Magistratura democratica
Cronache fuori dal Consiglio

La protezione internazionale ed il principio di specializzazione nel giudizio di legittimità

di Antonella Di Florio
consigliere di Cassazione
La delibera del Csm del 14 maggio 2020 sulla modifica degli assetti tabellari della Corte di Cassazione, decretata con parere favorevole del Consiglio Direttivo per fronteggiare le sopravvenienze in materia di protezione internazionale, si fonda principalmente sulla valorizzazione del “principio di specializzazione”, ritenuto espressamente applicabile anche al giudizio di legittimità

1. Premessa

La recentissima decisione del Csm di non approvare i decreti n. 67 del 28 maggio 2019 ed n. 92 del 22 luglio 2019 della Corte di Cassazione - aventi per oggetto la modifica tabellare dei criteri di assegnazione delle controversie in materia di protezione internazionale - sollecita qualche riflessione soprattutto sul “principio di specializzazione” del giudice, con particolare riferimento alla sua applicabilità negli assetti organizzativi sui quali si fonda il giudizio di legittimità.

La proposta esaminata dal Csm - e cioè il decreto del Primo Presidente della Corte di Cassazione che ha stabilito che “a partire dal 1° luglio 2019, i ricorsi in tema d’immigrazione saranno distribuiti fra le Sezioni Prima, Seconda, Terza e Lavoro su base trimestrale, cominciando dalla Seconda Sezione e con rotazione annuale dei Trimestri, nel senso che all’inizio di ogni anno successivo al primo si procederà ad assegnare i ricorsi alla Sezione immediatamente seguente quella con cui si era cominciato l’anno precedente” con previsione che esso fosse “immediatamente esecutivo ai sensi dell’art. 7 bis ord. giud., salva la deliberazione del Csm per la relativa variazione tabellare” sul quale il consiglio direttivo della Corte di Cassazione aveva espresso parere favorevole - prende le mosse dall’esponenziale aumento di contenzioso che si è verificato presso l’ufficio di legittimità nel periodo 2017/2019: tale incremento, invero prevedibile, rappresenta l’immediata conseguenza sia dell’entrata in vigore della l. n. 46/2017 (cd. “decreto Minniti” ) che, oltre a prevedere l’istituzione delle sezioni Specializzate (di primo grado) in materia di protezione internazionale, ha eliminato il grado d’appello per le relative controversie, sia del generale aumento di contenzioso (anche nell’unico grado di merito) determinato dal dl n. 118/2018 convertito nella l. n. 113/2018 ( cd. “decreto Salvini”) che, fra l’altro, ha ristretto le maglie normative della regolarizzazione dei migranti attraverso l’abrogazione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie (disciplinato dall’art. 5 co 6 Tui) sostituito con il permesso di soggiorno per protezione speciale, determinando, con ciò, un effetto moltiplicatore del numero dei ricorsi giudiziari.

Certamente, la soluzione di assegnare le sopravvenienze con turnazione fra le quattro sezioni civili (in ragione di un carico insostenibile venuto a gravare su quella tradizionalmente deputata a trattarle e cioè la Prima) è fondata su un principio di ragionevolezza di cui, in generale, è sempre necessario tenere conto: tuttavia, la normativa secondaria che disciplina l’assetto degli uffici giudiziari (e cioè, in primis, la circolare sulle tabelle 2017-2019, ancora vigente) contiene anche altri principi che il Csm ha ritenuto di valorizzare, fra cui quello della specializzazione del giudice.

Su tale scelta, il presente contributo intende svolgere alcune riflessioni.

 2. Il decreto di modifica tabellare ed il parere del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione

La delibera consiliare ha esaminato accuratamente la situazione nella quale si è venuta a trovare la Corte di Cassazione, situazione che merita un cenno di ulteriore aggiornamento: fermo restando, infatti, che le sopravvenienze in materia di immigrazione sono significativamente aumentate negli anni[1], sulla base delle ultime statistiche aggiornate al febbraio del 2020, si registrano 13.211 pendenze complessive nella materia della protezione internazionale: le sopravvenienze sono distribuite, in base al decreto presidenziale sottoposto al vaglio del Csm fra le quattro sezioni civili della Corte (vista l’esclusione della sezione tributaria già pesantemente gravata da un enorme carico), in applicazione del criterio della rotazione trimestrale delle assegnazioni , iniziato ad essere operativo dal 1° luglio 2019.

