Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

Questione giustizia intervista Cinzia Barillà

di Cinzia Barillà
magistrato Corte di Appello di Reggio Calabria, presidente di Magistratura democratica

Questione giustizia ha rivolto a dirigenti e candidati di Magistratura democratica alcune domande sulla situazione della magistratura all'indomani della tornata elettorale del CSM. Risponde Cinzia Barillà

Alle recenti elezioni per il rinnovo della componente togata del CSM l’affluenza alle urne è stata molto elevata. Come interpreti questo dato?

La stagione delle riforme percepita, a torto o a ragione, in un’ottica punitiva del lavoro del magistrato ha disinnescato il pericolo di una serpeggiante disaffezione dal nostro organo di autogoverno e ha contribuito a stimolare una sostenuta partecipazione al voto, in tendenza positiva rispetto al passato. A questo si è aggiunto il proliferare del numero di candidature, ben superiore alla media usuale degli ultimi anni ed anche più che proporzionale all’aumento del numero degli eleggibili. 

 

Che immagine complessiva della magistratura è emersa da queste elezioni? Vi è stato – e se si quale – un peso ed un ruolo specifico delle elettrici e dei giovani?

Ciò che ho appena sostenuto è quello che, secondo me, è successo. Certo non è quello che mi sarebbe piaciuto accadesse. 

Avrei voluto “il sogno”, cioè un ritorno all’idealità pura, alla voglia di appropriarci del nostro autogoverno, perché espressione più autorevole del nostro modo di essere e della scelta di pulizia e trasparenza, che molti di noi coltivano per riacquistare una credibilità persa. Temo, tuttavia, che l’immagine, che non ci fa onore, di un distante leviatano, dentro il quale è importante collocare un volto amico o un nuovo alleato (anche all’esito di un sorteggio premiato) non sia del tutto o completamente superata. 

E mi preoccupa che questa esigenza muova, specie se avvertita anche tra le nuove fila di colleghi, da un grande, diffuso, sentito bisogno di tutela. 

Questo, per me, è fonte di grande preoccupazione non solo per l’autogoverno, ma per il destino della magistratura tutta. 

Un magistrato deve avere l’indipendenza ed il coraggio di andare controcorrente e deve coltivare queste doti, che non sono innate, ma sono il frutto di un paziente esercizio di esperienza. Per arrivarci occorre usare “la paura di sbagliare” come un guardiano che protegge la nostra essenza più preziosa e creativa, che le consente di uscire in modo più meditato e razionale all’esito di uno studio critico e riflessivo. 

Non devo ricordare io ai lettori di questa rivista le «nove massime di deontologia giudiziaria» del Prof. Ferrajoli: «Il magistrato, lo si è detto più volte, non deve cercare il consenso della pubblica opinione, dev’essere in grado di condannare quanto tutti vogliono l’assoluzione, e soprattutto di assolvere quanto tutti vogliono una condanna». Eppure la tendenza è opposta, la ricerca di tutela viene spacciata per necessità di conformismo e la conferma della decisioni, la loro prevedibilità, anzi “predittibilità” appare il mantra del futuro e viene offerto alle nuove generazioni come una coperta di Linus, sotto la quale ripararsi dagli attacchi interni (del disciplinare) ed esterni (della politica o dell’opinione pubblica) e forse anche dai carichi di lavoro eccessivi. Non è questo il futuro che immagino per noi e per il Paese, perché ci allontana dal “coraggio dell’equità”, di quello scomodo e terzo grado di giudizio che si inserisce, armato di imprevedibilità, tra la conoscenza del fatto e l’interpretazione della regola per umanizzarla. 

In questo i giovani colleghi non sono stati sufficientemente stimolati e, come presidente di una corrente come Magistratura Democratica, che fa della capacità di riflettere sul nostro ruolo e sul corretto esercizio del potere la sua stella polare, esercito un convinto “mea culpa”. 

Quanto al ruolo delle donne, la strada (non voglio usare il termine battaglia in questo momento così amaro) è ancora tutta in salita. Ho sempre più l’impressione che, come donne, per realizzarci sia in magistratura, che altrove, dobbiamo rinunciare alle nostre principali caratteristiche, prima fra tutte l’assoluto rispetto delle “esigenze di cura” dell’altro. Per meritare il successo dobbiamo ancora oggi mostrarci più simili all’uomo, nella capacità di sapere postergare la nostra innata abilità empatica di capire l’altro e di “proteggerlo” dai suoi istinti autodistruttivi (tipico dell’istinto materno, coltivato o meno che sia) in favore della lotta per i riconoscimenti dei nostri meriti. E questo è già un insuccesso, che ci obbliga a privarci di feconde differenze.

