Magistratura democratica

I diritti fondamentali nel pluralismo delle giurisdizioni

di Elisa Scotti

L’ampia attribuzione di giurisdizione al giudice amministrativo in materia di diritti fondamentali ha creato un’indubbia rottura rispetto al sistema costituzionale. La ricucitura sembra correre sulla linea argomentativa dell’efficienza rimediale del servizio giustizia in uno con la dequotazione della rilevanza della regola di riparto, a fronte di una rinnovata identità del giudice amministrativo dotato oggi, sulla carta, di tutti gli strumenti astrattamente idonei a consentire una tutela effettiva.

1. Premessa. Giurisdizione ordinaria e amministrativa ed equiordinazione delle tutele / 2. Il contenimento della tutela e la devoluzione dei diritti fondamentali al giudice amministrativo / 3. Diritti fondamentali e dualità delle giurisdizioni. Regressione o avanzamento della tutela?

 

1. Premessa. Giurisdizione ordinaria e amministrativa ed equiordinazione delle tutele

Il giudice amministrativo, per una parte significativa di controversie in cui è parte la pubblica amministrazione, è ormai giudice dei diritti. E di diritti fondamentali. È questo un nuovo ed essenziale baricentro che, nel nuovo millennio globalizzato, destrutturato e delle crisi, si affianca alla precedente fisionomia della giurisdizione amministrativa, divenuta in prevalenza contesto giudiziario dell’intervento pubblico nell’economia, sin dalle riforme avviate con il d.lgs n. 80/98. 

Lo ricordano Enrico Scoditti e Giancarlo Montedoro[1] che, nell’invitare a una riflessione sul pluralismo delle giurisdizioni che caratterizza il nostro sistema di tutela nei confronti della pubblica amministrazione, ne individuano in modo lucido i punti di evoluzione e insieme di crisi ed evidenziano l’esigenza di un recupero di coordinate atte a preservare la ricchezza e il senso logico di un modello duale.

In effetti, tale senso logico sembra, in certa misura, perdersi di fronte a una molteplicità di affermate equiordinazioni. Equiordinati sono i diritti soggettivi (anche fondamentali) e gli interessi legittimi. Equiordinati sono i sistemi di tutela, nel quadro delle riforme della giustizia amministrativa dell’ultimo trentennio. Equiordinati sono i valori costituzionali, scambiabili e bilanciabili nelle arene deliberative nell’ambito di scelte politico-legislative e nell’esercizio della discrezionalità amministrativa. 

In questo contesto, il moderno costituzionalismo per principi, tra aspirazioni e aporie[2], parrebbe vanificare il discorrere dell’incomprimibilità dei diritti fondamentali e della giurisdizione ordinaria come sede naturale della loro tutela, secondo una grammatica ad oggi superata dall’inevitabilità del bilanciamento.

I diritti fondamentali, si sa, potrebbero così indifferentemente incarnarsi in diritti soggettivi perfetti, di libertà o di pretesa di prestazione, o in interessi legittimi, ed essere tutelati innanzi al giudice ordinario o amministrativo, secondo diverse possibili opzioni conformative del legislatore e della giurisprudenza. Le quali non sarebbero espressione di scelte valoriali né di caratteri fondanti un determinato sistema istituzionale, ma incarnerebbero mere tecniche di tutela, tutte astrattamente fruibili e che derivano la loro validità, in una prospettiva pragmatico-rimediale, dalla loro concreta capacità di assicurare l’effettività della tutela e, secondo un binomio non privo di antinomie, l’efficienza del servizio giustizia, quale tassello di efficienza del complessivo sistema pubblico, soprattutto nella sua incidenza sul mercato[3]. Come osservato dalla Corte di cassazione «il valore costituzionale del giudice precostituito per legge (…) va bilanciato con quello dell’ordine e della speditezza del processo» sicché il corretto riparto di giurisdizione, pur di interesse superindividuale «non esprime più un valore processuale assolutamente imperativo»[4] a fronte di ordini giurisdizionali del pari efficienti.

