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Covid-19 come causa di morte: una nozione tra fatti e valori *

Il presente contributo mostra come la certificazione di morte per Covid-19 sia un processo complesso che mette in gioco componenti convenzionali (tra cui le regole dell’Organizzazione mondiale della sanità), fattuali (lo stato effettivo del paziente e la capacità diagnostica del medico), nonché scelte di valore. Quest’ultima componente emerge dalla nostra analisi filosofica del concetto di causalità in uso nella scheda di morte, che è meccanicistico ma con un criterio di selezione di tipo manipolazionistico, in cui si privilegia la condizione di più facile, efficace o urgente prevenzione.

1. Introduzione

La comunicazione istituzionale, scientifica e dei media durante la pandemia è dominata dai bollettini sui contagi e sulle morti causate dal Covid-19. In particolare, il numero delle morti causate dal Covid-19 influenza l’opinione pubblica, fa parte dell’evidence utilizzata dagli esperti per formulare le loro raccomandazioni e, di conseguenza, ha un ruolo centrale tra i fattori che orientano l’azione dei governi. Ma quando si afferma che un paziente è morto a causa del Covid-19, che cosa s’intende dire esattamente? A prima vista, l’espressione sembrerebbe trasparente al suo significato; tuttavia, come mostreremo in quanto segue, essa contiene nozioni tecniche e presuppone definizioni che occorre disambiguare per poterne comprendere appieno tutte le implicazioni. Vedremo infatti che le espressioni “Covid-19 come causa di morte” e “morte a causa del Covid-19” coinvolgono scelte concettuali e valoriali, che le collocano a un livello che non può essere considerato puramente fattuale. 

L’articolo è strutturato come segue. In primo luogo, prendiamo in considerazione la definizione generale di “causa di morte” che è stata sviluppata dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) mettendone in evidenza le caratteristiche principali. In seguito, partendo dal dibattito filosofico contemporaneo, cerchiamo di chiarire alcune possibili ambiguità relative alle nozioni di causa e causalità che sono contenute nella definizione di cui sopra. Ci soffermiamo infine sul caso specifico del Covid-19, cercando di precisare che cosa significhi effettivamente morire a causa del Covid-19.

 

2. La definizione di “causa di morte” dell’Oms

Il punto di partenza della nostra analisi è il documento dell’Oms che ha introdotto una definizione esplicita di «causa iniziale di morte» (indicata come «underlying cause») nei termini dei due seguenti disgiunti: 

(a) «la malattia o la ferita che ha iniziato la sequenza di eventi morbosi che hanno portato direttamente alla morte», oppure 

(b) «le circostanze dell’incidente o dell’atto violento che hanno prodotto la ferita fatale»[1]

Il documento e la definizione dell’Oms hanno la funzione di fornire istruzioni per compilare la scheda di morte, ovvero il modulo che contiene i dati del defunto e la specificazione delle cause del decesso, e viene compilato da un medico e da un ufficiale di stato civile entro 24 ore dall’evento, restando poi a disposizione per la ricerca epidemiologica e statistica nonché, quando occorre, a fini giudiziari. Questa è, appunto, anche l’origine dei dati sui decessi causati da Covid-19 su cui si basano poi le policies sanitarie dei vari governi nonché la comunicazione giornalistica e istituzionale. 

La scheda di morte, pur avendo piccole differenze da Paese a Paese, ha un formato standardizzato che si rifà appunto ai documenti normativi dell’Oms e, per la specificazione delle cause di morte, alla codifica delle malattie contenuta nell’International Classification of Diseases (ICD), strumento anch’esso redatto dalla stessa Oms e giunto ormai alla sua undicesima edizione[2]

