Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

La nozione di residenza abituale, l’interesse del minore e il fattore tempo (nota a Cass. Civ. Sez. I, 5.1.2022 n. 161)

di Rita Russo
consigliera presso la Corte di Cassazione

Le sezioni unite sono chiamate a pronunciarsi sull’ incidenza del fattore tempo in tema  di competenza giurisdizionale tra più Stati  aderenti alla Convenzione dell’Aja del 1996, qualora si tratti di pronunciare sull’affidamento di minori  che mutano   la residenza abituale. L’ordinanza di rimessione offre lo spunto per esaminare le peculiarità della Convenzione dell’Aja del 1996 e valutare l’applicabilità alla fattispecie dei principi della formazione del giudicato rebus sic stantibus e della perpetuatio jurisdictionis.

1. Il caso

L’ordinanza in commento rimette alle sezioni unite una questione nuova, di particolare importanza, con riferimento alla competenza giurisdizionale nel procedimento di affidamento del minore, prospettando l’ipotesi che possa radicarsi, in momenti diversi, la competenza di giudici diversi e che pertanto il provvedimento di un giudice di uno stato terzo (extra UE) che afferma la propria competenza giurisdizionale non necessariamente entra in conflitto con un altro provvedimento del giudice italiano, che afferma la propria competenza sulla base di diversi presupposti di fatto, maturati in tempi diversi.

La concreta vicenda sottoposta alla attenzione del giudice italiano e pervenuta in Corte di Cassazione è molto articolata, ma non dissimile da molte altre vicende di trasferimento all’estero di minori con un solo genitore, senza un preventivo accordo con l’altro (o provvedimento giudiziale) sull’affidamento e sulla residenza; il che determina la necessità di stabilire quale sia il giudice competente ad adottare il provvedimento di affidamento ed in base a quale criterio. Inoltre, mancando l’accordo anche sul fatto in sé del trasferimento all’estero del minore, si profila lo scenario della sottrazione internazionale, che è questione distinta; in questo caso infatti gli strumenti internazionali[1], consentono di attivare una procedura per il celere ritorno del minore nel paese dal quale è stato sottratto, ma non per stabilire regole sull’affidamento. 

Malgrado la autonomia concettuale e processuale delle due diverse istanze di tutela (affidamento del minore e rientro del minore sottratto in patria), sul piano fattuale le due questioni normalmente si intrecciano e condizionano reciprocamente i relativi provvedimenti, in particolare quando si deve valutare la idoneità all’affidamento di un genitore che si è reso responsabile di una illecita sottrazione. Le decisioni sulla responsabilità genitoriale restano comunque al giudice competente, individuato secondo i criteri di cui si dirà, mentre l’autorità adita per il rimpatrio, e cioè l’autorità sita nello Stato di rifugio, dovrà accertare la sussistenza dei presupposti di illecita sottrazione, vale a dire se il trasferimento del minore è operato in violazione di qualsivoglia diritto di affidamento efficace nell’ordinamento dello Stato di residenza, purché alla titolarità del diritto si accompagni l’effettivo esercizio di essa; in caso di esito positivo, l’autorità dovrà ordinare il rimpatrio del minore, salvo eccezioni specificamente previste[2], senza entrare nel merito della regolamentazione della responsabilità genitoriale, materia questa riservata esclusivamente alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria competente.

 Nel caso di specie si discute della competenza a decidere sull’affidamento di due minori nati in Italia, che nel 2018 sono stati trasferiti dalla madre in Russia, poi nuovamente portati in Italia e quindi nuovamente allontanatati dal territorio nazionale; il giudice russo ha escluso, con riferimento ai fatti del 2018, la sottrazione dei minori rilevante ai fini della applicazione della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 e si è dichiarato competente sulla domanda di affidamento. 

