Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

Il concorso in magistratura tra pandemia e aspirazioni riformiste

di Marco Patarnello
magistrato di sorveglianza a Roma

La congiuntura pandemica non sia l’occasione per mettere in discussione i fondamenti del concorso in magistratura. Adattare il necessario è inevitabile, senza trascurare cautela e dialogo

Fra le molte ricadute negative di questa sfortunata congiuntura pandemica si colloca -forse non in una posizione di primo piano- lo stop imposto ad una serie di attività quali lo svolgimento delle procedure concorsuali che caratterizzano il funzionamento della macchina pubblica. E’ per questa ragione, infatti, che il concorso in magistratura indetto con D.M. 29 ottobre 2019 a distanza di un anno e mezzo non è ancora stato effettuato.

Il Ministro della Giustizia Cartabia, confermando le doti di determinazione che molti le riconoscono ed approfittando della prospettiva di miglioramento dell’andamento epidemiologico, ha rotto gli indugi sul punto. Con il decreto-legge n. 44 del 1 aprile 2021 ha dato il via libera allo svolgimento del concorso in magistratura bandito nel 2019. 

In effetti, se la sofferenza del funzionamento può considerarsi oramai endemica nel comparto giustizia, la scopertura degli organici della magistratura appare, invece, congiunturale ed attualmente ha raggiunto un picco consistente, ammontante a circa il 14%. Va, tuttavia, ricordato che scoperture di questa entità negli organici della magistratura non possano neppure ritenersi eventi isolati o eccezionali. Inoltre non è secondario ricordare che 252 nuovi magistrati si insedieranno nei loro uffici giudiziari il 26 settembre prossimo, mentre altri 285 sono stati appena assunti e stanno svolgendo il tirocinio c.d. “generico”, così che potranno prendere servizio negli uffici giudiziari verosimilmente verso la fine del 2022. 

La necessaria cadenza annuale del concorso in magistratura ha, purtroppo, avuto una consistente sospensione, che l’iniziativa del Ministro ha il merito di aver sbloccato. 

L’utile iniziativa del Ministro non manca, però, di suscitare qualche perplessità. Talune di merito, altre di metodo. Più delicati innanzitutto i profili di metodo. L’art. 105 della Costituzione assegna al Consiglio superiore della magistratura le competenze inerenti le assunzioni dei magistrati, secondo le regole dell’ordinamento giudiziario. E’ del tutto evidente che le norme dell’ordinamento giudiziario sono oggetto di riserva di legge; è dunque naturale che qualsiasi riforma o intervento in materia muova innanzitutto dall’iniziativa del Ministro e venga fatto oggetto di un procedimento legislativo. Resta, tuttavia, la constatazione che i criteri di selezione e di assunzione dei magistrati sono di specifica pertinenza del CSM e costituiscono uno dei nuclei più significativi dello status di magistrato, contribuendo in modo decisivo ad inverare i principi di indipendenza ed autonomia della magistratura. Il sistema di selezione dei magistrati è un vero e proprio fulcro dell’assetto ordinamentale della magistratura. Se tutto questo è vero, può apparire una smagliatura istituzionale aver lasciato il CSM fuori dal dibattito e dalla riflessione sui criteri di modifica della procedura concorsuale, soprattutto laddove le modifiche non risultassero formali o meramente organizzative. Il Ministro ha optato per lo strumento d’urgenza del decreto-legge e non risulta che abbia ritenuto di coinvolgere il Consiglio né in un dibattito o in un’interlocuzione preventiva, né in una successiva espressione di parere, sia pure finalizzata alla sola conversione del decreto-legge, creando le premesse per il varo di una riforma prescindendo dal punto di vista dell’organo cui la stessa Carta costituzionale attribuisce rilievo in materia. Auspichiamo che il CSM offra comunque il proprio contributo, a costo di esprimersi non richiesto.

Si potrebbe, tuttavia, obiettare che la scelta è stata necessitata dall’urgenza della situazione legata alla congiuntura pandemica. E veniamo, così, alle perplessità di merito, segnalando, comunque, che vi sono tematiche il cui rilievo travalica le congiunture, creando un precedente.

Il comma 5 dell’art. 11 del D.L. 44/2021 ha stabilito che le prove scritte del concorso in magistratura saranno due, in luogo delle tradizionali tre. In particolare, tra le tre materie tradizionali, diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo, ne verranno sostenute solo due, estratte a sorte la mattina di ciascuna prova. Sarà, dunque, necessaria una preparazione che investa tutte e tre le discipline fondanti lo scritto del concorso, ma il candidato sarà testato solo su due di esse.

