Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

È questo il padre di cui abbiamo bisogno?

di Antonio Pitoni
psicologo psicoterapeuta, Uocsm Asl Na3 Sud<br>giudice onorario in carica presso il Tribunale per i minorenni di Napoli<br>mediatore familiare e ctu del Tribunale di Napoli
L’entrata in vigore della norma sull’affido condiviso (l. n. 54/2006), introducendo il principio di cogenitorialità, è stato un passaggio arricchente. Il modo in cui il ddl Pillon prospetta tempi paritetici di frequentazione del bambino con i genitori cela uno scenario in cui la “condivisione” si riduce a “spartizione”

La vita di un bambino è strettamente legata e nutrita dalla presenza di chi se ne prende cura. La funzione genitoriale, che sia espressa da due, che stiano insieme, che siano separati, che siano biologici e di due sessi diversi, che siano dello stesso sesso, che sia uno solo – per qualsivoglia motivo – o altro ancora, quel che conta (stante la condizione che il destino ha riservato a ciascuno), è che sia sufficientemente buona (in senso etico, nel senso psicologico, ma anche in senso pratico: che sia adatta).

L’introduzione della norma relativa alla cogenitorialità (la n. 54/2016), risponde ad un cambiamento di costume (l’accudimento della prole non è più delegata alla madre-domestica), e favorisce una certa cultura (è meglio che i figli crescano anche con il padre −con l’apporto di tutti quelli della famiglia che gli stanno intorno − che ora sono anche più interessati a farlo).

L’affido condiviso risponde all’orientamento che aiuta e favorisce un modello sociopsicoeducativo “più efficace”: condiviso nel senso che non è più esclusivo, cogenitoriale nel senso che non è più unigenitoriale. E se consideriamo che la prima fondamentale funzione psichica del caregiver (base sicura/genitore) è quella riflettente (attraverso lo sguardo, il volto, gli occhi, il sorriso, la sintonizzazione), che dà avvio alla costituzione dell’identità individuale, ed è, più o meno, esclusiva – come l’allattamento, è esclusivo, più o meno −, la presenza di un altro (caregiver), altro non è che l’uscita dalla relazione simbiotica per entrare nel mondo, nelle relazioni. Così, la cogenitorialità (essere in due, tenere presente che esiste l’altro, favorire l’accesso all’altro), altro non è che portare nel rapporto col bambino, la dimensione dell’altro, evitare che il bambino rimanga chiuso in sé, in una dimensione identitaria arcaica, primaria. E, come detto all’inizio, questa dimensione la si porta in qualsiasi forma e organizzazione genitoriale (uno, due, omo, etero, biologici, adottivi, insieme, separati, etc. etc.).

La proposta Pillon risolve tutte le declinazioni della funzione genitoriale e tutte le individualità (più o meno problematiche o adatte) con una terribile semplificazione: una soluzione manichea che azzera il lavoro dei giudici specializzati a favore di un totem salomonico (un’autorità fuori dalla portata umana, non dialogante) trasformando di fatto la condivisione in una spartizione. E così alla divisione/separazione dei genitori, si aggiunge la spartizione del bambino stesso: non è proprio un bel vissuto da sommare per lui. Sembra che qui non conti come sta il bambino: può anche vivere in due universi del tutto scollegati, non comunicanti, scissi e isolati, purché siano paritetici. Trovare una soluzione siffatta, è più un atto da notaio che da mediatore familiare. Non c’è prassi d’emblée che possa sostituire il percorso di valutazione e la curvatura di una regolamentazione di rapporti genitori-figli, tra gli innumerevoli casi che possono darsi (figli piccoli, grandi, unici, più d’uno, genitori vicini, lontani, giovani, meno giovani, che hanno un buon rapporto, che non ce l’hanno, etc. etc.).

Sappiamo tutti quanto sia difficile intervenire nei casi di conflitto familiare innestato in un trauma separativo; quanto sia difficile già quando vi sia una richiesta diretta dei genitori (magari per forti segni di disagio di un figlio), e ancor più complicato quando l’intervento dello psicologo o del mediatore, parta un’indicazione/prescrizione del tribunale: qui, il passaggio dal campo interno giudiziario (in cui debba prevalere la forza delle ragioni di parte – parziali e autocentrate), al campo interno psicologico (dove si ripristina la preoccupazione primaria dei genitori, in senso affettivo e non solo normativo – e accomunato verso gli interessi del figlio), è complicatissimo ed è indispensabile per la riuscita della mediazione (la cui sostanza è il ripristino della cura sulla forza). Rendere obbligato e a tappeto l’intervento del mediatore familiare, sembra più una lavata di coscienza, per dire, nei casi difficili, non si è giunti a soluzioni, si applichi la norma spartitoria!, che un vero, più appropriato e specifico intervento psicosociale specialistico. Nel caso Pillon, il mediatore rischia di diventare un notaio. Ben altro ci sarebbe da fare per sensibilizzare le coppie che si separano, o l’opinione pubblica generale: migliorare i servizi sociosanitari, aumentare gli operatori, i fondi, fare informazione, creare una cultura di comprensione e non di scissione, fare in modo che l’obbligatorietà sia per la presenza dei mediatori nelle scuole o in altri contesti, pronti ad intercettare il bisogno, e individuabili per chi lo voglia. Altro che privatizzarli. Poi, obbligare ad una cura, non è mai cosa buona.

