Magistratura democratica

Gli interventi sul processo esecutivo previsti dal ddl delega AS 1662/XVIII collegato al «Piano nazionale di ripresa e resilienza»

di Francesco Vigorito

Il disegno di legge delega prevede una serie di modifiche della disciplina del processo esecutivo mobiliare, immobiliare e presso terzi. Il tentativo è quello di adottare strumenti di accelerazione delle procedure esecutive e, contemporaneamente, di offrire al debitore possibili soluzioni volte a superare la situazione di difficoltà in cui si è venuto a trovare. Vi è, però, il dubbio che le soluzioni indicate non siano in concreto idonee a realizzare tali obiettivi.

1. Il «Piano nazionale di ripresa e resilienza» e le procedure esecutive / 2. Le proposte di modifica contenute nell’art. 1, comma 12 / 2.1. La fase antecedente all’inizio dell’azione esecutiva / 2.2. Le modifiche relative allo svolgimento delle procedure esecutive immobiliari / 2.3. La modifica della disciplina relativa al reclamo avverso i provvedimenti del professionista delegato / 2.4. La nuova disciplina dell’ordine di liberazione dell’immobile pignorato / 2.5. La vendita privata (art. 1, comma 12, lett. n) / 2.6. L’ampliamento dell’applicabilità dell’astreinte (art. 1, comma 12, lett. 0) / 3. Le misure urgenti previste dall’art. 1, comma 29 e comma 32 / 3.1. La nuova competenza per l’espropriazione di crediti della p.a. / 3.2. La notifica da parte del creditore pignorante dell’avviso al debitore esecutato e al terzo pignorato dell’avvenuta iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi / 4. L’ufficio del processo in materia esecutiva e la mancata previsione di risorse 

 

1. Il «Piano nazionale di ripresa e resilienza» e le procedure esecutive

Il «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (PNRR), sul presupposto dell’attenzione particolare che richiede il settore dell’esecuzione forzata «in ragione della centralità della realizzazione coattiva del credito ai fini della competitività del sistema paese», ha indicato una serie di linee di intervento allo scopo «di rendere più celere e spediti i procedimenti esecutivi»[1]

Come è noto, il Piano è stato approvato il 13 luglio 2021 con la decisione di esecuzione dal Consiglio Ecofin[2] sulla base di un documento di lavoro della Commissione europea, nella quale si dava atto che la riforma nel settore avrebbe impedito «l’accumulo di nuovi crediti deteriorati nei portafogli di crediti delle banche»[3] riducendo «il potenziale impatto negativo della pandemia di COVID-19» e che «la riduzione della lunghezza dei procedimenti civili, fornirà una maggiore certezza del diritto alle imprese e agli investitori, una maggiore affidabilità di pianificazione in caso di procedure di insolvenza e aiuterà le imprese e gli investitori a liberare il capitale bloccato».

Per la realizzazione concreta degli interventi indicati nel Piano in materia di procedure esecutive, il Governo ha presentato un emendamento integralmente sostitutivo dell’art. 8 del disegno di legge «Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie». Il testo dell’emendamento è stato poi modificato nel corso dei lavori parlamentari e infine approvato con una nuova numerazione[4]

Bisogna, tuttavia, precisare che il Piano ha escluso dalle materie del settore civile, per le quali è imposto il raggiungimento entro il 2024 della riduzione del 45% dell’arretrato ultratriennale e del 65% del DT (“disposition time”: pendenti/definiti calcolati nell’anno giudiziario), le procedure esecutive (unitamente a quelle concorsuali e alla volontaria giurisdizione), ritenendo che la durata delle stesse non dipende unicamente dalla gestione processuale ma anche da cause esogene.

Il settore dell’esecuzione forzata è stato oggetto, a partire dal 1998, di ripetuti interventi normativi nel tentativo di rendere più efficiente il sistema del recupero dei crediti e di avvicinarlo ai tempi e alla funzionalità degli altri Paesi europei[5] – una crescente attenzione per la predisposizione di prassi applicative finalizzate a migliorare la risposta giudiziaria nel settore. 

I risultati non sempre hanno corrisposto alle aspettative e le riforme hanno, talvolta, prodotto effetti diversi od opposti rispetto a quelli enunciati[6]

Negli ultimi anni si è assistito, tuttavia, a un oggettivo e rilevante miglioramento dei dati generali a livello nazionale relativi, quantomeno, alle procedure esecutive immobiliari. 

Vi è stata, a partire dal 2015, una riduzione molto significativa del numero delle procedure esecutive pendenti (da 298.704 al 31 dicembre 2014 a 218.364 al 31 dicembre 2019 e a 175.062 al 31 marzo 2021 con una diminuzione rispettivamente del 26,6% in cinque anni e del 41,4% in sei anni e tre mesi)[7]

Nell’ultimo periodo hanno certamente prodotto effetti positivi, sotto questo profilo, gli interventi legislativi operati sia con il dl 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 132, sia con il dl 3 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazioni dalla l. 30 giugno 2016, n. 119, nonché le delibere adottate dal Consiglio superiore della magistratura nel periodo 2018-2020[8]

Quello previsto dall’art. 1, comma 12 del citato ddl delega è sostanzialmente un intervento di dettaglio volto a trasformare in norme di legge alcune soluzioni adottate nella prassi (e, in qualche caso, fatte proprie dalle citate «linee guida» del Csm), a ridurre ulteriormente i termini per le parti, i giudici e gli ausiliari, a eliminare previsioni che appaiono obsolete, a correggere alcune criticità evidenziate nell’applicazione della disciplina vigente.

Le novità più rilevanti, oltre a quella, opportuna, relativa all’ampliamento del cd. “astreinte”, riguardano l’introduzione della cd. “vendita privata” e l’ennesima riformulazione della disciplina dell’ordine di liberazione

La scelta del legislatore della riforma di adottare strumenti di accelerazione delle procedure esecutive e, contemporaneamente, di offrire al debitore possibili soluzioni volte a superare la situazione di difficoltà in cui si trova, risponde all’esigenza di realizzare, da un lato, l’interesse – che non è solo del creditore ma dell’intero sistema economico – al recupero tempestivo ed effettivo del credito e, dall’altro, di evitare un ingiustificato depauperamento del patrimonio del debitore provocato dalla eccessiva durata del processo esecutivo (che porta a una moltiplicazione dell’originaria esposizione debitoria attraverso il meccanismo degli alti tassi di interessi passivi), dalle sue spese elevate e dalla vendita degli immobili a prezzi notevolmente inferiori al loro valore di mercato.

Vi è stata, quindi, una positiva inversione di rotta rispetto alle scelte recenti, evidenti in alcuni interventi normativi del periodo 2018-2020, che avevano l’obiettivo – neanche troppo nascosto – di rallentare i tempi delle procedure esecutive, con l’illusione di offrire un ausilio ai soggetti in difficoltà economica. Le soluzioni adottate[9] si sono rivelate del tutto inidonee a risolvere stabilmente il problema del diritto all’abitazione per i debitori esecutati, hanno finito per incidere sul loro patrimonio, rendendo più difficile la vendita al reale prezzo di mercato dell’immobile di proprietà, ed hanno, nel contempo, danneggiato gli interessi finanziari dello Stato con riferimento sia alle uscite[10] che alle entrate[11], incidendo anche sulla possibilità di attrarre investimenti esteri[12] e sul regolare andamento del sistema dei finanziamenti[13]

 

2. Le proposte di modifica contenute nell’art. 1, comma 12

 

2.1. La fase antecedente all’inizio dell’azione esecutiva 

Il progetto di riforma approvato dal Senato prevede due disposizioni che riguardano la fase antecedente all’inizio dell’azione esecutiva: l’abrogazione delle disposizioni che si riferiscono alla formula esecutiva e alla spedizione in forma esecutiva (art. 1, comma 12, lett. a) e la sospensione del termine di efficacia del precetto a seguito della presentazione dell’istanza di cui all’articolo 492-bis del codice di procedura civile (art. 1, comma 12, lett. b).