Il medesimo comma 5 modifica, però, anche le concrete modalità e -verrebbe da dire- il taglio stesso della prova scritta, introducendo l’obiettivo di testare il candidato sulla capacità di sintesi, fissando la durata della prova in quattro ore, in luogo delle tradizionali otto.

Si tratta di due novità tutt’altro che secondarie, verosimilmente entrambe parzialmente legate alle necessità dell’emergenza sanitaria ed alle indicazioni del Comitato tecnico scientifico, che tuttavia incidono in misura significativa sul contenuto della selezione.

La riduzione del numero di prove scritte a due -in luogo delle tre fissate dal D.lgs. 160/06- non è un fatto inedito, essendo già accaduto nel passato che l’urgenza del reclutamento dovuta ad una congiuntura eccezionale avesse spinto verso una procedura semplificata di questo genere. Omettere di esaminare i candidati su una delle tre materie fondanti resta, però, una soluzione forse non indispensabile -e comunque piuttosto discutibile- anche in una prospettiva emergenziale.

Ma assai maggiori e più gravi perplessità suscita la scelta di ridurre la durata delle prove scritte a sole quattro ore, in luogo delle otto sinora concesse ai candidati. E qui la modifica appare contenutistica, se non propriamente ideologica, non solo legata alla cautela epidemiologica, dal momento che viene esplicitamente segnalata l’esigenza di verificare ed apprezzare le capacità di sintesi del candidato. La durata della prova scritta è un aspetto che incide profondamente sul criterio e sull’obiettivo della selezione. L’assetto attuale della prova -costante nel tempo ed ampiamente sperimentato- è orientato a testare nei candidati sia la preparazione che la capacità di approfondimento, di elaborazione e riflessione. Otto ore sono un consistente orizzonte cronologico, che consente (e dunque richiede) al candidato di studiare e riflettere sull’argomento della prova anche nella sede concorsuale, utilizzando i codici e le fonti normative la cui consultazione è consentita dalla disciplina a questa specifica finalità. Si tratta anche di una prova logorante, che valorizza una buona tenuta nervosa e capacità di concentrarsi sotto stress. In tal modo la prova d’esame sinora conosciuta verifica ed assegna rilievo significativo alla capacità di ragionamento ed approfondimento speculativo del candidato, almeno nella stessa misura della già acquisita competenza tecnico-giuridica: su solide basi di competenze e preparazione è stato sinora possibile “costruire” un buon elaborato anche su un argomento non direttamente oggetto di uno studio recente, contribuendo a selezionare magistrati non solo preparati, ma anche capaci di elaborare autonomamente una questione giuridica complessa utilizzando le fonti normative e i principi generali del diritto. Insomma, non solo risposte esatte a domande su specifiche questioni già note, ma anche risposte esatte a domande su questioni che il candidato è in condizione di approfondire e “costruire” lì per lì. Limitare a sole quattro ore il tempo disponibile per fornire la risposta sull’argomento significa selezionare solo magistrati che dispongano già della risposta esatta al tema posto. O, in alternativa, significa porre temi di carattere più ampio -marginalizzando l’approfondimento dei contenuti- così favorendo una buona capacità di memorizzazione e di sintesi in danno di una capacità di ragionamento e di speculazione. Ma il diritto non costituisce un sistema scientifico dotato di risposte “esatte”, bensì un sistema logico fondato su ragionamenti corretti. Come si vede, la scelta non è affatto neutra o marginale, ma attinge il cuore della tipologia di magistrati che si vuole selezionare, tema che non può essere validamente affrontato senza un dibattito ed un approfondimento adeguato che coinvolga l’organo cui la Costituzione assegna la competenza sulle assunzioni dei magistrati e che dispone, senza dubbio, di un punto di vista significativo.

L’innovazione introdotta dal Ministro, sebbene la più importante e qualificante, non è però l’unica che si va affacciando sul prossimo concorso.

Il Consiglio superiore della magistratura con delibera del 8 aprile 2021 ha modificato anche le modalità di selezione della commissione esaminatrice del concorso. 

