Magistratura democratica
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Riforma della giustizia minorile: su cosa battersi e perché

di Ennio Tomaselli
magistrato in pensione, già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino
Anzitutto va ribadito con forza che l’obiettivo primario deve essere quello della creazione di un Tribunale per la persona e la famiglia autonomo e su base distrettuale, con articolazioni territoriali, sul modello del Tribunale di Sorveglianza, che realizzino per quanto possibile il modello della giustizia di prossimità

Ho lavorato a lungo come magistrato minorile ed essendomi occupato della materia anche dopo il pensionamento ritengo di intervenire nel dibattito sul progetto di riforma incidente sulla giustizia minorile (la Camera ha, come noto, licenziato a marzo c.a. il testo di un disegno di legge delega, che riguarda anche altre materie, passato all’esame del Senato). Spero che la mia posizione attuale, quella di un cittadino interessato soprattutto alla sostanza delle cose e preoccupato dei rischi per i soggetti più deboli e a rischio d’ingiustizia, serva al lettore per qualche chiarimento sui problemi reali e sugli obiettivi cruciali da perseguire.

Sono sicuramente fondate diverse delle critiche - molte e da più parti - al disegno riformatore.

Qualcuno dubita che vi sia, in radice, un vero e “acculturato” progetto in tal senso, al di là dei consueti intenti di razionalizzazione e miglior utilizzo delle risorse, e lo stesso andamento ondivago e “trasformista” del disegno di legge nella parte che ci riguarda sembra accreditare tale sospetto.

Altri parlano di modifiche pensate senza effettiva cognizione della complessità e della particolarità della materia (si cita, in particolare, il ruolo delle Procure minorili) e tali da rendere, in definitiva, fragile e a rischio proprio l’essenziale e cioè l’effettività di un sistema di tutela dei minori finora fondato sugli organi giudiziari destinati, secondo la riforma, alla soppressione: i Tribunali e le Procure minorili. È realistico che a un legislatore che finora ha proceduto senza palesare grande chiarezza e coerenza di idee siano sfuggiti “particolari” in realtà di rilievo e significativi per le scelte da attuare (alcune modifiche migliorative sono state attuate alla Camera, nei lavori d’Aula, sicuramente a seguito delle numerose rimostranze).

Si paventa, in generale, il rischio del venir meno della stessa cultura minorile e si sono espresse in termini preoccupati o senz’altro negativi voci autorevoli provenienti da ambiti diversi della società civile, come quelle di don Luigi Ciotti e di Vladimiro Zagrebelsky (quest’ultimo, sottolineando la necessità della specializzazione, giudica «un brutto segnale la decisione di abolire i Tribunali per i Minorenni e di confonderne le competenze nel Tribunale ordinario»).

Ciò posto, può essere utile ampliare il discorso focalizzando alcuni punti che ritengo importanti perché dall’iter parlamentare in corso emerga una riforma (sì, perché una riforma -anche- ordinamentale occorre comunque) che, mantenendo le attuali positività di fondo, ne introduca di ulteriori senza compromettere quanto funziona e, piuttosto, stimolando il superamento di certe criticità di cui meno si parla. Non credo che ciò sia impossibile e, comunque, vale la pena fissare con chiarezza posizioni e proposte.

Anzitutto va ribadito con forza che l’obiettivo primario deve essere quello della creazione di un Tribunale per la persona (forse è giunto il momento di considerare davvero e definitivamente i “minori” persone di minore età) e la famiglia autonomo e su base distrettuale, con articolazioni territoriali, sul modello del Tribunale di Sorveglianza, che realizzino per quanto possibile il modello della giustizia di prossimità.

Un Tribunale, non solo “per i minorenni”, già oggetto di prolungata riflessione nell’ambito dell’Aimmf1 e a cui, ovviamente, dovrebbe fare riscontro una Procura della Repubblica parimenti autonoma, con analogo respiro distrettuale e, soprattutto, analogamente attrezzata ad affrontare (come avevo scritto altrove2) «una sommatoria di competenze estese, rilevanti, penetranti, “affacciate” anche su territori nuovi».