Questa seconda disposizione appare senz’altro condivisibile e ha la funzione di eliminare un problema che si era posto dopo l’introduzione, con il dl 12 settembre 2014, n. 132, convertito con l. 10 novembre 2014, n. 162, dell’art. 492-bis cpc, la cui rubrica reca: «Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare»[14]

L’art. 492-bis cpc prevede che il creditore, munito di titolo esecutivo, dopo aver notificato l’atto di precetto e dopo il decorso del termine di cui all’art. 482 cpc, possa richiedere al presidente del tribunale competente l’autorizzazione alla ricerca con modalità telematiche dei beni del creditore da pignorare; l’istanza introduce una particolare modalità di svolgimento delle procedure esecutive mobiliari o presso terzi.

Secondo l’interpretazione affermatasi nella giurisprudenza, l’emissione del provvedimento di autorizzazione del presidente del tribunale presuppone un precetto valido ed efficace poiché porta direttamente, in caso di individuazione dei beni da pignorare, all’inizio dell’azione esecutiva.

La previsione della sospensione del termine di efficacia del precetto a seguito della presentazione dell’istanza di cui all’art. 492-bis del codice di procedura civile, prevista dall’art. 1, comma 12, lett. b, conferma che il deposito del ricorso si pone come atto introduttivo della procedura esecutiva[15] e consente di evitare che possa intervenire la perdita di efficacia del precetto tra il deposito del ricorso e il provvedimento del presidente del tribunale. 

Più controversa è l’altra modifica della fase preliminare, prevista dall’art. 1, comma 12, lett. a, e avente ad oggetto l’abrogazione delle disposizioni sulla formula esecutiva e sulla spedizione in forma esecutiva del titolo.

L’art. 475 cpc, al comma 1, prevede attualmente che «le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria nonché gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli devono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti». 

L’art. 1, comma 12, lett. a dell’emendamento governativo stabilisce che, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale devono essere formati in copia attestata conforme all’originale con conseguente abrogazione delle disposizioni del codice di procedura civile e di altre leggi che si riferiscono alla formula esecutiva e alla spedizione in forma esecutiva.

Non è questa la sede per un approfondimento teorico della questione, controversa, circa la funzione[16] della spedizione in forma esecutiva, ma certamente la proposta di modifica è nel solco dei precedenti interventi normativi legati all’evoluzione tecnologica e al processo telematico. 

Infatti, dapprima l’art. 52 dl 24 giugno 2014, n. 90, convertito con l. 11 agosto 2014, n. 114 (che ha introdotto il comma 9-bis all’art. 16-bis dl 18 ottobre 2012, n. 179[17]), ha previsto la possibilità per il difensore, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore e il commissario giudiziale di estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico, e che le copie analogiche e informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell’attestazione di conformità del difensore o degli altri soggetti indicati, equivalgono all’originale[18]; successivamente, il comma 9-bis dell’art. 23 dl n. 137/2020 (disposizione emanata per fronteggiare l’emergenza epidemiologica) ha previsto la possibilità che la copia esecutiva dei titoli giudiziali di cui all’art. 475 cpc possa essere rilasciata dal cancelliere in forma di documento informatico, previa istanza, da depositare in modalità telematica, della parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento.

Da queste disposizioni emerge che anche la disciplina del titolo esecutivo ha progressivamente tenuto conto della tendenza a passare, all’interno del sistema processuale, dal documento cartaceo al documento informatico. 

L’emendamento governativo prende atto della conseguente sostanziale perdita di rilevanza della distinzione fra “originale” e “copia” e del conseguente carattere residuale degli adempimenti formali tradizionali, quali, ad esempio, quelli relativi alla apposizione della formula esecutiva[19]

Bisogna in ogni caso segnalare come, superato il problema della apposizione della formula esecutiva, resta la necessità di consentire alle parti e al giudice la verifica dell’esistenza e dell’efficacia esecutiva del titolo prodotto in giudizio, non in originale ma in copia telematica, per evitare gli abusi che talvolta si verificano. 

 

2.2. Le modifiche relative allo svolgimento delle procedure esecutive immobiliari

La gran parte delle proposte di modifica attinenti alle procedure esecutive immobiliari riguarda la riduzione dei termini per il deposito di atti delle parti, del giudice e degli ausiliari e l’ampliamento delle attività per cui è prevista necessariamente la delega ai professionisti.

L’art. 1, comma 12, lett. c prevede la riduzione del termine prescritto dal secondo comma dell’art. 567 cpc per il deposito dell’estratto del catasto e dei certificati delle iscrizioni e trascrizioni ovvero del certificato notarile sostitutivo, e stabilisce che tale termine coinciderà con quello previsto dal combinato disposto degli artt. 497 e 501 del medesimo codice per il deposito dell’istanza di vendita; il termine per il deposito della documentazione ipo-catastale può essere prorogato di ulteriori quarantacinque giorni, nei casi previsti dal terzo comma dell’articolo 567.

Si tratta, per un verso, di una ulteriore riduzione del termine per il deposito della documentazione e, per altro verso, della equiparazione del termine per il deposito di tale documentazione e di quello previsto per il deposito dell’istanza di vendita.

Attualmente è previsto che il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possano depositare l’istanza di vendita nel termine di quarantacinque giorni dalla data della notifica del pignoramento, e che il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro sessanta giorni dal deposito dell’istanza di vendita, a depositare la documentazione prevista dall’art. 567 cpc[20].

La modifica proposta sembra ragionevole, considerato che consente una riduzione ulteriore dei tempi nella fase iniziale della procedura; peraltro, l’aggravio per i creditori è agevolmente gestibile, considerato che la certificazione notarile sostitutiva, che viene depositata nella gran parte dei casi, non richiede in genere tempi lunghi per la sua preparazione, in considerazione della disponibilità telematica di molti dati. 

L’art. 1, comma 12, lett. i, prevede che la delega delle operazioni di vendita nell’espropriazione immobiliare abbia durata annuale, con incarico rinnovabile da parte del giudice dell’esecuzione, e che in tale periodo il professionista delegato debba svolgere almeno tre esperimenti di vendita con l’obbligo di una tempestiva relazione al giudice sull’esito di ciascuno di essi; prevede, inoltre, che il giudice dell’esecuzione debba esercitare «una diligente vigilanza sull’esecuzione delle attività delegate e sul rispetto dei tempi per quelle stabiliti con l’obbligo di provvedere immediatamente alla sostituzione del professionista in caso di mancato o tardivo adempimento».

La finalità perseguita è quella di rendere più rapido lo svolgimento delle operazioni delegate al professionista e più pregnante il controllo del giudice.

L’esigenza di esercitare un controllo assiduo sulla attività del delegato è del tutto condivisibile; tuttavia c’è il rischio di una eccessiva rigidità e sarebbe, probabilmente, più efficace un controllo cartolare attraverso i rapporti riepilogativi che dovrebbero essere redatti obbligatoriamente su modelli predeterminati[21]

Se in sede di emanazione dei decreti delegati si conferma la durata annuale della delega, sarà indispensabile precisare che il rinnovo della delega debba avvenire con decreto per evitare un nuovo passaggio annuale in udienza, che si porrebbe in contrasto con la persistente esigenza di ridurre il numero delle udienze dinanzi al giudice dell’esecuzione (perseguita, peraltro, con altre disposizioni, quali quelle sulle modalità di approvazione del progetto di distribuzione); le udienze davanti al giudice dell’esecuzione sono, infatti, una risorsa limitata per il numero normalmente molto alto di procedure pendenti sui ruoli. 

