Magistratura democratica
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La magistratura onoraria in funzione di una giustizia migliore: normativa interna e profili comparati

di Antonella Di Florio
presidente di sezione Tribunale di Roma
L’inquadramento dei magistrati onorari nel nostro sistema giuridico non può prescindere da una attenta osservazione del più ampio panorama europeo
La magistratura onoraria in funzione di una giustizia migliore: normativa interna e profili comparati

L’inquadramento della magistratura onoraria all’interno del nostro sistema giuridico non può prescindere da una attenta osservazione del più ampio panorama europeo e dalla massima considerazione delle fonti comunitarie: anche l’organizzazione, infatti, deve essere ispirata al rispetto dei principi in esse contenuti, visto che rileva non tanto per se stessa ma in funzione della tutela dei diritti dei cittadini .

Il principio fondamentale va ricercato nell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo che stabilisce che "ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge".

Tale norma dovrebbe ispirare oltre che l’attività ermeneutica del giudice, anche tutte le riforme di natura organizzativa che, nel presente periodo storico, il governo ed il Parlamento mostrano di volere fermamente e, soprattutto , velocemente introdurre.

Parlare della magistratura onoraria in ambito europeo implica il richiamo  alla Raccomandazione n. 12/2010  del Comitato dei Ministri agli stati membri sui giudici adottata in occasione della 1098 riunione dei Delegati dei Ministri il 17.11.2010 ed avente per oggetto i tre pilastri di una buona giustizia e cioè l’indipendenza e responsabilità di chi giudica e l’efficacia delle decisioni.

La raccomandazione, ai sensi del secondo punto degli Aspetti Generali, è applicabile a tutte le persone che esercitano funzioni giudiziarie, e specificamente “anche ai giudici onorari, tranne che sia chiaro, dal contesto, che esse si applicano solo ai giudici professionali”.

Richiamo qualche principio fondamentale contenuto nella Raccomandazione, in particolare in materia di risorse, di remunerazione e di inamovibilità.  

In materia di risorse si afferma che:

33. Ogni stato deve assegnare ai tribunali risorse, strutture e attrezzature adeguate che consentano loro di operare in conformità alle esigenze di cui all'articolo 6 della Convenzione e per consentire ai giudici di lavorare in modo efficace.

35. Ai tribunali deve essere assegnato un numero sufficiente di giudici e di personale di supporto adeguatamente qualificato.

36. Per prevenire e ridurre il carico di lavoro dei tribunali debbono essere assunte misure compatibili con l'indipendenza della magistratura al fine di attribuire compiti non giurisdizionali ad altre persone con qualifiche adeguate.

37. L'utilizzo dei sistemi elettronici di gestione dei processi e delle tecnologie informatiche e di comunicazione deve essere promosso sia dalle autorità che dai giudici e deve essere parimenti incoraggiata la loro generalizzazione nei tribunali.

In materia di remunerazione si afferma che

55. Devono essere evitati sistemi che facciano dipendere dalle prestazioni gli elementi essenziali della retribuzione, in quanto essi possono creare difficoltà all'indipendenza dei giudici.

In materia di permanenza nelle funzioni e inamovibilità si afferma che

49. La certezza di permanenza nelle funzioni e l’inamovibilità sono elementi chiave dell’indipendenza dei giudici. Di conseguenza ai giudici deve essere garantita la permanenza nelle funzioni fino al raggiungimento dell'età di pensionamento obbligatorio, se essa esiste.

50. La permanenza nelle funzioni dei giudici deve essere stabilita dalla legge. Dopo una nomina a tempo indeterminato deve potersi disporre la destituzione solo in caso di gravi infrazioni della normativa disciplinare o penale stabilite dalla legge, o laddove il giudice non possa più esercitare le sue funzioni giurisdizionali.

Deve essere consentito il pensionamento anticipato solo su richiesta del giudice interessato o per ragioni mediche.

51. Quando il reclutamento preveda un periodo di prova o una nomina a termine, la decisione sulla conferma o sul rinnovo della nomina deve essere effettuata esclusivamente in conformità al paragrafo 44 per garantire il pieno rispetto dell'indipendenza della magistratura.