In una prospettiva di questo genere è obiettiva e chiara l’inadeguatezza tanto dei “vecchi” Tribunali minorili quanto della logica asfittica della “Sezione”, ancorché distrettuale (che rischia di essere “gonfiata” abnormemente di competenze tanto da rischiare una sorta d’implosione, con paralisi dei tempi e grave impaccio nell’operatività), a tacere delle Sezioni Circondariali (il fronte della riforma più vistosamente sguarnito). La convergenza su tale prospettiva, tra l’altro, fungerebbe da collante per coloro che ora osteggiano la riforma peraltro non con totale, a mio avviso, chiarezza e unità d’intenti.

Almeno una parte di chi opera negli attuali uffici giudiziari minorili sembra vivere la propria specializzazione, consciamente o inconsciamente, come abbinata ad una necessaria separazione rispetto alla giustizia ordinaria e ritiene che tentare di riformare in questa materia (al di là dello stretto indispensabile: ad es. normando per evitare confusioni o conflitti di competenza, insostenibili per tutti) sia un rischio troppo grosso, scongiurabile solo nella prospettiva di una sorta di “super Tribunale per i Minorenni”. Per costoro la riforma quale uscita dall’Aula della Camera, pur con modifiche obiettivamente positive rispetto al testo conclusivo della Commissione, suona, comunque, quasi come una beffa: soppressione dei Tribunale per i Minorenni pur se, nei fatti, rimarrebbe quasi immutata, al di là del nome, l’operatività di essi e peggio ancora per le Procure minorili, destinate non tanto a “cambiare insegne” bensì ad una ricollocazione ancor più, concretamente, disagevole e penalizzante: un’autentica riqualificazione in peius.

Tutto ciò, legato soprattutto per le Procure a dati di fatto, è ben comprensibile, ma dovrebbe indurre tutti a condurre una battaglia comune, in funzione di un autonomo Tribunale per la persona e la famiglia, senza riserve mentali ed avendo presente un fattore ulteriore, che a me pare decisivo.

Negli anni, ma direi ormai nei decenni, il mondo della giustizia ordinaria che tratta la materia familiare, compreso quello delle Corti d’Appello in cui operano Sezioni specializzate per i minorenni e la famiglia, ha compiuto rilevanti passi in avanti sul piano di una professionalità sempre più raffinata, ormai avvezza al confronto con la magistratura minorile e ad affrontare questioni complesse. Si pensi alla cruciale tematica dell’ascolto del minore, alla stipulazione di Protocolli d’intesa su numerose materie, alla proficua interazione sia con i magistrati del penale (Gruppi tutela Fasce Deboli nelle Procure; giudici dibattimentali specializzati sui temi dell’abuso e del maltrattamento) che con un’Avvocatura che, parimenti, si è molto specializzata e opera con una sensibilità omogenea, al di là dei diversi riti, sia nelle procedure presso il Tribunale ordinario che in quelle innanzi al Tribunale per i Minorenni.

Che magistrati con esperienze diverse ma professionalità ormai affini possano operare in una struttura unitaria, in cui si realizzi la confluenza e la fusione sia delle competenze che delle professionalità, comprese quelle della componente onoraria (e superandosi anche le problematiche riguardanti la sorte delle attuali Procure minorili, che anzi dovrebbero essere potenziate), mi sembra una conquista di grande livello su tutti i piani.

Da quello dell’effettività della tutela delle persone, in primis di minore età, a quello di una funzionale gestione dei conflitti e dei più generali problemi delle famiglie; di cui, comprese ovviamente quelle monoparentali, i minori fanno comunque parte, al di là della situazione di chi giunge nel nostro Paese non accompagnato.

Ciò dovrebbe accomunare tutti coloro che, dentro e fuori il mondo giudiziario, hanno a cuore questi valori e dovrebbe “travolgere” (magari…) le resistenze di un legislatore che, finora, ha affrontato questa riforma con una visuale limitata, talvolta miope, ottenendo, correlativamente, risultati in cui già sulla carta i vantaggi reali appaiono modesti e forse inferiori, talvolta gravemente, agli svantaggi.

Non si può che sperare che il legislatore, attivamente “pressato” (ma questo pressing, che è anche una forma di controllo del suo potere e del suo agire, è il sale della democrazia), muti indirizzo. Diversamente, non resterà che battersi per “portare a casa” una riforma comunque e significativamente migliorativa rispetto al testo licenziato a marzo 2016 dalla Camera. L’elenco di tali, più che auspicabili, miglioramenti è lungo ed è già stato fatto, opportunamente, da (molti) altri, sì che ritengo più utile tornare brevemente al mondo, di cui ho più diretta esperienza, dei Tribunali e delle Procure minorili.