Con approccio sensibile agli umori del momento il CSM ha introdotto una specifica procedura di interpello per il presidente della Commissione esaminatrice, mirata ad individuare un magistrato dotato di particolare attitudine organizzativa e di esperienze professionali qualificate, innovando la tradizione di una nomina interamente fiduciaria, che sebbene nel passato avesse offerto non di rado eccellenti risultati, non di meno aveva talvolta dato cattiva prova e comunque rimandava a meccanismi non trasparenti. Colpisce la centralità largamente prevalente assegnata alle doti organizzative rispetto a quelle scientifiche e tuttavia la sperimentazione di questo obiettivo in una procedura concorsuale così peculiare come quella che sarà effettuata in tempi di congiuntura pandemica potrebbe rivelarsi una positiva intuizione, a condizione che la scelta ricada su una figura davvero autorevole ed indiscussa. Circa la eliminazione della natura fiduciaria della scelta, si comprende l’aspirazione alla trasparenza, purchè non si trascuri il vero obiettivo di questa figura: godere di indiscussa autorevolezza e prestigio giuridico, ma prima ancora di indipendenza e impermeabilità assoluta a qualsiasi pressione, qualità architravi di un concorso affidabile. Anche la trasparenza potrebbe risultare sopravvalutata, se rubasse il passo alla eccellenza in una scelta così importante.   

Più discussa la decisione di cambiare i criteri di selezione dei componenti della Commissione esaminatrice. Nel passato più recente il CSM aveva effettuato un interpello fra i magistrati interessati a farne parte, procedendo successivamente ad una preselezione sulla base di criteri attitudinali (precedentemente indicati nell’interpello e legati alle esperienze professionali, ad eventuali pregresse esperienze didattiche e al possesso di titoli scientifici), sino a selezionare un numero di 60 magistrati, pari al triplo del numero dei componenti della commissione da nominare, per poi procedere alla individuazione dei componenti mediante sorteggio all’interno di tale rosa. Una maniera di coniugare un elevato profilo tecnico, con la trasparenza della selezione. Il CSM ha, oggi, deliberato di passare ad un sistema di sorteggio sostanzialmente puro.  In particolare è stato deliberato di effettuare un interpello con taluni precisi e limitati criteri di esclusione, legati a circostanze obiettive (scopertura dell’organico dell’ufficio superiore al 20%, svolgimento di incarichi semidirettivi o direttivi o comunque di incarichi di coordinamento in seno all’ufficio di appartenenza, ruolo di docenza presso SSPL, ecc.). A queste specifiche ipotesi viene aggiunto un unico criterio di esclusione avente carattere relativamente discrezionale, costituito dalla sussistenza -in capo all’aspirante- di criticità emerse in occasione delle valutazioni di professionalità. Il CSM si è, cioè, riservata la possibilità di escludere qualche aspirante che presentasse concrete -e già emerse- criticità professionali.

E’, dunque, fondato affermare che la nuova procedura di selezione della commissione esaminatrice è sostanzialmente legata al meccanismo del sorteggio. Essa si fonda sulla ritenuta idoneità di qualsiasi magistrato ad essere componente della commissione esaminatrice del concorso in magistratura.

La scelta ha immediatamente visto schierarsi due opposte reazioni, anche sul piano mediatico. Da un lato il fronte, largamente più diffuso e “motivato”, plaudente alla eliminazione di qualsiasi valutazione discrezionale in favore di una selezione interamente affidata al caso, fino a trarne maliziosamente ragioni di avallo alla battaglia politica per l’inserimento del sorteggio quale criterio di nomina degli stessi componenti del CSM. Dall’altro coloro che vedono in questa scelta un’abdicazione alla discrezionalità delle scelte del Consiglio, una rinunzia ad una selezione qualificante della commissione esaminatrice di questo autentico architrave dell’indipendenza della magistratura che è il concorso di accesso e, in definitiva, il rischio di un avallo alla battaglia politica per l’inserimento del sorteggio quale criterio di nomina degli stessi componenti del CSM. 

Anche chi scrive è preoccupato di una deriva che svilisca il ruolo del CSM, relegandolo a quello di un organo puramente burocratico, il più possibile privo di valutazioni discrezionali, così finendo col banalizzare il ruolo stesso della magistratura, rinunziando a un’amministrazione orientata verso scelte primariamente funzionali ad un servizio da rendere ai cittadini e non solo a garantire ai magistrati un egualitarismo che non su tutti i fronti è parimenti giustificato: i magistrati sono tutti uguali e si distinguono solo per funzioni, ma questo non significa, di per sé, che siano tutti ugualmente capaci di svolgere funzioni non giudiziarie, come possono essere, ad esempio, le funzioni direttive o organizzative o quelle di insegnamento. Per non parlare dell’eventualità di sostituire il meccanismo elettivo dei componenti del CSM con il sorteggio di tali componenti, autentico vulnus al principio democratico ed allo spirito della Costituzione, che oggi investirebbe la magistratura per investire domani la politica. 