 I minori sono nati in Italia dalla convivenza tra una cittadina russa e un cittadino italiano ed hanno vissuto in Italia fino al 2018, anno in cui la madre si è recata con i figli in Russia, apparentemente per una vacanza, ma senza rientrare in Italia alla data convenuta con il compagno. Una volta stabilita nel suo paese di origine, la madre si rivolge al Tribunale locale, che esclude trattarsi di sottrazione internazionale e le affida i figli, ritenendosi competente in quanto la residenza dei minori si è ormai stabilita in Russia, e i minori, ascoltati, hanno dichiarato la loro preferenza per vivere con la madre nel suo paese natale. Tuttavia, nel 2019 i genitori raggiungono una intesa e la madre rientra spontaneamente in territorio italiano con i minori, sottoscrivendo un accordo in cui si impegna a non sottrarre i minori alle loro abitudini di vita consolidate in Italia. Successivamente, i rapporti tra i conviventi si deteriorano di nuovo (a quanto sembra per ragioni economiche) e la madre si allontana dalla residenza italiana portando con sé i figli. Nelle more tuttavia il Tribunale di Piacenza, adito dal padre, con decisione poi confermata dalla Corte d’appello di Bologna, affida i bambini al padre, ritenendo non solo la propria competenza, ma anche privo di effetti il provvedimento del Tribunale russo; la Corte di merito, in particolare, enfatizza la condotta di sottrazione concretizzatasi non già nell'episodio dell'agosto 2018 – la cui illeceità era stata esclusa dal giudice russo- ma in quella intervenuta il giorno antecedente l'udienza tenutasi davanti il Tribunale piacentino il 18 settembre 2019, quando la madre si era allontanata dalla residenza conducendo con sé i figli privi di passaporto, "varcando con ogni probabilità i confini nazionali". La madre ricorre per cassazione lamentando la violazione delle Convenzioni internazionali applicabili alla fattispecie e il difetto di competenza giurisdizionale del giudice italiano. 

La prima sezione della Corte di cassazione avverte l’esigenza di fissare regole chiare per determinare la competenza giurisdizionale, anche nel caso in cui si soprappongano provvedimenti di autorità nazionali che si ritengono egualmente competenti e rimette alle sezioni unite la decisione se per la Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996 (art. 5 sulla competenza), la "residenza abituale" ritenuta dal giudice di uno degli Stati aderenti che per primo è stato adito per pronunciare sull'affido del minore, è accertamento che osta a che il giudice di altro Stato contraente possa esercitare la propria giurisdizione, accertando, in ragione di differenti presupposti fattuali, la "residenza abituale" in territorio italiano del medesimo minore in tempi diversi; se i fatti di "residenza abituale" possano connotarsi in modo distinto tra giudici di più Stati aderenti alla Convenzione dell'Aja del 1996, senza che tanto realizzi sovrapposizioni e futuri conflitti, anche laddove siano rimaste inosservate le norme di prevenzione (art. 13).

 Per comprendere la portata dei quesiti sui quali le sezioni unite dovranno pronunciarsi occorre considerare che qui è in gioco non solo la definizione di residenza abituale del minore, sulla quale invero esiste già una giurisprudenza abbastanza consolidata, ma anche la permeabilità di questa definizione ai mutamenti temporali -e questo implica la necessità di valutare la differente importanza che ha il fattore tempo nella vita del minore rispetto alla vita dell’adulto- e, infine, ma non ultimo, la spinosa questione dei conflitti internazionali di competenza. 

 

2. La competenza e la residenza abituale del minore 

 Al caso di specie si applica la Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 ratificata dallo Stato italiano con legge 18 giugno 2015 n. 101 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, poiché si tratta di stabilire la competenza giurisdizionale rispetto ad un giudice di paese terzo non facente parte della Unione europea; nei rapporti tra gli Stati membri dell’UE prevale invece il Reg. 2201/03 (Bruxelles II bis), che comunque, si allinea, in ordine alla scelta del criterio di collegamento e di competenza, a quanto previsto dalla Convezione dell’Aja. 

 La Convenzione dell’Aja del 1996 è uno degli strumenti normativi di diritto internazionale privato e processuale più avanzati per la protezione dei minori in difficoltà. Si tratta di un testo di riferimento in quanto radica forum e ius facendoli coincidere con la residenza abituale del minore, criterio che viene così a costituire, in una, titolo di giurisdizione e criterio di collegamento. Su questa falsariga, la residenza abituale costituisce poi il criterio generale scelto e impiegato dagli strumenti di cooperazione giudiziaria in materia civile elaborati in ambito UE, al fine di individuare l’autorità giurisdizionale competente a decidere su questioni riguardanti i minori, come la regolamentazione dell’affidamento e diritto di visita, ai sensi del già citato Regolamento n. 2201/2003, o la determinazione delle obbligazioni alimentari ai sensi del Regolamento n. 4/2009. 