Certamente tutti crediamo che per un bambino sia assolutamente un bene avere un rapporto positivo, stabile, continuo, regolare e ampio con i genitori (in qualunque modo lo si voglia intendere); che questi siano buoni ed abbiamo una buona comunicazione; che in caso di difficoltà trovino operatori specializzati in grado di aiutarli, e che, in presenza di eventuali difficoltà economiche, abitative, o socio ambientali, vi sia il soccorso immediato di enti appositamente istituiti. E certamente non ci si oppone ad uno scenario del genere, ma è il modo cui si crede di poterlo realizzare che mostra (in Pillon) tutti i suoi limiti e contraddizioni. Il punto è che questo ideale né si attua per legge, né per forza: non si realizza il buono desiderabile rimuovendo o negando il cattivo negativo. Così facendo c’è il rischio che sopravvivano solo i migliori, e che per i deboli resti poco spazio e tutela. Se poi tra gli scopi della proposta Pillon c’è quello di riequilibrare la presenza di un padre troppo marginale, assente o escluso, imporlo con la forza certamente non è il miglior modo per metterlo sulla scena.

Il modello paterno che ne risulta è negativo (e così anche l’esercizio della sua funzione) quando non impotente, appare imposto, non affettivo, che rinuncia ad altri strumenti per prendere il suo spazio, con il rischio di risultare una cattiva presenza, indesiderato. Non desiderato, non fondato su un desiderio, ma subito.

Ne consegue infine che, anche per quei fenomeni di alienazione genitoriale (locuzione che rischia di diventare un’etichetta riduttiva, applicabile a tutto e buona a tutto – terribile semplificazione) che vuole contrastare (art. 17 del disegno Pillon), finisce per lasciare inascoltato tutto il vissuto ed il discorso che si cela dietro la difficoltà di una relazione, dietro la difficoltà di costruzione o ricostruzione di un legame. Questa difficoltà e questo dolore finiscono per essere stigmatizzati, affrontati e risolti con la forza, con l’imposizione di una legge non dialogante, contraddicendo e negando subdolamente il principio dell’ascolto recitato nell’articolo immediatamente precedente.

17/12/2018
Altri articoli di Antonio Pitoni
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
Negoziare in ambito familiaristico: tra innovazione e nuove responsabilità degli avvocati negoziatori

La scarna disciplina della negoziazione assistita nelle procedure familiaristiche fa nascere molti interrogativi su nuove competenze e, soprattutto, accresciute responsabilità dell’avvocato negoziatore. Questo lavoro ha inteso evidenziarle e, nel contempo, esaminare, attraverso la comparazione di Protocolli e Linee Guida, le criticità nascenti dalle macroscopiche divergenze nelle richieste delle Procure in tema di produzioni documentali e controlli; produzioni che, di contro, nelle procedure giurisdizionali la riforma Cartabia ha preteso con estremo rigore.

04/03/2024
Diritti, identità e ordine pubblico nella società policulturale. Le relazioni famigliari e la rilevanza del diritto musulmano

Nel giro di una generazione l’Italia ha registrato una diversità culturale molto articolata e, perciò, del tutto inedita. Sul piano della geografia religiosa, è in particolare segnata dall’inedita presenza dell’Islam, o meglio degli Islam, le cui identità sono tali da impattare sulle discipline del matrimonio e della famiglia. Ad attestarlo è il crescente numero di atti (poligamia, khul, talaq, mahr, kafalah) nati e sviluppati nell’alveo della tradizione musulmana. La loro compatibilità con l’ordinamento italiano è tutta da verificare, come peraltro richiesto dalla legge 31 maggio 1995 (n. 218) sulla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato. Spesso la verifica porta a una ridefinizione dell’ordine pubblico sostanziale e processuale, cui risalgono le fila del diritto positivo, il suo bisogno di coerenza interna secondo il canone di ragionevolezza, consentaneo a quello di proporzionalità. Sono questi gli argomenti che innervano il presente lavoro, in cui si sottolinea come l’effettiva e non irragionevole tutela dei diritti e delle libertà possa complicarsi quando calata in specifici ambiti, particolari settori, condizioni personali e formazioni sociali. La riprova giunge proprio dal matrimonio e dalla famiglia, i cui istituti sono esposti ad una perenne evoluzione e all’incommensurabilità delle relative condotte.