Nel formato internazionale dell’Oms, la scheda ha due parti. La prima, che deve essere compilata dal medico che certifica il decesso, deve essere riempita con l’indicazione di una sequenza di malattie o condizioni, a iniziare da quella che ha portato direttamente al decesso, vale a dire la cd. causa precipitante, continuando poi nella riga sottostante con la malattia o condizione che ha causato la prima (espressa dalla dicitura «due to», vale a dire «dovuta a»), poi sotto ancora con la condizione che ha causato la seconda, e così via, fino ad arrivare alla underlying cause. Una sequenza potrebbe, per esempio, essere la seguente: 1) ipertensione portale (causa precipitante), 2) cirrosi epatica, 3) epatite B (underlying cause). Nella scheda di morte in uso in Italia (modello Istat D4, o D4bis per i bambini entro un anno di vita) la sequenza delle cause è invertita rispetto al modello proposto dall’Oms, cioè la underlying cause è la prima della lista numerata; per questo motivo, la traduzione “causa iniziale di morte” viene preferita al più letterale “causa sottostante”[3]. Riprendendo l’esempio precedente, si avrebbe dunque la seguente sequenza: 1) epatite B, 2) cirrosi epatica, 3) ipertensione portale, laddove la causa sottostante, o appunto la causa iniziale di morte, sarebbe la prima condizione, mentre la causa precipitante la terza. 

Nella seconda parte della scheda di morte devono invece essere riportate le condizioni che si ritiene abbiano aumentato il rischio o la gravità della causa iniziale – nel caso precedente, per esempio, potrebbe essere riportata l’eventuale dipendenza da alcolici, che in generale rappresenta un fattore aggravante dell’Epatite B. Le malattie o condizioni riportate dal medico nella scheda di morte vengono poi codificate manualmente o tramite procedure automatiche attribuendo a ciascuna di esse un codice dell’ICD. 

Astraendo dal dettaglio, dunque, compilare una scheda di morte è un processo che comprende diagnosi, certificazione e codifica: dal punto di vista cognitivo ed epistemico si tratta di un processo complesso, che può dar luogo a diversi tipi di errore, sia sistematico che accidentale. Escludendo gli errori di codifica manuale e automatica, sia la diagnosi che l’individuazione e la descrizione della sequenza di malattie o condizioni dipendono dall’esperienza del medico e possono essere influenzate da vari fattori, come l’età e il sesso del paziente o il contesto del decesso[4]

Una delle questioni più rilevanti nella compilazione della scheda riguarda poi l’unicità della causa iniziale di morte. Nel documento Oms si legge infatti che individuare un’unica causa iniziale di morte è fondamentale a fini epidemiologici e statistici, ma d’altra parte è sempre più frequente che il decesso avvenga in presenza di diverse malattie o condizioni, ponendo così un problema di selezione. La selezione della causa iniziale di morte, spiega il documento, viene quindi effettuata «con questo in mente»: «se si vogliono impedire le morti premature, occorre a un certo punto interrompere la catena di eventi o intraprendere una cura. L’obiettivo più efficace per la salute pubblica è impedire che la causa precipitante agisca»[5]. In altri termini, la nozione di causa iniziale di morte, che vale a fini epidemiologici e statistici, è pensata in un’ottica di azione di cura e prevenzione dei decessi: è la condizione su cui si potrebbe intervenire a livello di popolazione, perché non si verifichi poi la causa precipitante. Torneremo sulla selezione della causa iniziale di morte analizzando in modo più specifico il caso relativo al Covid-19. Prima occorre tuttavia soffermarsi a disambiguare le nozioni di causa e causalità qui impiegate, fornendo una rapida panoramica delle alternative concettuali a disposizione nel dibattito filosofico contemporaneo.

 

3. Considerazioni sui concetti di causa e causalità

Parlando di causalità medica, è in primo luogo opportuno distinguere il concetto di “eziologia” da quello di “patologia”[6]. Perlomeno dal secolo scorso, in ambito medico è stato ampiamente riconosciuto come le malattie siano perlopiù caratterizzate da una causalità multifattoriale, che tiene assieme determinanti tra loro molto diversi, non solo di natura genetica e biomolecolare, ma anche economica e sociale, e che si debba pertanto parlare di vere e proprie “reti causali”, collocate a livelli diversi. Per comprendere la natura di una malattia è in effetti importante riuscire a scoprire tutti gli elementi che, a vari livelli, contribuiscono a causarla, elementi che includono non solo virus, batteri, geni, etc., ma anche luogo di nascita, ambiente, educazione, occupazione, stato economico e sociale, eccetera. In questo caso, tuttavia, con la nozione di causa ci si riferisce all’eziologia di una malattia, che è appunto perlopiù multifattoriale e multilivello. La patologia, invece, identifica la malattia in se stessa, intesa come alterazione del funzionamento normale di una o più parti dell’organismo. 

