Magistratura democratica
Magistratura e società

Da sudditi a cittadini
il percorso della democrazia

Nel libro di Domenico Gallo (Ed. Gruppo Abele) un viaggio appassionante attraverso la storia della nostra Costituzione
e dei diritti fondamentali
Da sudditi a cittadini<br>il percorso della democrazia

L’aspetto che più colpisce del bel libro di Domenico Gallo è il metodo utilizzato per affrontare il complesso tema dell’evoluzione dei diritti. L’Autore ripercorre infatti gli ultimi due secoli di storia italiana analizzando, accanto alle istituzioni ed agli strumenti giuridici posti a tutela dei sudditi prima e dei cittadini poi, anche la cinematografia, la letteratura, la poesia e la musica. Per ogni periodo storico vengono così indicate non solo le riforme legislative più importanti, ma anche i romanzi, le canzoni e i film che possono aiutare il lettore a tratteggiare lo spirito dell’epoca.

L’opera, il cui titolo è un omaggio al famoso saggio di G. Zincone Da sudditi a cittadini,  è divisa in sette parti. La prima si presenta come un excursus sulla natura costituzionale e sulle vicende istituzionali dell’unificazione d’Italia, dalla repubblica romana allo statuto albertino, dai plebisciti alle leggi elettorali, dalla II internazionale alla prima guerra mondiale. La prospettiva non è mai banale: si utilizzano i giornali dell’epoca per ricostruire il dibattito inerente l’opportunità per l’Italia di prendere parte al conflitto bellico e per dar conto, al contempo, del dinamismo sociale e culturale proprio di quegli anni. Vengono fornite le coordinate essenziali attraverso cui il lettore può riportare alla mente le vicende della fine dell’ottocento e dell’inizio del novecento, ma poi il loro commento viene affidato alle tristi considerazioni di Ungaretti (“Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro”), allo stupore dei personaggi dei film di Rosi (“Quelle trincee, che pure noi avevamo attaccato tante volte inutilmente, così viva ne era stata la resistenza, avevano poi finito con l'apparirci inanimate, come cose lugubri, inabitate da viventi, rifugio di fantasmi misteriosi e terribili. Ora si mostravano a noi nella loro vera vita, il nemico, il nemico, gli austriaci, gli austriaci!...Ecco il nemico ed ecco gli austriaci. Uomini e soldati come noi, fatti come noi, in uniformi come noi, che ora si muovevano e parlavano e prendevano il caffè, proprio come stavano facendo, in quella stessa ora i nostri stessi compagni”), alle parole di Hemingway (“I giudici avevano tutto lo zelo e la compostezza, il classico sangue freddo di chi può uccidere senza rischio. «La vostra brigata» domandarono. Disse qual era. «Reggimento?» Disse anche questo. «Perché non siete col reggimento?» Lo spiegò. «Non sapete che un ufficiale deve restare con i suoi uomini?»Lo sapeva. Fu tutto).

La seconda parte analizza la costruzione della dittatura, partendo dalle aspettative di rinnovamento economico-sociale che erano alla base delle agitazioni degli anni venti per arrivare all’approvazione delle leggi fascistissime. Queste ultime vengono viste come un vero e proprio punto di svolta del regime: se fino a quel momento vi era stata infatti una convivenza tra il fascismo da una parte e il parlamentarismo rappresentativo e le forze pluraliste dall’altra  - pur con le pagine nere della marcia su Roma, della legge Acerbo e dell’omicidio di Matteotti - con esse lo stato diventa totale e totalitario e viene impedita qualunque forma di autonomia. La Camera dei Deputati (soppressa poi nel 1939) viene composta esclusivamente da persone nominate dal Gran Consiglio del Fascismo, al Capo del governo viene attribuito un potere di controllo totale sull’attività delle Camere, si elimina il carattere elettivo delle amministrazioni locali, viene cancellato l’istituto parlamentare della fiducia, viene creata una milizia volontaria per la sicurezza nazionale alle dirette dipendenze del Capo del governo, viene istituito un Tribunale speciale con il compito di reprimere le attività politiche antifasciste. Il fascismo non avrebbe poi potuto tollerare l'autonomia o la pluralità dei sindacati, ignorando quarant'anni di movimento operaio, ma non avrebbe neanche potuto cancellarli del tutto. Per questo decide di assumere i sindacati nella propria sfera - assorbendone l'autonomia nell'autorità dello Stato secondo un'ideologia corporativa - e rafforza il controllo di polizia su tutta la vita sociale, in funzione di repressione di ogni forma di dissenso. Sempre nell’ottica di eliminare tutti i corpi sociali intermedi abolisce i partiti e la libertà di stampa. In questo modo il regime completa la trasformazione dello stato, che da liberale era ormai diventato autoritario e totalitario.

