Magistratura democratica

Le tabelle degli uffici giudiziari giudicanti e i programmi di gestione nel “progetto Cartabia”. L’occasione di un cambiamento

di Francesco Vigorito

Il disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario contiene alcune disposizioni che riguardano le tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari. Si tratta di un intervento che, in larga parte, riprende indicazioni venute dalle circolari del Csm e dal dibattito di questi anni. La nuova normativa può essere, tuttavia, l’occasione per una complessiva rivisitazione del sistema tabellare e, più in generale, degli strumenti di organizzazione degli uffici (programmi di gestione, progetti previsti dall’art. 12, comma 3, dl 9 giugno 2021, n. 80) allo scopo di evitare duplicazioni e sovrapposizioni e delineare un modello di organizzazione più semplice e flessibile che utilizzi al meglio le opportunità offerte dalle nuove tecnologie.

1. Premessa / 2. L’evoluzione della materia “tabellare”/ 3. Le disposizioni di immediata applicazione / 4. Le principali direttive della legge delega in materia tabellare / 5. La modifica della disciplina sui programmi di gestione / 6. L’introduzione dei progetti organizzativi previsti dall’art. 12, comma 3 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 / 7. Una nuova idea degli strumenti organizzativi

 

1. Premessa

La delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui alla legge 17 giugno 2022, n. 71 contiene alcune disposizioni che riguardano le tabelle di organizzazione degli uffici, previste dagli articoli 7-bis e 7-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e i programmi di gestione, previsti dall’articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

L’art. 1, comma 1, lett. a della legge delega, nell’elencare i settori di intervento, prevede anche la riforma del procedimento di approvazione delle tabelle organizzative degli uffici giudicanti; l’art. 2, comma 2, definisce i criteri a cui dovranno attenersi i decreti delegati: 

«Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina della formazione e approvazione delle tabelle di organizzazione degli uffici previste dagli articoli 7-bis e 7-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che il presidente della corte d’appello trasmetta le proposte tabellari corredate da documenti organizzativi generali, concernenti l’organizzazione delle risorse e la programmazione degli obiettivi di buon funzionamento degli uffici, anche sulla base dell’accertamento dei risultati conseguiti nel quadriennio precedente; stabilire che tali documenti siano elaborati dai dirigenti degli uffici giudicanti, sentito il dirigente dell’ufficio requirente corrispondente e il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati; prevedere che i suddetti documenti possano essere modificati nel corso del quadriennio anche tenuto conto dei piani di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, e dei programmi di cui all’articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; 

b) prevedere che i documenti organizzativi generali degli uffici, le tabelle e i progetti organizzativi siano elaborati secondo modelli standard stabiliti con deliberazione del Consiglio superiore della magistratura e trasmessi in via telematica; prevedere altresì che i pareri dei consigli giudiziari siano redatti secondo modelli standard, contenenti i soli dati concernenti le criticità, stabiliti con delibera del Consiglio superiore della magistratura;

c) semplificare le procedure di approvazione delle tabelle di organizzazione degli uffici previste dall’articolo 7-bis dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e dei progetti organizzativi dell’ufficio del pubblico ministero, prevedendo che le proposte delle tabelle di organizzazione degli uffici e dei progetti organizzativi dell’ufficio del pubblico ministero e delle relative modifiche si intendano approvate, ove il Consiglio superiore della magistratura non si esprima in senso contrario entro un termine stabilito in base alla data di invio del parere del consiglio giudiziario, salvo che siano state presentate osservazioni dai magistrati dell’ufficio o che il parere del consiglio giudiziario sia a maggioranza».

A fianco delle norme destinate a definire il contenuto dei decreti delegati, ve ne sono altre di immediata applicazione. Gli artt. 8 e 14 del ddl contengono norme che hanno comportato, dalla data di entrata in vigore della legge, modifiche della disciplina delle tabelle e dei programmi di gestione[1]

L’art. 8 modifica l’art. 7-bis rd 30 gennaio 1941, n. 12, prevedendo un allungamento a quattro anni del periodo di efficacia delle tabelle, e aggiunge all’art. 7-ter un comma 2-bis che formalizza il principio, per la verità già insito nel sistema, per cui «Il dirigente dell’ufficio deve verificare che la distribuzione dei ruoli e dei carichi di lavoro garantisca obiettivi di funzionalità e di efficienza dell’ufficio e assicuri costantemente l’equità tra tutti i magistrati dell’ufficio, delle sezioni e dei collegi».

L’art. 14 prevede, infine, rilevanti modifiche alla disciplina dei programmi di gestione, stabilendo:

«1. All’articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera b), le parole: “tenuto conto dei carichi esigibili di lavoro dei magistrati individuati dai competenti organi di autogoverno” sono sostituite dalle seguenti: “con l’indicazione per ciascuna sezione ovvero, in assenza, per ciascun magistrato, dei risultati attesi sulla base dell’accertamento dei dati relativi al quadriennio precedente e di quanto indicato nel piano di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240 e, comunque, nei limiti dei carichi esigibili di lavoro individuati dai competenti organi di autogoverno, nonché”; 

a-bis) al comma 2, dopo le parole: “degli obiettivi fissati per l’anno precedente” sono aggiunte le seguenti: “anche in considerazione del piano di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240”;

b) dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:

“5-bis. Il capo dell’ufficio, al verificarsi di gravi e reiterati ritardi da parte di uno o più magistrati dell’ufficio, ne accerta le cause e adotta ogni iniziativa idonea a consentirne l’eliminazione, con la predisposizione di piani mirati di smaltimento, anche prevedendo, ove necessario, la sospensione totale o parziale delle assegnazioni e la redistribuzione dei ruoli e dei carichi di lavoro. La concreta funzionalità del piano è sottoposta a verifica ogni tre mesi. Il piano mirato di smaltimento, anche quando non comporta modifiche tabellari, nonché la documentazione relativa all’esito delle verifiche periodiche sono trasmessi al consiglio giudiziario o, nel caso riguardi magistrati in servizio presso la Corte di cassazione, al relativo Consiglio direttivo, i quali possono indicare interventi diversi da quelli adottati.

5-ter. Il capo dell’ufficio, al verificarsi di un aumento delle pendenze dell’ufficio o di una sezione in misura superiore al 10 per cento rispetto all’anno precedente e comunque a fronte di andamenti anomali, ne accerta le cause e adotta ogni intervento idoneo a consentire l’eliminazione delle eventuali carenze organizzative. La concreta funzionalità degli interventi è sottoposta a verifica ogni sei mesi. Gli interventi adottati, anche quando non comportano modifiche tabellari, nonché la documentazione relativa alle verifiche periodiche sono trasmessi al consiglio giudiziario o, nel caso riguardino sezioni della Corte di cassazione, al relativo Consiglio direttivo, i quali possono indicare interventi o soluzioni organizzative diversi da quelli adottati.

5-quater. Il presidente di sezione segnala immediatamente al capo dell’ufficio:

a) la presenza di gravi e reiterati ritardi da parte di uno o più magistrati della sezione, indicandone le cause e trasmettendo la segnalazione al magistrato interessato, il quale deve parimenti indicarne le cause;

b) il verificarsi di un rilevante aumento delle pendenze della sezione, indicandone le cause e trasmettendo la segnalazione a tutti i magistrati della sezione, i quali possono parimenti indicarne le cause”;

c) la segnalazione dei ritardi può essere effettuata anche dagli avvocati difensori delle parti. 

2. In sede di prima applicazione della presente legge, per il settore penale, il programma di cui all’articolo 37, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dal presente articolo, è adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e sono indicati gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili entro il 31 dicembre dell’anno successivo, anche in assenza della determinazione dei carichi di lavoro».

 

2. L’evoluzione della materia “tabellare”

Per quanto concerne la materia tabellare, le proposte di riforma si pongono sostanzialmente in linea di continuità con la lunga e complessa evoluzione che, sulla base dell’art. 105 Cost., aveva portato al formale e definitivo riconoscimento dell’esclusiva appartenenza al Consiglio superiore della magistratura del potere di formazione delle tabelle degli uffici e della disciplina pressoché integrale del relativo procedimento[2]

Già la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2005-2006, che aveva inciso per molteplici aspetti, in modo diretto o indiretto, anche sul sistema tabellare[3], non ne aveva alterato i caratteri essenziali, salvo per la parte relativa alle procure della Repubblica, che il d.lgs n. 106/2006 intese caratterizzare nuovamente con un’impronta in senso gerarchico[4] e rispetto alle quali l’abrogazione dell’art. 7-ter, terzo comma, o.g., attuata con l’art. 7 d.lgs n. 106/2006, aveva fatto venir meno l’esplicita attribuzione al Csm del potere di determinare criteri generali di organizzazione dei relativi uffici, salva la previsione che i progetti organizzativi, ivi compresi quelli regolanti l’assegnazione dei procedimenti, fossero comunicati al Consiglio. 