52. Un giudice non deve ricevere un nuovo incarico o essere assegnato ad altre funzioni giudiziarie senza il suo consenso, salvo nei casi di sanzione disciplinare o di riforma organizzativa del sistema giudiziario.

Ci si è chiesto in che misura tali principi possano essere applicati alla magistratura onoraria in Europa, visto che solo alcuni di essi sono certamente estendibili .

Premesso, infatti, che i giudici europei si dividono in giudici professionali, giudici occasionalmente professionali (esistenti solo in alcuni paesi) e giudici non professionali (o laici), deve verificarsi se, ad esempio,  i punti 49 e 50 che ho appena richiamato (inamovibilità e permanenza nelle funzioni) possono ritenersi compatibili con il concetto di onorarietà, così come viene richiesto con forza in Italia  da varie organizzazioni di categoria dei GOT, o siano riservati soltanto ai giudici c.d professionali, visto che i principi in essi propugnati sono caratterizzati dal riferimento ad una stabilità che risulta essere estranea alla magistratura onoraria attualmente presente in Europa.

Su quali principi si basa la giurisdizione ONORARIA in Europa.

Dal rapporto della Cepej (Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia costituita dal Comitato dei Ministri del  Consiglio d’Europa  nel  settembre del  2002) del 2014, riferito ai dati del 2012, emerge infatti che i giudici non professionali o giudici laici (lay judges) sono in linea generale volontari, sono compensati per le spese da loro sostenute e, solo in alcuni casi, anche per il lavoro estemporaneamente reso; assumono, comunque, decisioni vincolanti nei Tribunali e possono giudicare sia all’interno delle Corti componendo i collegi formati  dai giudici professionali, sia come giudici monocratici.

La loro funzione è limitata prevalentemente al primo grado anche se in qualche ordinamento (Austria, Norvegia, Svezia e Svizzera) compongono pure i collegi per la seconda istanza: in nessun ordinamento fanno parte delle Corti Supreme.

Il rapporto Cepej fornisce anche un altro dato interessante al fine di ricavare informazioni comparative utili, e cioè il rapporto fra il numero di onorari ed  il numero di togati per ogni 100.000,00 abitanti: nei paesi nordici, tradizionalmente vicini ai sistemi di common law, il numero degli onorari è di gran lunga superiore a quello dei togati con il picco massimo in Norvegia, dove sono stati registrati 850 onorari su 100.000,00 abitanti.

In Italia, invece, abbiamo il numero più basso di giudici onorari, e cioè 5,5, su 100.000 abitanti .

Il rapporto onorari/togati (sempre su 100.000,00 abitanti) è inversamente proporzionale. In Italia su 5.5 onorari ci sono 10.6 togati, mentre in Norvegia su 850 onorari ci sono 557 giudici professionali.

E’ opportuno fare anche qualche cenno alla attività da loro svolta ed alle materie trattate che cambiano a seconda del diverso paese e della diversa cultura giuridica: con la precisazione, dunque, che i numeri non sono sufficienti a spiegare i diversi approcci alle conflittualità esistenti.

Richiamo le informazioni relative a Germania, Francia, Austria, Spagna e Regno Unito (Inghilterra Galles).

In Germania: (19.800 togati e 98.100 onorari)

I giudici laici partecipano a una gran parte di giudizi di merito (tribunale con giudici onorari presso i tribunali locali, grandi e piccole camere penali, così come le camere dei giovani nei Tribunali Regionali). Essi esercitano il loro ufficio onorario nel dibattimento con gli stessi diritti di voto del giudice professionale.

I giudici professionali  e giudici onorari giudicano  insieme sulla colpa del convenuto e sulla durata della pena. Hanno il diritto di interrogare direttamente imputati, i testimoni e gli esperti nel dibattimento e deliberano  sul giudizio insieme con i giudici professionali.

