Magistratura democratica
Spilli

La sorpresa del quotidiano La Verità per il pluralismo di Questione giustizia

Gli spilli possono servire a molte cose.

A fissare una foto o un foglietto di appunti su di una bacheca.

A tenere provvisoriamente insieme due lembi di stoffa in attesa di un più duraturo rammendo. 

A infliggere una piccola puntura, solo leggermente dolorosa, a qualcuno che forse l’ha meritata.

Lo spillo di oggi è dedicato ad una illuminante incomprensione:

 

La sorpresa del quotidiano La Verità per il pluralismo di Questione giustizia

 

In un articolo del 25 maggio 2025 di Carlo Tarallo, intitolato La difesa della riforma Nordio sul sito di Md, il quotidiano La Verità ha fatto una scoperta «sorprendente», naturalmente solo per il giornalista e per la direzione del giornale.  

All’origine della sorpresa sta il fatto che Questione giustizia, rivista di Magistratura democratica, «componente di sinistra dell’ANM, sigla delle toghe rosse per eccellenza», non teme di pubblicare scritti che non condivide. 

Di più: per gli scritti che ospita, pur non sposandone il contenuto, la Rivista ha istituito una apposita rubrica, significativamente denominata «Tribuna aperta». 

Ed è con questo spirito che Questione giustizia ha ospitato, nella sua Tribuna aperta, un articolo a firma di Michele Vietti, avvocato, già vicepresidente del CSM, che La Verità descrive come «sostanzialmente tutto a favore della riforma della Giustizia così severamente contrastata dall’Associazione nazionale magistrati». 

Una lezione di apertura al confronto che, stranamente, un quotidiano che si vuole “indipendente” come La Verità non riesce assolutamente a comprendere, nonostante che noi ci ostiniamo a immaginarlo come una palestra di pluralismo e di libertà per tutti i suoi redattori e collaboratori. 

Per parte nostra preferiamo restare fedeli alla lezione di tolleranza intellettuale racchiusa nel celebre aforisma di Montaigne: «Quando mi si contraddice si risveglia la mia attenzione non la mia collera; io mi faccio avanti verso colui che mi contraddice…».    

Dall’incomprensione dell’altrui libertà è nata poi l’interpretazione tendenziosa mirante a contrapporre una Magistratura democratica “aperturista” ad una ANM che continua ad opporre «un muro» alla riforma costituzionale della giustizia. 

Non è affatto così. 

Nessun foglio ha pubblicato più articoli di critica argomentata al disegno di legge costituzionale Nordio- Meloni di quanti se ne possono leggere sulle pagine di Questione giustizia. 

Ed è proprio perché confidiamo nelle buone ragioni contro la riforma da noi tante volte esposte che non abbiamo alcun timore a dare spazio a voci contrarie alla nostra. 

             QG 

 

27/05/2025
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Galoppando con Giovanni Palombarini. Riflessioni sull’autobiografia di un giudice

Cavalcando la vita. Autobiografia di un giudice (Cierre edizioni, 2025), di Giovanni Palombarini, è un libro ricco di suggestioni, capace di suscitare ragionamenti, emozioni, spunti per affrontare il presente. 

27/09/2025
L’estremismo istituzionale del governo Meloni. Una rivincita degli “esclusi”?

Una accorta politica economica dei “conti in ordine” e l’equilibrismo della presidente del Consiglio tra le simpatie ideologiche per l’amministrazione Trump e la volontà di non perdere contatto con l’Unione europea sulla crisi ucraina, hanno guadagnato al governo Meloni un’immagine di moderazione, smentendo molte delle preoccupazioni e delle apocalittiche previsioni emerse alla vigilia del suo insediamento. Una immagine che è stata solo marginalmente scalfita dagli interventi di Giorgia Meloni successivi all’omicidio Kirk, nei quali, dimenticando di essere la presidente del Consiglio di tutti gli italiani, non ha esitato ad addebitare alla sinistra italiana immaginarie minacce presenti ed esclusive responsabilità per gli odi, gli scontri e le vittime degli anni di piombo. Quando però si mette sotto la lente di ingrandimento la politica istituzionale del governo, l’immagine di misura, di equilibrio, di cautela svanisce e cede il posto ad un dichiarato oltranzismo ed a scelte improntate all’estremismo ed al revanscismo istituzionale e costituzionale. Tratti, questi, che non provengono dal fascismo (per molti aspetti il governo Meloni è infatti compiutamente afascista) ma dall’humus culturale profondamente autoritario del Movimento Sociale Italiano degli anni 70 e 80 guidato da Giorgio Almirante. Ad ispirare le riforme costituzionali propugnate dal governo è infatti la cultura – ereditata dal partito di Fratelli d’Italia - degli “esclusi” dall’elaborazione del patto costituzionale, i quali, pur collocando la loro azione politica nell’alveo della competizione democratica, si sono sempre sentiti “estranei” ai valori ed agli equilibri culturali ed istituzionali cristallizzati nel testo della carta fondamentale e si sono posti come avversari della Resistenza e delle forze politiche che hanno cooperato alla costruzione nel Paese della Repubblica democratica. La genealogia delle riforme costituzionali e della politica del diritto perseguita dal governo consente di cogliere nitidamente le eredità del passato, gli elementi di voluta continuità con le idee e le proposte istituzionali dell’estrema destra della prima Repubblica e l’ostilità verso alcuni degli istituti più caratterizzanti della nostra Costituzione. Questo oltranzismo istituzionale e costituzionale - che smentisce i giudizi sulla moderazione dell’attuale governo e suscita vive preoccupazioni sulla tenuta futura del quadro democratico – è tanto più inquietante in quanto esso è frutto di una volontà di rivincita sulla Costituzione e sulla storia istituzionale repubblicana del “polo escluso”, esprimendo la volontà di capovolgere regole e principi fondanti della democrazia repubblicana. L’analisi dei progetti di riforma costituzionale – assetto della magistratura e premierato – e della politica del governo sul versante del diritto penale e dell’immigrazione consente di illustrare gli aspetti di revanscismo della linea politica perseguita dalla maggioranza di destra.