Si richiamano, in proposito, gli specifici contributi dedicati al tema, contenuti in questo fascicolo. 

Le funzioni del Csm in materia tabellare, che hanno avuto le prime, significative esplicazioni con la circolare n. 81/1969, la circolare 7 ottobre 1977, n. 5520 e la successiva integrazione del 13 febbraio 1979, si sono venute sviluppando nel corso degli anni successivi – anche in conseguenza delle modifiche intervenute sul piano legislativo e per le esigenze di adeguamento determinate dai crescenti compiti della giurisdizione – per il tramite di una molteplicità di fonti regolamentari interne (circolari, risoluzioni, risposte a quesiti e altro), sino a comporre un vero e proprio sistema articolato e complesso, basato nella sua evoluzione sul principio che l’organizzazione del lavoro giudiziario deve ispirarsi all’esigenza, comune a ogni ramo della pubblica amministrazione, di garantire il buon funzionamento e l’imparzialità del servizio e, insieme, a quella di assicurare che lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali avvenga al riparo da ogni condizionamento, esterno o interno alla magistratura. Il procedimento di formazione tabellare, che ha fatto da traino (qui come in altri settori dell’ordinamento giudiziario) allo stesso legislatore, il quale per lo più si è limitato a ratificare con esplicite disposizioni normative ciò che era stato già anticipato nell’esperienza concreta del governo autonomo, si è progressivamente trasformato – grazie anche all’apporto dei consigli giudiziari, alle osservazioni dei magistrati e agli incontri di formazione professionale – da semplice mezzo di controllo in ordine al rispetto delle regole tabellari a strumento concorrente alla razionalità e adeguatezza delle proposte organizzative, con altresì un parallelo passaggio da una funzione di verifica ex post della regolarità del procedimento a metodo di formazione anticipata del consenso relativamente alle scelte inerenti all’organizzazione degli uffici giudiziari, da effettuare con la partecipazione delle diverse competenze e dei diversi soggetti interessati, tra cui l’avvocatura.

Il sistema tabellare, in sostanza, è lo strumento per rispondere nel modo più razionale ed efficace possibile alla domanda di giustizia presente o prevedibile in ciascuna realtà territoriale e nel corso degli anni – parallelamente al recupero della centralità della questione organizzativa, cui ha dato impulso anche l’apporto di studiosi di scienze dell’organizzazione – si è venuta sempre più precisando l’idea per cui le proposte tabellari debbono costituire un vero e proprio progetto organizzativo funzionale a questo obiettivo, che i dirigenti degli uffici giudiziari hanno il dovere di perseguire in modo da coniugare il principio del giudice naturale con la funzionalità del servizio. Questa concezione è venuta maturando nel contesto di una più generale riflessione circa l’importanza strategica di una svolta sul piano organizzativo, che nella realtà di molti uffici ha visto diffondersi il fermento degli osservatorii sulla giustizia civile e ha portato, già nel 2007, all’elaborazione del ddl sull’ufficio per il processo, in cui è raccolto in gran parte l’esito di questi fermenti e di un dibattito maturato in alcuni ambiti associativi; e ha trovato specifiche enunciazioni nell’esperienza del Csm, che, a partire dalla circolare relativa all’organizzazione degli uffici giudiziari per il biennio 2002-2003, fece esplicito richiamo, tra l’altro, al principio della ragionevole durata del processo formalmente enunciato dall’art. 111, comma 2 della Costituzione, inserito dalla l. cost. 23 novembre 1999, n. 2; con la circolare relativa al biennio 2006-2007, introdusse presso ogni distretto di corte d’appello la «Commissione per l’analisi dei flussi e delle pendenze», più comunemente denominata “Commissione Flussi”, e con delibera del 23 luglio 2008 la «Struttura Tecnica per l’Organizzazione» (STO) e, con delibera del 2 maggio 2012, disciplinò i «Programmi di gestione» previsti dall’art. 37 dl 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni nella l. n. 111/2011.

Attualmente, la materia è principalmente regolata, per quanto concerne il settore giudicante, dalla circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici per il triennio 2020-2022, deliberata il 23 luglio 2020, che si compone di 271 articoli[5]

Qui pare opportuno sottolineare come, per definizione, le regole tabellari costituiscano un corpus legato a esigenze di continui aggiornamenti, dovendo esse tener conto, tra l’altro, dei mutamenti intervenuti nel quadro normativo. Nella stessa legge delega in esame, ad esempio, alla disposizione con la quale viene confermato che della pianta organica della Cassazione fanno parte sessantasette magistrati destinati all’Ufficio del massimario e del ruolo, si accompagna l’indicazione secondo cui il primo presidente della Corte, «al fine di assicurare la celere definizione dei procedimenti pendenti, tenuto conto delle esigenze dell’ufficio del massimario e del ruolo e secondo i criteri previsti dalle tabelle di organizzazione» possa «applicare la metà dei magistrati addetti all’ufficio del massimario e del ruolo alle sezioni della Corte per lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali di legittimità, purché abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità e abbiano un’anzianità di servizio nel predetto ufficio non inferiore a due anni» (art. 7)[6]. Sotto altro profilo, sempre nella legge delega viene espressamente previsto (art. 3, comma 1, lett. i, n. 1) che la relazione redatta dal magistrato ai fini della valutazione di professionalità contenga anche i dati conoscitivi dell’attività giudiziaria «espletata con finalità di mediazione e conciliazione», in linea con quanto previsto dall’art. 1, comma 4, lett. o della legge delega n. 206/2021, con riguardo alla mediazione demandata, costituente un elemento fondamentale nel raccordo tra processo e strumenti complementari della giurisdizione. 

 

3. Le disposizioni di immediata applicazione

Per effetto delle norme di cui all’art. 8, comma 1, lett. a, e all’art. 28 della legge, il periodo di efficacia delle tabelle è stato elevato da tre a quattro anni, conformemente a quanto previsto dall’art. 13, comma 7, per i progetti organizzativi delle procure.

Si tratta di una scelta condivisibile, poiché il periodo triennale precedentemente previsto era oggettivamente insufficiente per consentire la realizzazione degli obiettivi indicati nel progetto organizzativo degli uffici ed era distonico anche con il periodo minimo di permanenza dei presidenti dei tribunali e delle sezioni nelle loro funzioni.

L’art. 8 della legge delega, che aggiunge all’art. 7-ter rd 30 gennaio 1941, n. 12 il comma 2-bis, formalizza il principio, per la verità – come osservato – già insito nel sistema, per cui «Il dirigente dell’ufficio deve verificare che la distribuzione dei ruoli e dei carichi di lavoro garantisca obiettivi di funzionalità e di efficienza dell’ufficio e assicuri costantemente l’equità tra tutti i magistrati dell’ufficio, delle sezioni e dei collegi».

È una previsione che può considerarsi sostanzialmente superflua, poiché afferma principi che sono il presupposto della predisposizione di qualsiasi modello organizzativo degli uffici giudiziari (e non solo di questi), considerato che non possono immaginarsi organizzazioni che non perseguono obiettivi di funzionalità o di efficienza, o che siano predisposte con un sistema iniquo di assegnazione degli affari e di distribuzione dei carichi di lavoro. 

 

4. Le principali direttive della legge delega in materia tabellare

A) Il procedimento di formazione delle tabelle degli uffici giudicanti.

L’art. 2, comma 2 della legge delega indica, poi, i criteri a cui dovranno attenersi i decreti delegati nel disciplinare il procedimento di formazione e approvazione delle tabelle.

La disposizione prevede una disciplina molto più specifica di quella contenuta nell’attuale formulazione degli artt. 7-bis e 7-ter rd 30 gennaio 1941, n. 12, e riporta nella normazione primaria alcuni aspetti del procedimento attualmente previsto dalle circolari consiliari.

