1. La sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 9 luglio 2025
Questi spunti di riflessione prendono le mosse dalla sentenza n. 96 del 9 luglio 2025, emessa dalla Corte costituzionale a proposito dell’art. 14, comma 2°, del t.u. immigrazione[1].
Riassumo in breve il contesto della pronuncia, già resa oggetto dei primi commenti[2].
Con più ordinanze in data 17 ottobre 2024, il Giudice di pace di Roma, chiamato a pronunciarsi sulla convalida del trattenimento di una cittadina straniera in attesa di espulsione dal territorio nazionale, solleva la questione di legittimità della norma sopra indicata, nelle parti in cui non disciplina in modo puntuale i modi e i procedimenti, nonché i diritti e le tutele, anche giurisdizionali, che spettano al trattenuto, relativi alla restrizione della libertà personale dei cittadini stranieri collocati nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR). La tesi di fondo è che l’art. 14, comma 2°, t.u. immigrazione non rispetta il vincolo posto dall’art. 13, comma 2°, cost. e confermato dall’art. 117, comma 1°, cost., in relazione all’art. 5, par. 1°, Cedu, che impone la riserva assoluta di legge in tema di restrizione della libertà personale, mentre la norma devolve attualmente la materia a mere disposizioni amministrative e, pertanto, a fonti secondarie.
In specie (e per quanto concerne l’oggetto di queste brevi note) ritiene il giudice rimettente che la legge non disciplini adeguatamente le procedure e le garanzie giurisdizionali per la tutela dei diritti dei cittadini stranieri trattenuti.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, partecipando al giudizio costituzionale, oltre a difendere la tesi della sussistenza di idonee fonti primarie atte a governare i modi del trattenimento amministrativo, suggerisce che eventuali lesioni potrebbero trovare protezione attraverso un’azione di responsabilità civile ex art. 2043 c.c., anticipata, in caso di urgenza, da una misura cautelare ex art. 700 c.p.c.
Con ampia analisi delle fonti, anche eurounitarie e convenzionali, che attengono al profilo della limitazione della libertà personale (e, in particolare, l’art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’art. 5 Cedu), la Corte conclude che sussiste «il vulnus lamentato dal rimettente con riferimento alla riserva assoluta di legge di cui all’art. 13, secondo comma, Cost.»[3]. Posto che il trattenimento amministrativo dei cittadini stranieri nei CPR comporta un’indubbia restrizione della loro libertà personale, la Corte rileva che la legge (e non un mero provvedimento dell’autorità amministrativa) deve prevedere, «almeno nel loro nucleo essenziale, oltre che i “casi”, altresì i “modi” con cui la misura di sicurezza» può incidere sulla persona che vi viene sottoposta[4].
Sennonché, la Corte, dopo avere accertato questa situazione di incostituzionalità, ritiene di essere priva del potere di rimediarvi e si limita a segnalare che spetta al legislatore «l’ineludibile dovere di introdurre una disciplina compiuta che detti, in astratto e in generale per tutti i soggetti trattenuti, contenuti e modalità delimitativi della discrezionalità dell’amministrazione, in maniera che il trattenimento degli stranieri assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona»[5].
Ci si trova, dunque, di fronte a una fattispecie di incostituzionalità accertata, ma non dichiarata.
Si innesta, su queste premesse, il profilo della tutela specifica delle posizioni soggettive dei cittadini stranieri trattenuti nei CPR.
La Consulta, pur rilevando che anche questo aspetto dovrebbe essere regolato da una futura legge, nota che già ora, «in presenza di condotte dell’amministrazione lesive del diritto alla libertà personale, può operare, oltre che la tutela prevalentemente riparatoria e compensativa offerta dal generale principio del neminem laedere, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., il rimedio dei provvedimenti d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civ.». Aggiunge che «le violazioni o le limitazioni della libertà personale o degli altri diritti fondamentali non oggetto di specifica disciplina da parte del testo unico dell’immigrazione, subite da chi sia trattenuto presso un CPR, attentando a situazioni soggettive di contenuto non patrimoniale, e potendo essere causa di pregiudizi irreparabili, giustificano il ricorso alla tutela preventiva cautelare assicurata dall’art. 700 cod. proc. civ.»[6].
2. Applicazione dell’art. 700 c.p.c. alla materia del trattenimento amministrativo
La strada della tutela d’urgenza a protezione dei diritti fondamentali eventualmente lesi di persone trattenute nei CPR, tuttavia, non si presenta di facile e immediata attuazione.