L’adozione del criterio della residenza abituale costituisce attuazione del principio della centralità del best interest del minore, in conformità all’art 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 96. Sebbene il processo di affidamento sia regolato, e non soltanto in Italia, secondo lo schema tradizionale della azione giudiziaria di un genitore (attore) contro l’altro (convenuto), parte sostanziale del processo è anche il minore, sul quale incidono gli effetti del provvedimento, rivolto ad attuare il suo miglior interesse e non quello dei genitori; i genitori sono in verità anch’essi portatori di un interesse proprio e cioè il diritto alla relazione familiare con il minore, ma in primo luogo essi esercitano un munus, e cioè la responsabilità genitoriale, in ragione del quale devono perseguire la realizzazione del miglior interesse materiale e morale del minore e non possono anteporre i loro individuali interessi a quelli della prole[3]

Il principio del superiore (o migliore) interesse del minore, utilizzato inizialmente per motivare le decisioni relative all’affidamento dei minori, nel tempo ha assunto una portata ampia, divenendo una clausola generale del diritto di famiglia, e anche un principio generale nel quadro della tutela internazionale dei diritti del fanciullo[4].

I principali strumenti internazionali codificano quindi il principio che giudice competente a decidere sulla responsabilità genitoriale (affidamento, diritto di visita, mantenimento) è il giudice del luogo di residenza abituale del minore e non il giudice della residenza dei genitori o il giudice dello Stato di cittadinanza, perché è il giudice più vicino al minore stesso e quindi idoneo a compiere tutti gli atti necessari ad accertare i suoi interessi, e ad ascoltarlo. Non si tratta di una presunzione assoluta, perché in taluni casi gli strumenti internazionali, ed anche la stessa Convenzione dell’Aja qui applicabile, consentono il ricorso ad un meccanismo simile -con qualche peculiarità- a quello del forum non conveniens[5]: si prevede che l’autorità di uno Stato non competente, ma con il quale il minore ha uno stretto legame, possa essere ritenuta, con il consenso della autorità dello Stato competente, più adeguata a trattare la controversia. La dottrina ha infatti osservato che se il vero obiettivo cui mira il principio del miglior interesse del minore è che sia sempre scelta l'autorità giurisdizionale più adatta a trattare il caso, in casi eccezionali anche la presunzione di maggiore idoneità del giudice della residenza abituale del minore può essere superata[6]. Invero anche la stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) afferma che il trasferimento del caso a un giudice di uno Stato membro diverso da quello della residenza abituale, può realizzarsi solo se è idoneo a realizzare un valore aggiunto reale e concreto, per quanto riguarda l'adozione di una decisione riguardante il minore, rispetto all'ipotesi del suo mantenimento davanti ad esso[7].

 Deve inoltre tenersi presente che quando il tempo corre durante la contesa giudiziaria si hanno mutamenti delle circostanze di fatto anche importanti e che potrebbero richiedere, nell’interesse del minore, di non tenere conto degli effetti di un provvedimento pur legittimamente emesso da una autorità nazionale competente, ovvero di valutare la questione da diversa prospettiva.  Emblematico per tutti il caso Kampanella[8]: nonostante una decisione di rimpatrio legittimamente emessa dalle autorità competente in seguito ad una illecita sottrazione, la Corte EDU ha considerato contrario al best interest del minore il suo rientro in patria perché nelle more egli si era positivamente ambientato nel paese di rifugio. Le misure di tutela degli interessi del minore devono quindi essere necessariamente flessibili, per adattarsi non solo alla specificità del caso concreto, ma anche alla mutevolezza delle esigenze della vita di un minore. Il tempo del minore non è il tempo degli adulti, perché registra il passaggio di fasi della vita molto diverse tra di loro e che si succedono rapidamente[9]

 