Se consideriamo il criterio (a) della definizione dell’Oms, appare evidente come la causa iniziale di morte si riferisca alla patologia, che ha scatenato una specifica sequenza di eventi ed è appunto culminata con la morte dell’individuo, non all’eziologia, che può invece comprendere un numero variabile di diversi determinanti. Supponiamo, come nell’esempio della sezione precedente, di dover valutare la morte di un forte bevitore con dipendenza da alcol che abbia sviluppato l’epatite B, condizione che ha a sua volta portato alla cirrosi epatica e infine alla morte. In questo caso, sostenere che l’abuso di alcol sia stato la causa iniziale di morte non sarebbe corretto, poiché l’abuso di alcol è solo un fattore aggravante dell’epatite B, ovvero uno dei vari determinanti che, a livello eziologico, hanno portato alla morte; l’epatite B è, invece, la patologia che ha effettivamente causato la morte attraverso una specifica sequenza di eventi morbosi. In questo caso, dunque, come abbiamo visto, la causa iniziale di morte riportata nella prima parte della scheda è la patologia, non uno dei vari determinanti eziologici, che vanno eventualmente riportati nella seconda parte della scheda (tra i fattori che aumentano il rischio o la gravità della causa iniziale). Diverso è invece il discorso che attiene al criterio (b) della definizione dell’Oms, che riguarda traumi e incidenti. In questo caso, infatti, la causa iniziale di morte non è identificata con la patologia, che sarebbe rappresentata, ad esempio, da una ferita mortale, bensì con le circostanze che l’hanno prodotta, circostanze che, in un certo senso, possono rappresentare l’eziologia. 

Anche se la distinzione tra patologia ed eziologia potrebbe sembrare riconducibile a quella tra cause, riportate nella prima parte della scheda di morte, e condizioni che aumentano il rischio o la gravità della causa, riportate invece nella seconda parte della scheda, la questione non è così semplice. Nel documento Oms leggiamo infatti che «le espressioni “dovuta a” (o “come conseguenza di”) stampate tra le righe della parte prima della scheda si applicano non solo a sequenze con base patologica o eziologica, ma anche a sequenze in cui una condizione antecedente è ritenuta responsabile di aver preparato la strada alla causa più diretta»[7]. Si riconosce inoltre che non sia facile per il medico decidere quando una certa condizione vada elencata nella sequenza causale che porta alla morte (e dunque nella prima parte della scheda) e non, piuttosto, tra le condizioni che aumentano il rischio o la gravità della causa (vale a dire nella seconda parte della scheda): il suggerimento è quello di inserire nella seconda parte della scheda le condizioni pertinenti al decesso che non sembrano però poter rientrare coerentemente nella sequenza causale riportata nella prima parte[8]. Appare comunque evidente come la selezione delle cause, e in particolare della causa iniziale di morte, non sia affatto un processo semplice e lineare.

Riassumendo, dunque, la causa iniziale di morte può essere sia di natura eziologica che patologica, e così le condizioni aggravanti. In altre parole, la nozione di causa iniziale di morte copre in modo non trasparente entrambi i concetti di patologia ed eziologia. Oltre alla distinzione nel lessico medico tra eziologia e patologia, occorre tuttavia distinguere anche due modi diversi in cui la causalità può essere concettualizzata da un punto di vista filosofico, vale a dire quello meccanicistico e quello manipolazionistico. 

In termini molto generali, secondo un approccio meccanicistico due eventi A e B sono causalmente concatenati se e solo se esiste un meccanismo appropriato che li connette effettivamente[9], laddove per meccanismo si intende un insieme complesso di parti organizzate che interagiscono tra loro[10]. Ovviamente, nel caso di una malattia che causi la morte di un paziente, descrivere il meccanismo che connette causa ed effetto significa solo fornire un exemplar, vale a dire delineare una sorta di paziente ideale che possa rappresentare quelle che sono le caratteristiche tipiche di una certa condizione patologica, exemplar al quale ogni paziente reale si avvicinerà poi in modo più o meno marcato. 

