1. La testimonianza di MEDEL
MEDEL porterà a questo congresso la testimonianza del suo impegno rispetto a tutte le situazioni di crisi dello stato di diritto, e del suo sistematico smantellamento, che stiamo vivendo in Europea.
Parleremo degli eventi drammatici che hanno segnato in Turchia l’inizio della lunga notte della democrazia, con la destituzione, la persecuzione, gli arresti di magistrati, avvocati, difensori dei diritti umani, avversari politici, e giornalisti.
Eventi seguiti dai processi di massa e dalle condanne sommarie. Parleremo dell’inesistenza in quel paese di un sistema di garanzia giurisdizionale imparziale ed effettiva dei diritti e delle libertà; del ruolo assunto dalla magistratura non più indipendente; dell’abuso della legislazione antiterrorismo nelle indagini e nei processi divenuti strumenti di oppressione.
Parleremo di Murat Arslan, presidente di YARSAV, associazione membro di MEDEL sciolta dal governo subito la proclamazione dello stato di emergenza nel luglio 2016.
Murat, detenuto dall’ottobre 2016 e condannato per terrorismo a 10 anni di reclusione in violazione delle garanzie minime del giusto processo, è il simbolo delle vicende più traumatiche vissute da MEDEL in questi anni ma anche di quanto forte possa continuare ad essere forte la voce, viva la presenza, coraggiosa la testimonianza di chi crede nei valori della Giustizia: dalla prigione di Sincan, Murat è stato e continua ad essere questa voce e questa testimonianza e l’esempio più forte che MEDEL ha potuto diffondere dovunque, a difesa dell’indipendenza della giustizia e dei valori della democrazia.
2. Cosa rischiamo di perdere
MEDEL è stata in questi anni impegno, supporto e solidarietà per la difesa dei diritti, dello stato di diritto e delle libertà fondamentali.
Oggi MEDEL è consapevolezza di tutto quello che abbiamo compreso da un osservatorio unico, che unisce allo sguardo rivolto a tutta l’Europa, e oltre i suoi confini, l’esperienza e la conoscenza di quello che accade nei contesti nazionali.
Attraverso queste due prospettive oggi possiamo decifrare i segnali di arretramento della democrazia, quelli non preannunciati dal clamore degli eserciti in strada: processi silenziosi, di svuotamento dall’interno e di manipolazione delle istituzioni; cambiamenti radicali ed irreversibili degli equilibri essenziali alla democrazia, rivendicati da chi li porta avanti come necessari per dare seguito alla volontà del popolo che si è espressa nelle urne, e perciò come cambiamenti sommamente democratici.
Quello che dall’ osservatorio di MEDEL è apparso chiaro è che l'attacco all'indipendenza della magistratura è parte sempre di un progetto più ampio, che comprende non solo l’alterazione degli equilibri della democrazia ma la regressione per i diritti e libertà.
Ciò che è apparso evidente è che il dissenso verso i valori della democrazia liberale – come insegnano le vicende della Polonia e dell’Ungheria- non è solo un dissenso per le sue regole, le sue procedure e le sue istituzioni. E’ un dissenso sull'idea stessa di democrazia come forma di società, come pluralismo, critica, diversità; partecipazione e impegno collettivo per i diritti e le libertà; come espressione del diritto della società civile di difendere i diritti.
Dall’osservatorio di MEDEL oggi possiamo vedere dove ci ha condotto il processo di regressione democratica nel quale i sistemi giudiziari indipendenti finiscono sotto attacco con riforme strutturali, che sovvertono le regole e catturano le istituzioni, a cominciare dalle Corti Costituzionali e dai Consigli di Giustizia- e ancora una volta guardiamo alle involuzioni in Polonia e all’Ungheria -, e con la delegittimazione della funzione giurisdizionale e della magistratura.
