.

Ma è proprio su questo aspetto che le indicazioni della Ministra e il percorso tracciato dalla sentenza n. 41/2021 si muovono nella stessa direzione. Nell’escludere dall’ufficio per il processo i magistrati onorari e nel ricondurli all’esercizio della funzione giurisdizionale monocratica di primo grado, il percorso futuro che viene a delinearsi è quello di una magistratura onoraria cui affidare, in via autonoma o per delega, una parte dell’attività giudiziaria, restituendola pienamente all’esercizio della giurisdizione e privandola dei compiti di mero supporto all’attività del giudice ordinario («ancillari» li ha definiti la Ministra).

Questa scelta va di pari passo con l’importante riconoscimento da parte della Ministra della necessità di riconoscere ai magistrati onorari alcune tutele lavorative, con il richiamo delle sentenze nazionali e della CGUE[1] che si sono pronunciate sul punto. 

Emerge una magistratura onoraria collocata stabilmente nell’area della giurisdizione, dotata di un certo grado di stabilità e del riconoscimento di un bagaglio di diritti, la cui ampiezza dipenderà dalle scelte del legislatore. La stessa sentenza n. 41/2021 richiama l’orientamento della Corte che individua la magistratura onoraria come «appartenente» all’ordine giudiziario, sottolineando la differenza con la magistratura ordinaria che invece «costituisce» l’ordine giudiziario. Si tratta di una differenza che evita opportunamente confusioni e letture distorte, da ultimo quelle presenti nel parere reso all’Avvocatura dello Stato dal CSM il 24 febbraio di quest’anno, in merito alla rimessione della questione di pregiudizialità alla CGUE da parte del TAR dell’Emilia Romagna in tema di giudici di pace, e colloca correttamente la magistratura onoraria nell’alveo della giurisdizione, ma senza far dipendere dalla diversa sistemazione rispetto alla magistratura ordinaria la negazione di diritti fondamentali, quale quello ad un giusto compenso, del tutto compatibili con il diverso ruolo e le diverse funzioni istituzionali.

Nell’intervento della Ministra si legge quella valorizzazione della professionalità acquisita nell’esperienza di questi anni da parte della magistratura onoraria, che è alla base anche del regime transitorio previsto dalla riforma Orlando, laddove, per i giudici onorari in servizio prima della sua entrata in vigore, conferma l’assegnazione di ruoli autonomi e la prosecuzione dell’attività giurisdizionale esercitata.

Questi due ultimi interventi, per la loro autorevolezza, tracciano in modo inequivoco un solco lungo il quale il legislatore dovrà muoversi.

Se ne trae la conferma che l’approccio al tema della magistratura onoraria va sgomberato da ipocrisie che chiudono ogni riflessione nell’angusto recinto del “noi” e “loro”, replicano in modo acritico e, soprattutto, sganciato dalla reale condizione lavorativa degli interessati, il concetto di onorarietà, sottolineano con particolare pignoleria e minuziosità le differenze tra magistratura ordinaria e onoraria, fino a citare la Costituzione non per affermare, ma per negare diritti, per escludere qualsiasi diritto legato allo svolgimento dell’attività lavorativa, non certo onoraria, di larga parte della magistratura onoraria. 

Il riconoscimento di questi giusti diritti, che oggi si fonda anche su pronunce della giurisprudenza di merito nazionale e della giurisprudenza comunitaria, muove non da distorsioni del dettato costituzionale o da un’impropria commistione di ruoli, funzioni e status ordinamentale, ma dall’attribuzione in capo ai magistrati onorari della qualità di “lavoratore” sulla base del diritto eurounitario. Questa affermazione, e il riconoscimento dei diritti conseguenti, è perfettamente compatibile con il diverso statuto della magistratura onoraria rispetto a quella ordinaria. In sostanza, va rovesciata quella prospettiva, da ultimo fatta propria dal parere del CSM del 24 febbraio, che, partendo dal diverso statuto della magistratura onoraria, finisce per negare la stessa qualità di “lavoratore”. 

Il discorso va esattamente rovesciato. Si tratta anzitutto di verificare, alla luce del diritto comunitario e di quello interno e attraverso l’accertamento delle modalità di svolgimento dell’attività del magistrato onorario, se questi possa definirsi “lavoratore” in base al diritto eurounitario. Una volta data risposta positiva a questo interrogativo, occorrerà individuare il campionario di diritti che va riconosciuto in base all’ordinamento. Si tratta di un percorso che lascia intatte tutte le differenze di status e di collocazione istituzionale ma, nel contempo, consente il riconoscimento di quei diritti che vanno riconosciuti a chiunque svolga un’attività lavorativa. Si tratterà di individuare i diritti destinati a comporre il paniere da riconoscere a questa figura, di calibrarne ampiezza e misura, ma non sarà possibile mantenere aree di precariato proprio all’interno di quei Palazzi di giustizia, dove i diritti dovrebbero ricevere tutela e non porte sbattute in faccia.