Le teorie manipolazionistiche della causalità sostengono invece che due eventi A e B sono causalmente concatenati se e solo se un cambiamento appropriato dell’evento causa, ottenuto attraverso una manipolazione sperimentale, è in grado di apportare una qualche modifica nell’evento effetto, posto ovviamente che tutte le altre variabili del sistema restino immutate[11]. Le teorie manipolazionistiche hanno il vantaggio di catturare un aspetto intuitivo dell'idea preteorica di causa, soprattutto nell’ambito delle scienze naturali e in medicina. Nei termini di Collingwood:

«Supponiamo che qualcuno sostenga di aver scoperto la causa del cancro, ma aggiunga che questa scoperta, sebbene genuina, non possa essere di alcun uso pratico perché la causa che ha scoperto non è qualcosa che si può inibire o produrre volontariamente. Costui sarebbe universalmente schernito e disprezzato. Nessuno sarebbe disposto ad ammettere che abbia davvero scoperto la causa del cancro. Si direbbe piuttosto che egli non conosceva il significato della parola “causa” (nel contesto della medicina)»[12].

A prima vista, la definizione dell’Oms sembra sottendere una nozione meccanicistica di causalità, soprattutto se ci si focalizza sul criterio (a), in cui si parla di «sequenza di eventi morbosi che hanno portato direttamente alla morte». Le sequenze in questione, infatti, sono riconducibili ai meccanismi patogenetici emersi dalle ricerche biomediche e attestati dal consenso scientifico, come per esempio il meccanismo che descrive come il virus dell'epatite B si lega agli epatociti replicandosi poi al loro interno. Una prova indiretta del fatto che la definizione dell’Oms sottenda una causalità di tipo meccanicistico può essere anche rappresentata dalle cosiddette sequenze causali inaccettabili o illogiche, sequenze che sono contenute nell’ICD nella parte riservata alle istruzioni per la compilazione della scheda di morte e che rappresentano casi di meccanismi inesistenti dal punto di vista medico. Ad esempio, malattie infettive come il colera o la SARS non possono essere dovute a nessun’altra condizione, salvo alcune eccezioni, e così un tumore[13]. O ancora, le istruzioni fornite dall’Istat indicano chiaramente che riportare la broncopneumopatia cronica ostruttiva come causa del Covid-19 costituirebbe una sequenza causale illogica poiché tale condizione non può produrre un’infezione[14].

Se la sequenza delle cause elencate nella prima parte della scheda di morte impiega plausibilmente una nozione meccanicistica di causalità, diverso è invece il discorso per quanto riguarda l’individuazione della causa iniziale di morte, quella che figura poi come vera e propria causa di morte. Perché – nell’esempio iniziale – l’epatite B e non l’ipertensione portale o la cirrosi epatica è identificata come la causa di morte? E com’è possibile scegliere in modo non arbitrario la causa di morte nel caso in cui vi siano due o più sequenze causali plausibili (vale a dire, due o più “meccanismi” convergenti) che abbiano come esito la morte?

Come si è detto in precedenza, la scelta della causa iniziale di morte è da compiere con “in mente” l’obiettivo primario della prevenzione e della cura: occorre dunque identificare la causa iniziale di morte con la circostanza che si può meglio manipolare con azioni di salute pubblica. In questo senso, si potrebbe allora dire che la nozione di causalità impiegata nella definizione dell’Oms è sì quella meccanicistica, ma con un criterio di selezione di stampo manipolazionistico per scegliere, tra i vari possibili meccanismi che portano al decesso, quello che rappresenta la causa iniziale di morte, vale a dire il meccanismo su cui si può agire – plausibilmente a livello di popolazione. Esplicitando meglio la nozione di causalità adottata dall’Oms, si potrebbe allora dire che se due condizioni (o due sequenze causali di condizioni) A e B che portano al decesso fossero ugualmente possibili da prevenire, ma bloccare A dovesse risultare più efficace per impedire la morte, A sarà identificata come la causa (o la catena causale) da scegliere, e se la prevenzione di A e B fosse ugualmente efficace rispetto al decesso, ma dovesse essere più facile impedire A, la scelta sarà nuovamente su A[15]. Come vedremo nella sezione successiva, queste ultime considerazioni hanno un peso anche maggiore nel caso della morte a causa del Covid-19.