È questa la linea di ragionamento sposata, come noto, dalla Corte costituzionale, nel ritenere compatibili con il dettato costituzionale le ampie devoluzioni al giudice amministrativo di diritti fondamentali operate dal legislatore tra il 2005 al 2008 in materia di localizzazioni di opere pubbliche, di infrastrutture energetiche, di emergenza e di rifiuti, in risposta alla teoria dei diritti indegradabili, con tutti i corollari in termini di negazione del potere pubblico e di riserva alla giurisdizione ordinaria senza, peraltro, le limitazioni previste dagli artt. 4 e 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo (Lac)[5]. «Il giudizio amministrativo, infatti, in questi casi assicura la tutela di ogni diritto: e ciò non soltanto per effetto dell’esigenza, coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera protezione del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica, ma anche perché quel giudice è idoneo ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell’esercizio della funzione amministrativa»[6].

Tale devoluzione, comprendendo ratione materiae anche i poteri emergenziali, si riaccende in tutta la sua problematicità oggi nell’amministrazione pandemica; e, nell’attuale scenario di riespansione dell’autorità, anche nel governo dell’economia, evidenzia l’importanza di un sindacato forte sul potere pubblico e sulla ragionevolezza di non facili bilanciamenti tra diritti fondamentali e tra dimensione individuale e collettiva degli interessi protetti.

In effetti se l’equiordinazione (tra le situazioni giuridiche soggettive e tra le giurisdizioni) fosse effettivamente la nuova chiave di lettura del sistema, lecito sarebbe prospettare l’esperibilità del ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. avverso le pronunce del giudice amministrativo in materia di diritti fondamentali, su cui non a caso torna a interrogarsi il saggio di apertura dell’odierno simposio; la prospettiva ulteriore potrebbe poi essere quella di un superamento della dualità delle giurisdizioni e del radicamento della giurisdizione amministrativa in materia di diritti «sulla presenza del soggetto pubblico quale parte della controversia»[7]. In questa tendenza si inserisce l’ordinanza delle sezioni unite n. 19598/2020 che ha chiesto alla Corte di giustizia europea di pronunciarsi sulla mancata estensione del ricorso in Cassazione per motivi di giurisdizione alle sentenze del Consiglio di Stato che violino il diritto dell’Unione europea.

Muovendo da tale constatazione, si è indotti in qualche misura a riflettere nuovamente sulla prospettata equiparazione e a domandarsi se vi è una effettiva interscambiabilità delle tecniche di tutela e dei giudici dei diritti fondamentali per verificare se in realtà non vi siano, nella giurisdizione ordinaria e amministrativa, diversità di apporti che ancora rendano il senso della dualità e della ricchezza di un sistema policentrico, non solo in chiave pragmatista ma anche in chiave valoriale e sistemica.

 

2. Il contenimento della tutela e la devoluzione dei diritti fondamentali al giudice amministrativo

Difficile sostenere che il passaggio della tutela dei diritti fondamentali nei confronti del potere pubblico dal giudice amministrativo al giudice ordinario e viceversa sia stato, nel tempo, privo di valore accrescitivo o regressivo dei livelli di tutela.

È infatti noto che la teoria dell’indegradabilità dei diritti fondamentali, collocati da una giurisprudenza pretoria oltre il confine delle prerogative pubbliche e condotti nell’alveo della giurisdizione del giudice ordinario[8], non possa considerarsi una mera ridefinizione dei confini delle giurisdizioni, ma abbia avuto precise implicazioni in termini di accrescimento della protezione dei diritti individuali, assolutizzati nella loro garanzia rispetto ai contrapposti interessi pubblici[9]

Lo dimostrano le affermazioni a lungo ricorrenti secondo cui, con riferimento al diritto alla salute, diritto soggettivo incomprimibile, perfetto, primario e fondamentale della persona, non potrebbero sussistere poteri pubblici e vicende di affievolimento e di degradazione[10]. Riferite innanzitutto nella dimensione oppositiva del diritto alla salute, tali connotazioni saranno estese alla sua dimensione pretensiva e poi anche ad altri diritti sociali, che, da diritti condizionati dalle disponibilità finanziarie[11] od organizzative, assurgono così al rango di pretese condizionanti le gerarchie della spesa pubblica, afferenti al «nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto»[12].

L’idea del diritto incomprimibile ha vissuto, non incontrastata, per circa un trentennio in un ordinamento con una scala gerarchica di valori chiara e tendenzialmente condivisa. 