In particolare, la lett. a del comma 2 stabilisce che:

1) le proposte tabellari trasmesse dal presidente della corte d’appello siano «corredate» da documenti organizzativi generali (elaborati dai dirigenti dell’ufficio) concernenti l’organizzazione delle risorse e la programmazione degli obiettivi di buon funzionamento degli uffici[7]

2) nella organizzazione delle risorse e nella programmazione degli obiettivi si ci basi sull’accertamento dei risultati conseguiti nel quadriennio precedente[8]

3) la predisposizione dei documenti sia preceduta dalla consultazione con il dirigente dell’ufficio requirente corrispondente e con il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati[9]

 

B) La modifica delle tabelle e dei documenti organizzativi.

Come già disposto dall’art. 7-bis rd 30 gennaio 1941, n. 12, l’art. 2, comma 1 della delega prevede che le tabelle e i documenti organizzativi possano essere modificati nel corso del quadriennio.

Si tratta di una previsione indispensabile per consentire l’adeguamento delle tabelle alle situazioni che si verificano negli uffici e che richiedono interventi tempestivi e immediati.

Sotto questo profilo, è peraltro discutibile la previsione, contenuta nella circolare sulle tabelle 2020-2022 del Csm, che consente di adottare provvedimenti di modifica tabellare immediatamente esecutivi solo «in casi eccezionali (…) con esclusivo riguardo alla assegnazione dei magistrati ai settori, alle sezioni o alla posizione tabellare», poiché le esigenze di riorganizzare urgentemente il lavoro giudiziario si pongono in una varietà di casi molto più ampia dell’unica individuata nell’art. 39 della circolare[10]

Piuttosto che limitare in modo assoluto le scelte di modifica tabellare, prevedendo che «la dichiarazione di esecutività dei provvedimenti di modifica tabellare al di fuori delle ipotesi previste dalla presente circolare [sia] valutata ai fini della conferma del dirigente o del conferimento di ulteriori incarichi», risponderebbe a un’esigenza di efficienza l’opzione di consentire in maniera più ampia le modifiche urgenti valutando negativamente i casi in cui le modifiche risultino ingiustificate o erronee. 

La legge delega non contiene, al riguardo, una disciplina puntuale e si limita a precisare che le tabelle e i documenti organizzativi possano essere modificati al fine di adeguarli ai programmi annuali di cui all’art. 4 d.lgs 25 luglio 2006, n. 240, e ai programmi di gestione di cui all’art. 37 dl 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla l. 15 luglio 2011, n. 111.

Nel parere reso dal Csm in data 22 marzo 2022, si esprime una perplessità sul riferimento, tra le circostanze che possono portare a una modifica delle tabelle e dei documenti organizzativi, al programma delle attività annuali di cui all’art. 4 d.lgs 25 luglio 2006, n. 240, «trattandosi di un programma destinato alla gestione delle risorse dell’ufficio e, quindi, legato a variabili estranee all’esercizio della giurisdizione». 

Questo rilievo non sembra condivisibile, poiché le risorse dell’ufficio relative al personale amministrativo, soprattutto in una fase (che si spera in via di superamento) di gravi vuoti nell’organico del personale, finiscono per incidere sulle modalità di esercizio della giurisdizione e, in particolare, sulle scelte che attengono a obiettivi e priorità, e i cambiamenti della situazione di fatto che riguardano la disponibilità del personale possono rendere necessarie modifiche anche nella organizzazione dell’attività giurisdizionale e, quindi, nel modello disegnato con le tabelle.

 

C) Il problema della effettività del controllo sulle regole tabellari.

Uno dei problemi più rilevanti per ciò che concerne l’organizzazione degli uffici giudiziari è quello relativo all’effettività delle regole tabellari. Di ciò ha mostrato di essere consapevole lo stesso Consiglio superiore, che già nella delibera generale e programmatica del 25 luglio 2007 aveva messo in evidenza la progressiva formazione di uno iato tra realtà effettiva degli uffici (l’organizzazione concreta e operativa) e realtà “virtuale” sottoposta al controllo tabellare, sottolineando come il dilatarsi dei tempi di esame delle proposte e delle variazioni avesse fatto sì che il controllo del Consiglio finisse con il concentrarsi su un assetto dell’organizzazione spesso non più attuale, in quanto superato da una molteplicità di modifiche, provvisorie o anche definitive, nel frattempo intervenute, o come, in altri casi, la dilatazione dei tempi avesse indotto alcuni dirigenti a non adottare variazioni (salvo procedere in via di fatto, suscitando anche contenziosi all’interno degli uffici) nonostante l’insorgere di situazioni che avrebbero richiesto tempestivi interventi. I rimedi adottati per superare tali inconvenienti, come ad esempio l’introduzione della procedura semplificata per le proposte costituenti riproduzione di quelle che avessero conseguito l’integrale approvazione del Consiglio, o la distinzione introdotta, all’interno delle circolari sulla tabelle, tra documento organizzativo generale (contenente il programma vero e proprio, destinato ad acquistare il valore di unico atto sottoposto all’intera procedura tabellare) e la concreta organizzazione dell’ufficio, costituente materiale attuazione e rappresentazione del primo, hanno indubbiamente contribuito a migliorare il funzionamento del sistema, ma non hanno ancora risolto in forma soddisfacente il problema della tempestività dei controlli. 

Un sistema tabellare caratterizzato da ampi margini di ineffettività dei controlli rischia di non consentire la realizzazione degli obiettivi, in termini di efficacia della proposta organizzativa, anche con riguardo al principio del giudice naturale[11]

Restituire effettività al sistema dei controlli significa recuperare chiarezza in ordine ai fini e, prima ancora, in ordine all’oggetto stesso dei controlli. 

La legge delega si pone questo problema e individua due strumenti per rendere più efficace il procedimento: uno di semplificazione redazionale delle tabelle, con la previsione che i documenti organizzativi generali degli uffici, le tabelle e i progetti organizzativi siano elaborati secondo modelli standard stabiliti con delibera del Csm e trasmessi in via telematica e che i pareri dei consigli giudiziari siano redatti secondo modelli standard, contenenti i soli dati concernenti le criticità, stabiliti con delibera del Csm (art. 2, comma 2, lett. b della legge delega); l’altro, di semplificazione della deliberazione consiliare, con la previsione di una sorta di silenzio-assenso del Consiglio superiore per cui le previsioni tabellari si intendono approvate, ove il Consiglio stesso non si esprima in senso contrario entro un termine stabilito in base alla data di invio del parere del consiglio giudiziario, salvo che siano state presentate osservazioni dai magistrati dell’ufficio o che il parere del consiglio giudiziario sia a maggioranza (art. 2, comma 2, lett. c della legge delega).

La prima di tali previsioni appare senza dubbio condivisibile perché risponde a un’esigenza di accelerazione e semplificazione del procedimento attraverso la standardizzazione degli atti e dei pareri, in linea peraltro con scelte adottate negli ultimi anni dal Consiglio (non sempre accompagnate, occorre segnalare, da soluzioni efficaci dal punto di vista tecnologico, anche a causa della scarsa efficienza del sistema informatico consiliare CSMAPP, dalla struttura “barocca” e dal funzionamento complesso e poco intuitivo[12]). L’auspicio è che tale previsione normativa consenta un reale salto di qualità nella modernizzazione del sistema.

In via interpretativa, occorre tuttavia evitare che la valutazione dei consigli giudiziari tenuti a redigere i pareri dei consigli giudiziari secondo modelli standard, «contenenti i soli dati concernenti le criticità» comportino una limitazione dell’oggetto della valutazione ad alcuni profili delle previsioni tabellari poiché, al contrario, sono proprio i consigli giudiziari per la loro maggiore “prossimità” all’ufficio ad avere a disposizione maggiori elementi di valutazione[13].

Sarebbe quindi auspicabile un’interpretazione ampia del concetto di «dati concernenti le criticità», che porti a escluderne l’esistenza sulla base di un esame critico e approfondito delle scelte organizzative adottate dall’ufficio, valutandone anche la capacità di farne crescere qualitativamente il rendimento. Bisogna, in sostanza, evitare che i consigli giudiziari si limitino ad attestare che “non c’è nulla da segnalare”.

Riguardo alla previsione di questa sorta di “silenzio-assenso” da parte del Consiglio superiore occorre, invece, segnalare il rischio che la risposta all’esigenza di accelerazione e semplificazione nelle procedure di formazione tabellare possa tradursi in una potenziale compressione delle funzioni di controllo demandate al Csm (compressione che si sarebbe realizzata certamente con l’originaria formulazione del disegno di legge delega, il quale prevedeva che le proposte tabellari degli uffici giudicanti e quelle relative ai progetti organizzativi delle procure dovessero intendersi approvate qualora avessero ricevuto un parere favorevole unanime del consiglio giudiziario con, oltretutto, un potenziale vulnus a quell’esigenza di unitarietà dei principi organizzativi cui è preordinato il potere regolamentare del Csm nella materia in esame[14]), ma che resta anche nella nuova formulazione, considerato come i tempi normalmente lunghi che occorrono al Consiglio per procedere all’esame dei provvedimenti tabellari potrebbe portare, nella maggior parte dei casi, a un’approvazione definitiva senza che, di fatto, vi sia stata la possibilità di svolgere la funzione di controllo[15]

 

D) La logica partecipativa ed il principio di responsabilizzazione diffusa.