Il provvedimento di modifica tabellare prende le mosse dalla considerazione che il progressivo aumento del flusso in ingresso dei ricorsi in materia non può essere fronteggiato dalla sola Prima sezione civile, la quale, “sebbene rafforzata con sette nuovi consiglieri più altri sette in coassegnazione volontaria per una udienza al mese”, ha visto lievitare le pendenze dai 598 ricorsi del 30 aprile 2017 fino agli 8.501 ricorsi giacenti alla data del 30 aprile 2019.

Avverso tale decreto sono state presentate osservazioni: per ciò che qui interessa, quelle formulate da alcuni consiglieri, pur condividendo la necessità di adottare delle innovazioni rispetto alla situazione esistente, eccessivamente penalizzante per la Prima sezione destinata ad essere paralizzata dall’aumento esponenziale nella specifica materia, hanno evidenziato che la soluzione adottata si poneva in contrasto con “il principio di specializzazione” consacrato con la istituzione delle sezioni in materia di Protezione Internazionale presso i ventisei Tribunali indicati nella l. n. 46/2017, principio recepito anche nella circolare sulle tabelle del 2017-2019 nella quale sono stati introdotti gli artt. 66 bis, ter e quater che hanno disciplinato proprio i criteri di formazione delle neocostituite sezioni, con attenta considerazione della possibile ricaduta negativa di tale scelta organizzativa - finalizzata alla migliore trattazione della materia che ha per oggetto diritti fondamentali - sul funzionamento  complessivo degli uffici giudiziari civili.[2]

Nelle osservazioni presentate è stato anche precisato che la soluzione di spalmare la materia dell’immigrazione tra quattro sezioni civili avrebbe avuto la seria controindicazione di impedire la realizzazione di quelle “economie di scala naturalmente conseguenti alla specializzazione”, in un ambito applicativo che, pur presentando una quota di ricorsi seriali, richiede “un elevato livello di conoscenza della normativa (anche sovranazionale) e della giurisprudenza di settore”; e che sarebbe stata pregiudicato anche il principio della prevedibilità delle decisioni in ragione della funzione nomofilattica della Corte di legittimità.

È stata, dunque, avanzata la proposta alternativa di costituire, piuttosto, una nuova sezione della Corte, competente sulla materia dell’immigrazione, ovvero di rafforzare adeguatamente e celermente la dotazione organica della Prima sezione, anche tramite un bando straordinario.

La prima ipotesi, del resto, si fondava sui numeri delle sopravvenienze esistenti che, già allora (nel luglio del 2019), consentivano di ritenere che potesse valere la pena di affrontare il problema così come in passato venne fatto per la sezione tributaria: del resto l’aumento delle sopravvenienze che si è verificato fra la data delle osservazioni, precedenti alla esecuzione del provvedimento di “turnazione” e quella delle ultime statistiche sopra riportate conforta tale ipotesi, quanto meno sotto il profilo del carico numerico dei ricorsi.

Proprio tale elemento, invece, ha indotto il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione ad esprimere unanime parere favorevole sul decreto in questione, precisando che il rilevante incremento del numero delle sopravvenienze e delle correlate pendenze presso la Prima sezione dimostrava “una situazione di emergenza, oggettiva ed immediata che richiedeva un intervento quanto mai tempestivo e l’adozione delle misure più adeguate per fronteggiarla” individuate nella scelta “distributiva” operata dal Primo Presidente, a ciò competente, scelta che non si poneva in contrasto, secondo il Consiglio direttivo, con la disciplina tabellare e con i canoni di buon andamento ed efficienza.

Tale valutazione è stata fondata principalmente sul rilievo che il criterio della rotazione era “già in uso nel settore penale per talune tipologie di reati” e non aveva “dato luogo ad inconvenienti di rilievo”, risultando rispettoso “dell’esigenza di oggettiva predeterminazione delle regole di distribuzione”: veniva infatti ritenuto che le soluzioni alternative prospettate, ed in particolare l’istituzione di una nuova sezione o di una sottosezione interna alla Prima sezione, necessitavano di un “un adeguato riscontro oggettivo ed approfondite, complessive valutazioni preliminari di molteplici elementi” e che rappresentavano ipotesi allo stato non percorribili rispetto alla situazione emergenziale venutasi a creare, anche in ragione della carenza di locali e di personale amministrativo con i quali formare, unitamente ai magistrati, la struttura organizzativa ipotizzata.

Inoltre, il parere favorevole è stato motivato anche attraverso la precisazione che si trattava di una “misura tampone” che avrebbe permesso al Primo Presidente di avviare con immediatezza l’iter procedimentale per “realizzare, eventualmente, al termine della prima tornata dei ricorsi ed in relazione all’assetto derivante dall’incremento dell’organico della Corte, una diversa soluzione organizzativa, anche in tesi coincidente con una di quelle ipotizzate nelle osservazioni”.

