Magistratura democratica
Spilli

Il referendum costituzionale e l’innocente richiesta di quindici cittadini

Gli spilli possono servire a molte cose.

A fissare una foto o un foglietto di appunti su di una bacheca.

A tenere provvisoriamente insieme due lembi di stoffa in attesa di un più duraturo rammendo.

A infliggere una piccola puntura, solo leggermente dolorosa, a qualcuno che forse l’ha meritata.

Lo spillo di oggi è riservato ad una questione di democrazia:

Il referendum costituzionale e l’innocente richiesta di quindici cittadini

 

«Gli innocenti non sapevano che la cosa era impossibile e quindi la fecero».

Ovviamente, nel concepire questo folgorante aforisma, Bertrand Russell non pensava affatto a referendum, a firme raccolte sui banchetti, negli uffici comunali e su piattaforme digitali, o ad altre sofisticherie del genere. 

Ma la forza di un aforisma sta nel fatto che esso enuncia una verità o una massima di vita pratica capace di adattarsi perfettamente a situazioni future, del tutto ignote e nemmeno immaginate dal suo autore. 

Nel nostro caso la massima risulta perfetta per esaltare l’innocente coraggio di quindici cittadini che, “ignoranti” di alchimie politiche ma “sapienti” nella lettura della Costituzione, hanno promosso la raccolta delle sottoscrizioni per richiedere il referendum previsto dall’art. 138 della Costituzione sulla legge di revisione costituzionale riguardante la magistratura. 

Nel momento in cui scriviamo non sappiamo se le 500000 firme necessarie per esercitare il potere di richiesta saranno raggiunte anche se il dato - rilevato alle 16.26 del 29 dicembre - di 100.000 sottoscrizioni già apposte (la raccolta è iniziata solo il 22 dicembre) giustifica l’ottimismo sull’esito dell’iniziativa. 

Iniziativa che – facendo entrare direttamente in campo i cittadini - eviterà che il referendum costituzionale nasca come un affare di palazzo in quanto frutto esclusivo delle richieste di gruppi di parlamentari dell’opposizione e della maggioranza. 

I primi interessati a far annullare una riforma in precedenza osteggiata nelle Camere, i secondi intenzionati a suggellare con il voto popolare il progetto di indebolimento del potere giudiziario e di alterazione degli equilibri istituzionali perseguito dal governo. 

Inoltre la presentazione della richiesta di referendum da parte di una intraprendente e determinata pattuglia di cittadini ha reso plasticamente evidente un dato che Questione Giustizia ha sin dall’inizio avuto chiarissimo e sul quale ha tempestivamente richiamato l’attenzione[1]

La data del referendum costituzionale deve essere fissata rispettando “integralmente” il termine di tre mesi dalla data di approvazione della legge di revisione costituzionale (avvenuta il 30 ottobre 2025), termine che l’art. 138 della Costituzione assegna ai tre diversi soggetti legittimati a richiedere il referendum costituzionale per esercitare il loro potere di domanda: un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori, cinque Consigli regionali. 

Il che implica che, anche a voler bruciare tutti i tempi della procedura, il referendum costituzionale potrà svolgersi solo nella seconda metà di marzo 2026 (il 22 o il 29 marzo) e non nella prima metà del mese di marzo o addirittura il primo marzo come più volte dichiarato dai responsabili del Ministero di via Arenula. 

Non è una questione di settimane ma di rispetto della Costituzione e della democrazia giacché si tratta di consentire al comitato promotore del referendum di fruire di tutto il tempo previsto dalla carta costituzionale per raccogliere fino all’ultimo il maggior numero di firme possibili per richiedere il referendum. 

                 QG


 
[1] N. Rossi, Quale data per il referendum confermativo del 2026? Una questione di principio in Questione giustizia on line, 10/12/2025, al quale si rinvia per una più ampia analisi del tema. 

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