Magistratura democratica
ordinamento giudiziario

Reclutamento e formazione iniziale dei magistrati nel D.L. n. 168/2016

di Maria Giuliana Civinini
Presidente di Sezione del Tribunale di Livorno
Il decreto legge riduce la durata del tirocinio dei magistrati ordinari nominati all'esito dei concordi banditi negli anni 2014 e 2015. Non è la prima volta che succede. Il nodo su cui si vogliono accendere i riflettori in questa breve nota è il ruolo della Scuola della magistratura

Il D.L. n. 168/2016 riduce la durata del tirocinio – cioè di quel cruciale periodo di formazione iniziale che consente di acquisire gli strumenti essenziali per l'esercizio della professione di giudice e pubblico ministero - dei magistrati ordinari nominati all'esito dei concorsi banditi negli anni 2014 e 2015.

L'art. 2, 3° comma prevede, infatti, che il tirocinio, in luogo della durata di 18 mesi (di cui 6 presso la scuola e dodici presso gli uffici giudiziari) ex art 18 D.Lgs. n. 26/2006, ha "in via straordinaria, la durata di dodici mesi e si articola in sessioni, una delle quali della durata di due mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola superiore della magistratura e una della durata di dieci mesi, anche non consecutivi, effettuata presso gli uffici giudiziari".

Non è la prima volta che questo succede e può dirsi che – al pari di altri istituti ordinamentali – la disciplina della durata del tirocinio è stata una sorta di fisarmonica temporale che ha seguito i venti e le onde della (mancanza di una) policy nel delicato (per il funzionamento della democrazia) settore dell'amministrazione della giustizia.

L'art. 129 RD n. 12/41 – nel prevedere una formazione per imitazione all'interno di una relazione disimmetrica tra chi sa (il magistrato con funzioni) e chi non sa (l'uditore) – stabiliva che "gli uditori debbono compiere un periodo di tirocinio della durata di almeno due anni presso i tribunali e le procure della Repubblica, con opportuni avvicendamenti".

Tale durata, inclusiva negli anni '80 di alcune settimane di formazione teorica a Roma costruite secondo formule molto light, è stata più volte ridotta seguendo le esigenze del momento.

La l. n. 579/1965 introdusse la possibilità per gli uditori giudiziari dopo sei mesi di tirocinio di essere  destinati, con funzionamento giurisdizionali nei tribunali, nelle procure della Repubblica presso i tribunali e nelle preture.

Il caso più eclatante fu la riduzione del tirocinio per gli uditori la cui presa di funzioni doveva corrispondere all'entrata in vigore del CPP del 1988: decine e decine di giovani, inesperti pubblici ministeri vennero inviati in prima fila a riempire gli organici delle neonate "procurine", le Procure della Repubblica presso le Preture.

Il D.P.R. 17 luglio 1998 stabilì che "La durata complessiva del tirocinio è determinata per ciascun concorso dal Consiglio superiore della magistratura e non può, di regola, essere inferiore a diciotto mesi".

La l. 13 febbraio 2001, n.48, all'art 11, 5° co istituzionalizzò definitivamente la durata "à la carte" dell'uditorato, denunciando in modo chiaro la mancanza di una visione su quello che deve essere il ruolo e la funzione della formazione iniziale del magistrato, prevedendo il potere del "Consiglio superiore della magistratura, per esigenze degli uffici giudiziari conseguenti a significative carenze di organico," di "ridurre fino a dodici mesi la durata complessiva del tirocinio degli uditori giudiziari, assicurando peraltro che il tirocinio mirato abbia durata non inferiore a cinque mesi". A mo' di magra compensazione, in tali casi era previsto che "ai magistrati è fatto obbligo di partecipare, per i cinque anni successivi all'assunzione delle funzioni e per due mesi all'anno, agli incontri di studio sulla formazione professionale, organizzati, fino alla istituzione della Scuola della magistratura, dal Consiglio superiore della magistratura.".