È, invece, certamente apprezzabile la conferma, contenuta nei principi della legge delega, dell’importanza del metodo partecipativo nella formazione delle tabelle, ormai acquisito nell’esperienza del governo autonomo, e della gestione collegiale delle funzioni direttive – di cui è parte essenziale un appropriato sistema di deleghe volto non solo ad agevolare e ad assicurare effettività allo svolgimento delle funzioni direttive, ma insieme a coinvolgere in un’opera di diffusa responsabilizzazione i molteplici attori che, a vario titolo, concorrono all’esercizio della giurisdizione.

Si tratta di fattori fondamentali di razionalità ed efficienza organizzativa, ed elementi strutturali del modello di gestione vigente in diversi uffici giudiziari, puntualmente utilizzati non soltanto con riferimento alla formulazione delle periodiche proposte di organizzazione e delle successive variazioni tabellari, ma anche in occasione di ogni modifica destinata a incidere significativamente sull’assetto e sui compiti dell’ufficio, come ad esempio ai fini dell’elaborazione del «programma di gestione dei procedimenti civili e penali» ex art. 37 dl 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni nella l. n. 111/2011. 

Il metodo partecipativo, cui il Csm ha avuto modo di far riferimento sin dalle prime circolari in materia[16], si è venuto affermando con sempre maggiore chiarezza e precisione nei successivi atti consiliari. 

La consapevolezza del rilievo cruciale rivestito da questo metodo è alla base delle direttive con le quali – allo scopo di favorire una diffusa responsabilizzazione dei dirigenti e dei magistrati nei compiti e nei problemi organizzativi degli uffici –: da un lato, è previsto che la reiterata mancata approvazione da parte del Csm dei provvedimenti organizzativi adottati nell’esercizio delle funzioni direttive possa porsi come causa ostativa alla conferma nell’incarico, che in ogni caso essa costituisca oggetto di valutazione in sede di eventuale partecipazione a ulteriori concorsi per il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi e che la capacità di dare piena e compiuta attuazione alle indicazioni contenute nel progetto organizzativo sia valutata ai fini di quanto previsto dall’art. 12, commi 10 e 11, d.lgs n. 160/2006, nonché ai fini della conferma nell’incarico direttivo (art. 2, comma 1, lett. l e m); dall’altro, vengono previste specifiche fattispecie disciplinari correlate al dovere dei magistrati di collaborare nell’attuazione delle misure predisposte per eliminare i ritardi nel deposito dei propri provvedimenti, alla reiterazione delle condotte che hanno determinato l’adozione di quelle misure e al dovere di collaborare nell’attuazione dei programmi di gestione[17], nonché all’omesso adempimento dei compiti di controllo e vigilanza e di informazione spettanti ai magistrati investiti di funzioni direttive o semidirettive (art. 11 della legge delega)[18].

Questo metodo trova conferma nella previsione della partecipazione degli avvocati e del procuratore della Repubblica ai procedimenti di formazione delle tabelle organizzative degli uffici, già prevista nelle circolari del Csm[19] e, poi, nella riforma dell’o.g. di cui al d.lgs n. 25/2006, come modificato dall’art. 4 l. n. 111/2007[20], ed è coerente con l’ampia possibilità di interlocuzione tra magistrati, dirigenti amministrativi e avvocatura prevista con riferimento a vari aspetti dell’organizzazione giudiziaria.

 

5. La modifica della disciplina sui programmi di gestione

L’art. 37 dl n. 98/2011, convertito nella l. n. 111/2011, ha introdotto le «disposizioni per l’efficienza del sistema Giudiziario e la celere definizione delle controversie» e prevede, al primo comma, che i dirigenti degli uffici giudiziari redigano annualmente un programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti. 

La disposizione assegnava al Csm il compito di individuare i «carichi esigibili di lavoro» dei quali i capi degli uffici dovevano tener conto per la redazione del programma per la gestione dei procedimenti civili.

La scelta del Consiglio, fin dalla prima circolare emanata in materia[21], fu quella di non fissare «parametri unitari a livello nazionale ma di determinare un percorso metodologico e dei parametri generali ai quali i dirigenti degli uffici devono attenersi nell’individuazione dei “carichi esigibili” da porre a base dei programmi di gestione; ciò allo scopo di fornire ai dirigenti uno strumento idoneo alla predisposizione di progetti omogenei che consentano di realizzare le finalità indicate dalla legge»[22].

Gli obiettivi da perseguire con i programmi di gestione sono stati: la «riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili nell’anno in corso»; il «rendimento dell’ufficio» rapportato ai «carichi esigibili di lavoro dei magistrati», l’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti individuato dal dirigente dell’ufficio sulla base di criteri oggettivi e omogenei, tenendo conto della «durata» complessiva (quindi, anche di eventuali gradi di giudizio precedenti), «nonché della natura e del valore della causa».

La logica adottata dal Consiglio superiore nel coordinamento tra i programmi di gestione e le tabelle degli uffici è stata quella di immaginare una
“programmazione quadro” triennale, vale a dire contenuta nel DOG, rispetto alla quale i programmi di gestione costituivano un’occasione di verifica annuale.

La legge delega n. 71/2022, all’art. 14, comma 1, lett. a, ha introdotto una serie di modifiche al testo dell’art. 37, prevedendo che gli obiettivi di rendimento dell’ufficio non devono più essere individuati solo «tenuto conto dei carichi esigibili di lavoro dei magistrati», ma «con l’indicazione per ciascuna sezione ovvero, in assenza, per ciascun magistrato, dei risultati attesi sulla base dell’accertamento dei dati relativi al quadriennio precedente e di quanto indicato nel piano di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240 e, comunque, nei limiti dei carichi esigibili di lavoro individuati dai competenti organi di autogoverno».

Deve rilevarsi che, già negli scorsi anni, gli obiettivi di rendimento venivano individuati necessariamente per sezioni o settori di materie, non potendosi definire obiettivi univoci per materie differenziate che presentano caratteristiche di rendimento completamente differenti. Sotto questo profilo, la nuova disposizione si limita a prevedere con normazione primaria quello che già accadeva. 

La disposizione appare, tuttavia, discutibile nella sua formulazione, sia perché rischia di spostare gli obiettivi di rendimento sul singolo magistrato e non sull’andamento complessivo dell’ufficio[23], anche se l’indicazione dei risultati attesi «per ciascun magistrato» riguarda solo gli uffici non divisi in sezioni[24], dove, inevitabilmente, il «risultato atteso» non può riguardare l’intero ufficio, data la molteplicità di attività che vi si svolgono, sia perché essa è sostanzialmente immaginata per gli uffici di grandi dimensioni, articolati per sezioni, che nella gran parte dei casi prevedono l’attribuzione di specifiche materie. Più correttamente, si sarebbe potuta prevedere la predisposizione degli obiettivi di rendimento anche per settori omogenei interni a ciascuna sezione (ad esempio: settore lavoro in una sezione civile di un ufficio dove non vi è una specifica sezione lavoro; settore collegiale di una sezione penale dove vi sono processi sia collegiali che monocratici).

Quanto all’indicazione del parametro del quadriennio precedente, lo stesso appare in linea con quanto previsto nelle circolari consiliari, anche se occorrerà precisare in sede di normazione secondaria, in linea con quanto è stato fatto nel primo decennio di applicazione dell’art. 37 dl n. 98/2011, che si tratta di un parametro da interpretare con elasticità in considerazione delle situazioni specifiche e particolari che si possono essere verificate nel quadriennio, così da evitare «pericolosi automatismi nella verifica del rispetto del programma»[25].

Il paradosso di questo sistema, che le circolari del Consiglio superiore avevano, in qualche modo, limitato, è piuttosto che un aumento o una diminuzione di rendimento realizzato in un periodo, magari per situazioni contingenti, finisce per vincolare il rendimento anche dei periodi successivi.

Comunque, in sede di normazione secondaria si dovrà chiarire che la realizzazione degli obiettivi dell’ufficio non è un criterio di valutazione del lavoro del magistrato, ma della funzionalità dell’ufficio e della correttezza del programma predisposto dal dirigente.