L’art. 1, comma 12, lett. m prevede l’attribuzione al professionista delegato del compito di procedere alla predisposizione e all’approvazione del progetto di distribuzione del ricavato.

Si tratta di una possibilità che già esiste in base alla normativa attuale, ma opportunamente se ne introduce l’obbligatorietà assumendo nel codice di rito le previsioni già adottate in molti uffici giudiziari e fatte proprie nella delibera dell’11 ottobre 2017 del Csm, contenente «Le linee guida funzionali alla diffusione di buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari».

L’art. 1, comma 12, lett. e dell’emendamento prevede la sostituzione del debitore nella custodia entro quindici giorni dal deposito della documentazione ipo-catastale.

Anche tale disposizione riprende la prassi diffusa in molti uffici, indicata anche nelle citate linee guida del Csm, di nominare immediatamente il custode, in genere unitamente all’esperto incaricato della stima, per consentire un’immediata presa di contatto tra gli ausiliari del giudice, il debitore e le parti, e un rapido esame del bene pignorato. 

Nel senso di una stretta collaborazione tra il custode e l’esperto stimatore va anche la previsione di cui all’art. 1, comma 12, lett. d del progetto approvato dal Senato, che prevede che il custode coadiuvi l’esperto nominato ai sensi dell’art. 569 del codice di procedura civile nel controllo della completezza della documentazione di cui all’art. 567, comma 2, cpc. Si tratta di una collaborazione opportuna, considerando che il controllo richiede competenze di vario genere. 

L’art. 1, comma 12, lett. p prevede che, nelle operazioni di vendita dei beni immobili compiute nelle procedure esecutive individuali (e concorsuali), gli obblighi previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 a carico del cliente si applicano anche agli aggiudicatari, e che il giudice emette il decreto di trasferimento soltanto dopo aver verificato l’avvenuto rispetto di tali obblighi.

Il d.lgs n. 231/2007 prevede che deve identificarsi «il cliente» sulla base di documenti, dati ovvero informazioni che devono giungere da una fonte sicura e, nel caso in cui il soggetto sia una persona giuridica, occorrerà ottenere la denominazione, la sede legale e il codice fiscale. L’adempimento formale dell’obbligo non sembra comportare grandi novità rispetto agli accertamenti che già ora vengono effettuati al momento dell’emissione del decreto di trasferimento.

Più complesso è l’accertamento, relativo alle persone giuridiche, che deve riguardare, con ragionevole attendibilità, l’assetto proprietario e di controllo, avuto riguardo anche al disposto del d.lgs n. 90/2017. 

In astratto, la previsione risponde all’esigenza di evitare che le vendite immobiliari possano essere strumento per il riciclaggio di denaro di provenienza illecita, ma occorrerà prevedere, nei decreti delegati, una disciplina di dettaglio che adegui le previsioni generali della l. n. 231/2007 e successive modifiche alle specificità della procedura esecutiva, da un lato per evitare che l’accertamento finisca per essere meramente formale e, d’altro lato, per fare in modo che i nuovi compiti, ai quali sono legate conseguenze anche di carattere penale, non comportino ulteriori rallentamenti delle procedure.

Ad analoga esigenza di controllo risponde la previsione di cui all’art. 1, comma 12, lett. q, che prevede l’istituzione presso il Ministero della giustizia di una «Banca dati per le aste giudiziali» contenente i dati identificativi degli offerenti, i dati identificativi del conto bancario o postale utilizzato per versare la cauzione e il prezzo di aggiudicazione, le relazioni di stima. 

La disposizione prevede inoltre che i dati identificativi degli offerenti, del conto e dell’intestatario dovranno essere messi a disposizione, su richiesta, dell’autorità giudiziaria, civile e penale.

Anche in questo caso sarà necessario predisporre una disciplina di attuazione e un sistema di acquisizione e conservazione dei dati che renda efficiente la raccolta, nel rispetto della normativa sulla raccolta e conservazione dei dati personali.

 

2.3. La modifica della disciplina relativa al reclamo avverso i provvedimenti del professionista delegato

L’art. 591-ter cpc disciplina le modalità di impugnazione degli atti del professionista delegato e stabilisce che: «Quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del professionista delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Contro il provvedimento del giudice è ammesso il reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies».

L’art. 1, comma 12, lett. l del ddl delega stabilisce che, per la proposizione del reclamo al giudice dell’esecuzione avverso l’atto del professionista delegato ai sensi dell’art. 591-ter cpc, sia previsto un termine di venti giorni e che l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione decide il reclamo possa essere impugnata con l’opposizione di cui all’art. 617 cpc.

Si tratta di una modifica senza dubbio opportuna perché elimina i due principali problemi posti dalla disciplina del reclamo avverso gli atti del professionista delegato: la mancata indicazione del termine per la presentazione del reclamo e la previsione del reclamo al collegio come strumento di impugnazione dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione. 

Il procedimento previsto attualmente dalla legge non consente la stabilizzazione dei provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione nella fase della delega fino all’emissione del decreto di trasferimento[22]

La proposta di legge ha la finalità di delineare un sistema di progressiva stabilizzazione degli atti posti in essere dal delegato. L’atto si stabilizza se non è impugnato nei venti giorni successivi alla sua adozione e, in caso di impugnazione, il meccanismo di stabilizzazione è analogo a quello previsto per tutti gli atti esecutivi. 

Le parti possono proporre opposizione agli atti esecutivi e ottenere dal giudice dell’esecuzione un provvedimento ex art. 618 cpc che incida sull’efficacia del provvedimento impugnato. Questo provvedimento è poi reclamabile al collegio e l’opposizione è decisa con efficacia di giudicato dopo l’introduzione del giudizio di merito.

È opportuno, per evitare dubbi interpretativi, che in sede di emissione dei decreti delegati venga esplicitata la natura perentoria del termine di proposizione del reclamo avverso gli atti del delegato.

 

2.4. La nuova disciplina dell’ordine di liberazione dell’immobile pignorato

Le disposizioni di cui all’art. 1, comma 12, lett. f e h, prevedono un nuovo intervento (il quinto in sei anni) sull’art. 560 cpc. 

L’art. 1, comma 12, lett. f stabilisce che «il giudice dell’esecuzione debba ordinare la liberazione dell’immobile pignorato non abitato dall’esecutato e dal suo nucleo familiare ovvero occupato da soggetto privo di titolo opponibile alla procedura al più tardi nel momento in cui pronuncia l’ordinanza con cui è autorizzata la vendita o sono delegate le relative operazioni e che debba ordinare la liberazione dell’immobile abitato dall’esecutato convivente col nucleo familiare al momento in cui pronuncia il decreto di trasferimento, ferma restando comunque la possibilità di disporre anticipatamente la liberazione nei casi di impedimento alle attività degli ausiliari del giudice, di ostacolo del diritto di visita di potenziali acquirenti, di omessa manutenzione del cespite in uno stato di buona conservazione o di violazione degli altri obblighi che la legge pone a carico dell’esecutato o degli occupanti».