E’ il sistema giudiziario che per primo fa le spese della perdita delle virtù essenziali che devono caratterizzare l’esercizio del poteri e il suo linguaggio in una democrazia. Sono le virtù che Steven Levitsky and Daniel Ziblatt - nel descrivere come oggi muoiono le democrazie - hanno definito la "tolleranza reciproca", la "tolleranza istituzionale": resistere alla tentazione di prendere il controllo di tutto e su tutto, sugli organi di garanzia, sulla libera stampa, sugli spazi aperti alla critica e al dissenso.
E dall’osservatorio di MEDEL oggi vediamo chiaramente fino a dove questo processo rischia di portarci. Ciò che avvertiamo vacillare non sono solo le fondamenta dell’Unione Europea, quelle basate sui valori scritti nei suoi trattati istitutivi e nella sua Carta dei diritti fondamentali. Oggi è a rischio quell’ Europa che abbiamo voluto costruire per segnare un punto di non ritorno rispetto al nostro passato di guerre e di totalitarismi, rappresentato da un sistema comune di valori irrinunciabili e inderogabili, consacrati nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Sono tante le terribili sfide del presente che rappresentano una ipoteca sul futuro di questa Europa e della sua democrazia.
Di nuovo una guerra devastante, una violenta rottura della legalità internazionale, e crimini contro l’umanità nei suoi confini.
La sfida aperta lanciata da paesi come la Polonia non solo al primato del diritto dell’Unione, punendo i giudici di quel paese che hanno continuato ad agire da giudici europei e a fare valere questo primato nel dialogare con la Corte di Giustizia attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale, ma anche la sfida al sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, lanciata da una Corte costituzionale catturata dal potere politico, considerata essa stessa dalla Corte di Strasburgo come istituita in violazione dell'articolo 6 della Convenzione: una Corte costituzionale che ha creato un cortocircuito istituzionale e sfidato la Convenzione, dichiarando non vincolanti e “incostituzionali” le sue norme.
La sfida aperta lanciata dalla Turchia, che non dà esecuzione alle sentenze di condanna della Corte di Strasburgo per gli arresti e per le detenzioni arbitrarie. Sentenze che confermano il rischio esistenziale per lo Stato di diritto in Turchia e per il rispetto di tutti i diritti umani garantiti dalla CEDU, rappresentato dall'abuso della legislazione antiterrorismo, e da indagini e processi portati avanti da una magistratura che, come dichiarato dalla Commissaria per i diritti umani del Consiglio di Europa, è stata al centro della maggior parte delle violazioni dei diritti umani in Turchia per un periodo molto lungo, non riuscendo a correggere le violazioni commesse dalle autorità turche, e oggi è essa stessa causa diretta di tali violazioni.
La sfida rappresentata dall’immigrazione. Nella visione di MEDEL da sempre una sfida decisiva per l'Europa e per la democrazia. E, oggi, un’ipoteca sul futuro dell’una e dell’altra: la loro sopravvivenza è legata alla nostra capacità di confrontarci con un fenomeno che sta ridisegnando l’ordine mondiale, di proporne una nuova narrazione, di cambiare radicalmente le politiche nazionali ed europee perché siano all’altezza di questa sfida e, prima ancora, conformi agli standard essenziali e inderogabili di tutela dei diritti fondamentali delle persone migranti.
Ciò che sta accadendo nei confini dell'Europa mette invece in discussione la tenuta del nostro sistema di valori e, ancora una volta, quelli che sono alla base dell’Unione europea, scritti nella sua Carta e nella Convenzione EDU: l’uso della forza e la violenza “legale” ai confini che si sono ricostituiti all’interno dell’Unione con muri e fili spinati, attuata con pratiche dei respingimenti, con gli eserciti ombra in Croazia e Grecia, e apertamente alla frontiera polacca con la Bielorussia; le procedure illegali di rimpatrio; la criminalizzazione dell’attività di soccorso umanitario e gli ostacoli posti alle ONG; le politiche di esternalizzazione delle frontiere e il crescente disprezzo per i vincoli giuridici che devono limitare le azioni governative nel campo del controllo delle frontiere; le scelte dirompenti di un paese come il Regno Unito, fra i primi firmatari della CEDU, che, dopo una rapida escalation nella severità delle risposte governative, con il nuovo Illegal Migration Act compie scelte che sfidano la tenuta del sistema della Convenzione, si pongono in violazione degli obblighi legali internazionali di protezione dei diritti umani e incoraggiano le posizioni di chi in quel paese chiede che si abbandoni la Convenzione.