In Francia: (7000 giudici professionali e 24.000 giudici onorari circa)

L’attività svolta concerne la justice consulaire (3199 juges consulaires membri del tribunali di commercio; 177 giudici associati delle camere commerciali del Tribunal de grande instance; 44 eletti giudici dei tribunali commerciali misti dei dipartimenti e territori d'oltremare; 10 giudici eletti del misto Tribunale commerciale di Noumea); la presenza nel  tribunaux des Baux ruraux (1608 giudici associati); la presenza nel Tribunal des affaires de sécurité sociale (3 500); i giudici associati nei tribunali giovanili (1 942); i consiglieri Prud'hommes (14 512) che fanno parte di Tribunali di prima istanza istituiti per giudicare controversie individuali di lavoro nell'ambito di un contratto di servizio o di apprendistato, tra datori di lavoro e dipendenti o apprendisti nonché sui licenziamenti, sul salario e sulle ferie. Il Tribunale del lavoro è composto da giudici onorari che sono un numero uguale rappresentanti dei i datori di lavoro e dei dipendenti. In caso di parità nella decisione viene effettuata una chiamata a un giudice professionista che poi ha preso il titolo di giudice arbitro.

In Austria: (non si hanno dati numerici precisi degli onorari)

Circa le funzioni svolte, i giudici onorari sono competenti per i reati che sono punibili con almeno cinque anni di reclusione.

Nel settore civile trattano prevalentemente casi di diritto del lavoro: i collegi sono composti da uno o più giudici professionali e da un giudice laico eletto dai datori di lavoro e un laico eletto dalla categoria dei lavoratori

Trattano anche cause commerciali su cui il collegio di  giudici (e non solo un giudice unico) decidono ed un giudice laico esperto nella materia commerciale partecipa soltanto agli organi giurisdizionali di primo e secondo grado.

In Spagna: (5155 togati /7685 onorari)

Ci sono 7685 “giudici di pace”, giudici non professionisti disposti in ogni paese dove non ci sononé corti né giudici di carriera professionale. Sono competenti in materia civile nelle controversie di valore inferiore a € 90, sono incaricati delle registrazioni di nascita e morte nel registro civile e giudicano su diversi reati. Essi sono eletti dal Consiglio Comunale.

Sono nominati dai Tribunali superiori di giustizia per un periodo di quattro anno ricevono un compenso per determinate attività.

In Regno Unito-Inghilterra e Galles: (2000 togati circa / 23270 onorari)

Ci sono stati 23.270 magistrati laici in servizio al 31 dicembre 2012. Hanno il potere di giudicare su reati per i quali è prevista la pena di non più di sei mesi di reclusione ed € 500,00 di multa. Il 95% dei reati, dunque, viene giudicato dai giudici laici. Essi possono rivendicare le spese di viaggio e di soggiorno. Il calo del numero complessivo di magistrati negli ultimi anni riflette la  diminuzione del carico di lavoro nei tribunali.

Questi sono i dati dei paesi più rappresentativi dai quali può trarsi  qualche conclusione

Il giudice non professionista (o laico) nei vari paesi europei è comunemente caratterizzato da instabilità e non prevede né un inquadramento professionale né una pregressa formazione finalizzata allo svolgimento dell’attività giudiziaria: l’onorarietà si fonda sulla  volontarietà in relazione ad una riconosciuta esperienza ed onorabilità professionale. Non si prevede, inoltre, in forma stabile alcun compenso ma solo, prevalentemente,  il rimborso delle spese sostenute.

Pertanto i principi sopra richiamati contenuti nella Raccomandazione 12/2010 devono certamente essere applicati – in funzione dell’attuazione dei principi portati dall’art. 6 della CEDU - in relazione alla indipendenza ed imparzialità dei magistrati onorari, alla pretesa che svolgano la propria attività in  uffici con adeguate risorse ed alla necessità che concorrano a creare un numero sufficiente di giudici.

La prevalente quasi gratuità degli incarichi ed il solo riconoscimento del rimborso spese sfugge, invece, all’applicazione delle cautele imposte dall’art. 55 in materia di remunerazione.

A maggior ragione, i punti relativi alla inamovibilità non paiono applicabili alla onorarietà come sopra descritta.