 
[1]  CGUE,  sentenza 01.03.2012 (causa C 393/10);  sentenza 16.07.2020 (causa C 658/18);  Tribunale di Napoli, sentenza n. 6015/2021; Tribunale di Vicenza, sentenza n. 343/2010; Tribunale di Roma, ordinanza 13.01.2021.

25/03/2021
Altri articoli di Gaetano Campo
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
Lo stato giuridico della magistratura onoraria: un cantiere ancora aperto

Da molti anni lo stato giuridico della magistratura onoraria è oggetto di modifiche e di ripensamenti. Nel frattempo la posizione critica della Commissione Europea nei confronti dell’Italia rimane immutata: con la conseguenza che, nonostante le riforme emanate, il cantiere ancora aperto espone il nostro paese al rischio dell’apertura di una procedura di infrazione. 

18/05/2023
REMS, carcere e malattia mentale, fra bilanci e prospettive

La Corte Costituzionale ha “fischiato un fallo grave” nella normativa sulle REMS, avviando l’inizio dei tempi supplementari entro cui portare a compimento la riforma che ha abolito gli OPG. Bisogna completare questo percorso con uno sforzo di concretezza e mettere al centro la salute mentale nella sua complessità.

11/01/2023
Finisce davvero il “fine pena mai”? Riflessioni e interrogativi sul decreto-legge che riscrive il 4-bis

Una prima analisi delle disposizioni del decreto-legge 162/2022 in materia di ergastolo ostativo. Superarlo effettivamente sarà un compito dell’interprete.

02/11/2022
Il cognome tra eguaglianza dei genitori e identità del figlio. Identità e interesse del minore vs. accordo dei genitori

Sommario: 1. Introduzione – 2. La disciplina esistente fino alla prima dichiarazione di incostituzionalità – 3. Le decisioni delle Corti europee – 4. Le precedenti sentenze della Corte costituzionale italiana – 5. La sentenza della Corte costituzionale del 2022 – 5.1. «Il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato». Condivisibilità del principio e regole di contorno – 5.2. È «fatto salvo l’accordo (... dei genitori di) attribuire (al figlio) il cognome di uno di loro soltanto». Accordo dei genitori versus identità del figlio

20/10/2022
Editoriale. Ordinamento giudiziario: isolare, separare, atomizzare la magistratura. Solo un preludio delle politiche della destra?

L'editoriale di Nello Rossi al fascicolo 2-3/2022 di Questione giustizia trimestrale, dedicato alle riforme dell'ordinamento giudiziario

07/10/2022
Il cognome dei figli: questioni chiuse e problemi aperti dalla sentenza n. 131 del 2022 della Corte Costituzionale

La sentenza n. 131 del 2022 della Corte Costituzionale ha posto fine all’inerzia del legislatore espungendo definitivamente dall’ordinamento giuridico l’automatismo del patronimico e dunque introducendo la regola dell’assunzione da parte del figlio dei cognomi dei genitori nell’ordine dai medesimi concordato e fatto salvo l’accordo per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. Le pur fondamentali e rivoluzionarie statuizioni della Corte necessitano tuttavia di essere completate da un intervento legislativo (in  parte suggerito dallo stesso giudice delle leggi) per colmare vuoti (disciplinare le modalità dell’accordo dei genitori; indicare i rimedi in caso di disaccordo), evitare conseguenze abnormi (la crescita esponenziale dei cognomi nel succedersi delle generazioni), garantire l’unitarietà del cognome dei fratelli e delle sorelle, prevedere eventuali meritevoli rimedi rimessi alla volontà di chi non sente come proprio il cognome  attribuitogli.
Pubblichiamo oggi la prima riflessione su un tema di cui la Rivista già si è occupata e continuerà ad occuparsi.

28/09/2022
La separazione delle carriere tra argomenti tradizionali ed evoluzione del processo: un tema ancora attuale?

È giunto il tempo di un modello nuovo, che tenga conto del fatto che il pubblico ministero è una parte pubblica orientata ai principi costituzionali e che il tema della separazione delle carriere non è più attuale.

27/09/2022