3. Il ruolo della giurisdizione e dell’associazionismo giudiziario
In questo scenario, sempre più difficili e terribili appaiono le sfide per la giurisdizione. E per i giudici e pubblici ministeri che mai avremmo immaginato di vedere, come abbiamo visto in Polonia, perseguitati con procedimenti penali disciplinari, rimozioni, trasferimenti. Giudici e pubblici ministeri che oggi si confrontano – anche nel nostro paese - con attacchi personali (nome e cognome) per il contenuto delle loro decisioni; con accuse strumentali di “parzialità” e tentativi di grave delegittimazione della loro funzione e dei loro provvedimenti perché - come nella storia che abbiamo già vissuto con la Polonia- operano da giudici europei, come parte del sistema di tutela sovranazionale dei diritti fondato sulle Carte e sulle nostre Costituzioni.
L’esperienza della Polonia ci ha insegnato che di fronte a scelte nazionali dirompenti per lo spazio comune di Giustizia e per l'architettura giudiziaria sottostante, e di fronte al tentativo di tornare all'idea di rule of law come pura prerogativa della sovranità nazionale, la consapevolezza di essere giudici europei ha sostenuto la resilienza della Giustizia indipendente. E partendo da questo scenario le sentenze delle Corti europee hanno riaffermato il contenuto inderogabile dei valori dello Stato di diritto, parte integrante dell'identità stessa dell'Unione europea come ordinamento giuridico comune.
La resilienza dei singoli giudici è stata ed è sostenuta dalla resilienza collettiva delle loro associazioni. Mai prima d'ora abbiamo capito così chiaramente l'importanza dell’associazionismo giudiziario.
L'idea visionaria e anticipatrice, alla base della nascita di MEDEL, era la prospettiva che la Giustizia dovesse raccogliere la sfida per una democrazia europea; che, garantendo standard comuni di indipendenza dei sistemi giudiziari, la Giustizia fosse parte e protagonista del processo di integrazione europea fondata sui diritti e sullo stato di diritto, sulla pari dignità delle persone e sulla solidarietà.
E alla base dell'idea da realizzare di MEDEL c'era la consapevolezza che non può essere un giudice isolato e solitario ad affrontare queste sfide. È necessario un impegno collettivo.
Oggi questa idea di impegno collettivo è anch’essa a rischio. Dalla muzzle law in Polonia all’emendamento bavaglio in Francia alle accuse di interferenza in Italia per la nostra Associazione Nazionale Magistrati che prende la parola sulle riforme che si preparano: dovunque si vuole limitare la libertà di parola e di associazione dei magistrati.
L’esperienza della Turchia e della Polonia ha però portato in questi anni ad un modello nuovo di associazionismo giudiziario, che ha compreso sempre la posta in gioco e riesce a fare fronte comune; che ha dimostrato nella interlocuzione con le istituzioni europee ma anche con eventi simbolici – come la Marcia delle 1000 toghe a Varsavia- quanto siano forti i legami - fatti di valori condivisi – che oggi uniscono giudici e procuratori di Paesi diversi- come parte di una comunità più ampia di giuristi e rappresentanti della società civile impegnati per la difesa dello stato di diritto.
Vedere crescere queste esperienze sullo sfondo di contesti così difficili e degli scenari così cupi che oggi dominano in Europa, è la conferma di quanto sia stato lungimirante lo sguardo dei padri fondatori di MEDEL. E di quanto preziosa sia l’eredità che ci hanno lasciato e che oggi noi dobbiamo custodire.
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1. MEDEL's testimony
MEDEL joins this congress to reiterate its commitment to take a stand in all the situations of crisis and systematic dismantling of the Rule of Law that we are experiencing in Europe.