L’ultima norma che riguarda i programmi di gestione è l’art. 14, comma 2 della l. n. 71/2022, che prevede, in prima applicazione della legge, per il settore penale, che il programma di cui all’art. 37, comma 1, dl 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dallo stesso art. 14, è adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge e sono indicati gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili entro il 31 dicembre dell’anno successivo, anche in assenza della determinazione dei carichi di lavoro.

Si tratta di una disposizione che sembra superflua, considerando che l’art. 35-bis, comma 1, lett. a, dl 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni con l. 29 dicembre 2021, n. 233, ha già previsto l’obbligatorietà dei programmi di gestione per il settore penale, e il Csm l’ha già regolata nella circolare sui programmi di gestione 2022. 

Le altre disposizioni introdotte dall’art. 14, comma 1, l. n. 71/2022, più che essere rivolte a disciplinare i programmi di gestione, definiscono le misure che il dirigente dell’ufficio è tenuto ad adottare «al verificarsi di gravi e reiterati ritardi da parte di uno o più magistrati dell’ufficio» e «al verificarsi di un aumento delle pendenze dell’ufficio o di una sezione in misura superiore al 10 per cento rispetto all’anno precedente».

Il capo dell’ufficio è tenuto ad attivarsi individuando le ragioni che hanno provocato la situazione e, nel primo caso, deve predisporre un piano di smaltimento anche con la previsione della sospensione totale o parziale delle assegnazioni e la redistribuzione dei ruoli e dei carichi di lavoro e, nel secondo caso, «adotta ogni intervento idoneo a consentire l’eliminazione delle eventuali carenze organizzative».

Sono previste verifiche sulla funzionalità delle soluzioni adottate (ogni tre mesi nel primo caso, ogni sei mesi nel secondo caso) e la trasmissione del piano e dell’esito delle verifiche al consiglio giudiziario o (per la Corte di cassazione) al consiglio direttivo.

I presidenti di sezione hanno, invece, un obbligo di segnalazione immediata al capo dell’ufficio della presenza di «gravi e reiterati ritardi» da parte di uno o più magistrati della sezione, indicandone le cause e trasmettendo la segnalazione al magistrato interessato.

Quest’ultimo è tenuto a indicare le cause dei ritardi.

Analogamente, i presidenti di sezione sono tenuti a segnalare immediatamente al capo dell’ufficio il verificarsi di un rilevante aumento delle pendenze della sezione, indicandone le cause e trasmettendo la segnalazione a tutti i magistrati della sezione.

In questo caso, i magistrati della sezione possono indicare le cause del ritardo.

Si tratta, quindi, di disposizioni che non attengono alla materia finora disciplinata dai primi commi dell’art. 37 dl n. 98/2011, ma che “normativizzano” le migliori prassi dei capi degli uffici nel caso di ritardi nel deposito dei provvedimenti o di abnorme aumento delle pendenze.

Sembra, infatti, corretto ritenere che la situazione di difficoltà in cui viene a trovarsi un magistrato per il ritardo nel deposito dei provvedimenti non possa sempre essere superata con una riorganizzazione del lavoro individuale poiché, in qualche caso, è necessario consentire al magistrato in difficoltà di recuperare i ritardi riducendo le assegnazioni o il carico del ruolo.

La previsione normativa di tale soluzione rende, naturalmente, più agevole l’opera del capo dell’ufficio, che può adottarla, se la situazione lo rende necessario, senza il consenso degli altri magistrati della sezione. In sostanza, l’obiettivo è quello di fare in modo che l’intera struttura organizzativa si faccia carico del problema per superarlo, nella consapevolezza che un impegno di tutti i componenti della sezione possa risolvere il problema molto più facilmente che una richiesta di sforzo suppletivo (che pure, ove possibile, è necessario) del magistrato in difficoltà.

La previsione relativa all’intervento nel caso di rilevante aumento delle pendenze ha solo la finalità di porre a carico del capo dell’ufficio e del presidente di sezione un onere di controllo costante sui flussi dell’ufficio, presupposto per poter operare tempestivamente i necessari aggiustamenti organizzativi. 

Le due disposizioni evidenziano come si sia scelto, anche in questi casi, un procedimento parzialmente partecipato, dato che i magistrati sono chiamati a indicare le ragioni che hanno provocato il sorgere del problema. 

 

6. L’introduzione dei progetti organizzativi previsti dall’art. 12, comma 3 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80

All’insieme degli strumenti volti a definire l’organizzazione degli uffici si sono aggiunti, nel corso del 2021, i progetti organizzativi previsti dall’art. 12, comma 3, dl 9 giugno 2021, n. 80.

Questa norma prevede che «il Capo dell’ufficio giudiziario entro il 31 dicembre 2021, di concerto con il dirigente amministrativo, predispone un progetto organizzativo che preveda l’utilizzo, all’interno delle strutture organizzative denominate ufficio per il processo, degli addetti selezionati in modo da valorizzare il loro apporto all’attività giudiziaria».

Si tratta di progetti destinati all’organizzazione delle risorse umane assegnate ai singoli uffici di tribunale e di corte di appello dal dl 9 giugno 2021, n. 80.

Il Ministero della giustizia[26] ha indicato che il progetto organizzativo avrebbe dovuto avere riguardo ai seguenti aspetti:

1) rilevazione delle criticità dell’ufficio sia in termini di flusso statistico (maggiori pendenze, maggiori iscrizioni, etc.) sia in termini di criticità di processi di lavorazione (scarico fascicoli, passaggio del fascicolo tra sezioni o tra uffici, etc.);

2) individuazione dei principali obiettivi, partendo dai settori nei quali prioritariamente si intende intervenire. Si tratta non solo di obiettivi relativi alla riduzione dell’arretrato e della durata dei procedimenti nei singoli settori dell’ufficio, ma anche di obiettivi di tipo organizzativo quali, ad esempio, l’impulso alla digitalizzazione dell’ufficio o la riorganizzazione dei processi di scarico dei fascicoli, e obiettivi di carattere “qualitativo” quali quelli relativi all’istituzione di appositi servizi; 

3) individuazione delle azioni che si intendono proporre; 

4) indicazione dell’istituzione dei servizi degli uffici per il processo, con illustrazione dei criteri e delle modalità di distribuzione delle risorse assegnate.

In particolare, si segnalava l’opportunità di istituire all’interno dell’ufficio per il processo i seguenti servizi:

1) monitoraggio statistico e monitoraggio relativo alle situazioni patologiche di lavorazione fascicoli (ad esempio: false pendenze, adempimenti non scaricati, etc.);

2) accompagnamento alla digitalizzazione dell’ufficio e all’innovazione; 

3) supporto della sezione o dell’ufficio alla raccolta degli indirizzi giurisprudenziali e di avvio della costruzione della banca dati di merito;

4) coordinamento delle attività amministrative inerenti al PNRR. 

I moduli organizzativi da adottare dovevano essere flessibili per potersi adattare alla realtà di ogni singolo ufficio giudiziario.

In sostanza, i progetti previsti dall’art. 12, comma 3, dl 9 giugno 2021, n. 80 hanno la funzione di organizzare gli uffici per il processo ai quali è assegnato il nuovo personale assunto a tempo determinato, in base allo stesso decreto-legge.

Poiché l’assegnazione del personale è legato all’ufficio per il processo, è del tutto evidente che vi è stata una scelta a favore di questo modello organizzativo, che aveva avuto una prima fase di utilizzo con i tirocinanti previsti dall’art. 73 dl n. 69/2013, convertito con l. 9 agosto 2013, n. 98. Tuttavia, i progetti di cui al citato art. 12 devono comunque tener conto dei documenti organizzativi predisposti dai singoli uffici entro il 30 marzo 2021 per il triennio 2020-2022, e dei programmi di gestione per l’anno 2022 predisposti entro il 31 gennaio 2022.

Il Csm, oltre a prevedere un coordinamento tra i programmi di gestione per il 2022, depositati in un momento successivo alla predisposizione dei progetti ex art. 12, ha previsto, con delibera del 13 ottobre 2021, che le tabelle degli uffici giudiziari dovessero essere adeguate alla nuova situazione organizzativa entro trenta giorni dall’entrata in servizio dei nuovi addetti.