Tuttavia, l’acme dell’era dei diritti, in uno con il rafforzamento della prospettiva individualistica a scapito di quella sociale ben espressa dalla parabola dell’indennizzo in materia proprietaria, mostrava già in sé il germe della sua debolezza. L’emergere della prospettiva dei doveri, il rafforzamento della dimensione sociale su quella individuale e, in questa più ampia prospettiva, il progressivo rafforzamento di valori collettivi, come la tutela dell’ambiente e le generazioni future, dotati di una forte connotazione etica e aggravati dai contesti di crisi economica ed ecosistemica, è il sostrato su cui si innesta un cambio di approccio alla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo.

La presa di coscienza che «i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri»[13] conduce a una tutela che si realizza, in un quadro pluralistico, attraverso il bilanciamento, ragionevole e proporzionato, con gli altri valori costituzionali, ferma l’incomprimibilità del – a tratti chimerico – nucleo essenziale del diritto fondamentale[14]

In questo percorso si iscrive la riconduzione della tutela dei diritti fondamentali innanzi al giudice amministrativo, avvenuta non per via giurisprudenziale ma attraverso una pluralità di interventi normativi, risposta pragmatica di un legislatore forse «allarmato da talune posizioni eccessivamente intransigenti assunte dal giudice ordinario»[15] che non ha esitato a bloccare la localizzazione di opere pubbliche a fronte di rischi per la salute individuale[16]. L’intento è stato dunque di ricondurre la tutela delle posizioni individuali nella dinamica del bilanciamento con il complesso dei contrapposti interessi generali, di fronte al giudice in grado di svolgere la sua funzione di tutela attraverso il prisma del potere, della mediazione degli interessi e della sua correttezza. 

Il primo intervento si è avuto in materia di energia: innanzitutto con la previsione, nel 2005, della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie aventi ad oggetto le procedure e i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica[17]: opzione poi rafforzata con l’attribuzione alla competenza del Tar Lazio di tutte le controversie comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti la produzione di energia elettrica, anche in relazione alla fase cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie[18]

Proseguendo nella sua opera di spostamento dalla giurisdizione ordinaria a quella amministrativa di segmenti particolarmente conflittuali riguardanti le opere pubbliche, il legislatore ha poi investito tutte le situazioni di emergenza: anche per esse è stata affermata, in via esclusiva, la competenza in primo grado del Tar Lazio, estesa espressamente non solo al sindacato sulla legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali, ma anche all’emanazione di misure cautelari[19]

Chiesta di pronunciarsi su tale norma, la Corte costituzionale ne ha affermato la legittimità costituzionale, sottolineando che non sussiste «alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario escludendone il giudice amministrativo la tutela dei diritti costituzionalmente protetti»[20].

Con il l dl n. 90/2008 («Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile»)[21], sono state poi devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati», aggiungendosi che «la giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative ai diritti costituzionalmente garantiti». Anche tale norma supererà il vaglio di costituzionalità[22].

L’approccio, da ontologico, diviene così di stretto diritto positivo[23] e l’ordine giustificativo che immediatamente prevale è una lettura della Costituzione intesa a dequotare la differenziazione delle tutele e, dunque, a negare che il passaggio di giurisdizione possa tradursi in un arretramento della garanzia dei diritti. Ma è chiaro che l’idea (definita da Corte cost., n. 204/2004[24]) di una giurisdizione amministrativa, anche esclusiva, fondata sul potere (e sul doppio binomio potere/provvedimento e potere/comportamento) anche in relazione a diritti fondamentali, non può che tradursi in una nuova degradazione; nel riconoscimento, cioè, della persistenza del potere pur a fronte della lesione di un diritto fondamentale che non costituisce più un argine invalicabile rispetto al perseguimento di interessi generali attraverso strumenti autoritativi.

Che non sia stata l’equiparazione, ma anzi proprio la differenziazione (se non l’arretramento) delle tutele a condurre i diritti fondamentali innanzi al giudice amministrativo, e che alla base vi sia un ancoraggio di ordine sostanziale – la riconduzione del diritto fondamentale nella sfera di azione del potere pubblico – è immediatamente riconosciuto dalla stessa Cassazione che, allineandosi alle posizioni della Corte costituzionale, evoca in modo esplicito e con un lessico di rottura rispetto al passato «diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute (art. 32 Cost.)», lesi da un «comportamento materiale, espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della Pubblica Amministrazione di cui sia denunciata l’illegittimità». È riconosciuta in tali casi non solo la giurisdizione del giudice amministrativo ma, abbandonate prospettive assolutizzanti, si ammette la possibilità del bilanciamento dei diritti fondamentali con l’interesse generale: «compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative controversie in ordine alla sussistenza in concreto dei diritti vantati, al contemperamento o alla limitazione di tali diritti in rapporto all’interesse generale pubblico all’ambiente salubre, nonché all’emissione dei relativi provvedimenti cautelari che siano necessari per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie e eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti»[25].

