Il presente saggio – di cui si anticipa la pubblicazione sulla versione online della Rivista – è destinato al n. 4/2020 della Trimestrale di Questione giustizia, interamente dedicato ai temi della giustizia costituzionale.
Del rendere giustizia costituzionale *
L’A. ripercorre in sintesi la risalente polemica tra i sostenitori del cd. “attivismo” giurisprudenziale e quelli della judicial deference dei giudici verso il legislatore. Dopo aver messo in rilievo le ambiguità dell’una e dell’altra posizione, lo stesso A. constata la crisi delle categorie tradizionali derivante dal fatto che le costituzioni rigide, garantite e “cariche di princìpi” impongono al giudice costituzionale di curarsi dell’attuazione di tali princìpi, sulla base della considerazione che lasciare inattuata la Costituzione equivale a violarla, poiché si mantengono in vigore, per un tempo indeterminato, norme giuridiche che non dovrebbero più esserci. Occorre che negli ordinamenti democratici contemporanei si armonizzino continuamente il livello di “macrolegalità” costituzionale e quello di “microlegalità” del sistema normativo sottostante. Per ottenere questo risultato può non essere sufficiente la dottrina delle “rime obbligate”, come limite alle sentenze additive della Corte costituzionale, ma può essere inevitabile andare oltre, alla ricerca di riferimenti più ampi, sempre all’interno dell’ordinamento giuridico vigente. Queste generali osservazioni di metodo vengono infine saggiate su tre importanti pronunce sul suicidio assistito, la determinazione della pena “giusta” e la determinazione del minimo vitale per la sopravvivenza degli invalidi. Con esse la Corte non si è limitata al confronto astratto tra due norme, ma ha tentato di “rendere giustizia costituzionale” a chi l’aveva fiduciosamente richiesta.
Il tema della applicazione della pena in modi conformi alla dignità della persona privata della libertà e della conseguente necessità della espansione degli aspetti della persona stessa che più rischiano di venir compromessi o compressi dallo stato detentivo ormai da tempo, e per merito del brillante impegno di studiosi ed operatori professionali specializzati, attrae un qualificato dibattito sociale-istituzionale-giuridico. L'intensità della discussione sviluppatasi e la persuasività delle ragioni poste a fondamento di idee e soluzioni idonee a realizzare quella necessità hanno trovato compimento, quanto ad una delle dimensioni costitutive della personalità umana, quella dell'affettività destinata ad esplicarsi in una sfera di inviolabile intimità, nella sentenza n. 10 depositata il 26 gennaio 2024 dalla Corte costituzionale. Questa ha additivamente dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 26 luglio 1975 n.354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) là dove non prevede la possibilità di contatti, destinati a tradursi anche in momenti di intensa ed intima affettività, tra il detenuto e le persone a lui legate da vincoli parentali, giuridici e sociali. Questo saggio è dedicato alla breve rassegna dei coordinati argomenti impiegati, in progressiva successione, dalla sentenza.
Pubblichiamo un’interessante ordinanza, con la quale il Tribunale di Siena ha sollevato una questione di legittimità costituzionale relativa alla prosecuzione del giudizio dibattimentale, successivamente alla celebrazione dell’udienza di comparizione predibattimentale disciplinata dagli artt. 554-bis e ss. c.p.p.
Con la sentenza Corte cost. n. 10 del 2024 ai detenuti viene consentito il diritto a colloqui intimi con i partner della loro vita. Si tratta di una pronuncia spartiacque per il nitore con cui afferma il valore relazionale del principio di risocializzazione e il senso del limite che i diritti inviolabili impongono alla signoria della pretesa punitiva.
Muovendo dai precedenti della Consulta, il Tribunale di Ravenna propone nuova questione di costituzionalità dell’art. 3 Decreto n. 23/2015, laddove, a fronte di un vizio di identica gravità rispetto al licenziamento disciplinare, esclude quello per g.m.o. dalla tutela reintegratoria.
Sul libro di Giuliano Amato e Donatella Stasio (Feltrinelli, 2023)
Nell’articolo si esamina la recente sentenza della Corte costituzionale n. 161 del 2023 relativa ad una questione di costituzionalità dell’art. 6, comma 3, della L. 40 del 2004, recante norme in materia di procreazione assistita, laddove, esclude che, una volta avvenuta la fecondazione dell’ovulo, l’uomo non possa revocare il consenso all’impianto dello stesso nell’utero, a differenza di quanto è consentito alla donna a seguito di precedenti declaratorie d’incostituzionalità (sentt. 151 del 2009 e 96 del 2015). Nell’articolo si evidenziano sollecitazioni della Corte costituzionale al legislatore per interventi in materia.
La Corte Costituzionale ha “fischiato un fallo grave” nella normativa sulle REMS, avviando l’inizio dei tempi supplementari entro cui portare a compimento la riforma che ha abolito gli OPG. Bisogna completare questo percorso con uno sforzo di concretezza e mettere al centro la salute mentale nella sua complessità.
Dalla Francia all’Italia, la traccia per una strada comune in Europa
Una prima analisi delle disposizioni del decreto-legge 162/2022 in materia di ergastolo ostativo. Superarlo effettivamente sarà un compito dell’interprete.