 

In questa tornata di votazioni i magistrati hanno votato con un nuovo sistema elettorale. Che prova ha dato di sé il nuovo sistema? Quanto ha inciso sugli esiti della consultazione il carattere tendenzialmente maggioritario dei meccanismi elettorali?

Ha inciso nell’incrementare una tendenza, che doppiamo, more solito, da quello che accade nel Paese, e più in generale nelle democrazie occidentali, e cioè l’aspirazione alla formazione di due poli maggioritari che penalizzino la riflessione critica o alternativa delle minoranze e che restino arroccati in un dualismo, che spesso si traduce in una mera e meccanica alternanza cronologica della imposizione delle scelte, inibendo le variegate forme di speculazione del pensiero che devono agitare un potere come il nostro, che si fonda sul dubbio, sulla ricerca della verità, sulla capacità di guardarsi dentro con “cuore nuovo”.

Il nostro autogoverno non ha bisogno di “stabilità governativa” perché non è soggetto, diversamente da quanto avviene per il potere politico, a verifiche “fiduciarie” differenti dal momento elettorale quadriennale. Ed allora potrebbe e dovrebbe consentirsi di più di essere espressione di “canti e controcanti” in grado di esprimere (o forse anche accrescere e non soffocare) il grande fermento di idee, di problemi e di prospettive di soluzioni che ciascun giudice o pubblico ministero esprime nell’esercizio delle funzioni.

 

Le elezioni sono un momento eminentemente collettivo. Quali dinamiche sono intercorse tra le candidature al Consiglio (ormai meramente individuali) e il sostegno di stabili gruppi associativi o di aggregazioni elettorali nate intorno a singole candidature?

Posso rispondere, ovviamente, per l’esperienza del gruppo di colleghi a cui aderisco, Magistratura Democratica, e dire che lo spirito, che ha animato i candidati tra loro collegati e da noi sostenuti, è stato di massima, reciproca, generosa collaborazione. Si sono superati nell’aiutarsi l’uno con l’altro a redigere documenti sui temi a loro cari, nell’effettuare i viaggi nelle sedi più remote e tra i colleghi, compatibilmente con i ristrettissimi tempi concessi dalle scadenze elettorali e dal nostro lavoro, nel parlare l’uno delle doti dell’altro. Questo mi restituisce la cifra di un collettivo ancora utile e vitale, che combatte l’individualismo esasperato e, spesso, esasperante, che affligge la nostra categoria.

 

Nel CSM vi è una nuova geografia delle componenti togate. Quali sono le principali novità e quali gli elementi di continuità rispetto alle precedenti consiliature?

Si esalta una tendenza al “rassicurante” (nei termini già detti) dualismo, ma emerge anche la voglia degli elettori di discostarsi dal pensiero di maggioranza, aspirazione, quest’ultima, che il meccanismo penalizzante della legge elettorale ha tradotto in poco di più di un diritto di “tribuna”, ma non è detto che dalla voce delle minoranze non emergano buoni spunti di collaborazione e di pungolo per mettere in crisi, in modo costruttivo, le posizioni più monolitiche e strutturate degli eletti sostenuti dai gruppi di maggioranza.

 

Che cosa, a tuo avviso, la magistratura si attende dai nuovi consiglieri togati e laici e quali saranno i problemi più spinosi per il nuovo Consiglio?

La magistratura si attende che il Consiglio riproduca la parte migliore di noi. Quella che fa del desiderio di equità, che è la dimensione di giudizio più ignorata nelle decisioni di “governo”, un criterio aggiuntivo, che si accompagni sempre alla interpretazione asettica della legge ed alla sua applicazione. 

04/11/2022
Altri articoli di Cinzia Barillà
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
«Un magistrato integralista»

Integralista sì ma della Costituzione. La recensione al libro di Giovanni Cannella, Un magistrato integralista, Ed. Etabeta 2023. Il volume sarà presentato a Roma l’11 ottobre 2024, ore 15, presso l’Aula Magna della Facoltà Valdese. 

28/09/2024
Il caso della consigliera Rosanna Natoli. E’ venuto il momento del diritto?