Il punto di partenza non è più il diritto ma il potere o, meglio, l’interpretazione della norma per comprendere se sia stato effettivamente attribuito alla pubblica amministrazione il potere di incidere su un diritto costituzionale, operando una mediazione tra interessi, o se la norma non abbia predefinito l’assetto di interessi e conferito un diritto con un correlativo obbligo in capo all’amministrazione.

Che questa operazione non sia del tutto neutrale e possa condurre a contrasti interpretativi attraverso opzioni ermeneutiche atte ad affermare o a negare la sussistenza del potere, anche restituendo margini di indegradabilità ai diritti o, più spesso, ipostatizzando l’onnipresenza del potere, lo mostrano le incertezze applicative in relazione alla riconduzione del comportamento al potere[26] ovvero in ordine alla configurazione di doveri funzionali o di veri e propri obblighi in capo all’amministrazione[27].

 

3. Diritti fondamentali e dualità delle giurisdizioni. Regressione o avanzamento della tutela?

Non convince dunque l’idea che i diritti fondamentali possano albergare nella giurisdizione amministrativa solo perché il giudice amministrativo ha oggi, al pari del giudice ordinario, strumenti per assicurare tutela effettiva laddove la configurazione dei diritti indegradabili costituiva una risposta alla mancanza di adeguati poteri decisori, istruttori e cautelari in capo al medesimo giudice amministrativo. 

Innanzitutto l’equiparazione non è piena né per quanto attiene all’istruttoria[28] né per la tutela risarcitoria[29], né tantomeno per la struttura del giudizio, incentrato non sull’accertamento del diritto ma sul potere e in cui, in ogni caso, campeggia l’interesse pubblico e la mediazione tra gli opposti interessi[30]

È comunque la prospettiva rimediale, ispirata all’effettività, che, nel suo empirismo e nella sua pretesa negazionista di ogni sistematicità e del suo valore, sembra in ultima istanza inaccettabile[31], se non quando parrebbe tradursi, di fatto, in una sorta di utile riproposizione della teoria della doppia tutela[32].

I diritti fondamentali sono e devono essere ricondotti al giudice amministrativo esclusivamente nella misura in cui afferiscano alla sfera di un potere e siano lesi da atti e comportamenti che di tale potere costituiscono esercizio. In questi termini, laddove il diritto fondamentale dipenda per la sua soddisfazione dall’esercizio del potere pubblico o la sua lesione sia in connessione con tale potere, la giurisdizione amministrativa costituisce un esito necessitato da un assetto sostanziale centrato sull’intermediazione amministrativa[33]. E, ciò, innanzitutto per evidenti ragioni sistematiche relative al ruolo istituzionale del giudice amministrativo, nato proprio per assicurare una tutela “ulteriore” a fronte del potere e dell’autonomia dell’amministrazione[34]. E poi per la peculiare (e potenziale) forza e incisività del suo sindacato non solo e non tanto attraverso la tutela demolitoria, ma anche e soprattutto conformativa, nell’ambito del sindacato sulla ragionevolezza del bilanciamento degli interessi e, più in generale, dell’esercizio dei poteri discrezionali. 

Vi sono e persistono tuttavia ambiti nei quali, per tutelare pienamente i diritti fondamentali, occorre affiancare al giudice amministrativo il giudice ordinario. Il criterio discretivo della linea di confine è il punto problematico su cui lavorare in futuro. Si tratta di questioni di notevole complessità. 

Ad esempio, affidare al giudice ordinario controversie in materia di diritti fondamentali concatenati all’esercizio di un potere pubblico conduce a una tutela che, se può apparire fisiologica, si rivela più complessa nella fase attuativa, come la vicenda del diritto all’assistenza scolastica dei disabili mostra, laddove collegata a scelte organizzative della p.a.[35].

Per converso, dovrebbe spettare al giudice ordinario ogni controversia in cui si faccia questione del nucleo duro dei diritti fondamentali[36] (o del superamento del margine di apprezzamento ammissibile secondo il lessico della Corte Edu). 