L’adozione del modello dell’“ufficio per il processo” non soltanto comporta significativi adattamenti delle disposizioni regolamentari al tema già dedicate dal Csm[27], ma impone di rimeditare l’impianto stesso dell’organizzazione, entro la quale, a seguito della legge delega n. 206 del 2022, irrompe con ancora maggior forza l’idea del lavoro “di squadra” e della combinazione dei diversi elementi personali e tecnologici che vi concorrono come fattori strategici per il recupero di una funzionalità fisiologica e duratura del servizio giudiziario. E ciò appare tanto più urgente a fronte dei bisogni di giustizia che – accanto alle povertà “vecchie” e a quelle nuove, determinate dalla pandemia – si stanno già affacciando sulle soglie della giurisdizione per l’emergere di una serie di emergenze umanitarie, l’ultima delle quali, ma non la sola, è quella determinata dalla guerra in Ucraina, con ciò che ne consegue quanto al «riconoscimento della protezione internazionale ai cittadini ucraini sfollati a causa del conflitto armato», «alla presa in carico» e alla «tutela dei minori stranieri non accompagnati provenienti dal teatro di guerra»[28].

Annualmente, e fino al 2026, i dirigenti degli uffici giudiziari dovranno fornire un rendiconto dell’attività svolta e dei risultati ottenuti rispetto a quelli programmati, poiché tra gli obiettivi del PNRR vi è anche quello di realizzare progressivamente risultati parziali nei settori oggetto del piano.

È del tutto evidente che, per il prossimo quadriennio, il sistema dei progetti di organizzazione degli uffici giudiziari vedrà aggiungersi alle tabelle, divenute quadriennali, e ai programmi di gestione annuali, i programmi di attuazione degli obiettivi del PNRR. 

In questa fase è auspicabile che non solo i dirigenti degli uffici, ma anche i magistrati che si trovano ad operare con gli addetti trovino, al di là dei momenti di formazione istituzionale curati dal Ministero e dalla Scuola superiore della magistratura, il modo per individuare momenti di confronto e di scambio di esperienze, per rendere proficuo l’apporto dei nuovi funzionari all’attività giudiziaria e all’organizzazione dell’ufficio[29].

La previsione di progetti organizzativi che riguardano, sì, l’utilizzo di personale amministrativo[30], ma in funzione di collaborazione per l’espletamento dell’attività giurisdizionale, predisposti sulla base di indicazioni (e della documentazione allegata) provenienti dal Ministero della giustizia, con la finalità di realizzare obiettivi che attengono alla funzione giurisdizionale, pone il problema di una indebita commistione tra funzioni assegnate dalla Costituzione al governo autonomo e funzioni dell’esecutivo.

Sotto questo profilo, appare indispensabile che si vada verso il superamento della situazione attuale, e che vi sia una chiara definizione di compiti tra Csm e Ministero della giustizia, con la conferma che spetta al Csm l’organizzazione dell’attività giurisdizionale e al Ministero della giustizia la definizione dei criteri organizzativi che riguardano il personale amministrativo. 

 

7. Una nuova idea degli strumenti organizzativi

Questa complessa articolazione degli strumenti di definizione dell’organizzazione degli uffici e l’oggettiva sovrapposizione che rischia di esservi tra di loro rende, quindi, necessario un ripensamento dell’intera materia a partire da una ripartizione dei compiti che risponda ai principi della Costituzione.

Le modifiche introdotte dal ddl n. 71/2022 possono, comunque, favorire l’affermarsi di un’idea più moderna ed efficiente del sistema tabellare, inteso in senso ampio.

Ovviamente, non si tratta di metterne in discussione il senso profondo, poiché tabelle e progetti organizzativi sono lo strumento per rispondere nel modo più razionale ed efficace possibile alla domanda di giustizia presente o prevedibile in ciascuna realtà territoriale, coniugando il principio del giudice naturale con la funzionalità del servizio, ma di superare i limiti del sistema attuale utilizzando anche le opportunità consentite dalle nuove tecnologie.

Si è già accennato come al funzionamento della giustizia giovi non solo l’insieme (e la qualità) delle regole preposte all’organizzazione degli uffici giudiziari, ma il fatto che alle regole segua poi la loro attuazione.

La prima esigenza è, quindi, quella di unificazione e di coordinamento delle fonti. L’obiettivo di una maggiore semplificazione nelle procedure tabellari e di una maggiore certezza negli assetti organizzativi degli uffici è legato, infatti, oltre che alla chiarezza e semplificazione delle regole che disciplinano la materia e alla tempestiva adozione dei provvedimenti da cui sono scandite le diverse fasi delle procedure, anche a un’esigenza di accorpamento e razionalizzazione della miriade dei testi che incidono in vario modo sulla materia organizzativa, e che hanno prodotto un accumulo difficilmente governabile e nel quale diventa sempre più impervio districarsi. L’esigenza di un coordinamento, che nell’art. 6 della legge delega viene giustamente presa in considerazione, con riguardo alle fonti legislative in materia di ordinamento giudiziario, deve investire anche la produzione regolamentare del Csm, con la tendenziale formazione di un testo unico in cui raggruppare i diversi ambiti della materia, specificarne con capitoli distinti i diversi settori e affidarne la disciplina quanto più possibile all’enunciazione di principi che si dimostrino capaci – pur nella chiarezza e nel rigore della loro enunciazione – di consentirne l’adattamento alle situazioni del caso concreto. È lo stesso Consiglio ad avvertire questa esigenza di (tendenziale) unificazione quando, ad esempio, pone nelle proprie circolari la norma finale secondo cui «le direttive della presente circolare sostituiscono ogni altra direttiva con esse incompatibile contenuta nelle precedenti circolari in tema di tabelle degli uffici giudicanti» (così l’art. 271 della circolare vigente), o enuncia la regola secondo cui, nel quadro organizzativo generale delineato dal DOG, si inseriscono sia i programmi per la gestione dei procedimenti civili di cui all’art. 37 dl n. 98/2011, convertito dalla l. n. 111/2011, sia i programmi per la gestione dei procedimenti penali di cui alla delibera consiliare del 16 ottobre 2019, sia infine i progetti previsti dall’art. 12, comma 3, dl 9 giugno 2021, n. 80. 

Le proposte tabellari devono, poi, essere flessibili e adattabili alle modifiche che si dimostrassero necessarie od opportune in considerazione della mutata situazione di fatto degli uffici, per far sì che il progetto resti sempre coerente con lo scopo di dare risposta, nei limiti delle risorse disponibili, alla domanda di giustizia.

Sotto questo profilo, è necessario utilizzare efficacemente gli strumenti di supporto all’attività del Consiglio superiore, dei consigli giudiziari e degli stessi dirigenti dell’ufficio che lo stesso Csm ha introdotto nel tempo, come le ricordate «Commissione per l’analisi dei flussi e delle pendenze» e la «Struttura tecnica per l’organizzazione» (STO), i referenti informatici e i referenti per la formazione, i «comitati per le pari opportunità» presso i consigli giudiziari.

La previsione – cui si è fatto cenno nel paragrafo precedente – all’interno dell’“ufficio per il processo” di strutture organizzative deputate a svolgere tutti i compiti necessari ad assicurare la piena assistenza all’attività giurisdizionale, tra cui quelle destinate alla rilevazione e all’organizzazione dei flussi dei processi, rappresenta un’occasione per la realizzazione di un’architettura organizzativa che potrà dare un contributo rilevante alla gestione tabellare quale strumento rivolto a dare risposta alle domande di giustizia, ad assicurare una più appropriata politica delle risorse e a garantire il rispetto di fondamentali principi di perequazione nella distribuzione dei carichi e il principio del giudice naturale.

Operativamente, sarebbe necessario attuare in primo luogo una riduzione di un apparato normativo che sembra esorbitante (la sola circolare sulle tabelle è composta da ben 271 articoli) ed è caratterizzato dalla espressa riproposizione, per ciascun settore, di principi sostanzialmente analoghi (nell’illusione di riuscire a tipizzare e prevenire le molteplici evenienze che possono verificarsi), mentre sarebbe probabilmente più efficace e cogente una normazione per principi generali relativi sia alle regole generali che al procedimento da applicare. 

Il secondo tema è quello di un effettivo coordinamento tra il progetto tabellare quadriennale e i programmi di gestione. Nelle delibere consiliari si è fatto riferimento alla «programmazione quadro» contenuta nel DOG, rispetto alla quale i programmi di gestione dovevano costituire un’occasione di verifica annuale; tuttavia, questo coordinamento va costruito anche con riferimento ai «documenti», prevedendo che i documenti che contengono i programmi di gestione presuppongano quanto è già indicato nel documento generale e prevedano, dal punto di vista organizzativo, unicamente verifiche degli obiettivi e aggiornamenti dei dati e dei risultati, senza riproporre ciò che risulta già dai documenti precedenti.