Nessuna specifica considerazione venne, invece, formulata – nel percorso argomentativo sviluppato dal Consiglio Direttivo in quella sede – sulla deroga, implicitamente contenuta nel provvedimento, al “principio di specializzazione” predicato nella l. n. 46/2017 e nella normativa secondaria del Csm che è andata a disciplinare le ricadute organizzative di essa negli uffici di merito: venne soltanto affermato, nel decreto integrativo (poi approvato insieme al primo) che il provvedimento emanato assumeva “necessariamente carattere sperimentale” e sarebbe stato rivalutato “all’esito dei risultati ottenuti nei primi tre trimestri” .

3. La delibera del Csm

La delibera del Csm del 14 maggio 2020 con la quale il provvedimento di modifica tabellare del primo presidente (unitamente a quello integrativo) non è stato approvato si è, invece, fondata principalmente sulla valorizzazione del “principio di specializzazione” ritenuto espressamente applicabile anche alla Corte di Cassazione ed indicato, dunque, come criterio di riferimento sia per diverse motivate deliberazioni future del Primo Presidente che dovranno essere con esso compatibile, sia per le necessarie soluzioni organizzative da inserire nel progetto tabellare per il triennio 2020-2022.

La delibera del Csm è, a parere di chi scrive, pienamente condivisibile ed esprime, oltre che una approfondita e vasta cultura ordinamentale, anche un equilibrato bilanciamento dei valori costituzionali ai quali è necessario riferirsi nel governo di una organizzazione complessissima come quella della Suprema Corte di Cassazione.

In linea generale, la valorizzazione del principio di specializzazione non deve essere affrontata in modo semplicistico.

Non si ignora, infatti, che pur rappresentando uno strumento di maggiore conoscenza delle singole materie, necessario per affrontare le questioni poste all’interprete anche con la indispensabile celerità, esso può rappresentare un vulnus laddove si traduca in “settorialità” dell’approccio valutativo , idoneo a pregiudicare una ricostruzione generale del sistema nel quale la specifica fattispecie deve comunque essere collocata; né si sottovaluta il peso di una scelta organizzativa orientata su tale principio, da assumere in carenza di risorse (di magistrati , di personale amministrativo e di locali).

Sulla prima questione, tuttavia, si osserva che nella nostra epoca - in cui la disgregazione delle fonti normative di riferimento ed in particolare del codice civile, e la stratificazione normativa, spesso non priva di contraddizioni, rende molto complessa l’operazione ermeneutica - la “specializzazione” del giudice è divenuta uno strumento indispensabile per l’esercizio della giurisdizione, preminente anche rispetto alla necessità di non perdere di vista la preparazione dell’interprete sulle questioni generali che ne deve costituire il prerequisito: la specializzazione risulta, infatti,  indispensabile per quei settori in cui la tutela dei diritti fondamentali si fonda su un’impalcatura normativa specifica e caratterizzata da principi peculiari. Ne sono tradizionale esempio anche altre materie come quella lavoristica che, contestualmente alla istituzione per legge dei giudici di merito specializzati, ha visto la costituzione, anche in cassazione della sezione lavoro (poi suddivisa in tre aree sub specializzate)[3]; nonché la sezione tributaria, costituita con provvedimento tabellare[4], proprio in ragione della specificità della materia e dell’esigenza di realizzare un’economia di scala nella definizione delle relative numerosissime controversie che avevano mostrato, qualche decennio fa, i segni di un rilevante incremento e che costituiscono, ad oggi, in termini percentuali, più della metà del contenzioso civile di legittimità.

Sulla seconda questione, costituita dal rapporto critico fra il numero, in esponenziale aumento, delle pendenze e la carenza di risorse, è evidente che la sofferenza correttamente denunciata nel provvedimento del primo presidente non potrà non avere ripercussioni sul funzionamento dell’intero settore civile della Corte di Cassazione: anche il provvedimento di turnazione, infatti, ha reso inevitabile che la produttività di tutte le sezioni coinvolte abbia già fatto registrare un vistoso abbassamento degli indici di ricambio che, invece, non ha attinto l’unica sezione non coinvolta nell’attribuzione della “nuova” materia.