 

4. Covid-19 come la causa di morte

Focalizzandoci sull’infezione da Covid-19, vediamo che l’Oms definisce nel modo seguente la morte causata dal Covid-19:

«Una morte dovuta a Covid-19 è definita a fini di sorveglianza come una morte derivante da una malattia clinicamente compatibile [a livello sintomatico], in un caso probabile o confermato di infezione da Covid-19, a meno che non esista una causa di morte chiaramente alternativa, che non possa essere correlata al Covid-19 (ad esempio, un trauma). Non dovrebbe esserci un periodo di completa guarigione dal Covid-19 che intercorra tra la malattia e la morte. Una morte dovuta a Covid-19 potrebbe non essere attribuita a un’altra malattia (ad esempio, un cancro) e dovrebbe essere considerata tale indipendentemente dalle condizioni preesistenti che si sospetta abbiano innescato un decorso grave di Covid-19»[16].

In buona sostanza, l’Oms intende considerare il Covid-19 come la causa iniziale di morte in tutti quei casi in cui esso abbia effettivamente causato, o si suppone abbia causato, o abbia contribuito a causare la morte dell’individuo[17]. In altre parole, il Covid-19 può essere considerato la causa di morte vera e propria solo nel momento in cui abbia scatenato tutte le altre cause o condizioni, così come sono state registrate dal medico, che siano poi culminate direttamente nella morte del paziente. Un esempio molto semplice potrebbe essere la seguente sequenza causale riportata nella prima parte della scheda di morte: 1) sindrome da distress respiratorio acuto (causa precipitante), 2) polmonite, 3) Covid-19 con test positivo (causa iniziale di morte). In buona sostanza, come si è visto sopra, il Covid-19 è considerato la causa di morte quando è parte di una sequenza causale che produce il decesso dell’individuo, conformemente alla concezione meccanicista di causalità. 

Com’è noto, l’infezione da Covid-19 può però accompagnarsi a condizioni croniche preesistenti (ad esempio, diabete, coronaropatia, malattie circolatorie o tumori) o condizioni che provocano una riduzione della capacità polmonare (come l’asma o la broncopneumopatia cronica ostruttiva) in grado di aggravare il quadro clinico della malattia e aumentare il rischio di morte. Come abbiamo visto, tuttavia, tali condizioni dovrebbero essere riportate nella seconda parte della scheda di morte poiché rappresentano dei fattori aggravanti ma non fanno parte della catena causale che ha effettivamente portato alla morte. In tutti questi casi il Covid-19 sarebbe pertanto considerato correttamente la causa iniziale di morte. D’altra parte, l’infezione da Covid-19 può anche presentarsi contestualmente ad altre malattie o condizioni che di fatto provocano direttamente la morte. In casi simili, non facendo parte della catena causale che porta direttamente alla morte, il Covid-19 non dovrebbe però essere indicato nella prima parte della scheda, bensì (eventualmente) nella seconda parte, tra le condizioni che aumentato il rischio o la gravità della causa iniziale. Potrebbe essere questo il caso di un individuo affetto da Covid-19 che ha un incidente d’auto o un infarto miocardico. In entrambi i casi, nonostante l’infezione da Covid-19 venga anche appurata tramite test positivo, il Covid-19 non può essere considerato la causa iniziale di morte. 

