Dal 26 marzo sarà possibile preparare e distribuire per il consumo alimenti in cattivo stato di conservazione, insudiciati o invasi da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocivi, con additivi chimici non autorizzati, e con residui di pesticidi tossici per l’uomo; così come scomparirà, tra l’altro, il divieto di importare alimenti non conformi alle nostre leggi.
Verranno abrogate, cioè, tutte le disposizioni della legge alimenti del 1962 che fino ad oggi tutelavano, con sanzioni penali, con la chiusura dello stabilimento per frodi tossiche e con la revoca della licenza o dell’autorizzazione per tutti gli altri casi, la nostra salute, in via preventiva, dalla «violazione del cd. ordine alimentare, volto ad assicurare al consumatore che la sostanza alimentare giunga al consumo con le garanzie igieniche e di conservazione imposte per la sua natura, E tale violazione è sufficiente ad integrare il reato di danno in questione, non essendo necessario, per la configurabilità del reato contestato che a tal fine vi sia un danno alla salute»[1].
Non si tratta, quindi, di depenalizzazione ma dell’abrogazione tout court di quasi[2] tutta la legge 30 aprile 1962 n. 283 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), inclusi, in particolare gli articoli 5, 6,12 e 12-bis che sanzionano con arresto o ammenda le condotte sopra descritte.
Artefice di questa assurda abrogazione è l’art. 18, lett b) e c) del D. Lgs. 2 febbraio 2021 n. 27, recante Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 ai sensi dell'articolo 12, lettere a), b), c), d) ed e) della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
Adeguamento, cioè, alle disposizioni regolamentari comunitarie relative «ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari». Senza alcun collegamento con le disposizioni della legge 283/1962 che vengono abrogate. Né alcun cenno in proposito si rinviene nella legge delega: l’art. 12, comma 3, della legge 117/2019, infatti, consente l’abrogazione solo delle disposizioni nazionali incompatibili con il regolamento comunitario; attinenti, quindi, al settore dei controlli ufficiali lungo la filiera agroalimentare; ed anche per le sanzioni, dispone che vi siano «sanzioni amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle violazioni medesime» per la violazione delle disposizioni del regolamento comunitario sui controlli. Senza mai neppure citare la legge 283/1962 che fuoriesce completamente da questo ambito.
Come si sia arrivati a questa abrogazione, non è chiaro.
Di certo, essa non era contenuta nella bozza di decreto trasmessa dal governo Conte al Parlamento per il parere prima dell’approvazione definitiva.
Secondo un tweet della senatrice Loredana De Petris si tratterebbe di un’aggiunta nata nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni, anche se non risulta inserita formalmente in quella sede.
Insomma, -secondo le voci che pervengono da ambienti governativi- si tratterebbe della solita “manina” anonima che, nella trasmissione del testo alla Gazzetta Ufficiale, l’avrebbe inserita a sorpresa.
Di certo, comunque, non ne sapeva niente neppure il nuovo Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli, il quale, due giorni prima della pubblicazione del decreto, il 9 marzo, illustrando alla Commissione agricoltura del Senato, le linee programmatiche del governo Draghi, si è impegnato, tra l’altro, per «la difesa delle produzioni agroalimentari, la tutela della qualità e della salubrità degli alimenti e il contrasto alle pratiche sleali» nonché a intensificare i controlli antifrode e «per la qualità delle nostre produzioni e per la tutela dei nostri prodotti nel mercato nazionale e sulle piazze»; concludendo che, «per migliorare l'attività di contrasto occorre senza dubbio operare una drastica e incisiva semplificazione. In particolare, vi è la necessità di una revisione del quadro di regole sulle sanzioni in modo da renderle più efficaci, maggiormente proporzionate agli illeciti nonché più organiche a livello settoriale. Infatti, occorre riformare il quadro penale dei reati agroalimentari, oggi fermo alle norme del codice del 1930 ed alla legge sull'igiene degli alimenti del 1962». Auspicando, quindi, con chiarezza, una sollecita riforma complessiva del settore agroalimentare; che, però, non può certamente iniziare con l’abrogazione tout court delle uniche norme penali di difesa preventiva oggi esistenti in tema di alimenti.
Del resto, non è la prima volta che si parla di abrogazione della legge alimenti. Già nel 2010, infatti, in dottrina era emersa la tesi che, trattandosi di legge antecedente al 1970, «per effetto di quanto dispone la l. n. 246 del 2005, comma 14 ter, introdotto dalla l. n. 69 del 2009, e tenuto conto della data di entrata in vigore della l. n. 246 del 2005, si deve necessariamente concludere, quindi, che il termine di un anno ivi indicato scade il 16 dicembre 2010 e che, pertanto, a quella data, deve ritenersi prodotto l’effetto abrogativo rispetto alla l. n. 283 del 1962»[3].