L’art. 1, comma 12, lett. h prevede che sia il custode ad attuare il provvedimento di liberazione dell’immobile pignorato, secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 ss. del codice.

La disciplina vigente della liberazione dell’immobile pignorato è dettata dall’art. 560 cpc, come modificato dall’art. 18-quater della l. 28 febbraio 2020, n. 8 (recante la conversione, con modificazioni, del dl 30 dicembre 2019, n. 162)[23].

L’emendamento in esame opera una parziale modifica e consente, nell’ipotesi di immobile non abitato dal debitore e dai suoi familiari ovvero occupato da soggetto privo di titolo opponibile alla procedura, la liberazione dell’immobile sin dal momento in cui viene disposta la vendita, mentre ove l’immobile sia abitato dal debitore e dai suoi familiari la liberazione dovrà essere disposta con l’emissione del decreto di trasferimento a seguito del quale si produce l’effetto traslativo della vendita forzata. Resta ferma la possibilità di disporre anticipatamente la liberazione nei casi di impedimento alle attività degli ausiliari del giudice, di ostacolo del diritto di visita di potenziali acquirenti, di omessa manutenzione del cespite in uno stato di buona conservazione o di violazione degli altri obblighi che la legge pone a carico dell’esecutato o degli occupanti.

Gli interventi succedutisi in questi anni sul tema della liberazione dell’immobile hanno finito per esasperare una disputa, da qualcuno ritenuta ideologica ma piuttosto caratterizzata da un contrapposto «furore» normativo[24], tra chi ritiene illusoriamente di realizzare la sacrosanta e generale esigenza di tutela del diritto alla casa, con la posticipazione di qualche mese del rilascio di un immobile magari già alienato a terzi, che vantano una analoga esigenza abitativa[25], e chi ritiene che la liberazione anticipata dell’immobile abbia effetti taumaturgici sulla efficienza delle procedure esecutive[26]

Un punto di equilibrio può trarsi dai principi enunciati dalla Corte costituzionale, che nella citata sentenza n. 128/2021 ha riaffermato come il diritto all’abitazione costituisca un «diritto sociale» e «rientr[i] fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione» e, benché non espressamente menzionato, debba ritenersi incluso nel catalogo dei diritti inviolabili; il suo oggetto – l’abitazione – deve considerarsi «bene di primaria importanza». 

Come ha affermato la Corte costituzionale, il dovere di solidarietà sociale può anche portare, in circostanze particolari, al temporaneo sacrificio di alcuni, i creditori procedenti in executivis, a beneficio di altri maggiormente esposti, ma ciò non deve ledere stabilmente la garanzia, riconosciuta dall’art. 24, primo comma della Costituzione, di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, garanzia comprendente anche l’esecuzione forzata, che è diretta a rendere effettiva l’attuazione del provvedimento del giudice e costituisce uno strumento indispensabile per l’effettività della tutela giurisdizionale perché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore: «La fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia, proprio in quanto componente intrinseca ed essenziale della funzione giurisdizionale, deve ritenersi costituzionalmente necessaria stante che il principio di effettività della tutela giurisdizionale (…) rappresenta un connotato rilevante di ogni modello processuale»[27]

La realizzazione del diritto del creditore e l’efficienza delle procedure esecutive immobiliari sono certamente favorite dalla possibilità di porre in vendita un immobile che l’acquirente possa ricevere libero dal precedente occupante, ma tale obiettivo può realizzarsi, senza la necessità di un anticipato allontanamento dall’immobile di colui che lo occupa come casa di abitazione e non tenga comportamenti ostativi od ostruzionistici, fornendo alla procedura gli strumenti per ottenere la liberazione certa dell’immobile dopo l’aggiudicazione definitiva. 

Il contenuto della proposta di riforma indica i seguenti criteri: 

a) il principio generale è che il giudice deve ordinare la liberazione dell’immobile pignorato contestualmente alla emissione dell’ordinanza di vendita o di delega al professionista;

b) a tale principio generale fa eccezione l’ipotesi in cui l’immobile sia abitato dall’esecutato convivente col nucleo familiare; in tal caso, l’ordine di liberazione deve essere emesso al momento in cui il giudice pronuncia il decreto di trasferimento; l’esclusione sembra riguardare esclusivamente «l’esecutato convivente col nucleo familiare», pregiudicando situazioni altrettanto meritevoli di tutela, quali quelle del debitore che occupi da solo l’immobile (single, vedovo/a, etc.), del nucleo familiare del debitore che lo occupi senza il debitore, etc.[28], e realizzando un ingiustificato trattamento differenziato di situazioni analoghe[29]

c) nei casi di impedimento alle attività degli ausiliari del giudice, di ostacolo del diritto di visita di potenziali acquirenti, di omessa manutenzione del cespite in uno stato di buona conservazione o di violazione degli altri obblighi che la legge pone a carico dell’esecutato o degli occupanti, il giudice può disporre anticipatamente la liberazione; la nuova disciplina ripropone quella precedente, ma non prevede più che la «omessa manutenzione del cespite in uno stato di buona conservazione» sia avvenuta per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare;

d) l’ordine di liberazione emesso al momento dell’emissione del decreto di trasferimento è un provvedimento autonomo e ha un effetto diverso dal decreto di trasferimento (che, comunque, è titolo esecutivo per il rilascio) perché attribuisce al custode il potere di attuare il provvedimento di liberazione dell’immobile pignorato secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 ss. del codice, e quindi prevede una sorta di ultrattività della custodia con l’attribuzione della funzione esecutiva su un bene che è divenuto di proprietà di altri e non è, quindi, soggetto più alla custodia stessa; questa previsione ribadisce, opportunamente, l’interpretazione che era stata adottata dalla giurisprudenza e prospettata dai primi interpreti della vigente disciplina relativa all’ordine di liberazione. 

Pur con le criticità segnalate, che meriterebbero di essere superate in sede di attuazione della delega, la soluzione prevista dall’emendamento in esame sembra complessivamente equilibrata e in linea con i principi generali desumibili dalla citata sentenza della Corte costituzionale, perché garantisce al debitore – che non frapponga ostacoli – la possibilità di detenere la casa di abitazione fino all’emissione del decreto di trasferimento e alla procedura di mettere in vendita un immobile con la certezza che potrà essere liberato non appena il decreto di trasferimento viene emesso senza le lungaggini che, solitamente, caratterizzano il procedimento esecutivo di rilascio e senza la previsione di un termine tra emissione del provvedimento e attuazione dello stesso, come nella disciplina attualmente vigente[30]

 

2.5. La vendita privata (art. 1, comma 12, lett. n)

L’art. 1, comma 12, lett. i introduce l’istituto della cd. “vendita privata”, ispirata al modello francese della “vente privée”. Il meccanismo delineato nella proposta di riforma è abbastanza complesso e prevede:

1) che il debitore, con istanza depositata non oltre dieci giorni prima dell’udienza prevista dall’art. 569, primo comma del codice di procedura civile, può chiedere, per una sola volta, al giudice dell’esecuzione di essere autorizzato a procedere direttamente alla vendita dell’immobile pignorato; 

2) che l’offerta deve essere effettuata per un prezzo non inferiore al prezzo base indicato nella perizia di stima (e da ciò si desume che l’offerta può avvenire solo dopo la fase della stima dell’immobile);

3) che all’istanza del debitore deve essere sempre allegata l’offerta di acquisto irrevocabile per centoventi giorni e il versamento di una cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo proposto;