Nella terza parte ci si concentra sulla seconda guerra mondiale e sull’olocausto, che sono definiti “la notte dell’umanità”. È in questo periodo infatti che vengono adottati “provvedimenti abominevoli”, quali le leggi razziali, quelle per la difesa della razza e per l’istituzione del tribunale della razza. Ne vengono esaminati i presupposti, l’iter di approvazione parlamentare, l’applicazione (nella scuola, negli ospedali, nella pubblica amministrazione) e l’epilogo. Ancora una volta il compito di trarre le conclusioni viene affidato alle parole di uno scrittore, ed in particolare alla commovente poesia di Primo Levi Se questo è un uomo.

Sempre in quest’ottica kantiana di progresso morale della società, la quarta parte viene intitolata “Alba di un nuovo mondo”. Le prime luci iniziano a scorgersi nel movimento di liberazione dal nazifascismo e il sole inizia poi a sorgere con l’istituzione dell’ONU e con l’affermazione di un diritto internazionale umanitario. Il diritto acquista in questo momento un ruolo fondamentale, in quanto strumento attraverso il quale è stata possibile la realizzazione di una svolta epocale: “Il diritto è diventato strumento di liberazione, abbracciando una tavola di valori universali e incorporandoli in sé. Ciò ha comportato una profonda trasformazione della natura stessa della legalità”. Quest’ultima ha infatti incorporato, nel secondo dopo guerra, l’idea di giustizia, superando così, a parere dell’Autore, una contrapposizione millenaria: “La legalità è stata incardinata in un sistema di valori che sovrastano il comando politico da cui scaturisce la legge. Se prima del 1945 la legalità dipendeva dalla legge, dopo il 1945 è la legge che dipende dalla legalità, per cui la legge può perdere la sua legittimità e diventare giuridicamente invalida se non rispetta la legalità. La legge stessa può diventare illegale se il comando politico da cui è stata generata si pone in contrasto con i canoni della legalità. Se nel 1938 potevamo definire ingiuste le leggi razziali, ma non potevano dubitare della loro legalità, oggi se venisse approvata nuovamente una legge razziale, dovremmo dubitare della sua legalità prima ancora che giudicarla ingiusta”. Tutto ciò è stato possibile grazie all’approvazione della Costituzione, che viene da Gallo definita come “il canale attraverso il quale la giustizia è penetrata nell'ordinamento giuridico ed è stata realizzata quella saldatura fra giustizia e diritto che ha cambiato il volto della legalità”.

Nella quinta parte l’Autore ripercorre i momenti cruciali della storia costituzionale italiana, dal referendum istituzionale su monarchia e repubblica all’Assemblea Costituente, per terminare con l’analisi dei tentativi di riforma. Tratteggiando questo affresco si analizzano anche i presupposti antifascisti della nostra Carta costituzionale e i suoi principi fondamentali: il principio personalista e quello democratico, l’uguaglianza, la laicità, il principio lavorista, quello internazionalista, pluralista e di equilibrio tra i poteri.

Nella sesta parte si ripercorrono le fasi della vita concreta del testo costituzionale nell’esperienza storica italiana: l’inattuazione, il disgelo e l’attuazione (con particolare attenzione all’approvazione dello Statuto dei Lavoratori, alla riforma del diritto di famiglia, all’istituzione del Servizio sanitario nazionale, all’introduzione dell’obiezione di coscienza e alla disciplina del servizio civile).

Nella settima e ultima parte vengono illustrate le patologie della nostra repubblica: la guerra fredda e il doppio stato;  le influenze della Nato e di Gladio, la nota struttura militare segreta nata da un accordo tra Sifar e Cia che teoricamente era destinata ad “operare in caso di invasione dietro le linee, con compiti di guerriglia, sabotaggio ed esfiltrazione di personalità da mettere in salvo”, ma che in realtà intervenne nelle vicende interne del nostro paese anche in tempo di pace; la gestione del Sifar da parte di De Lorenzo e il Piano Solo; il tentato golpe Borghese; la strage di Piazza Fontana e la strategia della tensione; la loggia massonica deviata P2 e gli anni di piombo; e, infine, la piaga della mafia.

La conclusione è amara: il crollo del muro di Berlino non ha comportato solo la fine del socialismo reale, ma anche la svalutazione dei beni repubblicani che caratterizzano più nettamente la dimensione sociale e partecipatoria della democrazia. I tentativi di riforma della costituzione mostrano con chiarezza che si è ormai abbandonata la prospettiva di uguaglianza sostanziale sancita al secondo comma dell’articolo tre della costituzione e che si è persa di vista la stella polare che aveva guidato i padri costituenti, ossia la tutela delle minoranze. “Ciò ha reso concreto il rischio di una dittatura della maggioranza, che non si è realizzata sol perché i principali meccanismi di garanzia instaurati dalla Costituzione (indipendenza della magistratura e controllo di costituzionalità delle leggi) hanno impedito ulteriori degenerazioni e sbocchi autoritari. Insomma la Costituzione è ancora viva e guarda al futuro. Ma la sua sopravvivenza non è scontata: dipende da tutti noi”.

 

 

07/06/2013
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