Un mondo composito, dove operano sia i magistrati ordinari, sia la cospicua - e numericamente prevalente - componente onoraria e in cui mi sembrano convivere varie “anime”. Comune è la considerazione, a cui mi associo, che l’esperienza della giustizia minorile italiana è un patrimonio inestimabile.

Ma, poi, alcuni sono, come già accennato, scettici “in partenza” su propositi riformatori, ritenuti comunque ostili. Altri, pur criticando fondatamente le linee attuali della riforma e chiedendo giustamente significative correzioni, ragionano, sicuramente in buona fede, come se la funzionalità della giustizia minorile (parliamo dei tempi attuali, poiché qui è impossibile anche solo accennare al passato, pur di estremo interesse) fosse immune da significative criticità, sì che il suo “modello” dovrebbe essere sempre e comunque preservato poiché i problemi starebbero soprattutto altrove: nella magistratura ordinaria (magari non così sensibile e culturalmente attrezzata…), nei Servizi (troppe volte limitati essi pure…), per non parlare dei media e della gente, pronta a correre dietro, in massa e alla cieca, ai sensazionalismi montati da quelli.

Tematiche complesse e, per quanto mi riguarda, analizzate altrove; mi limito qui a sottolineare che l’indispensabile specializzazione è effettivamente tale se tradotta in condotte “sul campo”, costantemente conseguenti (non credo che lo sia formulare un parere in una complessa procedura di adottabilità scrivendo solo “parere favorevole alla dichiarazione di stato di adottabilità” o, in penale, rapportarsi con il ragazzo, spesso straniero, in una forma per lui sostanzialmente incomprensibile o motivare con espressioni stereotipe).

Altri ancora, infine, hanno consapevolezza di tutto ciò e di come la riforma ordinamentale, se correttamente indirizzata e seguita da parimenti indispensabili modifiche procedurali, potrebbe essere l’occasione per un progresso complessivo e sostanziale della giurisdizione in tema di persone, famiglie e minori.

Concludo.

Ci si dovrà battere, ciascuno nel proprio ruolo e secondo le proprie possibilità, perché vi sia una riforma della giustizia relativa alle persone e alle famiglie e perché vi siano un Tribunale e una Procura costituiti autonomamente ma in forme nuove, che esaltino sinergicamente quanto di positivo vi è già nelle esperienze compiute separatamente dalla giustizia minorile e, in tema di problematiche personali e di relazioni familiari, da quella ordinaria.

Se le scelte della politica dovessero disattendere la richiesta di autonomia, ritengo che, ferme restando le responsabilità di essa, sia comunque dovere della magistratura far fronte con la propria professionalità e che ciò sia, almeno in certa misura, anche possibile per le potenzialità positive di cui sono ricchi i percorsi sia della magistratura minorile che di quella ordinaria.

Conforta, in ogni caso, pensare che la cultura minorile non sia più, oggi, solo nelle menti di poche, per quanto autorevoli o autorevolissime, persone, perché essa, per fortuna, è un valore ormai sufficientemente diffuso anche al di là degli uffici giudiziari. Il progredire, nonostante tutto, della normativa; il progredire, assai più rapido, della società; l’accresciuta sensibilità per le vicende dei minori, italiani e stranieri; la sensibilità grandemente accresciuta dell’Avvocatura; l’impegno sempre più strenuo (come per sopperire ai limiti, spesso avvilenti, delle risorse materiali) dei Servizi ma anche di Forze dell’Ordine sempre più motivate e anche specializzate; l’impegno, spesso entusiasta, nella società di generazioni, ormai, di ex giudici onorari… , sono tutti fattori che hanno concorso a dare alla cultura minorile una dimensione sempre meno elitaria.

E se c’è una cultura “agguerrita” a tutela delle persone di minore età (e, in generale, di tutti i soggetti che hanno, ma reclamano in concreto, pari dignità sociale), il legislatore, o “manovratore”, di turno dovrà comunque, prima o poi, in un modo o nell’altro, tenerne conto e rendere conto delle scelte, fondate o meno, compiute dal potere politico.

 

_____________________________  

1 Si fa riferimento all’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia.

2 Cfr. E. Tomaselli, Giustizia e ingiustizia minorile. Tra profonde certezze e ragionevoli dubbi, FrancoAngeli, Milano 2015.

10/05/2016
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