Così ancora, e più in generale, può dirsi che tutto ciò che esula dalla connessione o dalla dipendenza tra diritto fondamentale e potere pubblico appare come un corpo estraneo alla giurisdizione amministrativa che, se incluso in essa, segna un depotenziamento della tutela, una perdita di specificità del giudice amministrativo e una perdita di coordinate sostanziali e di chiari confini nel rapporto tra autorità e diritti fondamentali dei cittadini.

Il punto è comprendere quando e in che misura il diritto fondamentale, che può dar luogo a ventagli di situazioni giuridiche soggettive – dal diritto perfetto di libertà alla pretesa di prestazione, all’interesse legittimo pretensivo o oppositivo – rientra nello spazio di azione del potere. 

Ciò avviene innanzitutto attraverso un’interpretazione del dato normativo, che non esclude margini di adattamento giurisprudenziale della linea di confine e che richiede, per evitare incertezze nell’individuazione del giudice competente, prassi concordate e uniformi. A tal fine, come il giudice ordinario, anche il giudice amministrativo è chiamato a bilanciare principi costituzionali per l’accertamento del diritto fondamentale facendo diretta applicazione delle norme costituzionali, e questo sia dove manchi un’apposita previsione legislativa[37] sia in chiave di interpretazione costituzionalmente orientata di disposizioni apparentemente prive di limiti derivanti dal rispetto dei diritti fondamentali.

Nel definire in che limiti il diritto possa esser fatto rientrare nello spazio di azione del potere, si deve anche tenere conto della prospettiva multilivello in cui i diritti fondamentali si inseriscono. Questo chiama in causa non solo il nucleo duro dei diritti fondamentali, evocato dalla nostra Corte costituzionale anche nel noto caso Ilva a controbilanciare la sua massima apertura nella relativizzazione dei valori costituzionali[38], ma anche il limite del margine di apprezzamento prospettato dalla Corte Edu, oltre il quale i diritti fondamentali non entrano nel conflitto e nella mediazione con gli interessi generali e recuperano la loro dimensione, ridotta ma non depotenziata, di incomprimibilità[39]

 

 

1. G. Montedoro ed E. Scoditti, Il giudice amministrativo come risorsa, in questo fascicolo.

2. G. Pino, Il costituzionalismo dei diritti, Il Mulino, Bologna, 2017.

3. L’efficienza del mercato spesso milita infatti per l’arretramento della tutela, non solo in materia di contratti pubblici, ma anche di diritti fondamentali rispetto ai prevalenti interessi pubblici alla realizzazione, ad esempio, di infrastrutture. Sul punto vds. A. Macchiati e G. Napolitano (a cura di), È possibile realizzare le infrastrutture in Italia?, Il Mulino, Bologna, 2010. 

4. Così Cass., sez. unite, n. 21260/2016. Cfr. G. Serra, Intangibilità della giurisdizione, giusto processo ed effettività della tutela. Domande connesse e derogabilità della giurisdizione, in questa Rivista online, 19 giugno 2018, che evidenzia la progressiva erosione del principio di intangibilità della giurisdizione a fronte di esigenze di tutela della ragionevole durata del processo e dell’effettività della tutela.

5. Sul punto si tornerà nel prossimo paragrafo.

6. Corte cost., n. 140/2007

7. A. Romano, Prefazione alla seconda edizione, in A. Romano e R. Villata, Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, Cedam, Padova, 2009, p. XXXVII.

8. Il riferimento è all’orientamento inaugurato dalla ben note sentenze delle sezioni unite del 1979, nn. 1463 e 5172, aventi ad oggetto il diritto alla salute attentato dalla costruzione di un impianto di depurazione nel Golfo di Napoli.

9. Così L. Coraggio, La teoria dei diritti indegradabili: origine ed attuali tendenze, in Dir. proc. amm., n. 2/2010, p. 483.

10. Così, ancora per la dimensione oppositiva del diritto alla salute, Cass., sez. unite, 27 febbraio 2013, n. 4848; 8 marzo 2006, n. 4908; per la dimensione pretensiva, Cass., sez. unite, 27 febbraio 2012, n. 2923.

11. Secondo l’efficace formula dei «diritti finanziariamente condizionati» per la quale vds. F. Merusi, I servizi pubblici negli anni ‘80, in Quad. reg., 1985, p. 39. 