È la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 96, a formulare un warning (per usare un termine del moderno linguaggio aziendalistico). Essa avverte, infatti, che la tutela ex art. 700 c.p.c. «sconta necessariamente la mancanza di una puntuale disciplina, da parte del legislatore, dei diritti di cui è titolare la persona trattenuta», «oltre che l’assenza di una specifica disciplina processuale per la tutela di tali diritti». Spetterà al legislatore, secondo la Corte, organizzare una «più immediata ed efficace tutela processuale, anche attraverso l’individuazione del giudice competente e la predisposizione di un modulo procedimentale nel quale il trattenuto possa agire direttamente»[7].
Il quadro che ne esce si presenta problematico, perché, da un lato, la Consulta demolisce la conformità a Costituzione della normazione vigente in tema di «modi» del trattenimento amministrativo, ma, dall’altro, ritiene di non poterne fissare le regole, perché ciò spetta al legislatore. Ne potrebbe uscire un esito paradossale: il cittadino straniero trattenuto nei CPR non può fruire di una disciplina rispettosa del dettato costituzionale (perché il legislatore tarda a provvedere) e, al contempo, fatica ad ottenere tutela, proprio perché manca il parametro normativo a cui la tutela si deve ancorare.
Ne segue che, per verificare in concreto l’applicabilità dell’art. 700 c.p.c. a questa materia (perché, in astratto, la Corte costituzionale l’ha comunque sancita) occorre compiere un duplice passaggio: esaminare lo spazio che la tutela urgente ha, in sede civile, nei confronti della pubblica amministrazione, e riflettere poi sul riferimento di diritto sostanziale a cui questa tutela può appoggiarsi.
3. La tutela d’urgenza contro la p.a.
Il tema della tutela urgente nei confronti della p.a. non sembra avere ricevuto, negli anni più recenti, una particolare attenzione della dottrina. Mi pare che ciò dipenda da due fattori. Da un lato, l’introduzione della tutela urgente anticipatoria dinanzi al giudice amministrativo ha reso, in molte situazioni, meno acuta quella mancanza di protezione giurisdizionale che si avvertiva in precedenza nei rapporti fra i privati e la p.a. Dall’altro, esistono le mode e oggi è più à la page (oltre che più facilmente finanziato in sede di progetti) occuparsi di giustizia consensuale, di mediazione, di intelligenza artificiale e via dicendo: tutti temi rilevanti, com’è ovvio, ma che catturano l’attenzione, specie degli studiosi più giovani, e la allontanano da temi che sembrano risaputi (e che spesso non lo sono).
Sia come sia, è difficile trovare prese di posizione recenti, anche in sede giurisprudenziale, che si discostino da una sintesi tradizionale: le azioni cautelari ex art. 700 c.p.c. sono esperibili dinanzi al giudice ordinario, nei confronti della p.a. (o di chi agisca per conto di essa) solo quando il comportamento di quest’ultima non si ricolleghi ad atti o provvedimenti amministrativi, emessi nell’ambito di poteri discrezionali ad essa spettanti, ma si concreti in una mera attività materiale che invada la sfera giuridica del privato[8]. Quindi, in disparte il caso della p.a. che agisce secondo i metodi del diritto privato, la tutela anticipatoria è ammessa quando si tratta di reagire contro un comportamento non fondato su un effettivo potere dell’amministrazione e quindi, in carenza di potere[9].
Va notato che questo schema e la sua scarsa applicazione giurisprudenziale fa riferimento essenzialmente alla lesione di diritti patrimoniali, per lo più a contenuto reale, del privato ricorrente: quindi, occupazione di terreni, demolizione di recinzioni e via dicendo.
In realtà, l’affermarsi di nuove esigenze di protezione dei diritti fondamentali non modifica questo equilibrio, ma ne sposta l’ottica: non si tratta tanto di verificare se la p.a. ha agito in carenza di potere, ma se la sua azione ha leso un diritto soggettivo, di natura personale e non patrimoniale[10].
Conviene ricordare il principio enunciato dalle Sezioni unite in un recente, noto caso. L’azione del governo (e, ovviamente, quella della p.a. in generale), ancorché motivata per ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga fuori dai limiti che la Costituzione e le leggi gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati[11].
La lesione di un diritto fondamentale (se verificata sussistente nel caso concreto) è la cartina di tornasole dell’esercizio, da parte della p.a., di un’attività senza potere, perché in materia di protezione della persona umana non si dà l’ipotesi di un’azione amministrativa che sia al contempo legittima e violativa di diritti. Ne segue che il soggetto leso può agire (come ricorda la Consulta) sia con una domanda risarcitoria, sia, se ne sussistono i presupposti, con una domanda cautelare-anticipatoria, che gli consenta di ottenere un risultato che gli attribuisca immediatamente una protezione equivalente a quello che il giudice di merito gli attribuirebbe all’esito del giudizio a cognizione piena.