4) che il giudice dell’esecuzione, con decreto, verificata l’ammissibilità dell’istanza, deve: 

a) disporre che l’esecutato rilasci l’immobile nella disponibilità del custode entro trenta giorni a pena di decadenza dall’istanza, salvo che il bene sia occupato con titolo opponibile alla procedura; 

b) disporre che entro quindici giorni sia data pubblicità, ai sensi dell’art. 490 cpc, dell’offerta pervenuta, rendendo noto che entro sessanta giorni possono essere formulate ulteriori offerte di acquisto, garantite da cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo proposto, il quale non può essere inferiore a quello dell’offerta già presentata a corredo dell’istanza dell’esecutato; 

5) che il giudice dell’esecuzione debba convocare il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i creditori intervenuti, i creditori iscritti e gli offerenti a un’udienza da fissare entro novanta giorni per la deliberazione sull’offerta e, in caso di pluralità di offerte, per la gara tra gli offerenti delegando in tale udienza un professionista per la deliberazione sulle offerte e lo svolgimento della gara, la riscossione del prezzo nonché le operazioni di distribuzione del ricavato;

6) che con il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione aggiudica l’immobile al miglior offerente debbono essere stabilite le modalità del pagamento del prezzo, da versare entro novanta giorni, a pena di decadenza ai sensi dell’art. 587 cpc;

7) che, una volta riscosso interamente il prezzo, il giudice ordini «la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie ai sensi dell’articolo 586 del codice di procedura civile» contestualmente, deve ritenersi, alla emissione del decreto di trasferimento[31]

8) che, se nel termine assegnato il prezzo non è stato versato, il giudice provveda ai sensi degli artt. 587 e 569 cpc.

La proposta deve ritenersi irrevocabile e l’adozione del meccanismo di vendita non è soggetta al consenso dei creditori, ma unicamente a una valutazione di ammissibilità del giudice. 

Il contenuto dell’emendamento appare apprezzabile nelle intenzioni, nella parte in cui l’introduzione della cd. vendita privata guarda anche alla situazione del debitore[32]

L’attenzione per gli interessi del debitore è coerente con l’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), firmato a Parigi il 20 marzo 1952, secondo il quale: «Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale». 

Alcuni degli interventi legislativi dell’ultimo decennio sono già andati in questo senso ed hanno avuto anche l’obiettivo di liberare il debitore «da un peso che rischia di divenire insostenibile e di precludergli ogni prospettiva futura»[33]: la legge 27 gennaio 2012, n. 3 prevede il piano di ristrutturazione per il consumatore che si trovi in uno stato di sovraindebitamento con finalità di esdebitazione dei cosiddetti insolventi civili; la legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione del dl n. 137/2020 («Misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19»), ha apportato importanti modifiche alla disciplina delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla l. n. 3/2012, ripensando e snellendo gli strumenti predisposti dalla l. 27 gennaio 2012, n. 3, che finora avevano hanno trovato una limitata applicazione nella prassi. 

Sotto un diverso profilo, il dl 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla l. 19 dicembre 2019, n. 157, all’art. 41-bis ha previsto la possibilità di chiedere la rinegoziazione del mutuo al fine di fronteggiare in via eccezionale, temporanea e non ripetibile i casi più gravi di crisi economica dei consumatori, ove la procedura esecutiva immobiliare abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore. 

La disciplina relativa alla vendita privata sopra illustrata si muove nella stessa prospettiva, ma il procedimento delineato, soprattutto dopo le modifiche introdotte nell’emendamento approvato dal Senato, non sembra idoneo a perseguire l’obiettivo e non introduce un meccanismo di vendita privata sul modello di quello previsto dalla legislazione di altri Paesi quanto un ulteriore modello di vendita interno alla procedura, che si pone in alternativa con quelli già previsti, come ulteriore esito dell’udienza ex art. 569 cpc.

In sostanza, l’innovazione finisce per introdurre solo un procedimento che viene introdotto su istanza del debitore e garantisce, all’esito di una vendita pubblica, che l’immobile sia alienato a un prezzo non inferiore al valore di stima, superando quindi l’ipotesi di vendita a prezzo ridotto attualmente prevista dall’art. 572 cpc.

Non vi è alcun profilo privatistico, se non quello preliminare della ricerca di un potenziale offerente; peraltro, a rendere più improbabile l’utilizzazione del procedimento, vi è, anche in questo caso, la previsione dell’immediata liberazione dell’immobile, soluzione difforme da quelle previste nelle altre disposizioni del ddl delega, e particolarmente controindicata in un procedimento che sembrerebbe finalizzato anche a consentire l’aggiudicazione a favore di un soggetto che abbia intenzione (per legami familiari o di amicizia) di consentire al debitore di continuare a utilizzare l’immobile. 

L’introduzione di un procedimento di tal genere non sembra, quindi, avere senso nell’ipotesi di partecipazione alla vendita di chi ha interesse a mantenere l’immobile nella disponibilità del debitore e che può realizzare tale obiettivo più agevolmente, e a un costo che può essere minore, partecipando con le modalità ordinarie all’esperimento di vendita; per altro verso, non è in grado di sostituire efficacemente la vendita privata, che già da oggi si realizza quando è il debitore a provvedere alla vendita diretta del bene pignorato con il consenso del creditore e con l’immediata definizione della procedura. 

 

2.6. L’ampliamento dell’applicabilità dell’astreinte (art. 1, comma 12, lett. 0)

L’art. 1, comma 12, lett. o, stabilisce di «prevedere criteri per la determinazione dell’ammontare, nonché del termine di durata delle misure di coercizione indiretta di cui all’articolo 614-bis del codice di procedura civile; prevedere altresì l’attribuzione al g.e. del potere di disporre dette misure quando il titolo esecutivo sia diverso da un provvedimento di condanna oppure la misura non sia stata richiesta al giudice che ha pronunciato tale provvedimento».

L’astreinte è l’obbligo imposto dal giudice alla parte inadempiente di pagare una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nell’adempimento della prestazione dovuta; si tratta insieme di uno strumento di coazione indiretta all’adempimento e di uno strumento sanzionatorio per il caso di inadempimento ed è disciplinato dall’art. 614-bis cpc[34].

La finalità della modifica è quella di regolamentare più compiutamente l’istituto[35] attribuendo al legislatore delegato il compito di individuare criteri per la determinazione del quantum e del limite temporale della misura, di modo che la stessa non possa avere durata illimitata determinando l’insorgenza di obbligazioni sanzionatorie del tutto sproporzionate rispetto all’originaria obbligazione inadempiuta, e inoltre di attribuire anche al g.e. il potere di imporre l’astreinte, per rendere l’istituto applicabile anche nel caso di titoli esecutivi diversi da un provvedimento di condanna o di mancata previsione della misura di coercizione indiretta da parte del giudice della cognizione.

La scelta di determinare, ex lege, il limite all’entità delle misure coercitive e la loro durata appare condivisibile.

L’attuale formulazione della norma che esclude l’applicazione della misura ove la stessa appaia manifestamente iniqua[36] non è, infatti, sufficiente a scongiurarne un uso strumentale e speculativo né a definirne l’ambito applicativo. 

Deve considerarsi che la condanna non ha funzione risarcitoria ma coercitiva e deve essere stabilita in una misura idonea a privare l’obbligato dell’interesse all’inadempimento, inducendolo ad adempiere spontaneamente[37].

La proposta, riprendendo opportunamente le indicazioni della dottrina[38], attribuisce poi anche al giudice dell’esecuzione la competenza ad adottare le misure coercitive previste dall’art. 614-bis cpc, quando si tratti di titoli esecutivi stragiudiziali che contengano prestazioni diverse dal pagamento di somme di denaro o della mancata richiesta della misura al giudice della cognizione.

