Sulla disapplicazione dell’atto amministrativo da parte del giudice civile. Il “caso” del c.d. Decreto Paesi sicuri
Il fermento determinato dai limiti alla sindacabilità, da parte del giudice civile, del c.d. Decreto Paesi sicuri, nell’ambito delle azioni di riconoscimento del diritto di asilo, pone all’attenzione un tema antico e al contempo modernissimo, quello del potere di disapplicazione dell’atto amministrativo. Lo scritto si propone di evidenziare alcune incongruenze nella interpretazione dei limiti dell’esercizio di questo potere, dettati per lo più dal timore di travalicare i confini della giurisdizione ordinaria, e di suggerire una possibile soluzione interpretativa.
A breve commento della sentenza n. 96/2025 della Corte costituzionale
Il contributo esamina il delitto di cui all’art. 12-bis del testo unico immigrazione, introdotto dal decreto-legge n. 20/2023 all’indomani del tragicamente noto naufragio di Cutro. L’analisi rivela criticità attinenti sia alla prevedibile inefficacia della nuova figura di reato, rispetto al dichiarato obiettivo di contrastare le forme più gravi di traffico di migranti; sia alla manifesta sproporzione dei minimi edittali, rispetto alle condotte connotate da minore disvalore, come quelle riconducibili ai c.d. migranti-scafisti.
Le proposte di regolamento, presentate ad aprile e maggio 2025, al fine di emendare la disciplina del regolamento procedure relativa agli istituti del paese di origine sicuro e del paese terzo sicuro, oltre a sollevare taluni profili di compatibilità con il diritto primario dell’Unione, destano delle preoccupazioni in termini di coerenza valoriale e di sistema. Entrambe le proposte appaiono infatti improntate a una corsa al ribasso delle tutele che emerge nella volontà della Commissione di ampliare l’ambito di applicazione degli istituti attraverso una riduzione degli standard di tutela dei diritti dei richiedenti al minimo necessario imposto dal diritto internazionale e dal diritto UE.
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L’Alien Enemy Act e la decisione giudiziale del 1° maggio 2025