Magistratura democratica
Prassi e orientamenti

PCT e remissione in termini: errore imputabile alla parte o mero disguido?

di Gianmarco Marinai
Giudice Trib. Livorno, Referente Informatico Distrettuale Corte d'Appello di Firenze
Commento a ordinanza Tribunale Torino, 26 agosto 2014
PCT e remissione in termini: errore imputabile alla parte o mero disguido?

Con ordinanza 26 agosto 2014, il Tribunale di Torino respinge un'istanza di remissione in termini in relazione ad una memoria istruttoria ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c..

Il procuratore aveva dedotto che:

- in data 7.5.2014 erano stati concessi i termini ex art. 183 c. 6 c.p.c.;

- erano state tempestivamente depositate le memorie di cui al n. 1 di tale norma;

- la memoria ex n. 2 (il cui termine si presume dovesse scadere il 6.7.2014), era stata inviata telematicamente e il procuratore aveva ricevuto rituale RAC (ricevuta di avvenuta consegna) in data 3.7.2014;

- il deposito, però, veniva rifiutato dalla cancelleria il successivo 8.7.2014, dopo 5 giorni dal deposito e successivamente allo scadere del termine ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c., impedendo, così, di depositare ritualmente altra memoria;

- "da informazioni assunte presso il competente ufficio PCT, il mancato deposito è da ascriversi da erroneità nell'indicazione del ruolo della causa";

Il Tribunale afferma che il deposito "è stato rifiutato a causa di un'anomalia non risolvibile, di guisa che non vi sono elementi per ritenere che tale rifiuto, e con esso la conseguente decadenza, siano riconducibili a cause estranee alla ricorrente (che peraltro ha dichiarato che il rifiuto sarebbe da addebitare ad un errore nell'indicazione del numero del ruolo generale della causa, dunque imputabile alla ricorrente medesima)" e pertanto non ritiene sussistenti i requisiti richiesti dall'art. 153 c. 2 c.p.c. per la remissione in termini.

Non c'è dubbio che nell'era del processo civile telematico non è ammissibile che possa andare a danno della parte il ritardo della cancelleria nella lavorazione del deposito: nella fattispecie, a quanto pare, il deposito è stato eseguito tre giorni prima della scadenza del termine e il rifiuto dell'atto è avvenuto dopo 5 giorni dal deposito: se la cancelleria avesse, correttamente e doverosamente, esaminato l'atto pervenuto – non dico il giorno stesso o il giorno dopo, ma anche – nel giro di due giorni dal deposito, il procuratore avrebbe potuto tranquillamente procedere a nuovo deposito tempestivo, senza incorrere nella preclusione di cui all'art. 183 c. 6 c.p.c..

Diverso sarebbe stato se il deposito fosse stato – imprudentemente – eseguito l'ultimo giorno utile e dunque non vi fosse stato il tempo materiale per la cancelleria di segnalare l'anomalia rilevata.

Forse il procuratore avrebbe potuto procedere comunque a depositare nuovamente la memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c., anche se fuori termine, in modo da rendere immediatamente e inequivocamente comprensibile che il mancato rispetto del termine era dipeso da mero disguido.

Poco chiaro, inoltre, appare il reale motivo del rifiuto dell'atto.

Nel provvedimento si parla genericamente di "anomalia non risolvibile", mentre il procuratore afferma che il rifiuto sarebbe dovuto ad un'errata indicazione del numero di ruolo generale della causa.

Com'è noto, per permettere il corretto funzionamento del sistema PCT, gli atti devono necessariamente rispettare le specifiche tecniche di cui all'art. 12 del Provvedimento del Ministro della Giustizia del 16 aprile 2014 (contenente le Specifiche tecniche previste dall'articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, a sua volta richiamato dall'art. 16-bis d.l. 179/2012, che prevede che il deposito dei provvedimenti, degli atti di parte e dei documenti ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici).

L'art. 12 lett. e) del suddetto Provvedimento prescrive che l'atto dev'essere "corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo", tra cui, evidentemente il numero di ruolo generale.

La norma, evidentemente, risponde all'esistenza di permettere al sistema informatico di collocare correttamente l'atto proveniente dall'esterno nell'unico, tra i milioni di fascicoli pendenti nei vari Uffici Giudiziari italiani, nella cartella corrispondente al procedimento cui l'atto si riferisce, con la conseguenza che un errore in uno dei dati comporta quasi inevitabilmente la perdita definitiva dell'atto che non potrebbe essere più correttamente indirizzato nel fascicolo di pertinenza.

Per facilitare l'operazione di creazione del file XML (e garantire che lo stesso sia privo di errori), esistono numerosi redattori di atti ("Consolle Avvocato" e simili) rivolti ai soggetti abilitati esterni. L'utilizzo di tali software permette ai soggetti che intendono depositare telematicamente di redigere gli atti facilmente e velocemente.

Appare, quindi, assai difficile comprendere come sia stato possibile commettere un errore clamoroso come quello di indicare un numero di Ruolo Generale errato (com'è noto, il numero di Ruolo Generale è l'identificativo principe della causa).

Ritengo, pertanto, che sarebbe stato necessario (e comunque del tutto opportuno), prima di respingere l'istanza di remissione in termini, effettuare approfondite ricerche in cancelleria (e, in caso di infruttuosità, anche presso il locale CISIA, l'articolazione territoriale della Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia) al fine di accertare con sicurezza il reale motivo per cui l'atto era stato rifiutato.

E' pur vero, infatti, che spetta all'istante dimostrare la sussistenza dei requisiti per ottenere la remissione in termini (e l'aver inserito il numero di Ruolo Generale errato non può certo essere ritenuto un errore non imputabile al procuratore istante), ma è anche vero che, se non è certo (come – a quanto pare – è avvenuto nel caso in commento) che "l'anomalia non risolvibile" sia effettivamente dovuta all'errore del numero di ruolo, un approfondimento della questione sarebbe stato doveroso, tenuto conto del grave danno processuale che la parte ha subito.

Probabilmente, sufficiente ad evitare questo genere di disguidi (perché di mero disguido sembra che si sia trattato) sarebbe la più volte auspicata eliminazione del procedimento di accettazione da parte del cancelliere, con l'introduzione di sistemi automatici di vaglio della correttezza formale degli atti, che giungerebbero al depositante esterno praticamente in tempo reale.

13/10/2014
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