Riportare correttamente l’infezione da Covid-19 sulla scheda di morte risulta allora fondamentale per capire quanti individui siano effettivamente morti a causa del Covid-19. Come abbiamo già avuto modo di vedere, tuttavia, scegliere tra più sequenze causali alternative e indipendenti (o tra meccanismi convergenti) che abbiano come esito il decesso non è sempre semplice e immediato. Nel caso del Covid-19 la situazione è ulteriormente complicata dal fatto che si potrebbe registrare correttamente una morte causata dal Covid-19 anche in casi in cui l’infezione sia solo sospetta o probabile. Non solo la definizione di morte causata dal Covid-19 ammette “un caso probabile” di infezione, ma anche le istruzioni esplicite fornite dall’Oms e dall’Istat raccomandano che perfino in caso di mero sospetto di Covid-19, cioè in assenza di tampone o test sierologico o altra procedura diagnostica per immagini che confermi in modo affidabile l’infezione, la malattia debba essere comunque indicata come causa iniziale di morte o in ogni caso nella prima sezione della scheda[18]. Se una simile raccomandazione è a prima vista piuttosto sorprendente – la nozione di “sospetto” legata alla diagnosi è infatti molto vaga e passibile di interpretazioni contrastanti –, essa è però conforme a un’altra indicazione che troviamo segnalata direttamente nell’ICD:

«l’accettabilità o meno di una sequenza causale per la codifica della mortalità dipende non solo da valutazioni mediche, ma anche da considerazioni epidemiologiche e di salute pubblica. Per questo motivo, una relazione causale accettabile dal punto di vista medico potrebbe invece essere giudicata inaccettabile nelle istruzioni di codifica poiché un elemento successivo della catena causale è ritenuto più importante dal punto di vista della salute pubblica»[19].

Ragioni soverchianti di carattere epidemiologico e di salute pubblica permettono, dunque, di indicare il Covid-19 come la causa iniziale di morte anche nel caso di un mero sospetto non confermato, e di identificare così il Covid-19 come la causa iniziale di morte anche in presenza di altre e indipendenti catene causali letali. Una simile regola è conforme al principio manipolazionistico di selezione della causa iniziale di cui abbiamo discusso sopra: la causa iniziale deve essere selezionata avendo in mente azioni di prevenzione e di salute pubblica. 

Nel nostro caso, dunque, affermare che il Covid-19 (A) è causa di morte (B) significa poter sostenere che esiste un meccanismo fisiologico in cui l’infezione da Covid-19 (A) agisce in modo tale da produrre la morte dell’individuo (B). Tuttavia, se la presenza del Covid-19 non è accertata o se esistono altre sequenze causali plausibili che portano ugualmente al decesso, affermare che il Covid-19 (A) è causa di morte (B) significa sostenere che, potendo agire in modo opportuno sull’infezione da Covid-19 (A), è possibile far sì che la morte (B) avvenga più lentamente, o che le altre condizioni patogenetiche dell’individuo erano di più difficile controllo, oppure ancora che, a livello di popolazione, il Covid-19 è la condizione su cui è più importante intervenire.

 

5. Conclusione

La certificazione della morte per Covid-19 è un processo complesso che mette in gioco componenti convenzionali (le regole dell’Oms e i codici ICD), fattuali (lo stato effettivo del paziente e la capacità diagnostica del medico), nonché scelte di valore. Quest’ultima componente è emersa dalla nostra analisi del concetto di causalità in uso nella scheda di morte, concetto di causalità che è meccanicistico ma con un criterio di selezione di tipo manipolazionistico, in cui si privilegia la condizione di più facile, efficace o urgente prevenzione. In questo tempo di pandemia come anche nella normalità, che si spera prossima, è dunque importante avere chiara la nozione di causa che sottende la definizione di “causa di morte” al fine di poter comprendere appieno il significato dei dati epidemiologici che vengono regolarmente forniti dal Governo e dai media, traendo così conseguenze corrette per il proprio rischio individuale, la propria responsabilità sociale ed eventualmente per valutare le scelte intraprese dalle istituzioni.


 
[1] Oms, Medical certification of cause of death: instructions for physicians on use of international form of medical certificate of cause of death, Ginevra, 1979, p. 6, https://apps.who.int/iris/handle/10665/40557.

[2] Oms, International Statistical Classification of Diseases And Related Health Problems – 11th revision (ICD-11), https://icd.who.int/browse11/l-m/en (accesso online il 14 agosto 2020).

[3] Istat, L’indagine sulle cause di morte. Nuovo piano di controllo e correzione dei dati per mortalità per causa e fasi procedurali, Roma, 2013, www.istat.it/it/files//2013/03/Lindagine-sulle-cause-di-morte.pdf.