In Italia si è creato un sistema anomalo perché il funzionamento della giurisdizione – affidato, secondo il disegno costituzionale, a magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme dell’ordinamento giudiziario (102 Cost), con previsione solo residuale di magistrati onorari (art. 106 Cost ) di cui viene ammessa la nomina anche elettiva – si fonda, attualmente,  su una significativa  presenza dei giudici onorari senza la quale alcuni uffici si paralizzerebbero: nonostante che la magistratura professionale sia numericamente preponderante (secondo i dati Cepej 2014 riferiti al 2012, 6384 giudici togati contro 3275 giudici onorari suddivisi in giudici di pace e GOT che corrisponde a 5.5 onorari contro 10.6 togati su 100.000 abitanti), l’eccessiva litigiosità ed il progressivo aumento del contenzioso unitamente alla incapacità politica di risolvere il problema strutturale del complessivo funzionamento della giustizia ha creato, dopo l’istituzione dei giudici onorari di Tribunale nel 1998, un sostanziale precariato fondato su reiterate  proroghe e caratterizzato da una parte dalla assenza delle necessarie verifiche di professionalità e dall’altra da un trattamento retributivo ritenuto, quantomeno per i GOT, insufficiente. A ciò si è aggiunta  sia per i GOT che per i GdP l’assenza di ogni copertura previdenziale ed assistenziale.

Tale situazione, del tutto normale rispetto ai giudici laici europei la cui presenza nelle corti è saltuaria o, comunque, del tutto volontaria (con assenza, quindi, di veri compensi e con la corresponsione di meri rimborsi spese), risulta incongruente nella realtà nazionale se solo si pensi che i giudici onorari (fra giudici di pace e GOT) gestiscono nel settore civile il 40% della giurisdizione, in molti casi con presenze anche bisettimanali in udienza a cui consegue la stesura dei provvedimenti assunti.

Mentre i Giudici di Pace istituiti nel 1991 e divenuti operativi nel 1995 hanno, nel settore civile, competenze funzionali e per valore codificate (v. art. 7 cpc) e giudicano per un valore fino ad € 1100,00 sulla base dell’equità, i GOT ed i VPO, istituiti con il  Dlvo 51/1998 (c.d. legge Carotti) modificato con la L. 127/2008, sono ancora in attesa di un riordino complessivo del loro ruolo e delle loro funzioni, e fondano la loro permanenza negli uffici su moduli organizzativi che li hanno di fatto stabilizzati ma precarizzati: emerge in modo stridente il differente trattamento economico, per cui mentre i gdp godono di un compenso annuale fisso (€ 7000,00 ) oltre ad un compenso variabile a sentenza (€ 50,00) e ad udienza, i GOT – anche quando sono estensori di sentenze - percepiscono soltanto una indennità di udienza pari ad € 98,00 lordi.

In attesa dell’intervento della normativa primaria, il CSM è intervenuto con normativa secondaria: dapprima attraverso la Circolare sulle tabelle 2012/2014 che, prendendo atto di una realtà del tutto contrastante con le previsioni normative portate dagli artt. 43 e 43bis dell’OG  che assegnano ai GOT soltanto una funzione sostitutiva di giudici impediti o assenti, ha interpretato ed attualizzato tali previsioni introducendo tre possibili modelli organizzativi (affiancamento, supplenza, ruolo autonomo); e poi attraverso la risoluzione del 25.1.2012 in cui ha dato una forma più precisa a tali moduli prescrivendo le modalità operative con cui crearli ed i differenti presupposti per la scelta organizzativa più adatta.

Il modello organizzativo dell’affiancamento, in particolare, ha costituito  la vera novità dell’impianto normativo perché è stato pensato come un’embrione “dell’ufficio del giudice” ed ha dato, nelle condizioni adatte per il suo utilizzo, dei buoni  risultati.

Tale modello, infatti, presuppone la copertura (più o meno totale) della pianta organica esistente, senza la quale, dovendosi intervenire necessariamente con gli altri moduli organizzativi per le sostituzioni e le supplenze, se ne vanifica il funzionamento.

In ogni caso – nella situazione di fatto creatasi – l’onorarietà in Italia  è ben diversa da quella esistente nel resto d’Europa, visto che ci sono GOT e VPO che prestano servizio presso lo stesso ufficio da più di 20 anni e che vengo stabilmente utilizzati in sostituzione dei giudici togati assenti od insufficienti. Ragione per la quale, nel luglio del 2014 alcuni hanno ottenuto, con sentenza del Tribunale del lavoro di Torino, l’inquadramento come co.co.co e la condanna del Ministero della Giustizia al versamento dei contributi previdenziali nella gestione separata INPS per i lavoratori autonomi e non stabilizzati.

