Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

La dirigenza degli uffici giudiziari: luci e ombre della riforma *

di Vincenza (Ezia) Maccora
vicedirettrice di Questione Giustizia, presidente aggiunta gip-gup Tribunale Milano

Due linee principali hanno ispirato il disegno riformatore. 
La prima: una reazione allo scandalo delle nomine romane e della caduta etica riscontrata nella magistratura e nel suo organo di governo autonomo. Nessuna riforma del sistema di selezione sarà, però, mai sufficiente a superare la crisi che ha coinvolto la magistratura e il rapporto dei magistrati con la “carriera” se non sarà accompagnata da un nuovo patto etico e di responsabilità, che assicuri un vero cambio di rotta rispetto a quanto è emerso dalle chat perugine. 
La seconda: l’essere permeato da una non condivisibile impronta aziendalistica e produttivistica, in linea con l’esigenza di raggiungere gli obiettivi del PNRR ma lontana dall’esigenza di rendere “giustizia”, che dovrà essere attentamente considerata in sede di elaborazione dei decreti delegati e di normativa secondaria. 

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Il presente contributo costituisce anticipazione del fascicolo di Questione Giustizia trimestrale, di prossima pubblicazione, dedicato alle riforme dell'ordinamento giudiziario. 

20/09/2022
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Il no alla separazione delle carriere con parole semplici: un tentativo

La foglia di fico della separazione delle carriere, perseguita per via costituzionale, cela l’autentico obiettivo della riforma: l’indebolimento dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici nel loro ruolo di interpreti della legge, in termini conformi a Costituzione e trattati internazionali. Tuttavia, un’analisi delle ragioni a favore della separazione delle carriere ne svela incongruenze e ipocrisie e, persino, un certo anacronismo argomentativo, alla luce delle progressive riforme che hanno cambiato il volto e il ruolo delle indagini preliminari. Mentre l’analisi prospettica dei pericoli sottesi alla separazione delle carriere, dovrebbe mettere sull’allerta i cultori del diritto penale liberale, molti dei quali appaiono accecati dall’ideologia separatista e sordi ai rumori del tempo presente che impongono di inquadrare anche questa riforma nel contesto più generale della progressiva verticalizzazione dei rapporti tra istituzioni democratiche, insofferente ai bilanciamenti dei poteri che fondano la Carta costituzionale.

30/06/2025
Csm separati e formati per sorteggio. Una riforma per scompaginare il governo autonomo

L’iter della riforma costituzionale della magistratura procede verso l’approvazione definitiva, in doppia lettura, del disegno di legge di revisione costituzionale entro il 2025 e lo svolgimento del prevedibile referendum confermativo nel 2026.
Per quanto indesiderabile e foriera di conseguenze negative per le garanzie dei cittadini, la formale e definitiva separazione delle carriere, nei fatti già realizzata, avrebbe potuto essere sancita anche con una legge ordinaria. Ma le mire della maggioranza di governo si sono rivelate ben più vaste e ambiziose di questo risultato, mostrando di avere come ultimo e decisivo bersaglio la disarticolazione e il depotenziamento del modello di governo autonomo della magistratura, voluto dai Costituenti a garanzia “forte” dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati.
La realizzazione di questo obiettivo viene affidata al ripudio del metodo democratico e al ricorso alla sorte per la formazione dei due Consigli superiori separati e dell’Alta Corte, il nuovo giudice disciplinare dei magistrati ordinari. Con una totale inversione di segno rispetto alla Costituzione del 1947, si rinuncia alla selezione derivante dalle elezioni in nome della casualità, si rifiuta il discernimento in favore della cecità di un’estrazione a sorte, si sceglie di cancellare il sistema fondato sulla rappresentanza, ritenuto inutile e dannoso, per far emergere casualmente dal corpo della magistratura i soggetti destinati ad amministrarla. Sostituire il caso all’elezione dei “governanti”, spezzando il nesso democratico tra amministratori  e amministrati, significa porre in essere una enorme rottura culturale, politica e istituzionale con l’esperienza storica del governo autonomo della magistratura e con l’equilibrio tra i poteri disegnato nella Costituzione. Ed è forte il rischio che negli organismi del governo autonomo, nati dal caso e formati in base al principio  per cui  “l’uno vale l’altro”, rivivrà una concezione della magistratura come corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera, cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative.
I cittadini sbaglierebbero a ritenere che l’involuzione corporativa e burocratica determinata dal sorteggio sia un affare interno della magistratura. Consigli superiori sminuiti dall’estrazione a sorte dei loro membri sarebbero più deboli e condizionabili nella difesa dell’indipendenza della magistratura. E di questa minore indipendenza pagherebbero il prezzo i ceti più deboli e le persone prive di potere e di ricchezza. 

10/06/2025
L’etica del magistrato dirigente

L’auspicio di una “tendenziale indisponibilità” del magistrato ad assumere incarichi dirigenziali, teorizzato da Luigi Ferrajoli come regola deontologica, non si misura adeguatamente con i problemi e le esigenze della realtà effettuale, nella quale i cittadini non chiedono al giudiziario solo la tutela dei loro diritti ma anche che sia realizzata la promessa costituzionale della “ragionevole durata” dei processi civili e penali e che sia assicurato un ragionevole grado di prevedibilità delle decisioni giudiziarie. Obiettivi - entrambi - che non è possibile raggiungere, o almeno avvicinare, senza puntare sull’organizzazione, sul coordinamento e sulla direzione degli uffici giudiziari requirenti e giudicanti. In una parola senza puntare anche sull’apporto di una dirigenza in grado di coordinare, armonizzare e velocizzare “ragionevolmente” le attività svolte negli uffici. Nel delineare i tratti dell’etica del magistrato dirigente va ricordato che egli è innanzitutto un magistrato, soggetto con intensità eguale o maggiore a tutti i precetti del codice etico della magistratura, e che, come dirigente, è tenuto nella sua azione a coniugare etica della convinzione ed etica della responsabilità, tenendo insieme la piena fedeltà ai valori della Costituzione «con l’analisi spassionata dei differenti mezzi per perseguirli». 

08/05/2025