Peraltro, la previsione di una programmazione annuale come quella contenuta nei programmi di gestione investe un arco di tempo oggettivamente limitato, più adatto a una valutazione dei risultati ottenuti e a un esame dell’andamento della programmazione quadriennale che a una significativa modifica del quadro generale.

Per realizzare questo obiettivo, sarebbe utile adottare quindi un modello di DOG che contenga una programmazione specifica per anni, e un modello di programma di gestione che si limiti a indicare gli scostamenti. 

Dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro del “governo autonomo”, sarebbe opportuno prevedere un fascicolo dell’ufficio che, oltre alla previsione di un aggiornamento costante delle tabelle, meritoriamente previsto dall’ultima circolare consiliare, consenta al Consiglio superiore, ai consigli giudiziari, ai dirigenti e agli stessi magistrati dell’ufficio di conoscere non solo la struttura dell’ufficio, come è consentito dall’attuale sistema Csm App, ma anche l’andamento dello stesso con aggiornamenti dei dati statistici sul modello degli aggiornamenti già offerti dal Ministero della giustizia con le statistiche trimestrali pubblicate dalla DGSTAT. 

Queste soluzioni potrebbero semplificare e rendere più agevole l’accesso a dati e documenti, e potrebbero mettere a disposizione dei magistrati ma, in qualche modo, anche degli utenti, in un’ottica di trasparenza dell’organizzazione giudiziaria, i dati principali sull’ organizzazione e il funzionamento dell’ufficio.

Il recupero di funzionalità della giustizia è, infatti, legato a una molteplicità di fattori e, naturalmente, anche alla “nuova” professionalità verso cui spinge la riforma dell’ordinamento giudiziario e che rimanda all’idea del governo autonomo realizzato nei fatti come strumento di responsabilizzazione collettiva capace di dare risposta ai tanti colleghe e colleghi che chiedono di poter svolgere dignitosamente il proprio lavoro, nella certezza di contare su condizioni organizzative adeguate, su uno sviluppo della vita professionale presidiato da regole certe ed effettivamente applicate, con organi del governo autonomo dediti, al centro e in periferia, a svolgere i propri compiti, con dirigenti impegnati a difendere l’indipendenza degli uffici da ogni interferenza e ad assicurare le regole di buona amministrazione, con l’opera di tutti i magistrati nell’essere custodi e garanti di queste regole e dei propri doveri senza chiudere gli occhi sui fenomeni di inefficienza, di malcostume e disimpegno che, purtroppo, non mancano. 

Di tutto ciò è parte essenziale il sistema tabellare, che attraverso una riorganizzazione occorre rendere sempre più rispondente alla sua funzione e ai suoi scopi.

 

 

*  Il testo nasce da un ampio confronto con Gianfranco Gilardi, che ringrazio particolarmente per il contributo.

1. Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 27 luglio 2022, ha approvato una risoluzione relativa alla durata delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti e dei progetti organizzativi degli uffici requirenti, in relazione alle disposizioni della legge n. 71/2022 che ne hanno esteso da tre a quattro anni la validità, stabilendo che tabelle e progetti organizzativi vigenti sono efficaci per il quadriennio 2020-2023 e demandando alle circolari per il quadriennio 2024-2027 l’attuazione delle altre disposizioni della legge n. 71/2022.  

2. Per l’evoluzione normativa e regolamentare in materia, cfr. G. Gilardi: Le tabelle degli uffici giudiziari – prima parte. Il sistema tabellare, in Giustizia insieme, 8 luglio 2021 (www.giustiziainsieme.it/it/news/119-main/ordinamento-e-organizzazione/1845-le-tabelle-degli-uffici giudiziari-prima-parte-il-sistema-tabellare-di-gianfranco-gilardi); Le tabelle degli uffici giudiziari – seconda parte. Il procedimento di formazione delle tabelle, ivi, 16 luglio 2021 (www.giustiziainsieme.it/it/ordinamento-giudiziario/1864-le-tabelle-degli-uffici-giudiziari-seconda-parte-il-procedimento-di-formazione-delle-tabelle); Le tabelle degli uffici giudiziari – parte terza. Organizzazione degli uffici giudicanti di merito, ivi, 10 settembre 2021 (www.giustiziainsieme.it/it/news/119-main/ordinamento-e-organizzazione/1922-le-tabelle-degli-uffici-giudiziari-parte-terza-organizzazione-degli-uffici-giudicanti-di-merito-di-gianfranco-gilar); Le tabelle degli uffici giudiziari – quarta parte. Le tabelle della Corte di Cassazione e il benessere organizzativo, ivi, 30 settembre 2021 (www.giustiziainsieme.it/it/ordinamento-giudiziario/1966-le-tabelle-degli-uffici-giudiziari-quarta-parte-le-tabelle-della-corte-di-cassazione-e-il-benessere-organizzativo); Le tabelle degli uffici giudiziari – ultima parte. La funzione organizzativa del CSM, i progetti organizzativi e le proposte di riforma, ivi, 28 ottobre 2021 (www.giustiziainsieme.it/it/ordinamento-giudiziario/1964-le-tabelle-degli-uffici-giudiziari-ultima-parte-la-funzione-organizzativa-del-csm-i-progetti-organizzativi-e-le-proposte-di-riforma-di-gianfranco-gilardi).

3. Dalla norma che aveva elevato a tre anni la durata delle tabelle alle modifiche concernenti gli organi ausiliari preposti al sistema dei controlli tabellari (composizione, durata, sistema elettorale, compiti e funzioni dei consigli giudiziari, istituzione del consiglio direttivo presso la Corte di cassazione); da quelle relative alle incompatibilità nei tramutamenti alla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi e ai limiti di permanenza massima nelle medesime funzioni o nel medesimo incarico nell’ambito delle stesse funzioni (destinate ad avere ripercussioni immediate, già nella fase transitoria, sugli assetti tabellari), alle previsioni del d.lgs n. 240/2006 in tema di cd. “doppia dirigenza” e di “programma delle attività” che il magistrato capo dell’ufficio giudiziario e il dirigente amministrativo avrebbero dovuto redigere annualmente; dalle disposizioni sul divieto per i magistrati ordinari al termine del tirocinio di essere destinati a svolgere le funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare, anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità, a quelle relative alle valutazioni di professionalità e ai tramutamenti, di cui sono evidenti i possibili risvolti anche nella materia tabellare. 

4. Non venuta meno del tutto neppure a seguito della legge n. 269/2007, la quale si è limitata a cancellare solo gli aspetti più discutibili e insidiosi della legge n. 150/2005.

5. Alla circolare (modificata con delibera dell’8 aprile 2021 che, correggendo un errore materiale contenuto nell’art. 92, ha sostituito il richiamo all’art. 194 o.g. con quello all’art. 185) sono da aggiungere i numerosi atti consiliari (come, ad esempio, quelli relativi alle tabelle infra-distrettuali, ai programmi annuali di gestione o all’ufficio per il processo). Apposite circolari hanno disciplinato l’organizzazione degli uffici del giudice di pace (cfr., da ultimo, la circ. 13 giugno 2018 relativa al triennio 2018-2020, che presenta significative innovazioni rispetto al passato, strettamente legate alla riforma della magistratura onoraria attuata con il d.lgs n. 116/2017, che ha introdotto uno statuto unico per giudici di pace, giudici onorari di tribunale e vpo, riorganizzandone le funzioni e delineando un nuovo assetto per gli uffici del giudice di pace).
Quanto all’ufficio per il processo, e in particolare alle innovazioni di cui al dl n. 80/2021 (convertito con modificazioni dalla l. n. 113/2021), ove è previsto – ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNRR – il reclutamento di 16.500 addetti a tale ufficio, la circolare è stata ulteriormente modificata relativamente agli artt. 10 e 11 con delibera 13 ottobre 2021, con specifico riferimento agli artt. 10 e 11.
Con delibera 7 dicembre 2021 si è operata una modifica della circolare, che muove dalla necessità di adempiere all’art. 25 della direttiva (Ue)2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione. Le novità attengono alla previsione della obbligatorietà della formazione per i magistrati che chiedono di essere assegnati alla trattazione della materia fallimentare e per i magistrati che aspirano al coordinamento della sezione o del settore specializzato nella materia fallimentare.
Infine, con la citata delibera del 27 luglio 2022, si è adeguata la circolare alle previsioni della l. n. 71/2022 in relazione alle norme entrate immediatamente in vigore.