Riecheggiano qui importanti letture in dottrina, che pongono l’accento sulla tutela, non solo di cognizione, ma anche anticipatoria, dei c.d. diritti di libertà[12]. Detto ancora in altre parole, l’esperibilità della tutela urgente si misura dal punto di vista della protezione dei diritti della persona (collocata in ogni caso al centro della tutela)[13], più che da quello dell’esistenza o no di un potere della p.a., avvertendo però che si tratta di due facce della stessa medaglia[14].
Si può quindi concludere che l’art. 700 c.p.c. può fruire di un vasto campo di applicazione nell’ambito dei «modi» del trattenimento amministrativo di cittadini stranieri in attesa di rimpatrio, come la Corte costituzionale, nella sentenza n. 96 qui considerata, non ha mancato di ricordare[15].
Non vedo, invece, un punto di crisi laddove la Consulta auspica, da parte del legislatore, l’individuazione del giudice competente, nonché la predisposizione di un modulo procedimentale nel quale il trattenuto possa agire direttamente[16]. Mi sembra che la competenza, allo stato, non possa che essere quella del tribunale del luogo dove si sta realizzando (o si teme possa realizzarsi) la lesione e quindi quello dove si trova il CPR in cui il ricorrente è trattenuto[17]. Quanto al modulo procedimentale, gli artt. 669-bis ss. c.p.c. funzionano bene (salvo quanto dirò sotto il profilo dell’efficacia) e nutro dubbi sull’opportunità di permettere al trattenuto di difendersi senza assistenza legale (della quale, peraltro, si deve poter avvalere).
4. Tutela d’urgenza e “modi” del trattenimento amministrativo
Ciò posto, occorre calare l’impiego della tutela anticipatoria da parte del giudice civile nello specifico ambito della protezione dei diritti dei cittadini stranieri sottoposti a trattenimento amministrativo nei CPR. Come detto, è la stessa Corte costituzionale a rimarcare la scivolosità di questo terreno. Infatti, occorre dare tutela a possibili lesioni di diritti costituzionalmente protetti nei «modi» del trattenimento (dalla libertà alla salute e alla stessa dignità della persona del trattenuto), di fronte ad una legislazione carente, che ne affida la gestione alla normazione secondaria.
Data la delicatezza di questa materia, occorre evitare il rischio di un’eccessiva creatività, seppure motivata dalla condivisibile esigenza di dare una qualche protezione ai trattenuti.
Mi sembra che un approccio efficace al problema sia quello di individuare un corpus, normativo e giurisprudenziale, di diritto sostanziale, immediatamente applicabile, dotato di sufficiente prevedibilità, idoneo a fungere da parametro per la concessione della tutela richiesta, in attesa che il legislatore intervenga sul t.u. immigrazione, in adempimento del monito della Consulta.
Ora, il riferimento migliore mi pare quello dell’art. 5 Cedu, secondo il quale, come è noto, «nessuno può essere privato della libertà, se non» (..) «nei modi previsti dalla legge». L’art. 5 è assistito da una robusta serie di precedenti, che presentano il vantaggio di essere frutto di una sensibilità europea, con soluzioni equilibrate, come dimostra il recente caso Mansouri c. Italia[18]. La supremazia della Cedu è fuori discussione e può offrire al giudice italiano seri elementi per valutare se determinati «modi» del trattenimento amministrativo colpiscano o no diritti fondamentali dei trattenuti, e quindi concedere la tutela anticipatoria, salvo la verifica, nel singolo caso, della sussistenza del fumus del diritto vantato e delle altre note condizioni poste della norma del codice[19].
La Corte costituzionale ha offerto ai giudici una griglia di situazioni di possibile intervento: fermo restando che le valutazioni devono essere compiute caso per caso, i territori di tutela sono numerosi[20]. Si pensi (ma non è che un esempio) al caso di un cittadino trattenuto che abbia urgente esigenza di una specifica assistenza sanitaria, che venga negata o anche soltanto ritardata in modo ingiustificato dall’autorità amministrativa.
Del resto, la forza dell’art. 700 c.p.c. sta (ed è sempre stata) nella sua atipicità e nella sua idoneità a rispondere a un bisogno di tutela, non altrimenti delineato dalle norme sostanziali. Ciò che oggi viene in gioco è il nuovo scenario, fatto di diritti della persona più che di posizioni latamente riconducibili a profili patrimoniali.
Resta un ultimo dubbio: quello dell’efficienza. Ci si può chiedere se il provvedimento d’urgenza, con tutto ciò che ne consegue in termini di tempi, di fissazione di udienza e in generale di struttura del procedimento sia idoneo a dare tutela alla reazione contro «modi» del trattenimento amministrativo, in tesi violativi di diritti fondamentali del ricorrente, che non di rado si consumano in un breve arco temporale. Vi è il fondato rischio che si arrivi troppo tardi.
