Dl 132/2014, il parere approvato dal plenum del Csm
Pubblichiamo un provvedimento nel quale viene respinta una richiesta di archiviazione del procedimento formulata sul presupposto che il rischio-prescrizione impedisca di formulare una "ragionevole previsione di condanna"
La c.d. riforma Cartabia ha apportato significative modifiche al procedimento per i reati “a citazione diretta”. L’instaurazione del procedimento con decreto di giudizio immediato promette un’accelerazione procedimentale; tuttavia, il silenzio del legislatore in ordine all’individuazione del giudice competente ad emettere il decreto di giudizio immediato ha determinato incertezze interpretative, da poco risolte da una prima decisione della Cassazione, qui commentata.
Malgrado i ripetuti interventi chiarificatori della Corte Costituzionale circa la riconducibilità del diritto alla libera manifestazione del pensiero e, soprattutto, della libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, rispettivamente tutelati dagli articoli 21 e 15 della Costituzione, alla categoria dei diritti inviolabili previsti dall'art.2 della stessa, appaiono sempre più frequenti ed invasivi i casi in cui il vaglio del tenore letterale e logico degli scambi comunicativi privati, comunque acquisiti in sede penale, diviene parametro di determinante giudizio nell'ambito di procedimenti amministrativi relativi all'assegnazione o alla conferma di delicate funzioni giurisdizionali. Questa circostanza, oltre a far emergere il problema generale dei limiti della trasmigrazione in ambito amministrativo di materiale proveniente da indagini penali, sembra incoraggiare un atteggiamento di prudente circospezione in ogni comunicazione privata non costituente reato che dovrebbe per definizione costituzionale rimanere libera sia nell'espressione sia nell'utilizzazione in contesti diversi. Resta da vedere se un simile atteggiamento di cautela giovi alla piena esplicazione di libertà fondamentali e se un eventuale difetto di prudenziale avvedutezza possa legittimare l'autorità amministrativa ad invadere con finalità critiche un'area che andrebbe preservata da contaminazioni esterne.
L’entrata in vigore della riforma del sistema penale ha fatto gridare molti operatori alla catastrofe. Ma – posto che non stiamo lasciando alle nostre spalle il migliore dei mondi possibili – è forse il caso di accettare che questa riforma è quella che – alle condizioni date – era possibile realizzare. Il disegno riformatore – pur tra luci e ombre – fa intravedere una qualche possibilità di superamento di alcune delle disfunzioni del sistema penale previgente. Il compito di risolvere le criticità e, soprattutto, di valorizzare gli aspetti positivi della riforma è ora consegnato a operatori ed interpreti; ma non solo: è auspicabile che tutte le istituzioni pubbliche e il mondo del cd. "privato sociale" si sentano coinvolti nell’opera di inclusione sociale che è tra i tratti più caratterizzanti della riforma.
Per descrivere lo stato dell’arte dei lavori legislativi sulla giustizia penale è ormai d’obbligo attingere alle metafore “stanche” che designano un eterno lavorio, il rifacimento dell’appena fatto, la riscrittura del già deciso: la Fabbrica di San Pietro, la tela di Penelope, la fatica di Sisifo et similia. Mentre ci si accinge ad abrogare totalmente il reato di abuso d’ufficio, ignorando le argomentate critiche di larga parte della dottrina penalistica e dei magistrati impegnati sul campo, si propone anche di rimettere mano alla tormentata disciplina della prescrizione, già oggetto di tre interventi riformatori succedutisi nell’arco di pochi anni. L’auspicio di quanti operano nel mondo della giustizia è che la normativa in tema di prescrizione, per la straordinaria rilevanza degli interessi in gioco, cessi di essere terreno di uno scontro pregiudiziale delle forze politiche e divenga oggetto di una soluzione largamente condivisa e perciò destinata – finalmente – a durare nel tempo.
Pubblichiamo il testo dell’intervento svolto nell’incontro finale organizzato dal CSM nell’ambito dei lavori preparatori per la nuova circolare sull’organizzazione degli uffici requirenti, Roma, 14 luglio 2023.
Le deliberazioni del Csm, pur formalmente connotate da un alto grado di discrezionalità di natura tecnica, costituiscono espressione di attività di alta amministrazione e, come tali, ospitano in grado elevato valutazioni in senso ampio politiche. Ad esse concorrono tutti i Consiglieri. Sebbene nessuna norma lo precluda, di norma e programmaticamente il Vice Presidente non prende parte alle votazioni in materie rientranti nella amministrazione corrente. Proprio per il carattere consolidato di questa prassi, che costituisce una sorta di autolimitazione, in genere preannunciata dallo stesso Vicepresidente all'inizio della carica, e per gli importanti riflessi che ne derivano sul piano dell'assetto consiliare è utile la ricerca delle rigorose e previamente conoscibili ragioni e delle condizioni che concorrono a determinarla e, soprattutto, di quelle che ne possano consentire o suggerire una deroga.