Non può, invece, apprezzarsi la scelta di non intervenire sulla esclusione dell’applicazione delle misure coercitive nel campo dei rapporti di lavoro, privato e pubblico, subordinato e parasubordinato di cui all’art. 409 cpc (esclusione probabilmente affetta da incostituzionalità)[39], contenuta nell’attuale formulazione della norma. 

 

3. Le misure urgenti previste dall’art. 1, comma 29 e comma 32 

 

3.1. La nuova competenza per l’espropriazione di crediti della p.a. 

Oltre all’art. 1, comma 12 del ddl, le norme riguardanti le procedure esecutive sono contenute al comma 29 e al comma 32 dello stesso articolo 1. 

Il comma 29 propone la riscrittura dell’art. 26-bis, comma 1, cpc sul «Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti» come segue: «Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’art. 413, quinto comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede».

Come spiegato dalla relazione illustrativa, la modifica è conseguenza della scelta di accentrare, con funzioni di controllo della spesa pubblica, a Roma il servizio di tesoreria dello Stato e, contestualmente, di evitare la concentrazione presso il Tribunale di Roma di tutti i procedimenti di espropriazione forzata di crediti nei confronti della p.a.[40], con un carico che renderebbe insostenibile la situazione di quell’ufficio che già presenta una sopravvenienza di oltre trentamila procedure esecutive mobiliari e presso terzi l’anno[41].

La nuova disposizione prevede la competenza del foro dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, consentendo così una distribuzione delle controversie tra diversi tribunali distrettuali.

Attualmente, quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni, per l’espropriazione forzata di crediti è competente, in deroga alla competenza generale e salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede[42]

Con la modifica prevista dal comma 29 si concentra la competenza sui tribunali del capoluogo del distretto di corte d’appello in cui risiede o ha domicilio o, in caso di persona giuridica, ha sede il creditore.

Si tratta di una scelta ragionevole, tenuto conto della necessità di operare una distribuzione dei carichi di lavoro tra gli uffici. 

 

3.2. La notifica da parte del creditore pignorante dell’avviso al debitore esecutato e al terzo pignorato dell’avvenuta iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi 

L’art. 1, comma 32 aggiunge all’articolo 543, comma 4 del cpc i seguenti commi: «Il creditore, entro la data dell’udienza di citazione indicata nell’atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l’avviso notificato nel fascicolo dell’esecuzione. La mancata notifica dell’avviso di cui al precedente comma o il suo mancato deposito nel fascicolo della esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento.

Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, l’inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l’avviso. In ogni caso, ove la notifica dell’avviso di cui al presente comma non è effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento».

La disposizione ha la finalità di superare un problema, che si pone spesso nella pratica, in materia di espropriazione presso terzi, quello del persistere, di fatto, del vincolo sorto con la notifica del pignoramento sulle somme detenute dal terzo pignorato anche nel caso in cui l’azione esecutiva non venga poi iscritta a ruolo. 

Il terzo pignorato, non conoscendo l’esito della procedura, mantiene infatti il vincolo sulle somme pignorate.

Il fenomeno è assai diffuso e, per un verso, crea un contenzioso del tutto inutile perché legato a un pignoramento a cui non ha fatto seguito alcuna procedura esecutiva e, per altro verso, comporta conseguenze dannose per il debitore pignorato e un enorme appesantimento per lo Stato e gli enti pubblici[43].

Se è vero che la soluzione adottata comporta un ulteriore adempimento per il creditore pignorante, onerandolo della notifica al debitore e al terzo dell’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e del deposito dell’avviso notificato nel fascicolo dell’esecuzione, è, però, ragionevole che il terzo sia posto in condizione di conoscere con certezza quale sia stato l’esito del pignoramento e di liberare le somme pignorate quando il vincolo non ha più ragione di essere.

 

4. L’ufficio del processo in materia esecutiva e la mancata previsione di risorse 

Il carattere limitato delle modifiche che sono state proposte difficilmente inciderà in maniera sostanziale sulla durata delle procedure, legata all’alto numero di queste ultime, alle caratteristiche generali dei procedimenti esecutivi, alla situazione degli uffici giudiziari, a una tendenza a considerare il settore come minore (nonostante l’enorme valore economico dei beni e dei crediti pignorati annualmente, quantificabile in decine di miliardi di euro)[44].

Tuttavia, dopo il rallentamento legato alla normativa emergenziale, il trend positivo degli ultimi anni dovrebbe riprendere, e sotto questo profilo le proposte di modifica possono essere almeno parzialmente utili. 

L’esclusione della materia delle esecuzioni dalla previsione del raggiungimento, entro il 2024, dell’obiettivo della riduzione del 45% dell’arretrato ultratriennale e del 65% del DT sembra comportare che le nuove risorse destinate all’ufficio per il processo non possano essere destinate anche al settore esecuzioni; si tratta di una pesante limitazione alle possibilità di rendere più efficiente un settore nel quale gli addetti all’ufficio per il processo potrebbero svolgere un importante ruolo di ausilio al giudice[45]

Per le loro caratteristiche, le procedure esecutive si prestano a consentire ai tirocinanti di coadiuvare il giudice in molte attività: nel settore esecuzioni immobiliari possono essere affidate loro le attività di esame preliminare delle notifiche e di ulteriore controllo della documentazione ipo-catastale già esaminata dagli ausiliari, di esame delle relazioni di stima, di predisposizione dei ruoli di udienza e dei provvedimenti di fissazione delle udienze, di predisposizione, sulla base delle linee generali indicate dal giudice dell’esecuzione, della bozza dei provvedimenti di liquidazione per gli ausiliari, di esame preliminare delle relazioni periodiche e delle istanze, di controllo dello scadenzario dei termini per l’attività delle parti (ad esempio, nella prima fase delle procedure) e dei professionisti delegati.

L’incremento delle risorse personali avrebbe potuto realizzare un miglioramento delle performance in un settore in cui, già in passato, si è riscontrata l’importanza del lavoro di ausilio al giudice già oggi svolto da custodi, professionisti delegati, stimatori, gestori delle vendite, addetti alla pubblicità, istituti bancari depositari dei conti correnti.

I dirigenti degli uffici sono, quindi, chiamati in ogni caso a organizzare e fornire una adeguata struttura all’ufficio per il processo in materia esecutiva, destinando a questo settore eventuali tirocinanti di cui all’art. 73 dl n. 69/2013, mentre i presidenti di sezione e i singoli giudici dell’esecuzione sono chiamati a utilizzare al meglio queste risorse.

 

 

1. Cfr. il «Piano nazionale di ripresa e resilienza», p. 58. 

2. Cfr. la decisione di esecuzione del Consiglio Ecofin del 13 luglio 2021. 

3. Cfr. la proposta di decisione della Commissione europea del 22 giugno 2021, accompagnata dal documento di lavoro della Commissione stessa, part. pp. 45 ss. 

4. Il testo oggetto di questo commento è quello approvato dal Senato con il titolo «Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la
revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata». 

5. Per una trattazione riassuntiva degli interventi legislativi in materia esecutiva, mi permetto di rinviare a F. Vigorito, Le procedure esecutive dopo le riforme: analisi e prospettive, in questa Rivista trimestrale, n. 4/2015, www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/le-procedure-esecutive-dopo-le-riforme_analisi-e-prospettive_291.php. Più diffusamente A. Saletti - M.C. Vanz - S. Vincre (a cura di), Le nuove riforme dell’esecuzione forzata, Giappichelli, Torino, 2016 e A. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Cedam, Padova, 2019.