Tuttavia, dopo attenta lettura delle varie leggi di abrogazione[4], tale tesi veniva decisamente confutata in modo del tutto convincente dall’ Ufficio massimario della Corte di Cassazione[5] seguito da diverse conferme della suprema Corte[6].
Oggi, invece, appare del tutto chiara la volontà abrogatrice di una legge che, pur con tutti i suoi limiti e nonostante la inadeguatezza dell’apparato di controllo, ha permesso, grazie anche ad una attenta giurisprudenza, di porre un freno al mercato delle frodi alimentari che, purtroppo, è in continua espansione.
Come opportunamente rilevato dalla dottrina[7], infatti, già «nel 2018 la Coldiretti evidenziava un “… balzo del 58%» delle notizie di reato nel settore agroalimentare; soprattutto con riferimento ad alcuni settori merceologici come il vino, il biologico, l’olio, l’ortofrutta, e così oltre[8]. Nemmeno il Covid-19 ha fermato le frodi agroalimentari: tra febbraio e aprile 2020 sono state elevate 948 contestazioni amministrative e depositate 49 notizie di reato all’Autorità Giudiziaria, eseguiti 57 sequestri per un valore di oltre 3 milioni di euro”»[9].
Pertanto, dal 26 marzo si estingueranno anche tutti i procedimenti oggi pendenti per i quotidiani attentati alla nostra salute in campo alimentare, Certo, resteranno i (pochi) delitti previsti dal codice penale ma altrettanto certamente serviranno poco una volta venuta meno la difesa preventiva delle contravvenzioni, ben più agile sia come struttura sia come difficoltà probatorie.
Il dato più sconcertante di questa assurda abrogazione non è solo l’anonimato dei responsabili, ma, soprattutto, la totale inconciliabilità con la riforma Caselli attualmente in discussione in Parlamento.
Trattasi, come è noto, di un disegno di legge elaborato da una Commissione presieduta da Giancarlo Caselli, approvata nel 2017 dal Consiglio dei Ministri su proposta dell’allora ministro della giustizia Andrea Orlando (attualmente ministro del lavoro e delle politiche sociali), che prevede una riorganizzazione sistematica degli illeciti agroalimentari, potenziando un “sistema” punitivo prevalentemente penale nel suo genere, creando tutele (anticipate e) crescenti: contravvenzioni, delitti di danno e, infine, di pericolo per la salute pubblica, fra cui spicca il «disastro sanitario»; e, soprattutto estendendo a questo settore criminale, ai sensi del Dlgs. 231/0, la responsabilità dell’ente, con sanzioni interdittive a carico dell’azienda[10].
Forse, paradossalmente, è stata proprio questa la molla che ha fatto scattare l’abrogazione della legge 283/1962 come chiaro avvertimento di contrarietà ad una riforma di settore realmente incisiva anche sotto il profilo repressivo.
A questo punto, comunque, una cosa appare certa: l’abrogazione della legge alimenti n. 283/1962 è chiaramente fuori della delega concessa dal Parlamento e, in quanto tale è contrastante con il dettato costituzionale ed annullabile dalla Corte costituzionale.
Peraltro, come esattamente sottolineato dalla dottrina, l’eccesso di delega è tanto più evidente in quanto la fonte del potere delegato risiede in una legge di delegazione europea, la quale è «volta esclusivamente all’attuazione delle direttive europee e delle decisioni quadro da recepire nell’ordinamento nazionale, esclusa ogni altra disposizione di delegazione legislativa non direttamente riconducibile al recepimento degli atti legislativi europei» [11].
Tuttavia, è altrettanto evidente che, nel frattempo, fino alla dichiarazione di incostituzionalità, non solo si estinguerebbero i procedimenti penali pendenti ma rimarrebbe un pericolosissimo vuoto di tutela.
Deve sottolinearsi che, comunque, qualora ciò non avvenisse e si provvedesse successivamente al 26 marzo, con atto avente forza di legge, ad abrogare l’art. 18, lett. b) e c) del D. Lgs. 2 febbraio 2021 n. 27, non sembra possa ipotizzarsi una automatica “reviviscenza” delle disposizioni della legge n. 283/62 abrogate dall’art. 18.