12. Corte cost., nn. 275/2016 e 169/2017. 

13. Per un chiaro approccio chimerico/declamatorio, Corte cost., 9 maggio 2013, n. 85 in relazione al noto caso Ilva di Taranto. Approccio poi rivisto con sentenza n. 58 del 23 marzo 2018.

14. Ancora Corte cost., 9 maggio 2013, n. 85; e, in relazione ai controlimiti opponibili al diritto internazionale, Corte cost., 28 novembre 2012, n. 264.

15. Così L. Coraggio, La teoria dei diritti indegradabili, op. cit. 

16. In senso decisamente critico per l’assolutizzazione della tutela e il mancato bilanciamento, F. Caringella, Giudice amministrativo e diritti fondamentali, in Teoria e storia del dir. priv., 2008 (www.teoriaestoriadeldirittoprivato.com/index.php?com=statics&option=index&cID=43).

17. Vds. art. 1, comma 552, l. n. 311/2005 (finanziaria 2005).

18. Vds. art. 41, l. n. 99/2009.

19. Vds. art. 3, comma 2-bis, dl n. 245/2005, conv. con mod. con l. n. 21/2006 (ma ora vds. art. 133, lett. p, cpa).

20. Corte cost., n. 140/2007.

21. Convertito con l. n. 123/2008 (ma ora vds. art. 133, lett. p, cpa).

22. Vds. Corte cost., n. 35/2010, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale anche con riguardo all’inclusione nella giurisdizione esclusiva dei comportamenti meramente materiali posti in essere dalla p.a., specificandosi che «comportamenti» ha riferimento a quelli «costituenti espressione di un potere amministrativo e non anche quelli meramente materiali posti in essere dall’amministrazione al di fuori dell’esercizio di una attività autoritativa» (la decisione è poi stata confermata con le ordinanze nn. 371/2010 e 54/2011).

23. Lo nota E. Scoditti, Ricorribilità in Cassazione per violazione di legge delle sentenze del Consiglio di Stato su diritti soggettivi: una questione aperta, in Foro it., n. 6/2014, V, c. 159 . 

24. Corte cost., n. 35/2010, in riferimento ai comportamenti meramente materiali posti in essere dalla p.a., ha poi specificato che per «comportamenti» si intendono quelli «costituenti espressione di un potere amministrativo e non anche quelli meramente materiali posti in essere dall’amministrazione al di fuori dell’esercizio di una attività autoritativa» (così anche le ordinanze nn. 371/2010 e 54/2011).

25. Cass., sez. unite, 28 dicembre 2007, n. 27187.

26. Al riguardo vds. R. Chieppa (a cura di), Codice del processo amministrativo, Giuffrè, Milano, 2018, sub. art. 7.

27. Vds. ad esempio, Cons. Stato, ad. plen., 12 aprile 2016, n. 7 sull’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizio scolastico e di diritti del disabile all’insegnante di sostegno, che individua nella formalizzazione del cd. Pei (Piano educativo individualizzato) il discrimine tra le giurisdizioni. Nella fase anteriore alla emanazione del Pei, la giurisdizione spetterebbe così al giudice amministrativo, nell’ambito della sua giurisdizione esclusiva, confinandosi l’orientamento opposto delle sezioni unite della Corte di cassazione (25 novembre 2014, n. 25011) alle sole controversie riguardanti l’attuazione di tale piano, l’amministrazione essendo priva del potere di ridurre il numero delle ore di sostegno ed essendosi in presenza di un diritto già pienamente conformato. Ne deriva l’obbligo per l’amministrazione di assumere le misure necessarie a fronteggiare le ore previste dal Pei.

28. M.A. Sandulli, Riflessioni sull’istruttoria tra procedimento e processo, in Dir. società, n. 2/2020, pp. 203 ss.

29. Consiglio di giustizia amministrativa, sez. giur., 15 dicembre 2020, n. 1136; per un inquadramento, F. Francario, Giurisdizione amministrativa e risarcimento del danno, in Aa. Vv., Scritti per Franco Gaetano Scoca, vol. III, Editoriale Scientifica, Napoli, 2020, pp. 2231 ss.

30. A. Romano, Prefazione, op. cit.; R. Villata, Pluralità delle azioni ed effettività della tutela, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020 (relazione al convegno tenuto a Palazzo Spada il 20 novembre 2019, dedicato a i 130 anni della IV sezione del Consiglio di Stato), www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/villata-pluralita-delle-azioni-ed-effettivita-della-tutela.

