Magistratura democratica
Editoriali

Editoriale

di Rita Sanlorenzo
avvocata generale, Procura generale Corte di cassazione, vicedirettrice di Questione Giustizia

L'editoriale della vicedirettrice di Questione Giustizia al numero 3/2023 della rivista trimestrale, intitolato La triste parabola del diritto dell’immigrazione. Il legislatore cambia ancora idea (in peggio). In ricordo di Cecilia Corsi

A tre anni esatti dal fascicolo n. 3 del 2020, intitolato «Il diritto alla protezione internazionale e l’impegno della giurisdizione»[1], Questione giustizia pubblica ancora un numero monografico sul diritto dell’immigrazione, questa volta espressamente intitolato alla “triste parabola” normativa che ne traccia quella che sembra una progressiva e inarrestabile caduta, nel senso della negazione o comunque della forte compressione del diritto del migrante a vedere rispettata la sua dignità di essere umano, prima ancora del suo diritto alla protezione internazionale o umanitaria.

Già nell’Editoriale che apriva il n. 3/2020, il Direttore Nello Rossi con parole quanto più attuali ricordava «che le “persone” non si cancellano semplicemente privandole, con un tratto di penna del legislatore, di ogni possibilità di riconoscimento; che in una società complessa la sicurezza degli uni – la maggioranza – non può essere garantita dalla restrizione degli altri – la minoranza – in un ghetto senza vie d’uscita; che in un mondo interconnesso il rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali non è un inutile orpello ma la base su cui ottenere ascolto e considerazione in ambito europeo e internazionale»[2].

Si era allora alla vigilia dell’approvazione del cd. “decreto Lamorgese” (dl n. 130/2020, conv. in l. n. 173/2020), varato al fine di porre rimedio alle più evidenti restrizioni introdotte con la sequenza dei decreti sicurezza (ddll nn. 113/2018 e 539/2019), che oltre alle evidenti difficoltà applicative, sollevavano numerosi interrogativi a proposito della compatibilità con i principi costituzionali ed eurounitari in tema.

Proprio in ossequio agli obblighi sovranazionali, il decreto Lamorgese segnò un’importante variazione di rotta, in particolare introducendo quell’ipotesi di protezione speciale che poteva essere invocata anche per la tutela del diritto al rispetto della vita privata e familiare: e che così attribuiva, ai fini del riconoscimento del diritto a rimanere in Italia, una valenza decisiva a quelle relazioni e a quei rapporti che, nel corso del soggiorno nel nostro Paese, il migrante era riuscito a costruire, dando attuazione a quella vocazione sociale che attiene strettamente alla natura umana. Si è indubbiamente trattato di un notevole “cambio di passo”, operato ovviamente tra gli strepiti degli agitatori del vessillo della “sicurezza”, che secondo il pensiero oggi dominante si garantisce relegando le persone che arrivano in Italia nel limbo della clandestinità, e privandole di ogni possibilità di riconoscimento. Un cambio di passo che ha messo i giudici italiani della protezione di fronte all’esigenza di approfondire le ragioni per il riconoscimento di questa nuova forma di protezione, seppure sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla stessa giurisprudenza formatasi nel vigore della precedente normativa in tema di protezione umanitaria, e del riconoscimento, ai fini del diritto alla medesima, della condizione di “vulnerabilità” del migrante.

A queste novità legislative, e alla necessità per la giurisprudenza di farsi carico di una più approfondita conoscenza della condizione di migrante e delle tante fragilità che essa comporta, Questione giustizia ha dedicato una nuova edizione del seminario di studio, intitolato appunto alle novità apportate dal dl n. 130 rispetto al previgente istituto della protezione umanitaria: seminario che si è svolto ancora in Corte di cassazione, il 22 febbraio 2023[3], e che è stato concepito e realizzato come un laboratorio a più voci tra giuristi e non, psichiatri, studiosi di scienze politiche e scienze sociali, al fine di offrire all’uditorio uno spaccato quanto più aderente al reale della “materia” che il diritto dell’immigrazione tratta. La ricchezza di quello scambio[4] è in buona parte riprodotta negli scritti raccolti nella prima parte di questo numero trimestrale: da cui emerge quanto sia necessaria, per i giuristi pratici, tanto più se impegnati nella difficile applicazione della normativa in questione, l’apertura dello sguardo a dottrine e competenze diverse, da cui trarre una concreta ed effettiva conoscenza delle ragioni per cui si migra, delle condizioni da cui si decide di partire, dei segni che lascia sulla persona la traumatica, spesso terribile, esperienza di migrare.

Quella stagione, che finalmente vedeva il Legislatore impegnato nella seria impresa di “governare” il fenomeno senza cedere a populismi pur sempre fruttuosi sul piano elettorale, ma del tutto inefficaci su quello del blocco degli ingressi, e comunque ferocemente indifferenti al destino degli esseri umani, è però velocemente tramontata: la più recente consultazione elettorale ha premiato infatti quelle forze politiche che puntano al contrasto assoluto ad ogni ingresso in Italia, ventilando misure quali i blocchi navali, i respingimenti alla frontiera o  i rimpatri di massa.