A questa obiezione, non ho risposta: se non quella dell’auspicio del migliore funzionamento possibile della macchina giudiziaria[21]. Ma qui non se ne esce: un rito diverso o regole processuali diverse non incidono sul concreto funzionamento della giustizia civile, come la comunità degli studiosi costantemente (seppure spesso inutilmente) ricorda[22].
[1] Per l’esattezza, la norma oggetto della pronuncia della Consulta è l’art. 14, comma 2°, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come sostituito dall’art. 3, comma 4°, lett. a) del d. l. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni nella l. 18 dicembre 2020, n. 173.
[2] Pallante, L’incerta tutela della legalità costituzionale nel caso degli stranieri irregolari, in www.questionegiustizia.it, 2025.
[3] Così la sentenza, al punto 10.1.
[4] Ancora il punto 10.1. della motivazione.
[5] Punto 11 della motivazione. La Corte esemplifica i casi delle caratteristiche degli edifici e dei locali di soggiorno e pernottamento, della cura dell’igiene personale, dell’alimentazione, della permanenza all’aperto, dell’erogazione del servizio sanitario, dalla possibilità di colloquio con difensore e parenti, dell’attività di socializzazione.
[6] Punto 11 della motivazione.
[7] Punto 13 della motivazione.
[8] Cass., ss.uu., 27 ottobre 1995, n. 11170.
[9] Cass., ss.uu., 19 dicembre 2007, n. 26726. V, anche Tar Puglia (Lecce), sentenza 12 maggio 2016, n. 797; Trib. Pescara, ord., 26 gennaio 2007.
[10] V. Scarselli, Le Sezioni unite, i migranti e il diritto al risarcimento del danno, in www.giustiziainsieme.it, 13 marzo 2025.
[11] Cass., ss.uu., 6 marzo 2025, n. 5992.
[12] Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, 7° ed., Napoli, 2023, p. 641 ss. Sulla stessa linea Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 13° ed., I, Torino, 2023, p. 236.
[13] Fra i molti contributi di filosofi e sociologi sul tema della centralità della persona umana, v. il saggio di H. Joas, La sacralità della persona. Una nuova genealogia dei diritti umani, Brescia, 2014.
[14] Fa da sfondo a questa riflessione il tema dell’individuazione della giurisdizione a cui vanno devolute le domande dei soggetti trattenuti, che si ritengano lesi dai «modi» del trattenimento, visto che l’applicazione dell’art. 700 c.p.c. presuppone che esse spettino alla giurisdizione ordinaria. Ora, la giurisdizione ordinaria in questa materia si fonda sulla natura dei diritti lesi (certamente diritti soggettivi fondamentali) e sulla correlativa assenza in astratto di un potere amministrativo che li possa limitare: tanto più che, come detto, la Consulta ha precisato che manca una normazione primaria, come richiesto dalla Costituzione. La sussistenza della giurisdizione ordinaria in situazioni analoghe, del resto, è stata ripetutamente affermata in giurisprudenza: Cass., ss.uu., ord. 19393 del 9 settembre 2009; Cass., ss.uu. ord. n. 5059 del 28 febbraio 2017. Non sorprende, quindi, che sia la Corte che la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri, nel giudizio di legittimità costituzionale oggetto di queste note, abbiano indicato come strumento di tutela l’art. 700 c.p.c. e quindi presupposto la sussistenza della giurisdizione ordinaria.
[15] «L’utilizzo dei provvedimenti ex art. 700 c.p.c. è, del resto, diffuso proprio con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive inquadrabili nell’ambito dei diritti fondamentali della persona, non comprimibili a opera del potere amministrativo»: sentenza n. 96, punto 13 della motivazione.
[16] Punto 13 della motivazione.
[17] Per tutti, v. Muscardini, Giurisdizione e competenza, in Tarzia-Saletti (a cura di), Il processo cautelare, 5° ed., Vicenza, 2005, p. 350 ss.
[18] Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande camera, sentenza 29 aprile 2025, Mansouri c. Italia.
[19] Non va esclusa, ovviamente, la contaminatio di più fonti, a partire dall’art. 6 della Carta dei diritti dell’Ue. Tuttavia, la Cedu presenta il vantaggio di non essere legata alla sola area applicativa del diritto dell’Unione ed è quindi uno strumento più leggibile anche da parte di cittadini che, per definizione, non sono europei.
[20] Elencati, come detto, al punto 11 della motivazione della sentenza n. 96 del 2025.
[21] Mi permetto un richiamo a Biavati, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2022, p. 45 ss.
[22] Si veda, per tutti, l’intero volume degli Atti del XXXIV Convegno nazionale dell’Associazione italiana fra gli studiosi del processo civile, dal titolo La riforma della giustizia civile fra regole della giurisdizione e organizzazione, Bologna, 2025.