Se nella vicenda della consigliera Rosanna Natoli l’etica, almeno sino ad ora, si è rivelata imbelle e se gran parte della stampa e della politica hanno scelto il disinteresse e l’indifferenza preferendo voltarsi dall’altra parte di fronte allo scandalo cha ha coinvolto un membro laico del Consiglio, è al diritto che occorre guardare per dare una dignitosa soluzione istituzionale al caso, clamoroso e senza precedenti, dell’inquinamento della giustizia disciplinare. L’organo di governo autonomo della magistratura può infatti decidere di agire in autotutela, sospendendo il consigliere sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo, come previsto dall’art. 37 della legge n. 195 del 1958, contenente norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura. Questa peculiare forma di sospensione “facoltativa” può essere adottata con garanzie procedurali particolarmente forti per il singolo consigliere - la votazione a scrutinio segreto e un quorum deliberativo di due terzi dei componenti del Consiglio – ed è regolata da una normativa speciale, non abrogata né in alcun modo incisa dalle recenti disposizioni della riforma Cartabia che mirano a garantire il cittadino da effetti civili o amministrativi pregiudizievoli riconducibili al solo dato della iscrizione nel registro degli indagati. Le questioni poste dal caso Natoli sono troppo gravi e serie per farne materia di cavilli e di vuote suggestioni e per tutti i membri del Consiglio Superiore è venuto il momento dell’assunzione di responsabilità. Essi sono chiamati a decidere se tutelare l’immagine e la funzionalità dell’organo di governo autonomo o se scegliere di rimanere inerti, accettando che i fatti già noti sul caso Natoli e quelli che potranno emergere nel prossimo futuro pongano una pesantissima ipoteca sulla credibilità e sull’efficienza dell’attività del Consiglio Superiore. 

02/09/2024
Il sorteggio per i due CSM e per l’Alta Corte disciplinare. Così rinascono corporazione e gerarchia

Nella scelta del sorteggio per la provvista dei membri togati dei due CSM separati e dell’Alta Corte disciplinare c’è qualcosa che va oltre il proposito di infliggere una umiliazione alla magistratura. E’ il tentativo di far rivivere una concezione della magistratura come “corporazione” indifferenziata, nella quale non sono ravvisabili - e comunque non sono legittime - diverse idealità e diverse interpretazioni degli interessi professionali. E’ solo in quest’ottica infatti che si può ritenere che ciascuno degli appartenenti al “corpo”, anche se scelto a caso, possa rappresentarlo nella sua interezza e decidere in suo nome. In questa visione della magistratura si esprime una logica di “restaurazione” che mira a cancellare e a smentire il percorso culturale, ideale ed istituzionale compiuto dalla magistratura negli ultimi cinquanta anni, appiattendola sull’unica dimensione di un corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative. 

30/05/2024
Un tutore della verità per il CSM?

Riflessioni su fake news e libertà di informazione

18/09/2023
E' esigibile un onere di cautela verbale dei magistrati nelle comunicazioni private? Una triste lezione consiliare

Malgrado i ripetuti interventi chiarificatori della Corte Costituzionale circa la riconducibilità del diritto alla libera manifestazione del pensiero e, soprattutto, della libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, rispettivamente tutelati dagli articoli 21 e 15 della Costituzione, alla categoria dei diritti inviolabili previsti dall'art.2 della stessa, appaiono sempre più frequenti ed invasivi i casi in cui il vaglio del tenore letterale e logico degli scambi comunicativi privati, comunque acquisiti in sede penale,  diviene parametro di determinante giudizio nell'ambito di procedimenti amministrativi relativi all'assegnazione o alla conferma di delicate funzioni giurisdizionali. Questa circostanza, oltre a far emergere il problema generale dei limiti della trasmigrazione in ambito amministrativo di materiale proveniente da indagini penali, sembra incoraggiare un atteggiamento di prudente circospezione in ogni comunicazione privata non costituente reato che dovrebbe per definizione costituzionale rimanere libera sia nell'espressione sia nell'utilizzazione in contesti diversi. Resta da vedere se un simile atteggiamento di cautela giovi alla piena esplicazione di libertà fondamentali e se un eventuale difetto  di prudenziale avvedutezza possa legittimare l'autorità amministrativa ad invadere con finalità critiche un'area che andrebbe preservata da contaminazioni esterne.

24/07/2023
I voti (sostanzialmente) politici del Consiglio Superiore della Magistratura

Le deliberazioni del Csm, pur formalmente connotate da un alto grado di discrezionalità di natura tecnica, costituiscono espressione di attività di alta amministrazione e, come tali, ospitano in grado elevato valutazioni in senso ampio politiche. Ad esse concorrono tutti i Consiglieri. Sebbene nessuna norma lo precluda, di norma e programmaticamente il Vice Presidente non prende parte alle votazioni in materie rientranti nella amministrazione corrente. Proprio per il carattere consolidato di questa prassi, che costituisce una sorta di autolimitazione, in genere preannunciata dallo stesso Vicepresidente all'inizio della carica, e per gli importanti riflessi che ne derivano sul piano dell'assetto consiliare è utile la ricerca delle rigorose e previamente conoscibili ragioni e delle condizioni che concorrono a determinarla e, soprattutto, di quelle che ne possano consentire o suggerire una deroga.

10/07/2023