Un punto fermo sembrava peraltro essere stato raggiunto dal D.Lgs. n. 26/2006, quanto meno a partire dall'istituzione della Scuola Superiore della Magistratura, con la creazione di un modello di formazione iniziale teorico-pratica da realizzarsi per dodici mesi "on the job", per imitazione, e per sei mesi presso la Scuola, la vera fucina dove il modello di magistrato disegnato dalla Costituzione e professionalmente attrezzato per l'indipendenza era destinato a "incarnarsi".

Se, alla luce della "piccola storia" della durata del tirocinio, la previsione dell'art. 2, 3° co. del decreto legislativo non scandalizza, due sono gli elementi che suscitano grande preoccupazione: a) la mancanza totale di una strategia per l'accesso e la formazione iniziale dei magistrati, questione esplosiva visto il percorso a ostacoli creato nel tempo per l'accesso – che "inquina" il modello burocratico del magistrato di carriera continentale, caratterizzato dall'accesso di giovani con ottima preparazione teorica che costruiscono la loro professionalità col lavoro e la formazione, con l'ingresso di persone meno giovani e dalle esperienze anche lavorative disparate -, il melting pot di "tirocinio ex art 73" e "tirocinio post concorso", l'inevitabile selezione per censo che l'allungamento dei tempi e dei modi dell'accesso porta con sé;  b) il misconoscimento del ruolo della Scuola nella formazione iniziale.

Alla formazione dei magistrati e ai suoi vari aspetti, a cominciare dalla formazione iniziale, Questione Giustizia ha dedicato un numero monocratico ricco di approfondimenti e di idee (il n. 1 della Rivista Trimestrale, accessibile qui: http://questionegiustizia.it/rivista/2016-1.php).

Il nodo su cui si vogliono accendere i riflettori in questa breve nota è il ruolo della Scuola. La mancanza di un'idea chiave è resa evidente, tra l'altro, dagli emendamenti proposti, che spaziano numericamente tra varie soluzioni con una prevalenza nel senso della soppressione o della riduzione del periodo di tirocinio da compiere presso la Scuola (1). In questo senso va anche l'emendamento proposto dal Relatore (con una presa di posizione implicita del Governo in tal senso) secondo cui il periodo da trascorrere presso la Scuola, anche non consecutivo, è di un solo mese.

Questa visione riduttiva e i vari emendamenti che la concretizzano sono probabilmente il portato di diversi orientamenti che, partendo forse da presupposti diversi, finiscono però col convergere: la volontà di una parte del Consiglio Superiore della Magistratura di riappropriarsi della formazione (si veda la pratica aperta dal cons. laico Fanfani) con più o meno evidenti finalità di controllo politico o latu sensu clientelari; l'idea che non ci sia bisogno di una formazione teorico-pratica presso la Scuola perché i MOT (magistrati senza funzioni in tirocinio) hanno già il "sapere" e necessitano soprattutto della conoscenza pratica data dal lavoro in giurisdizione; l'insofferenza dei MOT che entrano in magistratura dopo anni di esercizio della professione di avvocato o di altri mestieri (funzionario della PA, bancario …) verso la formazione erogata dalla Scuola percepita come superflua.

La contrarietà assoluta a qualunque idea di controllo "politico" della formazione quale strumento indispensabile di supporto alla professionalità del magistrato non ha qui (si spera) bisogno di essere spiegata.

Quanto all'idea, che pervade alcuni strati della magistratura, secondo cui la formazione iniziale presso la Scuola non serva, alcune notazioni sono necessarie. Rinviando al numero monografico di Questione Giustizia trimestrale per comprendere come sia organizzata la formazione iniziale presso la Scuola (contenuti, tempi, metodi) e come la medesima sia lontana da moduli formativi di tipo accademico, sembra necessario osservare che:

1) come più volte osservato nel dibattito interno e come sottolineato fortemente a livello internazionale e europeo in opinioni e raccomandazioni (2), la legittimazione di decidere della vita e dei beni delle persone e assicurare la pace sociale per un giudice (e un pubblico ministero) selezionato per concorso sta esclusivamente nella sua professionalità, la quale si erge a usbergo della sua imparzialità e giustificazione della superiore garanzia di indipendenza;