Su tali criticità la delibera del Csm mostra di aver colto nel segno, avendo rilevato che qualunque soluzione, inevitabilmente, determinerà un calo ed un rallentamento dell’attività delle altre sezioni civili nelle materie di tradizionale assegnazione, “con la significativa differenza, però, che con assetti organizzativi alternativi a quello prescelto, il numero dei consiglieri che si occuperebbe della materia sarebbe molto più circoscritto, nel rispetto del principio di specializzazione” che, coniugato con soluzioni acceleratorie - da affidare ad una stabilizzazione dei principi della giurisprudenza attraverso frequenti iniziali riunioni di sezione e la predisposizione di modelli di provvedimento che consentano poi , ove sia possibile, una mera declinazione dell’ordinanza sul caso concreto - finisce per risultare l’unico criterio attraverso il quale coniugare “quantità” e “qualità” del servizio giustizia.

 4. Il principio di specializzazione: nel giudizio di merito e nel giudizio di legittimità

Come sopra rilevato, da molti anni il giudice specializzato è stato “istituzionalizzato” attraverso la creazione di sezioni che si occupano in via esclusiva di materie in cui la tutela dei diritti fondamentali si fonda su un’impalcatura normativa specifica e caratterizzata da principi peculiari e forme processuali il cui approccio postula un’ottica valutativa diversa da quella ordinaria, in quanto è focalizzata sulla tutela “soggetto debole”.

La vulnerabilità esige un giudice che la comprenda, attraverso una cultura specificamente formata, necessaria per riequilibrare le posizioni sbilanciate.

Tali caratteristiche sono certamente presenti anche nella materia dell’immigrazione per la quale la realizzazione del principio di specializzazione è stata affidata, in primis, proprio alla istituzione delle sezioni specializzate nei Tribunali aventi sede nei capoluoghi dei distretti di Corte d’appello indicati dalla l. n. 46/2017 : le ragioni sostanziali che hanno indotto il legislatore ad innovare l’assetto organizzativo della giurisdizione nella materia,  pur riferite al grado di merito, si innestano su un quadro normativo che consente di estenderne   la valenza anche al giudizio di legittimità nel quale è necessario valutare, fra le altre cose, la correttezza di un percorso processuale peculiare caratterizzato, solo a titolo esemplificativo, da:

  1. numerose atipicità procedimentali (il dovere di cooperazione istruttoria del giudice disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni e impedimenti processuali e fondato su una ripartizione dell’onere della prova diversa da quella vigente nel processo ordinario [5]; la credibilità del richiedente asilo che, ai sensi dell’art. 3 co 5 d.lgs n. 251/2007, assurge a fattispecie valutativa complessa tipica della materia in esame, attraverso una griglia logica del tutto estranea a quella sulla quale si fonda tradizionalmente “il libero convincimento del giudice”,)
  2. la riconducibilità dell’oggetto delle controversie alla violazione di diritti fondamentali della persona per la quale vengono richieste le forme di protezione previste dalle Convenzioni Internazionali, dalle Direttive Unionali e dalla legislazione interna di recepimento;
  3. la stratificazione normativa e le conseguenti difficoltà interpretative che necessitano di una preparazione specialistica, non ricavabile, neanche per le questioni processuali, da quella acquisita con lo studio delle altre materie.

Nel giudizio di legittimità, si registra la faticosa ricerca di una stabilità della giurisprudenza: tale problema rischia di essere amplificato se l’organizzazione tabellare amplia a dismisura la platea dei consiglieri coinvolti, oltretutto componenti di sezioni che si occupano tradizionalmente di materie con contenuti spesso neanche confinanti con quella in esame, in aperto contrasto, dunque, con la regola tabellare introdotta a seguito della istituzione delle sezioni specializzate per la protezione internazionale secondo la quale “nell’organizzazione delle sezioni specializzate vanno favorite la non esclusività e la trattazione in via prevalente delle materie di cui all’art. 3 del dl n. 13/2017, anche attraverso la costituzione di gruppi di magistrati. L’attribuzione di ulteriori competenze ai giudici delle sezioni specializzate avviene con l’assegnazione di materie omogenee e, in ogni caso, in modo da garantire una trattazione efficiente, celere e di qualità dei procedimenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea.” (cfr. art. 66 quater della circolare sulle tabelle 2017/2019 sopra richiamata).