We will talk about the dramatic events in Turkey that marked the beginning of a dark time for democracy, with the dismissal, persecution, arrest of magistrates, lawyers, human rights defenders, political opponents, journalists.
Events followed by mass trials and summary convictions. We will talk about the non-existence in that country of an impartial and effective judicial guarantee of rights and freedoms; the role assumed by the no longer independent judiciary; the abuse of anti-terrorism legislation in investigations and trials that have become instruments of oppression.
We will talk about Murat Arslan president of YARSAV, a member association of MEDEL that was disbanded by the government immediately after the state of emergency was declared in July 2016.
Detained since October 2016 and sentenced to 10 years’ imprisonment for “participation in a terrorist organization”, in violation of even basic due process guarantees, Murat is the symbol of the most traumatic events MEDEL witnessed in recent years, but also of how strong is the voice, and vivid the presence, of all those who boldly believe in the values of Justice: from Sincan prison, Murat has been a voice and a testimony in this sense and, for MEDEL, the strongest example of the defence of the independence of justice and the values of democracy.
2. What we stand to lose
Over the years, MEDEL has been committed to the defence of the Rule of Law and fundamental rights, and the support to and solidarity with magistrates and their associations under attack.
The experience of MEDEL has made us aware of the risks we can recognize from this unique observatory, which combines a view across Europe, and even beyond its borders, with the experience and knowledge of what is happening in national contexts.
It is through these two perspectives that we can now clearly see the signs of a democratic backsliding and specifically those signs that do not go together with the soldiers in the streets: silent processes of manipulating and hollowing institutions out from within; radical and irreversible changes to the balances which are essential to democracy, carried out by claiming that they are necessary to implement the will of the people expressed in the ballot box, and that they are therefore ultimately democratic.
What became clear from MEDEL’s observatory is that the attack on the independence of the judiciary is always part of a broader project, which includes not only an alteration of the balance of democracy but also a regression in terms of rights and freedoms.
What has become clear is that dissensus over the values of liberal democracy - as Poland and Hungary teach us - is not just a dissensus over its rules, procedures and institutions. It is a dissensus over the very idea of democracy as a form of society based on pluralism and diversity; it is a dissensus over the idea of civil society as participation and collective commitment to rights and freedoms; it is dissensus over the civil society's right to defend rights.
From MEDEL's observatory we can see where the process of democratic backsliding reached: independent judicial systems come under attack with structural reforms subverting the rules and capturing the institutions, such as Constitutional Courts and Councils of Justice, and through the delegitimisation of the judiciary.
It is indeed the judicial system that first suffers from the loss of the essential virtues that must characterise the exercise of power and its language in a democracy. These are the virtues that Steven Levitsky and Daniel Ziblatt - in describing how democracies die today - have called 'mutual tolerance', 'institutional forbearance': resisting the temptation to take control of everything, over the media and free press, over the spaces open to criticism; to dismantle constitutional checks and balances and the institutions that guarantee rights and freedoms.
From MEDEL's observatory today we see clearly how far this process might take us. What is now shaking are not only the foundations of the European Union, those based on the values written in its founding treaties and its Charter of Fundamental Rights. What is at risk today is the common European space for human rights we created to mark a point of no return with respect to our past of wars and totalitarianism, represented by a system of inalienable values, enshrined in the European Convention on Human Rights.
There are today so many terrible challenges that represent a heavy burden for Europe and its democracy.
Again, a devastating war, a violent breakdown of international legality, and crimes against humanity within its borders.
We have the open challenge launched by countries such as Poland not only to the primacy of European Union law, punishing the judges of that country who continued to act as European judges and to assert this primacy in the dialogue with the EU Court of Justice through the instrument of preliminary ruling. We also have the challenge to the system of the European Convention on Human Rights, launched by a Constitutional Court captured by political power, itself considered by the Strasbourg Court as having been established in violation of Article 6 of the Convention: a Constitutional Court that created an institutional short-circuit and defied the Convention by declaring its principles non-binding and 'unconstitutional'.