2) componenti essenziali dell'alta professionalità richiesta al magistrato sono il "saper essere" e quindi la deontologia, l'etica, la coscienza del contesto in cui si opera, la sensibilità verso la realizzazione degli obbiettivi sostanziali della legge, la capacità di porre in essere comportamenti mai autoritari ma sempre autorevoli, il rispetto della dignità di tutti i soggetti del processo, e il "saper fare" e quindi la capacità di organizzare e gestire il proprio lavoro e il tempo del processo, la capacità di comunicazione, la capacità di compiere attività che richiedono conoscenze extragiuridiche (sentire i minori, sentire i coniugi, ascoltare le vittime, valutare le relazioni peritali in tema di prova scientifica);

3) un Paese democratico che vuole un'amministrazione della giustizia di qualità, in grado di rispondere in tempi brevi alle richieste dei cittadini in tutti i settori della vita e del diritto, che concorra alla realizzazione del più grande disegno di equità sociale e di efficacia del sistema, non può fare a meno di dedicare il massimo sforzo alla formazione dei suoi giovani magistrati;

4) questa formazione non può prescindere da una visione unitaria su quello che è il ruolo del magistrato nella società e dalla costruzione di strumenti formativi che garantiscano un percorso omogeneo in grado di fornire a tutti i giovani magistrati quelle qualità e competenze che gli consentono di esercitare la propria alta funzione "sine metu ac spe"

5) questa formazione può essere fornita solo da una Scuola, concepita come la casa comune di tutti i magistrati, dove ci siano i tempi gli spazi e le libertà di elaborazione e proposta (sul modello della Scuola francese e dei suoi uffici studi)

6) la sola formazione per imitazione (dell'affidatario, del tutor), attraverso la pratica e la ripetizione di atti concreti dell'esercizio della giurisdizione, può dar luogo a grandi differenze di approccio al ruolo, di metodo, di contenuto e indirettamente può tradursi in una violazione del principio di uguaglianza dei cittadini, che hanno tutti diritto ad avere magistrati della massima qualità;

7) la sola formazione per imitazione, in un contesto storico caratterizzato da ripiegamento neo-corporativo su sé stessa della magistratura, dà luogo all'adozione da parte dei giovani magistrati di comportamenti e giurisprudenze difensivi.

Difendere il ruolo cruciale della Scuola deve essere un obbiettivo di tutti.

Certamente il percorso odierno caratterizzato da università + scuola di specializzazione o pratica e esame da avvocato o tirocinio negli uffici giudiziari + concorso + tirocinio in formazione iniziale è defatigante e, per mancanza di qualità di alcuni degli anelli della catena, sia ripetitivo che insufficiente.

Pare a chi scrive che si debba tornare al più presto al libero accesso al concorso dopo la laurea magistrale e che l'ingresso in magistratura debba essere seguito e accompagnato da una formazione iniziale di almeno due anni in cui si alternino periodi residenziali alla Scuola, stages negli uffici giudiziari, stages in altre istituzioni o negli studi professionali .

Un modulo di decreto ingiuntivo o di liquidazione del patrocinio statale si recupera sempre; la mancanza comprensione del proprio ruolo no.

 

*************

 

NOTA:

(1) Questi gli emendamenti depositati (dal sito della Camera):

"Sopprimere il comma 3.

2. 3. Colletti, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Ferraresi.

  Al comma 3, primo periodo, apportare le seguenti modificazioni:

   a) sostituire le parole: «dodici mesi» con le seguenti: «quattordici mesi»;

   b) sostituire le parole: «dieci mesi» con le seguenti: «dodici mesi».

  Conseguentemente, al secondo periodo del medesimo comma:

   a) alla lettera a), sostituire le parole: «tre mesi» con le seguenti: «quattro mesi»;

   b) alla lettera c), sostituire le parole: «cinque mesi» con le seguenti: «sei mesi».

2. 4. Colletti, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Ferraresi.