3. La Convenzione dell’Aja del 1996 e la residenza abituale

La Convenzione dell’Aja del 1996, come si evince dalla relazione esplicativa di Paul Lagarde, ha voluto escludere la concorrenza tra le autorità di Stati diversi ad adottare le misure di protezione della persona o dei beni del minore. Le autorità competenti sono, in linea di principio, quelle dello Stato di residenza abituale del fanciullo. La Convenzione non fornisce alcuna definizione del concetto di residenza abituale, ma, nel corso dei lavori, la Commissione, dopo avere discusso a lungo la proposta degli Stati di definire le situazioni che si sarebbero dovute considerare non implicanti un cambio di residenza abituale, ha accettato, pur senza modificare il testo, che la temporanea assenza del minore dal luogo della sua residenza abituale per ragioni di vacanza, di soggiorno scolastico o di esercizio del diritto di visita non modifica, in linea di principio, la residenza abituale del minore[10]

Si legge altresì nella relazione esplicativa che la Commissione ha ammesso all’unanimità il principio secondo il quale, salvo il caso di sottrazione illecita, il trasferimento della residenza abituale del minore in un altro Stato contraente ha come effetto quello di attribuire, da quel momento in avanti, la competenza alle autorità di quest’ultimo Stato e che il cambio di residenza abituale priva le autorità della precedente residenza abituale della competenza ad adottare le misure di protezione del minore. L’art 14 della Convenzione prevede infatti espressamente la possibilità che il mutamento delle circostanze possa far venire meno l’elemento sul quale si basava la competenza, e, per evitare vuoti di tutela, dispone la ultrattività delle misure adottate dall’autorità (non più) competente fino all’adozione di nuove misure da parte della nuova autorità giudiziaria competente. 

 La relazione esplicativa riporta che la Commissione ha discusso anche l’applicazione del principio della perpetuatio fori (o perpetuatio jurisdictionis) chiedendosi se qualora il trasferimento della residenza abituale del minore da uno Stato all’altro avvenga nel momento in cui le autorità della prima residenza sono chiamate a pronunciarsi sull’applicazione di una misura di protezione (cioè durante la pendenza del processo), tali autorità conservino la competenza ad applicare la misura o se il trasferimento di residenza abituale le priva ipso facto di tale competenza, obbligandole a declinarne l’esercizio. La Commissione ha quindi respinto a maggioranza una proposta favorevole alla perpetuatio fori, sia pure con dei distinguo: mentre alcune delegazioni si sono dichiarate espressamente contrarie all’applicazione del principio della perpetuatio fori in questo campo, ritenendo che si debba favorire un cambio automatico di competenza nel caso di trasferimento della residenza abituale, altre delegazioni hanno giudicato più semplice che la Convenzione tacesse sul punto, lasciando al diritto processuale la decisione sulla perpetuatio fori

 Di fatto, la Convenzione tace sul punto, perché non afferma né nega esplicitamente il principio[11], e ciò può comportare il rischio che si creino difficoltà in sede di riconoscimento della decisione straniera, che è automatico, ma può essere negato qualora la misura sia stata adottata da un’autorità priva di competenza ai sensi delle disposizioni del capitolo II.

 Inoltre, ciò comporta il rischio che l’autorità di nuova competenza possa adottare rapidamente misure che vanifichino quelle da poco adottate dall’autorità precedentemente competente e anche il rischio che autorità nazionali diverse si regolino diversamente: ad esempio che l’autorità nazionale italiana applichi, dandolo per scontato perché vigente nell’ordinamento nazionale, il principio della perpetuatio jurisdictionis e pervenga, magari dopo uno o due anni, ad una decisione sull’affidamento e nelle more altra autorità di paese straniero, ritenutasi competente in base allo spostamento della residenza, abbia già regolato l’affidamento.

Si profilano così alcune questioni problematiche. 