26/09/2025
La riforma costituzionale della magistratura. Il testo approvato, le perduranti incognite, i naturali corollari

Con l’approvazione in Senato del testo del ddl costituzionale “Meloni-Nordio” sull’ordinamento giurisdizionale, l’itinerario della riforma costituzionale della magistratura sembra segnato. 
A meno di incidenti di percorso e di improbabili ripensamenti della maggioranza di governo, la doppia spoletta Camera/Senato prevista dall’art. 138 della Costituzione si concluderà nel corso del 2025 o all’inizio del 2026 e si giungerà, nella primavera del 2026, al referendum confermativo. 
Un referendum voluto da quanti si sono dichiarati contrari alla revisione costituzionale, ma invocato anche da coloro che hanno intenzione di suggellare la “riforma” con il successo ottenuto in una campagna referendaria da vivere come un’ordalia. 
Sono molte le lacune del testo approvato dal Senato e le “incognite” sull’impianto finale del governo della magistratura: il “numero” dei componenti togati dei due Consigli; le “procedure” da adottare per il loro sorteggio; le modalità di votazione in Parlamento dell’elenco dei membri laici dei due Consigli e le maggioranze richieste; l’assetto della giustizia disciplinare dei magistrati e l’esclusività o meno, in capo al Ministro della giustizia, del potere di iniziativa disciplinare. 
Imponente è poi la cascata di corollari scaturenti dalla “validazione” del teorema riformatore. 
L’incertezza sul destino ultimo del pubblico ministero, sul quale già si dividono, nelle fila della destra, farisei e parresiasti; la diminuita legittimazione e forza istituzionale dei Consigli separati e sorteggiati; gli effetti riflessi della scelta del sorteggio per la provvista dei Csm sui Consigli giudiziari e su tutto il circuito di governo autonomo della magistratura: ecco solo alcuni degli aspetti dell’ordinamento della magistratura che verranno rimessi in discussione dalla revisione costituzionale. 
Sul vasto campo di problemi posti dalla riforma era necessaria una riflessione ampia e approfondita.
Ed è quanto Questione giustizia ha cercato di fare in questo numero doppio, 1-2 del 2025, straordinariamente denso, ricco di contributi di accademici, magistrati, avvocati, che si propone anche come il background da cui far emergere messaggi semplici, chiari e persuasivi da trasmettere ai cittadini nel corso dell’eventuale campagna referendaria. 

23/07/2025
Il no alla separazione delle carriere con parole semplici: un tentativo

La foglia di fico della separazione delle carriere, perseguita per via costituzionale, cela l’autentico obiettivo della riforma: l’indebolimento dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici nel loro ruolo di interpreti della legge, in termini conformi a Costituzione e trattati internazionali. Tuttavia, un’analisi delle ragioni a favore della separazione delle carriere ne svela incongruenze e ipocrisie e, persino, un certo anacronismo argomentativo, alla luce delle progressive riforme che hanno cambiato il volto e il ruolo delle indagini preliminari. Mentre l’analisi prospettica dei pericoli sottesi alla separazione delle carriere, dovrebbe mettere sull’allerta i cultori del diritto penale liberale, molti dei quali appaiono accecati dall’ideologia separatista e sordi ai rumori del tempo presente che impongono di inquadrare anche questa riforma nel contesto più generale della progressiva verticalizzazione dei rapporti tra istituzioni democratiche, insofferente ai bilanciamenti dei poteri che fondano la Carta costituzionale.

30/06/2025