Magistratura democratica
Spilli

Ma che sciopero è questo?

Gli spilli possono servire a molte cose.
A fissare una foto o un foglietto di appunti su di una bacheca.
A tenere provvisoriamente insieme due lembi di stoffa in attesa di un più duraturo rammendo.
A infliggere una piccola puntura, solo leggermente dolorosa, a qualcuno che forse l’ha meritata.
Lo spillo di oggi risponde alla domanda:

Ma che sciopero è questo?

 

Il 27 febbraio i magistrati si asterranno dal lavoro per riaffermare il loro dissenso sulla riforma costituzionale della giustizia voluta dal governo. 

Ma che tipo di sciopero è questo?

E qual è il suo fine ultimo?

Non è uno sciopero per ragioni economiche.

Al termine dell’astensione l’unico effetto finanziario sarà la trattenuta nella busta paga dei magistrati.

Non è uno sciopero che punta sui disagi provocati ai cittadini per influire sui decisori politici. 

Anche se alcuni disagi saranno inevitabili, l’astensione sarà circondata da molti limiti e farà salve tutte le procedure di urgenza ed i procedimenti riguardanti la libertà personale.

Infine non è uno sciopero contro il parlamento, che rimane interlocutore privilegiato e primo destinatario delle argomentazioni critiche del progetto di revisione costituzionale. 

Per giudici e p.m. lo sciopero è un mezzo estremo, al quale, nella storia repubblicana, si è fatto ricorso solo in momenti eccezionali, quando sono stati messi a repentaglio principi e valori di fondo di una giustizia indipendente. 

E’ quanto si rischia oggi con l’umiliante proposta di sorteggiare i componenti del CSM e del giudice disciplinare, resuscitando corporazione e gerarchie, e con la prospettiva di smembrare in due l’organo di governo autonomo della magistratura.

Con l’astensione i magistrati intendono mandare alle istituzioni ed ai cittadini un semplice e chiaro messaggio: se la riforma costituzionale non verrà cambiata e se vi sarà una giurisdizione più debole e più esposta ai tentativi di condizionamento della politica – dei quali non mancano già oggi pericolose e sgradevoli avvisaglie - non si potrà dire che la magistratura italiana non abbia tempestivamente lanciato un avvertimento e un allarme.

Lo sta facendo in forma impegnativa e solenne mettendo in gioco se stessa con la manifestazione di dissenso del 27 febbraio. 

               QG

 

26/02/2025
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Csm separati e formati per sorteggio. Una riforma per scompaginare il governo autonomo

L’iter della riforma costituzionale della magistratura procede verso l’approvazione definitiva, in doppia lettura, del disegno di legge di revisione costituzionale entro il 2025 e lo svolgimento del prevedibile referendum confermativo nel 2026.
Per quanto indesiderabile e foriera di conseguenze negative per le garanzie dei cittadini, la formale e definitiva separazione delle carriere, nei fatti già realizzata, avrebbe potuto essere sancita anche con una legge ordinaria. Ma le mire della maggioranza di governo si sono rivelate ben più vaste e ambiziose di questo risultato, mostrando di avere come ultimo e decisivo bersaglio la disarticolazione e il depotenziamento del modello di governo autonomo della magistratura, voluto dai Costituenti a garanzia “forte” dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati.
La realizzazione di questo obiettivo viene affidata al ripudio del metodo democratico e al ricorso alla sorte per la formazione dei due Consigli superiori separati e dell’Alta Corte, il nuovo giudice disciplinare dei magistrati ordinari. Con una totale inversione di segno rispetto alla Costituzione del 1947, si rinuncia alla selezione derivante dalle elezioni in nome della casualità, si rifiuta il discernimento in favore della cecità di un’estrazione a sorte, si sceglie di cancellare il sistema fondato sulla rappresentanza, ritenuto inutile e dannoso, per far emergere casualmente dal corpo della magistratura i soggetti destinati ad amministrarla. Sostituire il caso all’elezione dei “governanti”, spezzando il nesso democratico tra amministratori  e amministrati, significa porre in essere una enorme rottura culturale, politica e istituzionale con l’esperienza storica del governo autonomo della magistratura e con l’equilibrio tra i poteri disegnato nella Costituzione. Ed è forte il rischio che negli organismi del governo autonomo, nati dal caso e formati in base al principio  per cui  “l’uno vale l’altro”, rivivrà una concezione della magistratura come corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera, cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative.
I cittadini sbaglierebbero a ritenere che l’involuzione corporativa e burocratica determinata dal sorteggio sia un affare interno della magistratura. Consigli superiori sminuiti dall’estrazione a sorte dei loro membri sarebbero più deboli e condizionabili nella difesa dell’indipendenza della magistratura. E di questa minore indipendenza pagherebbero il prezzo i ceti più deboli e le persone prive di potere e di ricchezza. 

10/06/2025