Come si è accennato, la Convenzione dell’Aja non contiene alcuna definizione del concetto di residenza abituale. In ambito UE, la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione consente alle autorità nazionali di adottare criteri comuni e di sviluppare una giurisprudenza nazionale armonica a quella degli altri Stati europei, con un duplice obiettivo: la garanzia del miglior interesse del minore, informato al criterio di prossimità, nonché l’applicazione uniforme ed efficace delle relative norme sulla giurisdizione su tutto il territorio degli Stati membri[12]. Per determinare la residenza abituale di un minore la giurisprudenza europea fa riferimento in primo luogo alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, non temporanea o occasionale, nonché alla durata, alle regolarità, alle condizioni e alle ragioni del soggiorno nel territorio dello Stato e del trasloco della famiglia; rilevano altresì la cittadinanza del minore, il luogo e le condizioni della frequenza scolastica, le conoscenze linguistiche, nonché le relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato[13]. Rileva inoltre anche l’intenzione del titolare della responsabilità genitoriale di stabilirsi con il minore in un altro Stato membro, manifestata attraverso iniziative tangibili: in assenza però della presenza fisica, non può accordarsi un’importanza determinante all’elemento intenzionale. La Corte di giustizia precisa inoltre che non hanno alcuna incidenza circostanze quali la coercizione esercitata da un genitore sull’altro[14]. Anche la Corte di Strasburgo si è occupata della definizione di residenza abituale, con particolare riferimento ai casi di sottrazione rilevando che il concetto di residenza abituale è una questione di puro fatto, diversa dal domicilio[15].

Questa ampia produzione di giurisprudenza europea trova riscontro anche nella giurisprudenza nazionale italiana, che ha individuato la residenza abituale del minore nel “luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale”, vale a dire al luogo in cui, in virtù di una durevole e stabile permanenza, non determinata da una illecita sottrazione, il minore ha il centro dei propri legami affettivi non solo parentali, derivanti dallo svolgimento in detta località della sua quotidiana vita di relazione[16]. Rilevano quindi una serie di circostanze che vanno valutate in relazione alla peculiarità del caso concreto: la durata, la regolarità e le ragioni del soggiorno, la cittadinanza del minore, la frequenza scolastica e, in generale, le relazioni familiari e sociali. Si sottolinea, inoltre, che il luogo di residenza abituale del minore non è solo quello nel quale il minore stesso ha consolidato e consolida una rete di relazioni e di affetti, tali da assicurargli uno sviluppo psicofisico armonico, ma anche quello che, in base a un giudizio prognostico, potrà diventare in futuro l'effettivo e stabile centro d'interessi del minore[17]. Questi principi vengono enunciati dalla giurisprudenza nazionale anche nei casi in cui viene in applicazione la Convenzione dell’Aja del 1996; tuttavia non vi è alcuna garanzia che il giudice di uno Stato extraeuropeo applichi gli stessi criteri per determinare la residenza abituale del minore. E’ possibile quindi che il giudice di uno Stato extraeuropeo si ritenga competente in base ad una definizione di residenza abituale del minore non del tutto armonica a quella comunemente accettata in Europa.

Si profila così la possibilità di conflitti di difficile risoluzione con i giudici dei paesi terzi, nonostante le norme convenzionali di prevenzione, poiché nel caso in cui due giudici di nazioni diverse si ritengano contemporaneamente competenti i rimedi sono essenzialmente interni e i criteri interpretativi non sono uniformi, in mancanza di una Corte sovranazionale che possa stabilire principi comuni[18].

 

3. I conflitti di competenza e la loro soluzione

Nel caso di specie non sembra che il giudice della Federazione russa abbia utilizzato criteri anomali per determinare la residenza abituale - e quindi la competenza -, poiché si è fatto riferimento alla iscrizione dei minori a scuola e al servizio sanitario in Russia; si desume però che una certa rilevanza è stata attribuita, più che al tempo effettivo della permanenza dei minori, alla intenzione della madre di stabilirsi in Russia ed alla manifestata volontà dei figli di vivere con la madre; ed altresì che ha pesato sulla decisione del giudice russo la ritenuta liceità del trasferimento. 

 Si desume anche che il giudice italiano ha valutato criteri diversi ed ulteriori, dando prevalenza non solo alla pregressa (prima del conflitto) residenza dei minori in Italia, ma anche al loro ritorno, dopo il trasferimento in Russia, sulla base di un accordo nel quale la madre stessa riconosce che l’ambiente naturale e le consolidate abitudini di vita dei minori sono in Italia; si è anche evidenziato che, nonostante l’accordo, dopo poco tempo la madre li ha nuovamente portati via, condotta che sembra essersi tradotta più in un tentativo di sottrazione che in un fatto compiuto e per il quale si è aperto un procedimento penale. 