Inoltre, come rilevato dalla delibera del Csm in esame, l’art. 233 co. 1 della medesima circolare, volto espressamente a disciplinare l’organizzazione dell’ufficio di legittimità, prevede che “in applicazione dell’articolo 7 bis, terzo comma del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, la disciplina tabellare (degli uffici di merito) si applica alla Corte di cassazione, fatti salvi gli adattamenti conseguenti alla peculiarità della funzione di nomofilachia”: e , come è stato correttamente precisato, “se in primo ed in secondo grado la materia della protezione internazionale è trattata (e deve essere trattata) secondo un criterio di specializzazione, articolato anche attraverso una specifica organizzazione degli uffici che contemperino il principio con la non esclusività[6] “è irragionevole e contrastante con la normativa, in assenza di ragioni di nomofilachia che l’impongano prevedere che proprio in Corte di Cassazione, dove operano criteri di specializzazione tra le sezioni per tutto il residuo contenzioso, questa materia (e soltanto essa tra tutte le materie del contenzioso civile) sia trattata senza un criterio di specializzazione e con l’assegnazione tra quattro sezioni.” (cfr. delibera del Csm del 14 maggio 2020 in esame)

Del resto, è nota, nel giudizio di cassazione, la ormai acquisita diversità fra ius litigatoris e ius costitutionis che ha caratterizzato la differenziazione fra udienze pubbliche ed adunanze camerali nella riforma del 2016 (DL 31 agosto 2016 n. 168 convertito con modificazioni nella l. n. 197/2016).

Le esigenze nomofilattiche, dopo le modifiche introdotte, vengono soddisfatte principalmente attraverso la rimessione alla pubblica udienza all’interno della stessa sezione e, successivamente, alle Sezioni unite nei casi di massima di particolare importanza o per risolvere contrasti evidenti: ragione per cui rispetto alle previsioni della norma tabellare sopra richiamata ed alle ragioni sostanziali rappresentate, il “criterio della specializzazione” non presenta alcuna incompatibilità con l’assetto organizzativo tabellare della Corte di Cassazione, e “le esigenze di nomofilachia non soltanto non contrastano con l’applicazione di esso, ma, al contrario, lo richiedono” (cfr. delibera del Csm del 14 maggio 2020).

La specializzazione, in buona sostanza, rappresenta una conquista culturale per una migliore giurisdizione ed una caratteristica virtuosa della buona organizzazione.

 5. Un progetto per la protezione internazionale nel futuro della Corte di cassazione

Deve premettersi che l’abolizione del grado d’appello stabilita dal dl 13/2017 convertito nella l. n. 46/2017 è stata la causa principale dell’enorme numero di sopravvenienze nella materia dell’immigrazione: da un punto di vista cronologico, il rapporto causa - effetto è immediatamente riscontrabile dall’esame delle statistiche mensili trasmesse ai consiglieri nelle quali, oltretutto, dal 2019 è stata creata una apposita “finestra” dedicata alla materia, segno della assoluta rilevanza di un monitoraggio specifico   delle sopravvenienze.

Il pericolo che il funzionamento della Corte di Cassazione potesse essere compromesso era stato tempestivamente segnalato dal Csm nel parere espresso sul decreto legge, prima della sua conversione: era stata allora evidenziato che “l’abolizione dell’appello ridonda negativamente sul funzionamento della Corte di Cassazione, il cui possibile stato di default è stato denunciato in plurime sedi dai vertici del giudice di legittimità. E’ infatti chiaro che la soppressione del grado di appello potrebbe comportare … l’afflusso in Cassazione dei procedimenti definiti in senso negativo per il richiedente, con un incremento esponenziale e difficilmente sostenibile dal giudice di legittimità, innanzi al quale peraltro non potranno essere fatti valere vizi motivatori, se non nei limiti segnati dal giudice supremo di nomofilachia”.[7]

La previsione si è puntualmente realizzata ed è, forse, andata oltre ciò che era stato immaginato: con un flusso di ingresso di circa 900 controversie al mese e, conseguentemente di più di 10.000 ricorsi l’anno, con le risorse a disposizione l’indice di ricambio medio risulta ben al di sotto del pareggio fra sopravvenienze e definizioni ( 58/100, nelle ultime statistiche note).

Ma la considerazione ugualmente rilevante si appunta sull’utilità del giudizio di legittimità, al quale si ricorre spesso “in sostituzione” del secondo grado di merito eliminato , in controversie che presentano, nella quasi totalità, questioni di mero fatto, oggetto di una richiesta di rivisitazione del merito non consentita in cassazione alla quale, dunque, segue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.[8]

E’ dunque urgente ed opportuno un ripensamento del legislatore nella direzione della reintroduzione del giudizio d’appello per le controversie in materia di immigrazione, corredato dalle opportune risorse al fine di evitare che il default registrato negli uffici di legittimità si riverifichi anche nelle Corti d’appello: tale indicazione, si badi bene, non rappresenta una modalità per “scaricare” il problema su altri uffici, ma si fonda sulla convinzione che un secondo grado di merito possa quanto meno assicurare una più idonea tutela ai richiedenti asilo, equivalente a quella garantita in molti altri settori della giurisdizione che hanno per oggetto diritti fondamentali.