18/01/2024
La riforma del processo in materia di persone, minorenni e famiglie dopo il d.lgs n. 149/2022

Il contributo esamina la disciplina che il d.lgs n. 149 offre al procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie, con l’intento di risolvere alcuni nodi applicativi che già si profilano. Viene esaminata la disciplina dei poteri affidati al giudice, quando oggetto del processo sono diritti indisponibili, e il diverso regime quando oggetto dello stesso sono diritti relativamente disponibili, come i contributi di mantenimento;  delle preclusioni alle difese delle parti in materia di diritti disponibili e alle speciali riaperture concesse in corso di causa; delle misure provvisorie e del regime della loro modificabilità e reclamabilità; del giudizio finale e della sua attuazione, secondo modelli alternativi a quelli del libro III del codice di rito; nonché dell'appello. Speciale esame viene poi dedicato alla problematica disciplina del rilievo della violenza nel processo e al contraddittorio, con la partecipazione del pm e del curatore speciale del minore. Da ultimo, offre un tentativo di risolvere le problematiche del regime transitorio, alla luce della anticipazione – con la legge di bilancio di fine 2022 – dell’entrata in vigore della riforma.

13/04/2023
Nuove linee guida operative per l'azione del pm e della Procura di Tivoli nei procedimenti civili in materia di allegazioni di violenza di genere e tutela dei minorenni

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli ha emanato delle linee guida finalizzate ad assicurare una effettiva ed efficace presenza del pubblico ministero nei procedimenti civili in cui si rende necessaria protezione e tutela delle vittime di violenza domestica e dei minorenni. Le linee guida - che costituiscono aggiornamento di quelle emanate nel 2019 dalla medesima Procura della Repubblica - tengono conto degli effetti dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 149 del 2022. La particolare interconnessione del procedimento civile e del procedimento penale in questa materia rende opportuno che sia il giudice civile che il pubblico ministero possano, nel rispetto delle norme processuali, conoscere gli atti dei rispettivi procedimenti al fine di pervenire a valutazioni non parcellizzate. Nelle linee guida vengono richiamate le norme nazionali e sovranazionali di riferimento, nonché la risoluzione del CSM del 2018 in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica. Il livello di dettaglio delle premesse e dell'articolato, e il costante riferimento all'esperienza concreta, rendono le linee guida Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli uno strumento pratico applicabile anche nel contesto di altri uffici giudiziari

15/03/2023
La riforma “in materia di condizione dei minori fuori famiglia”: dal diritto a una famiglia ai diritti della famiglia di origine

Sommario: 1. Una strada lunga e delle convergenze inedite - 2. Forma e contenuti della riforma - 2.1. I presupposti dell’intervento di limitazione o ablazione della responsabilità genitoriale - 2.2 Il collocamento “fuori della famiglia”

02/08/2022
Il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie della legge delega di riforma del processo civile

Il saggio sottolinea l’importanza e l’opportunità storica della scelta operata dalla legge delega che istituisce il «Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», come occasione unica, dopo decenni di tentativi di riforma, di cui si tracciano le linee essenziali e le ragioni del loro fallimento, confutando le tesi che ritengono necessario, nella giustizia minorile, un organo collegiale multidisciplinare e una continuità del tribunale per i minorenni, istituito nel 1934, quando i minori e le persone fragili non erano titolari di diritti soggettivi come lo sono ora, con la conseguente necessità di un giudice imparziale e di un processo aperto alle garanzie della difesa e del contraddittorio, anche in relazione ai giudizi scientifici del consulente. 

13/12/2021
PAS o non PAS? Non è questo il problema

La discussione sull'esistenza o meno della c.d. PAS (sindrome di alienazione parentale) ben poco importa sul piano del diritto. Ciò che rileva sono invece gli ostacoli posti da un genitore alla relazione del figlio con l'altro: salvo sia giustificata da ragioni specifiche, è una condotta illecita, che dev'essere tempestivamente contrastata dal giudice e può essere fonte dell'obbligo risarcitorio, ma non necessariamente di un cambio dell'affidamento.

11/10/2021
Ancora una volta i tribunali per i minorenni messi al margine della giurisdizione

Nella riforma del processo civile, per la parte minorile, emerge una non considerazione dei temi e delle modalità operative specifiche appartenenti alla giustizia minorile, ove è sempre presente un danno importante subito dal soggetto minore di età, che trova la sua origine nei gravi maltrattamenti posti in essere dagli stessi sui figli. Nella pratica operativa degli odierni tribunali per i minorenni alla necessità di una effettiva e urgente messa in protezione del minore fa seguito da parte dell’autorità giudiziaria di primo grado la costante attenzione alla evoluzione della vicenda esistenziale del minore e dei suoi genitori, con l’adozione di volta in volta di provvedimenti provvisori, fino ad individuare in via definitiva la soluzione sostanziale più confacente al soggetto minorenne. Forte è la relazione anche personale del giudice specializzato (togato e onorario) con le persone. Nel tentativo di garantire la prossimità, la riforma, sembra prestare maggiore attenzione ai diritti degli adulti, svuotando l’operato dei tribunali per i minorenni e svalutando le importanti prerogative di specifica multi-disciplinarietà.

20/09/2021