6. Il numero di magistrati addetti all’Ufficio del massimario e del ruolo, dal 1941, è progressivamente aumentato e da ultimo, con il dl n. 69/2013, convertito in l. n. 98/2013, era stato portato a 67 unità, a seguito dell’inserimento di magistrati che, inquadrati presso l’Ufficio del massimario, avrebbero potuto svolgere funzioni di assistenza presso le sezioni della Corte, collaborando alla formazione dei ruoli d’udienza, alla redazione di progetti di provvedimenti su singoli ricorsi e di relazioni sugli orientamenti della giurisprudenza, nonché all’attività di “spoglio” e formazione dei ruoli di udienza. Per effetto delle modifiche apportate dal dl n. 168/2016, convertito in l. n. 197/2016, i magistrati addetti all’Ufficio del massimario e del ruolo con anzianità non inferiore a due anni avrebbero potuto essere applicati temporaneamente anche ai collegi per lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali di legittimità.

7. L’art. 6 della circolare sulle tabelle 2020-2022, approvata dal Csm in data 23 luglio 2020, definisce il «documento organizzativo generale», mentre l’art. 7 della stessa circolare ne prevede il contenuto.

8. L’art. 6 della citata circolare sulle tabelle 2020-2022 prevede che il documento organizzativo generale «è predisposto partendo dalla analisi dello stato dei servizi, dei carichi di lavoro e dei flussi delle pendenze».

9. L’art. 14, comma 1, lett. b della circolare sulle tabelle prevede l’acquisizione dei «contributi eventualmente offerti dal Consiglio dell’ordine degli Avvocati e dal Procuratore della Repubblica». 

10. L’art. 39 della circolare, che reca nella rubrica «Provvedimenti urgenti di modifica della tabella riguardo alla assegnazione dei magistrati», prevede che:
«1. I dirigenti degli uffici giudiziari, in casi eccezionali e in via di urgenza, possono adottare provvedimenti di modifica tabellare immediatamente esecutivi con esclusivo riguardo alla assegnazione dei magistrati ai settori, alle sezioni o alla posizione tabellare, indicando le ragioni e le esigenze di servizio che li giustificano. In caso di parere contrario del Consiglio Giudiziario, il dirigente dell’ufficio valuta l’opportunità di revocare l’immediata esecutività, in attesa della decisione del Consiglio Superiore della Magistratura. Il dirigente può revocare anche la sola immediata esecutività. 
2. Non possono mai essere dichiarate immediatamente esecutive le variazioni tabellari di cui all’articolo 40, comma 1, quand’anche contenute in provvedimenti di assegnazione del magistrato al settore, alla sezione o alla posizione tabellare.
3. La dichiarazione di esecutività dei provvedimenti di modifica tabellare al di fuori delle ipotesi previste dalla presente circolare è valutata ai fini della conferma del dirigente o del conferimento di ulteriori incarichi».

11. La funzionalità del servizio costituisce un elemento intrinseco della naturalità del giudice, da intendere (anche alla luce del canone costituzionale della durata ragionevole del processo) come garanzia dell’insieme delle condizioni preordinate all’attuazione di diritti, nella consapevolezza che ciò che conta per la corretta amministrazione della giustizia non è tanto la selezione dei più “bravi”, quanto un sistema idoneo ad assicurare che ogni magistrato, nel contesto di un’organizzazione adeguata, assolva i propri compiti con capacità e impegno, quale che sia la funzione in concreto esercitata.

12. Molto lontano dalla logica che, attualmente, è alla base di tutti i sistemi informatici e le applicazioni in uso.

13. Il rischio è stato segnalato anche nel parere del Csm del 22 marzo 2022.

14. Come segnalato nel parere reso dal Csm, in data 21 aprile 2021, all’iniziale ddl “Bonafede”. 

15. Nel parere reso dal Csm in data 22 marzo 2022, si segnala l’opportunità di lasciare alla valutazione consiliare il termine di formazione del silenzio-assenso per consentire, di volta in volta, di considerare i tempi necessari all’esame dei progetti tabellari.

16. Già nella circolare n. 61 del 1969 veniva sottolineato come l’«attività dell’organo di autogoverno risulterà tanto più efficace nella misura in cui ciascun magistrato potrà responsabilmente contribuire all’elaborazione dei fondamentali indirizzi di gestione dell’apparato giudiziario», e messa in evidenza «la stretta connessione intercorrente tra i provvedimenti di organizzazione e le “fondamentali guarentigie dei giudici”».

17. In base all’art. 3, comma 1, lett. d della legge delega, nelle valutazioni di professionalità del magistrato deve essere preso espressamente in considerazione, con riguardo al parametro della laboriosità, il rispetto di quanto indicato nei programmi annuali di gestione.

18. La rilevanza disciplinare di tali condotte era già stata sancita con l’art. 2 d.lgs n. 109/2006, secondo cui costituisce illecito disciplinare «la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi competenti».

19. Passate da un’iniziale “raccomandazione” ai presidenti di corte d’appello a inviare copia della proposta tabellare al presidente del locale consiglio dell’Ordine forense per eventuali osservazioni, di cui al par. 6 delle circolari sulla formazione delle tabelle per il biennio 2002-2003 e per il biennio 2004-2005, alla più stringente previsione della consultazione preventiva (e della comunicazione successiva delle proposte al presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati) di cui attualmente ai parr. 14 e 20 della circolare sulla formazione delle tabelle per il triennio 2020-2022.

20. Ove è previsto che gli avvocati componenti dei consigli giudiziari e il presidente del Consiglio nazionale forense facente parte del consiglio direttivo della Corte di cassazione concorrano alla formazione dei pareri sulle tabelle degli uffici.

21. Cfr. Csm, circolare del 4 maggio 2012.

22. La materia è stata poi disciplinata dalle circolari consiliari emanate annualmente in occasione della predisposizione dei programmi di gestione (con allegati i format ai quali adeguare i programmi) e dalla delibera del 7 dicembre 2016, che aveva lo scopo di «operare una sintesi ragionata delle proprie risoluzioni in materia, valorizzando gli aspetti procedimentali che, nella concreta prassi applicativa, si sono rivelati positivi ed efficaci e proponendo, nel contempo, nuove soluzioni tese a migliorare la concretezza ed effettività delle programmazioni, nonché a semplificare i relativi adempimenti».

23. Come segnalato dal Csm nel parere del 22 marzo 2022, che rileva come il programma di gestione così trasformato, da strumento di gestione dell’ufficio in un’ottica di miglioramento complessivo del suo funzionamento – e, dunque, della sua risposta ai mutevoli cambiamenti della domanda di giustizia –, diviene «pericoloso strumento di valutazione» del “rendimento” del singolo magistrato e dei “risultati” attesi dalla sua attività, così aprendo a pericolose dinamiche di valutazione “per risultati” del lavoro del magistrato.

24. Si legge nella norma: «con l’indicazione per ciascuna sezione ovvero, in assenza, per ciascun magistrato, dei risultati attesi».

25. Cfr. il parere del Csm del 22 marzo 2021.

26. Cfr. la circolare del 4 novembre 2021 del capo dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia.

27. Cfr. gli artt. 10 e 11 della vigente circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti, come modificati mediante delibera del 13 ottobre 2021 conseguente alle innovazioni introdotte dal dl n. 80/2021 (convertito con modificazioni dalla l. n. 113/2021), che – ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNRR – ha previsto il reclutamento di 16.500 addetti all’ufficio per il processo.
Per disciplinare la materia, il Csm è intervenuto con delibere del 18 giugno 2018, 16 ottobre 2019, 15 maggio 2019 e 13 ottobre 2021 (contenenti «linee guida Ufficio del Processo») e, da ultimo, con quella del 23 febbraio 2022 relativa all’istituzione di un tavolo tecnico tra Csm e Scuola superiore della magistratura, allo scopo di pianificare la formazione degli addetti all’ufficio del processo.

28. Così il testo della richiesta di apertura di una pratica «per monitorare gli effetti della crisi umanitaria conseguente alla guerra in Ucraina», avanzata il 17 marzo 2022 dal gruppo di Area in seno al Csm.

29. Un esempio di questa modalità di confronto è costituito dal gruppo di lavoro istituito da Magistratura democratica sull’ufficio per il processo, coordinato da Ottavia Civitelli.

30. Non vi è dubbio che gli addetti all’ufficio per il processo rientrino nei ruoli del personale amministrativo del Ministero della giustizia.