6. Alcune proposte

In attesa di tale auspicabile modifica normativa, è tuttavia necessario ipotizzare un assetto organizzativo della Corte di Cassazione che rappresenti un’alternativa a quello attuale, contemperando il principio di specializzazione (richiamato con forza dalla delibera consiliare esaminata) con una migliore funzionalità.

In primo luogo va detto che l’emergenza immigrazione, affidata alle tabelle 2020-2022, potrebbe rappresentare un’ottima occasione per una più organica redistribuzione tabellare di tutte materie fra le sezioni della Corte, immutata da lungo tempo, nonostante i rivolgimenti normativi e sociali sui quali si fonda l’andamento (in aumento o in diminuzione) dei flussi di ingresso.

A parte la Sezione lavoro e quella tributaria che rimarrebbero con assetti immutati, sarebbe forse opportuno concentrare in una unica sezione la giurisdizione sui diritti della persona (famiglia, minori, immigrazione e soggetti deboli) alla quale le sopravvenienze dell’immigrazione conferirebbero certamente anche sostanza numerica, e nelle altre due, raggruppando da una parte le controversie in materia di diritto fallimentare, delle esecuzioni , di diritto societario nonché le questioni contrattuali ad esse connesse e dall’altra tutte quelle in materia extracontrattuale e riguardanti i contratti tipici ed atipici diversi da quelli sopra indicati.

Ove l’ipotesi della creazione di una sezione autonoma dei diritti della persona venga ritenuta, nell’immediato, non agevolmente percorribile, la gestione delle sopravvenienze in materia di immigrazione potrebbe essere ottimizzata rinforzando adeguatamente la dotazione organica della Prima Sezione in modo da consentire al suo Presidente di disporre delle risorse umane sufficienti per organizzare due collegi specializzati composti da consiglieri designati, su interpello, per una durata minima biennale i quali tratterebbero in via solo residuale le materie confinanti , al fine di realizzare un assetto organizzativo analogo a quello previsto per le sezioni di merito dagli artt. 66 bis, ter e quater della Circolare sulle tabelle sopra richiamata. Ove non si raggiungesse un numero sufficiente l’interpello potrebbe essere esteso anche alle altre sezioni per una coassegnazione in via prevalente, con congruo esonero dalle udienze della sezione di appartenenza.

Poiché il livello delle sopravvenienze nella materia appare destinato a restare molto alto per diversi anni, ove non si ritenga possibile la costituzione di una nuova Sezione, l’aumento dell’ organico della Prima Sezione è la soluzione preferibile in quanto essa consentirebbe un’adeguata programmazione di tutto il lavoro sezionale - e, in particolare, del lavoro relativo ai procedimenti in materia di immigrazione - nel rispetto del “principio della specializzazione”, ormai stabilmente e generalmente riaffermato.

In ordine alle risorse necessarie, oltre alla necessità di ricoprire i vuoti del personale amministrativo, la stessa delibera consiliare ha fatto riferimento, per la soluzione del problema, alle nuove risorse che saranno destinate alla Corte di Cassazione in attuazione dell’aumento di organico attuato con il dm 17 aprile 2019.

Anche il Csm, dunque, ha assunto un importante impegno per l’ufficio di legittimità che confidiamo tutti venga rapidamente onorato.

 

 

[1] Il quadro delle sopravvenienze al quale si è riferito il decreto presidenziale evidenziava un aumento da 374 ricorsi nel 2016 a 1.089 nel 2017, a 6.026 nel 2018 ed a ulteriori 3.211 nel solo primo quadrimestre del 2019 (ultimo dato al quale si riferisce la delibera consiliare) -

[2] Sono state introdotte con delibera di Plenum in data 1° giugno 2017 le seguenti disposizioni, ad integrazione della Circolare sulle tabelle 2017/2019 P-1318 del 26.1.2017:

Articolo 66 bis- Sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea

Per le materie previste dall’articolo 3 decreto legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, in L. 13 aprile 2017, n. 46, operano le sezioni specializzate presso i Tribunali distrettuali.