Infatti, secondo la Corte costituzionale, «Il fenomeno della reviviscenza di norme abrogate non opera in via generale e automatica e può essere ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate…... Peraltro, sia la giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, sia la scienza giuridica ammettono il ripristino di norme abrogate per via legislativa solo come fatto eccezionale e quando ciò sia disposto in modo espresso. Per questo le «Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi» della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica stabiliscono che «se si intende far rivivere una disposizione abrogata o modificata occorre specificare espressamente tale intento» (punto 15, lettera d, delle circolari del Presidente della Camera dei deputati e del Presidente del Senato della Repubblica, entrambe del 20 aprile 2001; analoga disposizione è prevista dalla Guida alla redazione dei testi normativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, circolare 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92»[12].
Infine, si nota che, se persiste l’abrogazione, dovrebbe essere rivisto anche il d.d.l. Caselli che più volte richiama le disposizioni oggi abrogate.
[1] Cass. Pen.,sez. 3, 7 maggio 2018, n. 19686 in www.osservatorioagromafie.it 2018, con riferimento all’art. 5 lett. b, della legge 30 aprile 1962 n. 283, che vieta l’impiego nella produzione, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, e, in sostanza «persegue un autonomo fine di benessere, consistente nell’assicurare una protezione immediata all’interesse del consumatore a che il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura».
[2] Vengono fatte salve soltanto le disposizioni di cui agli art. 7, 10 e 22 che riguardano competenze amministrative, con la sola eccezione del secondo comma dell’art. 10 («Chiunque produce, vende o comunque mette in commercio sostanze alimentari o carta ed imballaggi destinati specificatamente ad involgere le sostanze stesse, nonché oggetti d'uso personale e domestico, colorati con colori non autorizzati, è punito con l'ammenda da lire 200.000 a lire 5.000.000»). In proposito, cfr. MAZZANTI, Abrogata la Legge 30 Aprile 1962, n. 283: una scelta incomprensibile che rischia di aprire una voragine nel sistema degli illeciti alimentari, in www.giurisprudenzapenale.com, 2021, n. 3, il quale evidenzia che «al travolgimento delle disposizioni penali, peraltro, si aggiunge quello degli illeciti depenalizzati (ad es., artt. 4, 9, 13 l. 283/1962), con la sola eccezione — figlia, a questo punto, d’un refuso — dell’art. 10 co. 3 l. cit…».
[3] G. TARTAGLIA POLCINI, Diritto alla salute, semplificazione legislativa ed abrogazione della legge 283 del 1962, in www.ambientediritto.it/dottrina/Dottrina_2010/diritto_salute_tartaglia_polcini.htm. Nello stesso senso, come riferisce SCARCELLA (v. appresso, nota n. 5), cfr. Cass. Pen., sez. 3, 25 febbraio 2010, dep. 31 marzo 2010, n. 12572, Forzella.
[4] I cosiddetti decreti ‘‘taglialeggi’’: D. Lgs. n. 179/2009; D.Lgs. n. 212/2010; D.Lgs. n. 213/2010, attuativi della delega conferita con legge 28 novembre 2005, n. 246 in materia di semplificazione legislativa.
[5] A cura di SCARCELLA, Sulla presunta abrogazione della l. 283/1962 in materia di tutela degli alimenti, relazione in data 19 gennaio 2011 riportata anche in www.lexambiente.it, 20 gennaio 2011, cui si rinvia per approfondimenti.
[6] Cass. Pen-, sez. 3, 4 febbraio 2016, n. 4630 e ID. 17 aprile 2014, n. 17009, citate da GUARINIELLO, intervista al Salvagente del 17 marzo 2021.
[7] DIAMANTI, Il sortilegio di von Kirchmann. Abrogati (nottetempo) i reati alimentari della l. n. 283/1962, in www.sistemapenale.it, 17 marzo 2021.
[8] https://www.coldiretti.it/economia/balzo-del-58-nei-reati-tavola-nel-2018.
[9] https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/15410
[10] DIAMANTI, op. loc. cit., il quale sottolinea, tra l’altro, che nel d.d.l. «il rischio rimane di competenza praticamente esclusiva dell’illecito amministrativo; le contravvenzioni si occupano invece del danno colposamente cagionato ma incapace di attivare pericoli per la salute pubblica; i delitti extra-codicem, da ultimo, coprono le condotte dolose su alimenti nocivi (sempre incapaci di attivare pericoli per la salute pubblica)».
[11] DONGO, D.lgs. 27/21 e abrogazione della legge 283/1962, questione di legittimità costituzionale, in www.greatitalianfoodtrade.it, 17 marzo 2021, il quale richiama, in proposito, l’art. 12 della legge 234/12 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea).
[12] Corte cost., sentenza n. 13/2012 in G. U. 25/01/2012 n. 4 . In dottrina, cfr. MAZZANTI, op. loc. cit. anche per richiami.