La sentenza è stata oggetto di impugnazione ma se verrà confermata si aprirà una breccia pericolosissima per le casse dello Stato.

L’attuale Governo ha predisposto uno schema di disegno di legge delega per la riforma della magistratura onoraria (presentato il 1° settembre 2014 ed ancora in discussione)  che – in relazione alla anomala situazione esistente -  mostra di voler intervenire, per la prima volta, con un disegno organico: prevede che tutti i giudici onorari siano incardinati all’interno degli uffici del giudice di pace e che concorrano a costituire  l’ufficio per il processo. Ciò sembra costituire uno sviluppo dell’embrione disegnato dalla normativa secondaria del CSM attraverso il modulo organizzativo dell’affiancamento.

L’ufficio per il processo sarebbe formato, oltre che dai GOT, anche dal personale di cancelleria e dai tirocinanti  e costituirebbe quindi lo staff sul quale il giudice o i giudici di ogni sezione potranno  basarsi per rendere una  giustizia efficiente, e cioè tempestiva e di qualità.

Le tre direttrici sulle quali è fondato lo schema: 1) statuto unico della magistratura onoraria, 2) riorganizzazione dell’ufficio del giudice di pace che sarà l’unico in cui gli onorari potranno svolgere con pienezza le funzioni giurisdizionali, 3) la rideterminazione del ruolo e delle funzioni nell’ufficio del processo, le previsioni di formazione e qualificazione professionale obbligatoria, di doveri ed incompatibilità assimilati a quelli dei magistrati professionali disegnano una complessiva figura onoraria relativamente stabile. La temporaneità, infatti, è riferita ad un periodo di 4 anni confermabili per tre volte e delinea quindi una permanenza complessiva di ben 12 anni.

La  disciplina transitoria, inoltre, appare esageratamente lunga visto che la situazione attuale, per i GOT e VPO già in servizio da decenni, verrebbe a protrarsi per altri 4 anni con il rischio di configurare una ennesima ulteriore proroga: deve essere certamente  condivisa la creazione di un doppio binario in cui il Governo si faccia carico anche delle conseguenze delle reiterate proroghe che la sua disattenzione ha determinato, con ciò creando, allo stato,  una categoria sottoprotetta; ma le misure adottate sembrano farraginose ed ispirate ad una incerta stabilizzazione, oltretutto  senza oneri per la finanza pubblica.

La scelta che il Governo si appresta a fare, dunque, sembra da una parte distante dal modello di onorarietà esistente nel resto d’Europa, dove la magistratura non professionale prescinde dall’ufficio per il processo perché lo presuppone, visto che tale “unità organizzativa” esiste quasi in tutti i paesi  ed è costituita da uno staff di laureati ed impiegati che assistono il giudice nella decisione e, spesso, provvedono all’estensione  dei  provvedimenti da lui assunti (al riguardo, si rimanda alla relazione allo schema del ddl in esame); dall’altra prevede un “ufficio del processo mobile”, visto che il GO, dopo un primo periodo, potrà contemporaneamente essere giudice di pace (e svolgere quindi attività giurisdizionale) e comporre l’ufficio per il processo, con presumibili problemi soprattutto per i Presidenti di Sezione nella gestione delle incompatibilità.

Va detto, al riguardo, che la differenziazione retributiva fra lo svolgimento dell’attività giurisdizionale e quella esercitata all’interno dell’ufficio per il processo appare non compatibile con l’art. 55 della Raccomandazione richiamata all’inizio di questo intervento, disposizione  che nel sistema italiano che si è di fatto creato dovrebbe certamente essere tenuta in considerazione visto che prevede che debbano essere evitati sistemi che “facciano dipendere dalle prestazioni gli elementi essenziali della retribuzione, in quanto essi possono creare difficoltà all'indipendenza dei giudici”: tale prescrizione stride sia con il sistema di compenso attualmente esistente per i giudici di pace che con la differenziazione disegnata nel DDL in esame.