  Al comma 3, primo periodo, sostituire le parole: di dodici mesi e si articola in sessioni, una delle quali della durata di due mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola superiore della magistratura ed una sessione di dieci mesi, con le seguenti: di diciotto mesi e si articola in un'unica sessione di diciotto mesi.

  Conseguentemente, al secondo periodo del medesimo comma:

   a) alla lettera a), sostituire le parole: «tre mesi» con le seguenti: «sei mesi»;

   b) alla lettera b), sostituire le parole: «due mesi», con le seguenti: «tre mesi»;

   c) alla lettera c), sostituire le parole: «cinque mesi» con le seguenti: «nove mesi».

2. 6. Sarti, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Ferraresi.

  Al comma 3, primo periodo, sostituire le parole: sessioni, una delle quali della durata di due mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola superiore della magistratura ed una sessione di dieci mesi, con le seguenti: un'unica sessione di dodici mesi.

  Conseguentemente, al secondo periodo del medesimo comma:

   c) alla lettera a), sostituire le parole: «tre mesi» con le seguenti: «quattro mesi»;

   d) alla lettera c), sostituire le parole: «cinque mesi» con le seguenti: «sei mesi».

2. 5. Sarti, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Ferraresi.

  Al comma 3, dopo le parole: decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, aggiungere le seguenti: ad eccezione dei magistrati ordinari vincitori del concorso riservato alla provincia autonoma di Bolzano bandito con decreto ministeriale 4 settembre 2014 e nominati con decreto ministeriale 10 dicembre 2015.

2. 1. Schullian, Gebhard, Alfreider, Plangger.

  Dopo il comma 3 inserire il seguente:

  3-bis. La deroga di cui al comma 3 non si applica ai magistrati ordinari vincitori del concorso riservato alla provincia autonoma di Bolzano, bandito con decreto ministeriale 4 settembre 2014 e nominati con decreto ministeriale 10 dicembre 2015 al fine di consentire agli stessi di ultimare il tirocinio generico già iniziato e di svolgere il tirocinio mirato già programmato.

2. 2. Schullian, Gebhard, Alfreider, Plangger."

 

(2) Le raccomandazioni e opinioni cui si fa riferimento nel testo sono soprattutto:

- Avis no 4 du Conseil consultatif de juges européens (CCJE) à l'attention du Comité des Ministres du Conseil de l'Europe sur la formation initiale et continue appropriée des juges, aux niveaux national et européen adopté le 27/11/2003

- Avis N°10(2007) du Conseil Consultatif de Juges Européens (CCJE) à l’attention du Comité des Ministres du Conseil de l'Europe sur le Conseil de la Justice au service de la société adopté le 23/11/2007 

- MAGNA CARTA DES JUGES, adopté par le CCJE le 17 novembre 2010

- Recommandation du Conseil de l’Europe CM/Rec(2010)12

- Le projet sur l’Independence et la responsabilité (Project on Independence and Accountability)  du Réseau Européen des Conseils de Justice – ENCJ/RECJ

28/09/2016
Altri articoli di Maria Giuliana Civinini
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
La scrittura e la giurisprudenza. Considerazioni sul ruolo della tesi di laurea nella formazione universitaria dei giuristi

La tesi di laurea ha un ruolo fondamentale per l’acquisizione della capacità di scrivere e ragionare di diritto. Nel testo si enunciano i molti pregi di tale occasione formativa, inspiegabilmente ignorati quando si tratta di valutare obiettivamente la didattica del corso di laurea in giurisprudenza. In chiusura, si lamenta tuttavia la tendenza al disimpegno della classe docente.

14/02/2024
Formazione e "forma mentis" del magistrato

I magistrati che hanno partecipato alla presente ricerca hanno assunto le funzioni a seguito del superamento del concorso di secondo grado. In questo contributo saranno trattati i temi emersi nelle interviste e nei focus group con riferimento ai percorsi, alle esperienze formative e professionali pre-concorso e post lauream, si passeranno in rassegna poi le opinioni che questi nutrono nei confronti del concorso e del recente intervento legislativo che lo ha riformato, ma anche nei confronti della formazione, iniziale e permanente, erogata dalla Scuola Superiore della Magistratura. Il contributo termina infine con alcune considerazioni sulla forma mentis del magistrato e sul ruolo della formazione, soprattutto con riferimento all’interdisciplinarità a cui essa deve ambire e alle cosiddette soft skills.