6. Per qualche considerazione problematica mi permetto di rinviare a F. Vigorito, Il sistema bancario e le procedure esecutive individuali, in questa Rivista trimestrale, n. 3/2017, www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/il-sistema-bancario-e-le-procedure-esecutive-individuali_477.php.

7. Si tratta di una elaborazione sui dati pubblicati nel sito del Ministero della giustizia, nelle pagine dedicate al monitoraggio statistico degli uffici. Bisogna, tuttavia, considerare, in relazione al dato relativo al marzo 2021, che questo può aver risentito degli effetti del periodo Covid sia sulle sopravvenienze sia sulle pendenze (anche per le modalità diversificate adottate dai vari uffici rispetto ai procedimenti sospesi ex art. 54-ter l. 24 aprile 2020, n. 27).

8. Il Consiglio superiore della magistratura, con la delibera dell’11 ottobre 2017, ha approvato «Le linee guida funzionali alla diffusione di buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari» e ha istituito, presso la Settima commissione, l’Osservatorio permanente per l’efficienza delle procedure esecutive e l’attuazione delle buone prassi. 
La successiva delibera dell’8 novembre 2017 ha introdotto nelle linee guida per la formazione dei programmi di gestione ex art. 37 dl n. 98/2011 per l’anno 2018 e nel relativo format una specifica sezione dedicata alle procedure esecutive immobiliari. Con la delibera del 25 maggio 2018 si sono precisate le modalità di pubblicazione delle vendite sul portale delle vendite pubbliche e le modalità di realizzazione delle vendite telematiche, introdotte nel sistema dalla nuova formulazione dell’art. 569 cpc e operative a partire dal 10 aprile 2018. Con le delibere del 18 giugno 2018 e del 3 luglio 2019, il Consiglio ha operato una ricognizione sugli esiti dell’applicazione delle linee guida, rilevando un’accelerazione considerevole della tempistica delle procedure e l’adozione, da parte degli uffici, di prassi applicative conformi al contenuto delle linee guida, con una riduzione molto rilevante dell’arretrato.

9. Le soluzioni adottate nel periodo della pandemia erano invece giustificate almeno per un periodo di tempo limitato, nella fase più intensa della pandemia, che ha reso indispensabile evitare il rilascio, a qualsiasi titolo degli appartamenti utilizzati a scopo abitativo. Sul punto, cfr. Corte costituzionale, 22 giugno 2021, n. 128, che ha ritenuto «irragionevole e sproporzionata» in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione l’ultima proroga dell’art. 54-ter l. n. 27/2020, affermando che la sospensione generalizzata delle esecuzioni immobiliari sugli appartamenti destinati a casa d’abitazione era giustificata nel primo periodo della pandemia, ma le successive proroghe, prive del necessario bilanciamento, ledevano il legittimo interesse dei creditori ad agire in executivis

10. La lunga durata delle procedure esecutive comporta spesso la violazione dei parametri fissati dalla cd. “legge Pinto” (l. n. 89/2001) e dalla Cedu (art. 6), con conseguente responsabilità dello Stato per l’irragionevole prolungamento della procedura.

11. Le entrate dello Stato subiscono effetti positivi o negativi dalla maggiore o minore efficienza delle procedure esecutive, considerando che è prevista la tassazione dei decreti di trasferimento (per imposta di registro o Iva, imposte ipotecarie e catastali), tendenzialmente proporzionale al prezzo di aggiudicazione.

12. Il rapporto Doing Business 2015 (vds. part. «Enforcing Contracts», pp. 90 ss., www.doingbusiness.org/en/rep orts/global-reports/doing-business-2015) ha collocato l’Italia al 111° posto – e molto lontano dagli altri Stati dell’Unione europea, che si collocano nelle prime 50 posizioni – in una graduatoria di 189 Paesi, che tiene conto della durata globale dei procedimenti strumentali a dare soddisfazione al creditore in caso di inadempimento contrattuale, della reale incidenza dei costi sostenuti dal creditore rispetto all’ammontare del credito vantato e della qualità della funzionalità del sistema giudiziario in questo settore. Questa collocazione, e la situazione che ne è alla base, concorrono a scoraggiare investimenti esteri.

13. Le previsioni di concreta soddisfazione dei diritti del creditore in caso di inadempimento incidono in maniera determinante sull’erogazione dei finanziamenti e sui costi dei medesimi, mentre la previsione di recuperare il credito in misura insufficiente o in tempi eccessivamente lunghi comporta un accesso al credito più problematico e più oneroso.

14. La mancata predisposizione delle strutture tecnologiche necessarie a consentire l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all’art. 492-bis del codice e a quelle individuate con il decreto di cui all’art. 155-quater, primo comma delle disposizioni di attuazione ha fatto sì che la disposizione sia applicata ancora con le modalità transitorie previste dall’art. 155-quinquies disp. att. cpc.

15. Quantomeno, quando la predisposizione degli strumenti tecnologici, attesa dal 2015, consentirà il superamento della attuale disciplina transitoria.

16. Per un esame aggiornato della questione anche alla luce degli interventi emergenziali, cfr. E. Fabiani e L. Piccolo, La spedizione in forma esecutiva dei titoli esecutivi giudiziali in via telematica fra prassi giudiziarie, interventi legislativi volti a fronteggiare l’emergenza epidemiologica e prospettive di riforma, in Rassegna dell’esecuzione forzata, n. 2/2021, pp. 355 ss.

17. La disposizione prevede che: «Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell’attestazione di conformità a norma del presente comma, equivalgono all’originale. Il duplicato informatico di un documento informatico deve essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli atti processuali che contengono provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all’ordine del giudice». 

18. Dopo l’entrata in vigore della prima delle due disposizioni si era prospettata la possibilità dell’apposizione della formula esecutiva su copie formate con le modalità previste dall’art. 16-bis, comma 9-bis, ma questa interpretazione è stata esclusa considerando che l’art. 153 disp. att. cpc mantiene in capo al cancelliere l’attività di spedizione della copia in forma esecutiva e non vi è ragione per ipotizzare che il cancelliere debba apporre la formula di legge su una copia da altri estratta ed attestata e non invece su una copia da egli stesso attestata come conforme all’originale conservato presso l’ufficio giudiziario cui appartiene. Sul punto, cfr. A. Soldi, Manuale, op. cit., p. 211. 

19. Cfr. P. Comoglio, Processo civile telematico e codice di rito. Problemi di compatibilità e suggestioni evolutive, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 3/2015, p. 956. 

20. La disciplina del termine per il deposito della documentazione è cambiata varie volte negli ultimi anni: la l. 14 maggio 2005, n. 80 aveva ampliato il termine per il deposito della documentazione o della certificazione notarile da sessanta giorni a centoventi giorni; il dl 27 giugno 2015, n. 83, convertito dalla l. 6 agosto, n. 132, ha ristabilito il termine per il deposito della documentazione in sessanta giorni (decorrente dal deposito dell’istanza di vendita). 

21. Con la finalità ulteriore di popolare di dati del sistema SIECIC. Il progetto di ddl delega si è invece limitato, all’art. 1, comma 12, lett. g, a prevedere che solo la relazione di stima e gli avvisi di vendita siano redatti secondo schemi standardizzati.