[4] Vds. L. McGivern - L. Shulman - J.K. Carney - S. Shapiro - E. Bundock, Death certification errors and the effect on mortality statistics, in Public Health Reports, vol. 132, n. 6/2017, pp. 669-675.

[5] Oms, Medical certification, op. cit., p. 5.

[6] Vds. E. Kraepelin, Psychiatry. A textbook for students and physicians, Science History Publications, Canton (MA), 1990 (ed. or.: 1899); D. Murphy, The medical model and the philosophy of science, in K.W.M. Fulford et al. (a cura di), The Oxford handbook of philosophy and psychiatry, Oxford University Press, Oxford, 2013, pp. 966-986.

[7] Oms, Medical certification, op. cit., p. 8 (traduzione e corsivo nostri).

[8] Oms, Medical certification, op. cit., p. 9.

[9] A. Ney, Physical Causation and Difference-Making, in British Journal for the Philosophy of Science, vol. 60, n. 4/2009, pp. 737-764.

[10] P.K. Machamer, L. Darden, C.F. Craver, Thinking about Mechanisms, in Philosophy of Science, vol. 67, n. 1/2000, pp. 1-25; S.S. Glennan, Rethinking Mechanistic Explanation, ivi, vol. 69, n. 3/2002, S342-S353; W. Bechtel e A. Abrahamsen, Explanation: A Mechanistic Alternative, in Studies in History and Philosophy of the Biological and Biomedical Sciences, vol. 36, n. 2/2005, pp. 421-441.

[11] R.G. Collingwood, On the So-Called Idea of Causation, in Proceedings of the Aristotelian Society, vol. 38, n. 1/1938, pp. 85-112; J. Woodward, Law and Explanation in Biology: Invariance Is the Kind of Stability that Matters, in Philosophy of Science, vol. 68, n. 1/2001, pp. 1-20; Id., Making Things Happen: A Theory of Causal Explanation, Oxford University Press, New York/Oxford, 2003.

[12] R.G. Collingwood, On the So-Called Idea of Causation, op. cit., ripreso da B.I.B. Lindahl, On the selection of causes of death: an analysis of WHO’s rules for selection of the underlying cause of death, in L. Nordenfelt e B.I.B. Lindahl (a cura di), Health, Disease, and Causal Explanations in Medicine, Springer, Dordrecht, 1984, p. 148.

[13] Oms, International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems – 10th revision (ICD-10), volume 2, Instruction Manual (5th edition), Ginevra, 2016, pp. 59-60.

[14] Istat, Covid-19: istruzioni per la compilazione della scheda di morte, www.istat.it/ws/fascicoloSidi/924/Indicazioni%20per%20la%20compliazione%20della%20scheda%20di%20morte%20da%20Covid-19.pdf (accesso online il 14 agosto 2020).

[15] B.I.B. Lindahl, On the selection of causes of death, op. cit., ibid. Secondo l’Autore, la definizione di causa di morte dell’Oms fa uso di un concetto manipolazionistico di causalità. Qui abbiamo suggerito invece che si tratti di un approccio meccanicistico, con un criterio manipolazionistico di selezione della causa unica.

[16] Oms, International guidelines for certification and classification (coding) of Covid-19 as cause of death, 2020, p. 3, www.who.int/classifications/icd/Guidelines_Cause_of_Death_Covid-19.pdf?ua=1 (accesso online il 14 agosto 2020, traduzione nostra).

[17] Oms, op. ult. cit., ibid.

[18] Oms, op. ult. cit.; Istat, Covid-19: istruzioni, op. cit.

[19] Oms, International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems – 10th revision, op. cit., p. 33 (traduzione e corsivo nostri).

 

[*]

Anticipiamo qui il presente scritto di Maria Cristina Amoretti ed Elisabetta Lalumera destinato al prossimo numero di Questione Giustizia trimestrale sul diritto dell'emergenza.

[**]

Maria Cristina Amoretti, Università di Genova e PhilHeaD, Center for the Philosophy of Health and Disease

Elisabetta Lalumera, Università di Milano-Bicocca e PhilHeaD, Center for the Philosophy of Health and Disease

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