Articolo 66 ter - Composizione delle sezioni in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea

  1. Le sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea sono composte da non meno di tre magistrati, di cui due giudici e un presidente di sezione.
  2. Quando operano due sezioni coordinate tra loro, le competenze di cui all’articolo 5 del decreto legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito in l. 13 aprile 2017, n. 46 sono esercitate da ciascun presidente per gli affari attribuiti rispettivamente al suo collegio o alla sua sezione.
  3. Restano ferme le disposizioni di cui agli artt. 86 e 93.

Articolo 66 quater - Assegnazione degli affari e tendenziale competenza non esclusiva in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea.

  1. Nell’organizzazione delle sezioni specializzate vanno favorite la non esclusività e la trattazione in via prevalente delle materie di cui all’art. 3 del dl n. 13/2017, anche attraverso la costituzione di gruppi di magistrati. 2. L’attribuzione di ulteriori competenze ai giudici delle sezioni specializzate avviene con l’assegnazione di materie omogenee e, in ogni caso, in modo da garantire una trattazione efficiente, celere e di qualità dei procedimenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea.

[3] V. art, 19 L. 533/1973.

[4] V. Decreto del Primo Presidente del 19.6.1999 n° 61.

[5] Cfr. al riguardo Cass. 29056/2019; Cass. 11096/2019.

[6] Cfr. su COSMAG documentazione: Risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi alla protezione internazionale. (Risoluzione del 15 marzo 2017).

“La specializzazione e la non esclusività.

L’esperienza e il confronto con le realtà giudiziarie hanno evidenziato come una prima esigenza sia quella di garantire la specializzazione. In tal senso deve trovare applicazione quanto già previsto dall’art. 55 della nuova circolare in tema di tabelle, poiché la specializzazione assicura una risposta più efficace, qualitativamente e quantitativamente, nonché più celere, oltre la prevedibilità ed omogeneità degli orientamenti. Occorre altresì chiarire che non necessariamente la materia della protezione internazionale debba essere attribuita alla sezione che stabilmente tratti il diritto di famiglia latamente inteso, in quanto è ben possibile combinare siffatta materia, afferente alla tutela dei diritti della persona, anche con materie che involgono competenze ulteriori e non omogenee, pur se altrettanto specializzate e tecniche. La scelta è rimessa alla discrezionalità dei dirigenti, nell’ambito e all’esito del procedimento tabellare partecipato, e deve essere tesa a garantire la concreta possibilità, per il giudice della protezione, di una trattazione efficiente, celere e di qualità, avendo in conto la qualità dell’istruttoria richiesta dai procedimenti di protezione internazionale e la sostenibilità delle altre forme di contenzioso, al medesimo giudice assegnato, con ulteriore impegno istruttorio. In tal senso, potrebbe essere preferibile l’opzione di associare la materia della protezione internazionale a procedimenti contenziosi, la cui trattazione non si connoti per la particolare complessità in punto di acquisizione di prove costituende o presupponga il necessario svolgimento di complesse comparizioni personali delle parti. Come pure va valutato con cura – anche alla luce delle pendenze complessive degli affari – se collegare strettamente la materia della protezione internazionale a quella tutelare, in ragione del particolare coinvolgimento della sfera personale che caratterizza entrambe. La caratteristica, pur nella stabilità, dei flussi variabili nel tempo del fenomeno migratorio sconsiglia di adibire, quand’anche i numeri lo permettano, un’intera sezione alla trattazione esclusiva di tali procedimenti, in quanto è da ritenersi preferibile un modulo organizzativo maggiormente flessibile e in grado di adeguarsi all’evolvere contingente delle sopravvenienze.”

[7] Cfr. parere sul dl 13/2017 n° in COSMAG, documentazione

[8] V. in questa Rivista on line Di Florio, 5 dicembre 2019 in Protezione Internazionale ed il giudizio di Cassazione: eterogenesi dei fini?, www.questionegiustizia.it/articolo/protezione-internazionale-ed-il-giudizio-di-cassazione-eterogenesi-dei-fini_05-12-2019.php .

18/05/2020
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06/02/2024
Le controversie in materia di lavoro e previdenza innanzi al Tribunale. Profili processuali

Questione Giustizia pubblica, aggiornata al 2023, un'ampia raccolta di giurisprudenza di legittimità dedicata ai profili processuali del diritto del lavoro e della previdenza sociale

16/11/2023
Il trattenimento in frontiera dei richiedenti asilo provenienti da Paesi di origine sicuri: una privazione di libertà «per cittadinanza»?