22. Cfr. in giurisprudenza Cass. civ., sez. III, 9 maggio 2019, n. 12238. Sul tema, A. Soldi, Manuale, op. cit., p. 1597; A. Tedoldi, Le novità in materia di esecuzione forzata nel d.l. 83/2015… In attesa della prossima puntata, in Corr. giur., n. 2/2016, p. 175; A. Saletti - M.C. Vanz - S. Vincre, Le nuove riforme, op. cit., pp. 314 ss.; P. Farina, L’ennesima espropriazione immobiliare “efficiente” (ovvero accelerata, conveniente, rateizzata e cameralizzata), in Riv. dir. proc., n. 1/2016, pp. 147 ss. 

23. Dopo le precedenti modifiche operate dal dl 14 dicembre 2018, n. 135 (convertito con modifiche dalla l. 11 febbraio 2019, n. 12), dal dl 14 marzo 2005, n. 35 (convertito con modificazioni dalla l. 14 maggio 2005, n. 80), dalla l. 28 dicembre 2005, n. 263, dal dl 3 maggio 2016, n. 59 (convertito con modificazioni dalla l. 30 giugno 2016, n. 119). 

24. A. Tedoldi, Gli emendamenti in materia di esecuzione forzata al d.d.l. delega AS 1662/XVIII, in Giustizia insieme, 23 giugno 2021, conclude così il suo commento alla disposizione «(…) i vari estensori e suggeritori dei testi dell’art. 560 c.p.c. imbandiscono ossessivamente una satura lanx, affetta da “analitico furore”, che riuscirebbe indigesta anche a Pantagruel (…)».

25. I quali magari per soddisfare le loro esigenze abitative hanno affrontato a loro volta un sacrificio economico. La tesi, prospettata di recente anche su autorevoli organi di stampa, secondo la quale la tempestiva liberazione dell’immobile favorirebbe un intento speculativo o gli appetiti di organizzazioni criminali con finalità di riciclaggio appare del tutto infondata solo che si consideri come la difficoltà di liberare un immobile occupato è ben più gravosa per coloro che acquistano il bene per le proprie necessità e non hanno risorse economiche (o di altro genere) per ottenerne la liberazione. 

26. In una disputa che ormai ricorda quella tra i duellanti descritti da Joseph Conrad (e, al cinema, da Ridley Scott), che alla fine della pluridecennale rivalità che aveva segnato la loro vita non ricordavano più nemmeno il motivo che l’aveva scatenata. 

27. Cfr. Corte cost., n. 128/2021.

28. Riproponendo un tema che era stato già superato dalla gran parte degli interpreti, nel vigore delle precedenti formulazioni della norma, nel senso di equiparare il trattamento normativo del debitore, indipendentemente dalla presenza del nucleo familiare.

29. Evocando dopo quasi cento anni le discriminazioni, introdotte durante il “ventennio”, a carico di coloro che non fanno parte di un nucleo familiare: la cd. «imposta sui celibi» fu istituita con il regio decreto 19 dicembre 1926, n. 2132. 

30. Attualmente, la formulazione dell’art. 560 prevede «il rilascio dell’immobile pignorato per una data compresa tra il sessantesimo e novantesimo giorno successivo» a quello della pronuncia del decreto di trasferimento.

31. La formulazione della norma sembra lasciare intendere che la cancellazione è a cura e spese della procedura.

32. Il debitore, in molti casi, è un soggetto trovatosi in difficoltà nel tentativo di acquistare, stipulando un mutuo bancario, un’abitazione per sé o per la propria famiglia. In Italia il 75,2% delle famiglie, tre su quattro, risiede in una casa di proprietà. Quasi il 60% dei 57 milioni di immobili di proprietà di persone fisiche in Italia è utilizzato come abitazione principale o pertinenza. Cfr. Gli Immobili in Italia, pubblicazione realizzata dall’Agenzia delle entrate e dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia con riferimento ai dati del 2016, www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/agenzia/agenzia-comunica/prodotti-editoriali/pubblicazioni-cartografia_catasto_mercato_immobiliare/immobili-in-italia.

33. Cfr. la relazione illustrativa al codice della crisi di impresa.

34. L’art. 614-bis cpc, «Attuazione degli obblighi di fare infungibile e di non fare», in caso di inadempimento di tali obblighi, prevede che: «con il provvedimento di condanna all’adempimento il giudice fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento stesso. Il giudice determina l’ammontare della somma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile».

35. Cfr. la relazione illustrativa agli emendamenti al ddl delega AS 1662/XVIII.

36. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 139/2019, aveva rilevato incidentalmente che nelle misure di coercizione indiretta, quale quella di cui all’art. 614-bis cpc (cfr. supra, nota 34), è rilevante un criterio di non manifesta iniquità della somma così determinata.

37. A. Soldi, Manuale, op. cit., p. 2005; M. Bove, La misura coercitiva di cui all’art. 614-bis c.p.c., in Judicium, 29 aprile 2010 (www.judicium.it/la-misura-coercitiva-di-cui-allart-614-bis-c-p-c/).

38. Sulla opportunità di riconoscere al g.e. il potere di liquidare l’astreinte (anche quella imposta dal giudice della cognizione secondo il modello della condanna in futuro) con un procedimento sommario in cui fosse salvaguardata la garanzia del contraddittorio, cfr. di recente B. Capponi, Perché in Italia l’astreinte non si ama, in Giustizia insieme, 20 aprile 2021; in precedenza anche M. Bove, La misura, op. cit. 

39. In tal senso A. Proto Pisani, Note personali e no a margine dell’art. 614 bis c.p.c., in Rass. esec. forz., n. 1/2019, pp. 3 ss.

40. Per una trattazione della materia specifica della espropriazione contro la p.a., cfr. A. Tedoldi, Esecuzione forzata, Pacini, Pisa, 2021, pp. 211 ss. e A. Soldi, Manuale, op. cit., p. 1053. 

41. Dai dati pubblicati nel sito del Ministero della giustizia, nelle pagine dedicate al monitoraggio statistico degli uffici, emerge che nel 2019 sono sopravvenute al Tribunale di Roma 30127 procedure.

42. Anche questa deroga era stata giustificata dalla necessità di deflazionare il Tribunale di Roma, ma la norma aveva poi dato luogo a un contrasto interpretativo per l’ipotesi in cui le funzioni di tesoreria erano espletate da un istituto di credito con sede legale nelle maggiori città, soprattutto Roma e Milano; il contrasto è stato poi definito dalla Corte di cassazione escludendo la competenza del tribunale ove ha sede la banca che svolge funzioni di tesoreria (Cass., 4 aprile 2018, n. 8172, secondo cui il luogo di espletamento del servizio secondo gli accordi fra p.a. e il cassiere o tesoriere si deve considerare in via esclusiva come il foro dell’espropriazione presso terzi di crediti a carico di tali pubbliche amministrazioni, restando esclusa, per il caso che cassiere o tesoriere sia una persona giuridica, la possibilità di procedere all’esecuzione alternativamente anche nel luogo della sua sede; resta ferma la competenza all’ufficio giudiziario del luogo in cui opera la filiale, la succursale o l’agenzia che ha in carico il rapporto che forma oggetto della dichiarazione da parte del terzo tesoriere convenzionato).

43. Sotto questo punto di vista, è utile segnalare che vi sono tutt’ora ingentissime somme pignorate alla pubblica amministrazione anche presso le tesorerie e mai svincolate nonostante l’estinzione o, comunque, la perenzione delle procedure esecutive.

44. Secondo alcune rilevazioni, i soli beni immobili messi in vendita nelle procedure esecutive nel corso del 2019 avrebbero un valore complessivo superiore ai 28 miliardi di euro. 

45. Peraltro, proprio il settore delle esecuzioni ha già realizzato negli ultimi sei anni risultati analoghi a quelli previsti nel Piano.