Questo non deve, però, indurre ad assegnare alle nuove modalità di selezione della commissione esaminatrice per il concorso in magistratura funzioni, significati e prospettive che vadano al di là di quanto oggetto della delibera. Comporre la commissione di concorso per l’accesso in magistratura da parte di magistrati è un’attività non così dissimile dallo svolgimento delle funzioni giudiziarie e una selezione per sorteggio può magari risultare opinabile o strizzare l’occhio ad un certo “populismo”, ma non sembra un decisione eccentrica, neppure per chi crede ad un ruolo “politico” e di alto profilo del CSM.     

23/04/2021
Altri articoli di Marco Patarnello
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
I test psicoattitudinali: la selezione impersonale dei magistrati

Certamente il lavoro del magistrato è molto impegnativo sul piano fisico, mentale e affettivo e vi sono situazioni - presenti, del resto, in tutte le professioni - in cui una certa vulnerabilità psichica può diventare cedimento e impedire l’esercizio sereno della propria attività. Esse si risolvono con istituti già presenti nell’ordinamento come la “dispensa dal servizio” o il “collocamento in aspettativa d’ufficio per debolezza di mente o infermità”. Invece il progetto di introdurre test di valutazione psicoattitudinali per l’accesso alla funzione di magistrato è inopportuno sul piano del funzionamento democratico delle Istituzioni e inappropriato sul piano psicologico perché, da un lato, sposta l’attenzione dal funzionamento complessivo della Magistratura come istituzione all’“idoneità” del singolo soggetto e, dall’altra, non prende in considerazione il senso di responsabilità , la principale qualità che deve avere un magistrato e la sola che valorizza appieno la sua competenza e cultura giuridica. 

03/04/2024
Test psicoattitudinali per i magistrati
a cura di Redazione

Ovvero: “ le stesse cose ritornano”, a dispetto delle critiche razionali degli esperti 

25/03/2024
I nodi del costituzionalismo contemporaneo e la sfida per l’Associazione Nazionale Magistrati

Il costituzionalismo contemporaneo è segnato da una serie di nodi ancora tutti da sciogliere: il depotenziamento della funzione costituzionale di indirizzo fondamentale ed il parallelo potenziamento della funzione di garanzia; quale equilibrio fra la sovranità popolare ed il potere dei giudici di interpretare la legge; l’imparzialità dell’interprete ed i confini della libertà di espressione del magistrato. A quasi cinquanta anni dal congresso di Gardone, il prossimo congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati può essere l’occasione per un contributo della magistratura associata alla risoluzione di questi nodi. 

27/02/2024
Riflessioni sul concorso in magistratura tra passato e presente

La questione del reclutamento del personale della magistratura è al centro di un dibattito assai ampio. Si discute, sin dagli anni ottanta, sull’esclusività dell’accesso mediante concorso, sull’efficacia e affidabilità delle prove, sul livello e sulla tipologia delle conoscenze richieste. Nella formazione post-universitaria si consolidano diversi modelli di giurista. Temi assai attuali, considerato che la recente delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario prevede una rivisitazione dell’accesso in magistratura.

17/02/2024
I tempi della giustizia. Avvocatura, magistratura e società. Riflessioni su «Una ricerca sulla cultura giuridica dei giovani magistrati»

Il contributo – partendo dal rapporto di ricerca sulla cultura giuridica dei giovani magistrati, che compone il fascicolo n. 4/2023 della Rivista trimestrale – esplora due delle principali cause dei lunghi tempi della giustizia in Italia: un eccessivo carico di lavoro dei magistrati, ulteriormente gravato da un arretrato “patologico”, e un elevato turnover. I rimedi non vanno tanto cercati in una nuova riforma del processo, né tantomeno in un contenimento della domanda giudiziaria, quanto piuttosto in una soluzione che coinvolga tutti gli stakeholder del settore giustizia, puntando su potenziamento dell’organico, tecnologia e innovazione.

15/02/2024
Il lavoro del magistrato, il rifiuto di un approccio burocratico e la sfida della responsabilità

Il lavoro concreto e quotidiano del magistrato, con le sua criticità e le dinamiche relazionali negli uffici giudiziari, costituiscono ambiti centrali della riflessione sulla magistratura per comprenderne lo stato di salute rispetto alla sua funzione istituzionale di tutela della persona e di gestione dei conflitti, e ai principi costituzionali di autonomia e indipendenza che ne sono a presidio. A tali ambiti della riflessione è dedicato il presente contributo, partendo dallo sguardo della giovane magistratura.

13/02/2024