Il presente contributo esamina alcuni dei profili emersi a seguito delle recenti pronunce del Tribunale di Catania e del Tribunale di Firenze tramite le quali è stato messo in discussione l’impianto normativo che vede l’automatica applicazione di una procedura accelerata in frontiera con annesso trattenimento del richiedente asilo proveniente da un Paese di origine designato come sicuro. In primo luogo si analizzerà il profilo relativo ai trasferimenti finalizzati al trattenimento dei richiedenti asilo tra zone di frontiera differenti, e in seguito si cercherà di approfondire la stretta relazione che lega la restrizione della libertà personale in zona di frontiera e il decreto sui Paesi di origine sicuri del 17.03.2023, al fine di cogliere ulteriori rilievi di illegittimità che si celano nelle disposizioni recentemente introdotte dal Legislatore. 

06/11/2023
Il prisma dell’accoglienza: la disciplina del sistema alla luce della legge n. 50/2023

La legge n. 50/2023 rappresenta il terzo provvedimento adottato nell’arco di sei anni che interviene pesantemente sul d.lgs n. 142/2015 nonché sull’art. 1-sexies dl n. 416/1989, ridefinendo la filiera dell’accoglienza e frammentando ulteriormente il sistema nel suo complesso. L’intervento riguarda la gestione dei punti di crisi (cd. "hotspot") e dei centri governativi di accoglienza, la platea dei beneficiari che possono accedere ai progetti territoriali di accoglienza e integrazione nell'ambito del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), nonché le prestazioni che devono essere garantite nei centri e le ipotesi di revoca e riduzione delle misure di accoglienza garantite. 
In particolare, il legislatore riforma il sistema di accoglienza reintroducendo la logica binaria che separa i percorsi dei richiedenti asilo dai titolari di protezione internazionale che possono accedere al Sai, e rivede l’impianto ripristinato due anni prima dal dl n. 130/2020, che sanciva l’interconnessione stretta tra sistema di accoglienza e integrazione come elementi inscindibili di un percorso che porta all’autonomia della persona. Oltre a intervenire sulle categorie di beneficiari, l’attuale provvedimento interviene sulle prestazioni da garantire ai richiedenti protezione internazionale e prevede misure che selezionano ulteriormente gli aventi diritto e stratificano, moltiplicandoli, gli spazi e i luoghi deputati all’accoglienza. 

29/09/2023
Tre domande sui Paesi sicuri

Il contributo esamina tre problemi che si pongono avanti alla commissione territoriale e al giudice in ipotesi di manifesta infondatezza per chi viene da un Paese di origine sicuro. In particolare, ci si interroga se sia necessaria una procedura accelerata ai fini della dichiarazione di manifesta infondatezza; che valutazione debba farsi delle allegazioni del richiedente asilo ai fini della manifesta infondatezza; che valutazioni siano possibili quando oggetto del giudizio non sia il ribaltamento della presunzione, ma la sua contestazione.

22/09/2023
Le nuove procedure accelerate di frontiera. Quali prospettive in un’ottica di genere?

L’art. 7-bis dl n. 20/2023 interviene, fra l’altro, sulle procedure accelerate di frontiera e in particolare sui presupposti e i termini per la loro applicazione, prevedendo anche una nuova ipotesi di trattenimento, direttamente ricollegata allo svolgimento delle procedure accelerate di frontiera, a cui consegue una specifica procedura di impugnazione del provvedimento adottato dalla commissione territoriale. 
Il presente contributo intende soffermarsi su alcuni profili di criticità delle nuove norme e offrire altresì una riflessione in un’ottica di genere che, abbracciando con lo sguardo non solo le donne ma anche gli uomini migranti, aiuti a riflettere sulle conseguenze di un approccio del legislatore stereotipato e categorizzante.

15/09/2023
I voti (sostanzialmente) politici del Consiglio Superiore della Magistratura

Le deliberazioni del Csm, pur formalmente connotate da un alto grado di discrezionalità di natura tecnica, costituiscono espressione di attività di alta amministrazione e, come tali, ospitano in grado elevato valutazioni in senso ampio politiche. Ad esse concorrono tutti i Consiglieri. Sebbene nessuna norma lo precluda, di norma e programmaticamente il Vice Presidente non prende parte alle votazioni in materie rientranti nella amministrazione corrente. Proprio per il carattere consolidato di questa prassi, che costituisce una sorta di autolimitazione, in genere preannunciata dallo stesso Vicepresidente all'inizio della carica, e per gli importanti riflessi che ne derivano sul piano dell'assetto consiliare è utile la ricerca delle rigorose e previamente conoscibili ragioni e delle condizioni che concorrono a determinarla e, soprattutto, di quelle che ne possano consentire o suggerire una deroga.

10/07/2023