Si profila così un conflitto, questione che la Corte d’appello di Bologna sembra ritenere irrilevante, sulla affermazione che il provvedimento del giudice russo non avrebbe effetto. La madre, come prevedibile, denuncia in sede di legittimità la violazione delle Convenzioni internazionali applicabili alla fattispecie, vale a dire la violazione di legge, questione che la Corte di Cassazione deve necessariamente affrontare, non potendosi ignorare il dato di fatto della esistenza di due provvedimenti sull'affidamento di segno di opposto emessi da due giudici di nazioni diverse, ma aderenti alla stessa Convenzione internazionale, e che si ritengono entrambi competenti.

Gli strumenti internazionali come la Convezione dell’Aja, basata sul principio della reciproca fiducia, si affidano alle norme sulla prevenzione del conflitto. L’art 13 della Convenzione stabilisce che le autorità di uno Stato contraente competenti ad adottare misure di protezione della persona o dei beni del minore devono astenersi dal decidere se, all’atto dell’introduzione della procedura, misure analoghe siano state richieste alle autorità di un altro Stato contraente allora competenti e siano ancora in corso di esame. Nel caso di specie però il meccanismo della prevenzione si è in qualche modo inceppato, perché il giudice russo è stato adito per primo e per primo è arrivato ad una decisione sull'affidamento; il giudice italiano, adito successivamente, ma che ha trattato la questione per un tempo più lungo, non si è astenuto ed è pervenuto ad una decisione di segno opposto, prendendo in considerazione anche circostanze sopravvenute; e così il concetto di residenza abituale si è frantumato su una diversa valutazione del fattore tempo. Quanto tempo occorre infatti ad un minore per radicarsi serenamente in un certo luogo, se vi è stato portato dal genitore con il quale desidera vivere?  E la scelta è reversibile? A queste domande sono state date risposte diverse e la Corte di cassazione è chiamata a stabilire se si tratti di risposte entrambe legittime, ciascuna per la sua stagione, ovvero confliggenti tra di loro.

 Rilevando la sussistenza di un conflitto di competenza giurisdizionale e applicando il principio di prevenzione il giudice adito successivamente avrebbe dovuto astenersi, diversamente avrebbe violato la norma convenzionale; e comunque una volta formatosi il giudicato sulla pronuncia emessa dal giudice adito per primo dovrebbe farsi applicazione della regola della improcedibilità dell'azione successivamente introdotta. In questi termini avrebbe ragione la madre, perché il giudice italiano è stato adito successivamente e, a quanto pare, non è stato applicato il principio di prevenzione. Qui però si innesta la questione problematica rimessa alle sezioni unite, muovendo dalla considerazione che il giudicato in materia di famiglia si forma sempre rebus sic stantibus, vale a dire che non è immutabile perché le statuizioni giudiziali sono adottate in un certo momento su determinati presupposti di fatto e devono, pertanto, potersi rivedere nel momento in cui quei presupposti di fatto mutano[19]. Questo vale anche per il presupposto di fatto che radica la competenza e la giurisdizione e cioè la residenza abituale del minore. Si è detto che la ragione dell'individuazione di questo criterio corrisponde all'esigenza sostanziale di realizzare il miglior interesse del minore individuando il giudice più vicino al minore stesso e quindi il più adatto a valutare il suo interesse materiale e morale; di conseguenza se il minore in tempi diversi è radicato in luoghi diversi, muta anche la competenza giurisdizionale e ciò potrebbe giustificare la presenza di provvedimenti adottati da autorità nazionali diverse che diacronicamente possono ritenersi ugualmente competenti. In questi termini, nota la Corte, la nozione di residenza abituale del minore, potrebbe essere influenzata dal fattore tempo che, nella sua diacronica declinazione, ammetta, con il conseguente diverso atteggiarsi della richiamata nozione, l'esistenza di una competenza giurisdizionale di più Stati contraenti ex art. 5 della Convenzione dell'Aja del 1996.