In Turkey we can see an open defiance of the Strasbourg Court's decisions for arbitrary arrests and detentions. Decisions that confirm the existential risk for the Rule of law in Turkey and for the respect of all human rights guaranteed by the ECHR, posed by the abuse of anti-terrorism legislation, and by investigations and trials carried out by a judiciary that, as stated by the Council of Europe Commissioner for Human Rights, has been at the heart of most human rights violations in Turkey for a very long time, either by failing to rectify violations committed by the Turkish authorities, or by causing these violations directly.
Other challenges are those posed by migration. In MEDEL's view, migration has always been a decisive challenge for Europe and for democracy. And, today, their survival is linked to our ability to confront a phenomenon that is reshaping the world order, to propose a new narrative, to radically change national and European policies so that they are up to this challenge and, before that, conform to the essential and mandatory standards of protection of the fundamental rights of persons.
What is happening on Europe's borders calls into question the resilience of our system of values and those that underpin the European Union, enshrined by its Charter and the ECHR: the use of force and 'legal' violence at the borders that have been reconstituted within the European Union with walls and barbed wire, implemented with practices of refoulement, with shadow armies in Croatia and Greece, and openly at the Polish border with Belarus; the criminalisation of humanitarian relief work and the obstacles hampering the work of NGOs; the externalisation of border policies and the increasing disregard for the legal constraints that should limit government actions in the field of border control; the disruptive choices of a country like the United Kingdom, one of the first signatories of the ECHR, which, after a swift escalation in the severity of government responses, with the new Illegal Migration Act makes choices that challenge the resilience of the Convention system, violate international legal obligations to protect human rights and encourage the positions of those in that country who call for a withdrawal from the Convention.
3. The role of the judiciary and judicial associations
In this scenario, the challenges for the judiciary appear ever more difficult and terrible: judges and prosecutors, as we have seen in Poland, persecuted with disciplinary actions, removals, transfers; judges and prosecutors who today are confronted - even in our country - with personal attacks -by naming and shaming- for the content of their decisions; instrumental accusations of 'partiality' and attempts to seriously de-legitimise their function and their measures because - as in the development we have already experienced with Poland - they operate as European judges, as part of the system of supranational protection of rights based on the Charters and our Constitutions.
Poland's experience has taught us that in the face of disruptive national choices for the common area of Justice and for the underpinning judicial architecture, the awareness of being European judges has supported the resilience of independent Justice. Against this backdrop, and the attempt to return to an idea of Rule of Law as pure prerogative of national sovereignty, the judgments of the European Courts have reaffirmed its core meaning and the values which are integral part of the very identity of the European Union as a common legal order.
The resilience of individual judges was and is supported by the collective resilience of their associations. Never before has the importance of judicial associationism been so clearly understood.
The visionary and anticipatory idea behind the foundation of MEDEL was the prospect that Justice should take up the challenge for a European democracy; that, by guaranteeing common standards of independence of judicial systems, Justice should be a key actor in the process of European integration based on rights and the Rule of Law, equal dignity of persons and solidarity.
And at the heart of MEDEL's idea to be realised was the awareness that it cannot be an isolated and lonely judge who faces these challenges. A collective commitment is needed.
Today, this idea of collective commitment is also at risk. From the muzzle law in Poland to the gag amendment in France to accusations of interference in Italy for our Associazione Nazionale Magistrati speaking out on the justice reforms that are being prepared: everywhere there is a a wish to restrict magistrates' freedom of speech and association.
The experience of Turkey and Poland, however, has led in recent years to a new model of judicial associationism, which has always understood what is at stake and is able to establish a common front; which has demonstrated in its dialogue with the European institutions but also with symbolic events (such as the “March of 1000 Robes” in Warsaw) how strong are the bonds - made of shared values - that today unite judges and prosecutors from different countries within a broader community of jurists and representatives of civil society committed to defending the Rule of Law.
Seeing these experiences growing against the backdrop of such difficult contexts and the gloomy scenarios that dominate Europe today, confirms how far-sighted the vision of MEDEL's founding fathers was. And how precious is the legacy they left us and which we must preserve today.