31. M. Midiri, Diritti fondamentali, effettività della tutela, giudice amministrativo, in Riv. AIC, n. 3/2015 (www.rivistaaic.it/images/rivista/pdf/3_2015_Midiri.pdf). 

32. Secondo la nota posizione di V. Scialoja, La competenza della IV Sezione del Consiglio di Stato di fronte all’autorità giudiziaria, in Foro it., 1891, I, cc. 35 ss., il quale rilevava: «Quando tra gli oggetti delle domande che si possono proporre dinanzi a diverse autorità vi è assoluta incompatibilità (come avviene nel caso nostro, ove all’autorità giudiziaria può domandarsi solo il riconoscimento del diritto leso e il risarcimento per le conseguenze della lesione ma non l’annullamento dell’atto amministrativo, laddove alla IV sezione può domandarsi solo l’annullamento dell’atto amministrativo), la competenza deve necessariamente determinarsi in base all’oggetto della domanda, e non già in base alla causa della domanda stessa». Questo parrebbe in qualche misura l’approdo, ad esempio, di Cons. Stato, 13 febbraio 2006, n. 556, sulla questione del crocifisso nelle aule scolastiche, secondo cui, «rispetto a situazioni di interesse che sono in relazione con diritti fondamentali della persona non si può e non si deve escludere a priori la sussistenza della giurisdizione amministrativa (…) Quando la vertenza ha come oggetto la contestazione della legittimità dell’esercizio del potere, ossia quando l’atto sia assunto nel giudizio non come fatto materiale o come semplice espressione di una condotta illecita ma sia considerato nel ricorso quale attuazione illegittima di un potere amministrativo, di cui si chiede l’annullamento, la posizione del cittadino si concreta in un interesse legittimo».

33. F. Patroni Griffi, L’eterno dibattito sulle giurisdizioni tra diritti incomprimibili e lesione dell’affidamento, in Federalismi, n. 24/2011 (www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=19267&content=&content_author=); E. Scoditti, Ricorribilità, op. cit. 

34. A. Romano, I caratteri originari della giurisdizione amministrativa e la loro evoluzione, in Dir. proc. amm., n. 4/1994, p. 635.

35. Sul punto, in materia di diritto all’insegnante di sostegno, vds. ad. plen., n. 7/2016, che, nelle controversie aventi ad oggetto le domande di attribuzione di un numero congruo di ore di sostegno, segna il discrimine tra g.o. e g.a. facendo riferimento all’adozione del Piano educativo individualizzato (Pei) e alla nascita, da tale piano, di precisi obblighi in capo all’amministrazione. Anche Cass., sez. unite, n. 25011/2014 attribuisce controversie afferenti alla fase successiva all’adozione del Pei alla giurisdizione ordinaria, in quanto l’omessa, puntuale attuazione del Pei integra gli estremi di una discriminazione indiretta azionabile secondo il rito definito dalla l. n. 67/2006 e dal d.lgs n. 150/2011 (art. 28). Ma, sulla difficoltà per il giudice ordinario di assicurare una tutela effettiva a fronte di possibili residuali poteri organizzativi anche dopo l’approvazione del Pei, per tutti, Tar Salerno, 13 febbraio 2017, n. 266 e Tar Palermo, 5 dicembre 2016, n. 2810, che affermano la giurisdizione amministrativa.

36. G. Montedoro, Prospettive di riforma della giustizia amministrativa, in P.L. Portaluri (a cura di), L’amministrazione pubblica, i cittadini, la giustizia amministrativa: il percorso delle riforme, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2016, p. 170, che sottolinea la capacità del giudice ordinario, in quanto «assolutamente separato dalle sfere degli altri poteri circostanti nella società», di tutelare «il dissidente contro il potere» il quale «deve sempre avere ingresso in una democrazia, anche quello che ha avuto un danno alla salute».

37. E. Scoditti, Ricorribilità, op. cit.

38. Corte cost., 9 maggio 2013, n. 85; ma, per il successivo approdo, Corte cost., 23 marzo 2018, n. 58.

39. Corte Edu, sez. I, Cordella e altri c. Italia, ricc. nn. 54414/13 e 54264/15, 24 gennaio 2019.