Con la conseguenza che non vi sarebbe un conflitto e che l'esistenza di un precedente giudicato formatosi sulla pronuncia resa da un giudice di un paese extraeuropeo non sarebbe di per sé ostativa a che – fondandosi su un diverso presupposto di fatto che radica la competenza- si pronunci anche il giudice nazionale. 

L'ordinanza in commento prospetta entrambe le possibilità e rimette la decisione alle sezioni unite. 

Da rilevare che ove si volesse propendere per la seconda soluzione, sorge anche la questione della applicazione della regola della perpetuatio jurisdictionis, in virtù della quale il giudice nazionale può considerarsi competente solo se alla data della domanda i minori avevano la loro residenza abituale in Italia, restando irrilevante la circostanza che successivamente, ma sempre nel corso della pendenza del giudizio italiano, possano essersi radicati -per un periodo più o meno lungo- in un altro paese; ma dovrebbe farsi conto che alla data in cui è stato adito il giudice italiano un altro giudice era già stato adito ed ha ritenuto la propria competenza giurisdizionale. Ove invece si ritenga più corretto prescindere da questa regola, per le ragioni esposte nella relazione esplicativa alla Convenzione dell’Aja, occorrerebbe fare riferimento alla residenza abituale dei minori e alla competenza al momento della decisione[20]. Se così fosse, potrebbero essere ritenuti ugualmente competenti in tempi diversi il giudice italiano e il giudice russo e quindi non si delineerebbe alcun conflitto né alcuna violazione delle norme convenzionali; si tratterebbe soltanto di considerare efficace il provvedimento che considera i fatti più recenti, applicando il principio della formazione del giudicato rebus sic stantibus

Infine, una considerazione: la madre, nel ricorso per cassazione, lamenta che mentre il Tribunale russo ha ascoltato i bambini, che costoro avevano dichiarato la loro preferenza a vivere con la madre in Russia, e che detta circostanza che non è stata valutata dalla Corte bolognese che non ha neppure disposto l'ascolto dei minori.

Sulla questione non viene sollecitato alcun intervento chiarificatore delle sezioni unite, perché la giurisprudenza sul punto è ampiamente consolidata. Nei procedimenti di affidamento dei minori, ma anche in quelli di sottrazione internazionale ed in genere in tutti procedimenti che li riguardano, l'ascolto del minore che ha compiuto dodici anni o comunque capace di discernimento è un adempimento indispensabile, in attuazione dell’art 12 della Convenzione di New York, degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, nonché delle specifiche disposizioni di legge che lo prevedono e lo regolano (art 315 bis c.c.). L’ascolto costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del diritto fondamentale del minore ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse; sulle ragioni per le quali eventualmente si omette l’ascolto incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione[21]. Il mancato ascolto del minore, peraltro, può costituire ragione di mancato riconoscimento della decisione nazionale sia in ambito UE che da parte degli altri paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja del 1996 (art 23 lett. b).


 
[1] Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, ratificata con la legge n. 64 del 1994; integrata, in ambito UE dal Regolamento CE n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, c.d. Bruxelles II bis.

[2] Non deve essere trascorso più di un anno dalla data della sottrazione, poiché se è trascorso più di un anno la parte sottraente può evitare il rimpatrio dimostrando che il minore si è integrato nel nuovo ambiente; dal ritorno del minore non deve derivargli alcun danno morale e materiale; il minore, che è doveroso ascoltare, può opporsi al ritorno e del suo parere si tiene conto in relazione al suo grado di maturità.

[3] Cass. civ., sez. I, 30/07/2018, n. 20151; Cass. civ., sez. I, 08/11/2010, n. 22678.

[4] Di Stefano, Interesse superiore del minore e sottrazione internazionale di minori, CEDAM, 2012.

[5] Con l’espressone forum non conveniens si intende fare riferimento a un istituto di common law consistente in un’eccezione in forza della quale un giudice nazionale può declinare discrezionalmente la propria competenza qualora un altro giudice, egualmente competente in un altro Stato, costituisca oggettivamente il foro più adeguato per decidere la controversia, avendo riguardo agli interessi di tutte le parti e ai fini della giustizia.