27/10/2023
Dall’università alla magistratura: considerazioni sul rapporto tra studio e lavoro

Dedicando uno specifico spazio di attenzione al tema della formazione accademica, la ricerca ha invitato i giovani magistrati a riflettere retrospettivamente sul ruolo esercitato dagli studi universitari nel percorso di formazione del loro sapere di magistrati. Le considerazioni raccolte delineano una cultura giuridica dei giovani magistrati critica nei confronti di un’educazione che veicola una concezione del diritto ideale e distante dalla realtà. Allo stesso tempo, la ricerca rileva, nella percezione dei magistrati, la mancata corrispondenza tra le conoscenze richieste dal sistema di reclutamento e le competenze necessarie all’effettivo svolgimento delle funzioni.

26/10/2023
Una ricerca sulla cultura giuridica dei giovani magistrati: nota metodologica

La presente nota ricostruisce la metodologia adottata nell’ambito della ricerca, focalizzandosi sugli strumenti della ricerca qualitativa – interviste e focus group – selezionati e utilizzati nell’indagine. La nota presenta inoltre una descrizione del campione dei magistrati partecipanti alla ricerca, focalizzandosi su alcune caratteristiche, quali la regione sede di lavoro, il genere, la funzione, il settore, l’anno di presa di servizio.

25/10/2023
Dalle motivazioni all’ufficio giudiziario: la percezione del ruolo del giovane magistrato

Il presente contributo pone attenzione sulla dimensione motivazionale dei giovani magistrati partecipanti alla ricerca. Prendendo avvio dalle motivazioni espresse nelle interviste e nei focus group circa l’ingresso in magistratura, vengono delineate le diverse prospettive sul tema. Successivamente, l’attenzione viene focalizzata sulle (diverse) motivazioni alla base della scelta del settore – civile o penale – o della funzione, giudicante o requirente. Vengono illustrate, in particolare, anche le motivazioni espresse dai magistrati che hanno scelto di prestare servizio nella magistratura di sorveglianza. Infine, viene messo in luce l’incontro/scontro tra le idee, le opinioni, le percezioni del ruolo del magistrato antecedenti all’ingresso in magistratura con il lavoro, reale e concreto, negli uffici giudiziari.

24/10/2023
La cultura giuridica della magistratura italiana all’alba del nuovo millennio: primi spunti di riflessione storico-sociologica

Come è cambiata negli ultimi decenni la cultura giuridica dei giovani magistrati italiani? Viene qui proposta una prima analisi dei risultati della ricerca che prova a utilizzare, in una prospettiva storico-sociologica, una tipologia di modelli di giudice elaborata sul finire degli anni settanta. Partendo da quest’ultima, l’Autore evidenzia persistenze e discontinuità in tre modelli di magistrato (l’integrato-tradizionalista, l’alienato-burocratizzato e il deviante-innovatore) che, in qualche misura, riescono a descrivere con un certo grado di esaustività gli elementi presenti nella cultura giuridica dei magistrati che si sono affacciati alla professione nell’ultimo decennio. Una modellistica ideal-tipica, che cerca di porre le premesse per ulteriori indagini mirate a una sua più accurata validazione statistica.

23/10/2023
Una ricerca sulla giovane magistratura

Formazione, condizioni di lavoro, problemi, criticità e aspirazioni dei magistrati entrati in magistratura dal 2013 in avanti in una ricerca commissionata da Questione giustizia all’Università di Torino

23/10/2023
Etica, deontologia e funzioni giudiziarie: tra efficienza, percezione ed effettività

Sommario: 1. Il giudice - 2. Il pubblico ministero - 3. L’organizzazione del lavoro: carriera e carrierismo

18/07/2022