Ma la principale domanda che è necessario porsi - non per mettere limiti disfattisti  alla condivisibile volontà di un concreto cambiamento, ma per contribuire a dare soluzioni che escano definitivamente dall’incertezza - è se la condizione attuale degli uffici giudiziari sia in grado di recepire la riforma che viene proposta: ove la risposta non fosse positiva sarebbe forse più opportuna una maggiore ponderazione, visto che la nostra giurisdizione, già messa a dura prova da modifiche normative stratificate nel tempo e spesso non coerenti, non tollera più riforme senza preventive “prove di tenuta”.

In primo luogo c’è da chiedersi, infatti, se, con le carenze del personale amministrativo attualmente esistenti – che, sia pur nella modesta misura in questi giorni preannunziata, non è affatto scontato che vengano colmate - c’è davvero la possibilità, su tutto il territorio nazionale, di costituire nelle varie sedi giudiziarie un ufficio per il processo che funzioni.

In secondo luogo c’è da chiedersi se l’impegno che il magistrato onorario è chiamato a profondere nella struttura sopra delineata e nel contemporaneo svolgimento della propria attività giurisdizionale presso l’ufficio del giudice di pace con aumentate competenze sia compatibile con una condizione di “mezzo servizio” che trapela dalla indicazione che per il pagamento degli oneri previdenziali debba attingersi dallo stesso capitolo del bilancio delle indennità: la previsione, infatti, desta perplessità rispetto alla capienza dei fondi stanziati lasciando ipotizzare che si confidi nel fatto che la relativa spesa venga in qualche modo sostenuta attraverso l’intervento delle casse previdenziali delle altre professioni svolte, modalità che, oltretutto,  per il regime transitorio è espressamente indicata (art. 16 n° 5 : “prevedere che i magistrati onorari possono ricorrere a forme volontarie di contribuzione previdenziale, senza oneri per la finanza pubblica” ).

Lo schema proposto disegna, dunque, una figura ibrida rispetto alla quale sarebbe forse meglio prevedere o una diversa categoria di giudici con obbligo di accesso attraverso un concorso successivo al tirocinio negli uffici, per i quali l’onorarietà potrebbe tradursi nella impossibilità di un avanzamento di carriera oltre le funzioni di primo grado; oppure una temporaneità effettiva (non superiore ad un triennio rinnovabile soltanto una volta previa verifica di professionalità) con collocazione all’interno dell’ufficio per il processo da istituirsi presso ciascuna sezione, con abbinamento stabile got/togato, al’interno del quale il giudice onorario potrebbe svolgere, su delega del giudice togato, atti istruttori specifici, ricerche giurisprudenziali e bozze dei provvedimenti nonché tutte le altre attività  compatibili con l’onorarietà.

A ciò potrebbe aggiungersi lo svolgimento delle funzioni di supplenza in udienza per la temporanea assenza dei giudici della sezione .

Tale sistema, ovviamente, presuppone una pianta organica dei giudici togati adeguata (tale per cui ciascun giudice civile non abbia ruoli mai superiori alle 500/600 cause) e l’assenza di scoperture superiori ai 4 mesi.

In conclusione, dunque, lo schema proposto dal Governo presenta luci e ombre: queste ultime, però, rischiano di allargarsi troppo ove si prescinda da una visione realistica della condizione attuale degli uffici e soprattutto di quello del giudice di pace, dove gli onorari andrebbero ad inserirsi. La pochezza dei mezzi a disposizione e lo stato di sostanziale abbandono in cui risultano essere tali uffici, del tutto privi di mezzi e di personale (attualmente nell’ufficio del giudice di pace di Roma esistono 81.000 sentenze da pubblicare, incombente al quale si sta provvedendo attraverso una problematica convenzione con il Consiglio dell’Ordine) impone al governo ed al Parlamento di assumere una posizione credibile e chiara che non può più prescindere dalla necessità che vengano prioritariamente ricoperte e/o ampliate le piante organiche della magistratura togata (attraverso concorsi più frequenti, anche in previsione dei prossimi prevedibili numerosissimi pensionamenti) in modo tale da raggiungere una suddivisione dei carichi di lavoro allineata a quella degli altri paesi europei.

Solo così la magistratura onoraria potrà uscire da una funzione di supplenza ed una condizione di precariato, e potrà assumere un ruolo appropriato, contribuendo a potenziare il funzionamento della giurisdizione e, consentendo , quindi, al sistema di rendere una giustizia migliore.

 

27/11/2014
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