[6] Lamarque, Residenza abituale del minore, criterio della vicinanza del giudice e best interests of the child, in Famiglia e Diritto, 2017, 12, 1094.

[7] CGUE 27 ottobre 2016, C-428/15, J.D. (par. 57).

[8] Corte EDU, Sneersone e Kampanella contro Italia, 12 luglio 2011. Per un approfondimento si rinvia a Honorati, Sottrazione internazionale dei minori e diritti fondamentali, in Riv. Diritto internazionale privato e processuale, 2013, 1.

[9] Da ricordare che le Linee guida del Consiglio d’Europa sulla giustizia a misura di minore richiedono al giudice una diligenza eccezionale nelle questioni di diritto di famiglia, e che venga costantemente applicato il principio della urgenza per fornire una risposta rapida e per proteggere al meglio l’interesse del minore.

[10] Relazione esplicativa di Paul Lagarde, traduzione non ufficiale a cura del Garante per l’infanzia e l’adolescenza (https://www.garanteinfanzia.org/).

[11] Sembra in verità negarlo implicitamente laddove prevede (art. 5 comma 2 ) che “in caso di trasferimento della residenza abituale del minore in un altro Stato contraente, sono competenti le autorità  dello Stato della nuova residenza”.

[12] CGUE sentenza 15 febbraio 2017, W e V, causa C‑499/15.

[13] CGUE sentenza 2/4/2009, A, causa C‑523/07, punti 38, 39; 22/12/2010, Mercredi, causa C‑497/10 PPU, punto 49; 9/10/2014, C, causa C‑376/14 PPU, punto 51; 8/6/ 2017, OL, causa C‑111/17 PPU, punto 43; 28/6/ 2018, HR, causa C‑512/17, punto 41.

[14] CGUE sentenza 17/10/ 2018, causa C-393/18.

[15] Corte EDU 7/7/2020 Michnea v. Romania.

[16] Cass. civ., sez. un., 05/11/2019, n. 28329; Cass., civ. sez. un, 13/2/2012, n. 1984; Cass.civ. 19/7/ 2013, n. 17746; Cass. civ., sez. un., 02/10/2019, n. 24608; con riferimento alla Convenzione dell’Aja 1996 si veda Cass. civ. sez. un., 13/12/2018, n. 32359.

[17] Cass. civ., sez. VI, 20/10/2015, n. 21285.

[18] Ad esempio, la Corte di giustizia UE si è pronunciata in materia di litispendenza internazionale europea e ha stabilito che, nei casi di contemporanea pendenza di due processi identici in Stati membri differenti, la violazione da parte del secondo giudice della regola sulla litispendenza europea non integra un motivo ostativo al riconoscimento della decisione di merito da questi pronunciata (CGUE Sez. I, 16/01/2019, n. 386/17, Liberato c. Grigorescu).

[19] Cass. civ., sez. VI, 07/09/2020, n. 18528; Cass. civ., sez. un., 30/03/2018, n. 8042.

[20] La nostra giurisprudenza di legittimità sembra al momento attestata nel considerare rilevante la residenza abituale al momento della domanda; si veda Cass. civ., sez. un., 13/12/2018, n. 32359 “La regola fondamentale posta dalla convenzione del 1996 (in sintonia, fra l'altro, con quanto affermato nel Regolamento CE n. 2201 del 2003, art. 8, e nella Convenzione dell'Aja del 25.10.1980, art. 8) è, dunque, quella che individua la competenza giurisdizionale in riferimento al criterio della residenza abituale del minore al momento della proposizione della domanda”. Anche il Reg. CE 2201/2003 (Bruxelles II bis) prevede espressamente (art 8) che la competenza si determini in ragione della residenza abituale alla data in cui è adita l’autorità giudiziaria.

[21] Cass. civ., sez. I, 25/01/2021, n. 1474; Cass. civ., sez. I, 24/02/2020, n. 4792; Cass. civ., sez. I, 27/01/2020, n. 1785; Cass. civ., sez. I, 07/05/2019, n. 12018; Cass. civ., sez. I, 17/04/2019, n. 10784

01/02/2022
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