Se dunque era più che plausibile che la nuova maggioranza avrebbe presto messo mano alla legislazione, secondo uno schema ormai usuale che registra il nevrotico susseguirsi degli interventi legislativi – a cui, va detto, gli andamenti dei flussi delle migrazioni sono e restano del tutto indifferenti –, merita di essere sottolineata la circostanza che è stata colta come occasione per il varo delle nuove disposizioni: ossia, il tragico naufragio, nella notte tra il 25 ed il 26 febbraio 2023, al largo delle coste di Steccato di Cutro, in Calabria, di una imbarcazione partita dalla Turchia alla volta delle coste italiane a bordo della quale si trovavano, si suppone, almeno 180 migranti. I morti accertati sono ad oggi 94, ma molti restano i dispersi: sconosciute ancora le cause del ritardo nell’intervento dei soccorsi, in realtà mai attivati se non dopo il naufragio stesso, nonostante l’allarme lanciato da Frontex sin dalla sera precedente il disastro. La tragedia fornì al Governo il destro per l’emanazione di un decreto, paradossalmente intitolato, almeno nel linguaggio comune, proprio alla località dove essa si consumò, con cui si dava seguito alle promesse in campagna elettorale nell’ottica di una ulteriore recrudescenza della politica dell’asilo. Al decreto n. 20/2023 è dedicata la seconda parte di questo fascicolo, mentre già stanno vedendo la luce le più recenti misure adottate dal Governo ancora nell’ottica della restrizione dei diritti e dell’irrigidimento delle regole su permanenza, allontanamento, espulsioni.

Sono tempi davvero tristi: e alla tristezza che suscita l’osservazione della politica – a livello globale, per vero – in tema di immigrazione, si aggiunge quella che suscita ancora la grave perdita di una cara e preziosa compagna di strada, Cecilia Corsi, scomparsa il 29 aprile 2023 e che, nella sua qualità di Direttrice della Rivista Diritto, immigrazione e cittadinanza, ha contribuito in termini decisivi alla stretta cooperazione con Questione giustizia, culminata nella realizzazione di un gruppo redazionale in comune con l’Asgi, in grado di sistematizzare e razionalizzare – come nel caso di questo numero della Trimestrale – lo studio e l’approfondimento del diritto dell’immigrazione. Il bel ricordo di Chiara Favilli dà la giusta misura della gravità della perdita e della profondità del rimpianto di noi tutti.

Le misure adottate, o ventilate, ancora di recente dal Governo[5], nella loro plateale e velleitaria essenza propagandistica, generano ancora di più nell’interprete quel senso ormai pervasivo di desolazione, una volta che si conferma ancora di più la totale mancanza di razionalità e di aderenza al reale delle norme che si annunciano – oltre che la assoluta noncuranza per i vincoli sovranazionali al cui rispetto il Legislatore è tenuto –: inutile rammentare che l’immigrazione non è certo un’emergenza, ma un fenomeno strutturale che, data la natura e la gravità delle sue cause, non può certo arrestarsi con gli sterili divieti del Legislatore nazionale; che l’Italia, peraltro, è in coda alle statistiche europee dei numeri delle richieste di asilo e che, d’altra parte, il progressivo, rilevante calo demografico pone dei seri interrogativi rispetto alla stessa tenuta del nostro sistema di welfare, se non si irrobustisce il numero di coloro che vi contribuiscono; che l’aumento della percezione di pericolo per l’arrivo dei migranti coincide con l’utilizzo della minaccia dell’invasione da parte di forze politiche che su questi temi hanno fondato il loro successo elettorale[6].

Ma non sembra proprio che vi sia argomento razionale di sorta che possa instillare quantomeno un dubbio in questi paradigmi, che possa indurre a ragionare in termini meno ossessivi e strumentali rispetto alle paure che vengono indotte riguardo a ciò che da sempre è parte della storia dell’umanità.

Non è facile, di fronte a questo generale oscuramento delle capacità di analisi razionale del reale, continuare ad assolvere il proprio ruolo, rimanere al proprio posto, fedeli al proprio dovere di custodi dei diritti e delle garanzie, nel rispetto dei principi che le norme fondanti il nostro sistema giuridico hanno posto alla base del nostro vivere civile. Ma le più recenti prese di posizione della giurisdizione contro gli aspetti della legislazione che più macroscopicamente risultano in rotta di collisione con la nostra Costituzione e con la normativa eurounitaria[7] lasciano ben intendere che, lungi dal seguire i venti della propaganda e dall’arrendersi al sentire della maggioranza, i giuristi ben sanno che cosa si richiede loro, tanto più in questi tempi così difficili.


 
[1] www.questionegiustizia.it/rivista/il-diritto-alla-protezione-internazionale-e-l-impegno-della-giurisdizione.

[2] www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/immigrazione-e-protezione-internazionale-e-umanitaria-nel-tempo-dell-epidemia-scegliere-la-ragionevolezza-o-alimentare-risentimenti.

[3] www.questionegiustizia.it/articolo/evento-prot-um.

[4] La videoregistrazione del seminario è disponibile sul canale Youtube di QG al seguente indirizzo: www.youtube.com/watch?v=VbhkmZCN8P8&list=PLXfm-acsZZ9AadTqz5LT6gm5CFNZgtGZU.

[5] G. Schiavone, Le politiche migratorie della destra: tra propaganda e inefficienza, in Volere la luna, 22 settembre 2023 (https://volerelaluna.it/migrazioni/2023/09/22/le-politiche-migratorie-della-destra-tra-propaganda-e-inefficienza/).

[6] I. Diamanti, Dopo il Covid torna la paura dello straniero. Due terzi degli italiani per le frontiere chiuse, La Repubblica, 28 settembre 2023 (www.repubblica.it/cronaca/2023/09/28/news/sondaggio_migranti_paura_dello_straniero-416146304/).

[7] S. Albano, Il giudice non convalida i trattenimenti di tre migranti tunisini disposti in base alla nuova disciplina delle procedure di frontiera, in Questione giustizia online, 2 ottobre 2023 (www.questionegiustizia.it/articolo/nota-trib-catania).

21/10/2023
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