Magistratura democratica
Magistratura e società

Sul libro di Francesco Pallante “Contro la democrazia diretta”

di Filippo Cucuccio
Direttore generale dell’ Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito, già dirigente Bnl

Contro la democrazia diretta, troppo esposta al rischio di una “tirannia della maggioranza”, la scommessa di una democrazia rappresentativa, imperniata sul pluralismo sociale e sul conflitto orientato al compromesso

Se si nutrono dei dubbi sulle possibili declinazioni del termine democrazia; se si esprimono perplessità nello scegliere tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa; se, infine, ci si pongono interrogativi imbarazzati sull’autenticità e sulla validità della  democrazia diretta, il recente libro di Francesco Pallante, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Torino , Contro la democrazia diretta , ( Einaudi, Torino, 2020) può costituire un’ utile bussola di orientamento e di maggiore consapevolezza di problematiche certamente complesse, rese anche di più difficile comprensione da approcci spesso superficiali e non sistematici.

L’impianto dell’opera, che si compone di 14 capitoletti, arricchiti ciascuno da note esplicative e bibliografiche, propone al lettore un percorso espositivo, suggestivo e appassionante, secondo una sequenza logica, il cui filo conduttore è costituito dall’analisi delle diverse forme di democrazia sperimentate in Occidente. In altri termini, una riflessione accurata sulle diverse modalità di coinvolgimento del popolo nelle scelte politiche che sono etichettate sotto il nome di democrazia.

Di sicuro interesse risulta, così, la panoramica iniziale degli strumenti utilizzabili per garantire il coinvolgimento occasionale del popolo su questioni specifiche: dal referendum abrogativo, a quello propositivo; dal recall, alla petizione popolare, alle primarie. Si passa, poi, ad una attenta disanima dei temi cruciali della rappresentanza, della rappresentatività e della delega per giungere alla conclusione che la democrazia rappresentativa è la sintesi di due ideali - obiettivi di segno opposto: da un lato quello dei governati di partecipare realmente alle scelte dei governanti; dall’altro quello dei governanti di esercitare le proprie scelte autonomamente, in assenza di vincolo di mandato.

Un altro pregio di questo volumetto consiste nel non limitarsi, da parte dell’A., ad una valutazione astratta di questi temi, ma di calarli in una dimensione storica. Con il vantaggio per il lettore, oltreché per l’efficacia  e la completezza dell’analisi proposta, di individuare gli orientamenti e i contributi succedutisi nel tempo di filosofi e politologi, valutando anche le conseguenze derivanti dall’evoluzione registrata nel contesto sociale.

Non manca in questo interessante libro, poi,  la trattazione di un tema di grande suggestione, la trasformazione dei ruoli dei diversi attori, sia dei partiti politici, sia dello Stato, ispirato sempre più al principio della sussidiarietà; sia, infine, dei singoli cittadini. Per il ruolo di questi ultimi si vedrà che si è  ritenuto di poter realizzare nelle diverse esperienze storiche una sua valorizzazione, offrendo loro la possibilità di portare avanti i propri interessi nelle discussioni pubbliche; o, alternativamente, riconoscendo loro la facoltà di scegliere i leader e le linee politiche di fondo. 

Nella rassegna di esperienze storiche descritte uno specifico capitolo viene dedicato al caso della Svizzera, che, sicuramente offre dei tratti di spiccata originalità. L’analisi di Pallante ne individua gli aspetti di un sistema direttoriale, ereditato dalla Rivoluzione Francese, giungendo alla conclusione che esso  costituisce un “tertium genus” rispetto, sia ai sistemi parlamentari, sia a quelli presidenziali.

Pagine interessanti sono, poi, dedicate all’esperienza britannica del secolo scorso, condotta dal governo Thatcher, in cui si andò oltre la disintermediazione dei corpi sociali intermedi, da un lato affermando il predominio di una cultura liberale con le sue battaglie per le libertà individuali; dall’altro, quale rovescio della medaglia, spingendo nel dimenticatoio quelle per i diritti sociali, esponendosi, così, a  quei rischi di disaggregazi0one sociale, già ben individuati nelle proprie analisi dal giurista Hans Kelsen nel 1929 e ancor prima dal sociologo Robert Michels.

Quanto agli ultimi 30 anni di vita politica italiana, l’A. si sofferma con attenzione non solo sulle caratteristiche del Movimento 5 stelle con i suoi paradossi, ma anche sul progressivo sgretolamento, registrato in questo periodo, del sistema parlamentare e sullo smantellamento dei corpi intermedi della società nel nostro Paese. E, naturalmente, in questo ambito non può mancare il riferimento puntuale all’affacciarsi della  democrazia digitale, favorito dall’irrompere della rivoluzione tecnologica, e agli imbarazzi e alle  perplessità da essa suscitati .

Nella parte conclusiva del libro si affronta, infine, il tema di come uscire dalle attuali difficoltà in cui si dibatte la democrazia. E qui Pallante, sulla scorta degli esiti della sua analisi, fa una precisa scelta di campo, scartando l’ipotesi di una democrazia diretta, troppo esposta, a suo dire, al rischio di una “tirannia della maggioranza”. La sua preferenza si orienta, pertanto, su quella che egli definisce la scommessa di una democrazia rappresentativa. Una scommessa, che, peraltro, può rivelarsi vincente in virtù di due condizioni ineludibili: attribuire al pluralismo sociale un valore positivo e non ritenerlo, viceversa, una minaccia; credere che “il conflitto orientato al compromesso sia il solo strumento idoneo ad assicurare uguale libertà a tutte le posizioni”.

Come si vede, si è in presenza di una scelta certamente non facile e di due condizioni altrettanto complesse da realizzare. Ma il lettore per trarre le proprie conclusioni non potrà fare a meno di tenere a mente anche la convinzione dichiarata dell’A., secondo cui, in uno scenario dove non vi è certezza del risultato, «l’incertezza di una scommessa è pur sempre preferibile alla certezza di un inganno»!

04/07/2020
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